Occhi sul lavoro: 1 maggio 2013

La data del 1 maggio è dedicata al lavoro e ai lavoratori, e mai come in questi anni abbiamo sentito l'urgenza di celebrare l'importanza di questa attività. Il lavoro, sia esso compiuto con le braccia o con la mente, al chiuso o all'aperto, in autonomia o in squadra, è una grande risorsa di crescita e di autostima per le persone. La crisi dell'occupazione è molto profonda e colpisce soprattutto giovani e donne. Mi sono già occupata dei pericoli dell'alienazione del sistema produttivo orientato al consumismo cieco e della pessima abitudine di delocalizzare la produzione all'estero, in Paesi in cui è possibile aggirare vincoli in termini di diritti, condizioni sanitarie e tutele ambientali, causando così un degrado della condizione del lavoratore nel mondo e tagliando le possibilità di occupazione in quelli che riconoscono agli impiegati le garanzie conquistate in decenni di lotte.
Oggi, pensando ai drammi dei lavoratori, vorrei ricordare, assieme ai due carabinieri rimasti feriti nella sparatoria di domenica scorsa in Piazza Colonna a Roma, la morte delle operaie del palazzo crollato a Dacca, in Bangladesh, lo scorso 24 aprile.  Nonostante le segnalazioni delle crepe apparse nell'edificio, le donne sono state costrette a recarsi al lavoro, sotto la minaccia della sospensione dei pagamenti, peraltro miseri. 
 
 
L'avvenimento mi ha fatto immediatamente pensare alla versione originaria della celeberrima canzone popolare Bella ciao! intonata in occasione della Festa del Lavoro con finalità spesso solo politiche, ma adatta all'occasione proprio per il testo che precedette l'adattamento al tempo della Resistenza. Si tratta infatti di un canto delle mondine impiegate nelle risaie, costrette a condizioni di lavoro disumane e minacciate dal padrone col bastone.
I lavoratori italiani di ieri come quelli di tanti Paesi sfruttati oggi, insomma. Ma trovo che anche le condizioni imposte col pretesto prima del boom produttivo, poi della crisi stiano logorando anche in Italia la dignità del lavoro e del lavoratore, sempre più spesso inteso come un numero, un ingranaggio sostituibile della catena, un mezzo e mai un fine. E, finché questa prospettiva non subirà un cambiamento, non verrà mai un giorno in cui si lavorerà o si cercherà lavoro con la possibilità di godere del rispetto meritato.
Ricordando, però, che quella di oggi non è solo un'occasione di riflessione, ma anche di festa, vi propongo, dopo lo sguardo delle donne sul lavoro simboleggiato dalla canzone Bella ciao!, l'ottica con cui un bambino guarda ai mestieri e al loro valore.

Gli odori dei mestieri

Io so gli odori dei mestieri:
di noce moscata sanno i droghieri,
sa d’olio la tuta dell’operaio,
di farina sa il fornaio,
sanno di terra i contadini,
di vernice gli imbianchini,
sul camice bianco del dottore
di medicine c’è buon odore.
I fannulloni, strano però,
non sanno di nulla e puzzano un po’.

Gianni Rodari

Buona festa del lavoro!

C.M.

Commenti

  1. Negli ultimi anni la Festa del Lavoro sta sempre più prendendo la forma di una ricorrenza legata alle vittime e allo sfruttamento. Nonostante i concerti temo che 'festa' stia diventando un termine improprio...
    Comunque beh, non c'è nulla da aggiungere al tuo post.

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    1. Dobbiamo augurarci che qualcosa cambi, anche se mi accorgo di aver affidato questa speranza ormai a diversi post, e non sebra esserci aria di modificazioni verso prospettive migliori.

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  2. Spero che Rodari intendesse fannulloni nel senso di parassiti, anche se mi pare un po' troppo dalla prospettiva di un bambino, perché esiste a mio avviso anche un certo piacere nel dolce far niente, se ovviamente uno se lo può e te lo vuoi permettere - ad esempio pensare a una società dove si lavori meno, dove non lavori solo per buttare mezzo stipendio su ipad, e nel tempo che ti resta prendere un buon libro in mano, farti una passeggiata, occuparti dei tuoi figli, dei fiori sul terrazzo o sul giardino. Ma sto uscendo fuori del seminato, appunto: il post è sul lavoro e sull'importanza di celebrarne le bellezze, e quello che dici lo condivido assolutamente.

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    1. Sono più che certa che Rodari intendesse proprio i parassiti, le sue poesie sono per bambini, ma hanno molte risorse per far riflettere i grandi.

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