L'attesa è finita: si apre oggi presso il Palazzo della Gran Guardia a Verona la mostra
Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento, presentata ufficialmente alla stampa e ai blogger dal curatore,
Marco Goldin, lo scorso 23 ottobre. Nel corso di questa visita in anteprima ho potuto ammirare le 105 opere esposte e sono arrivata ad una conclusione sorprendente:
Verso Monet è ancor più affascinante di quanto mi aspettassi!
Naturale continuazione di
Da Botticelli a Matisse. Volti e figure, mostra dedicata al ritratto allestita lo scorso anno, Verso Monet ci guida in un percorso alla scoperta della conquista dell'indipendenza da parte della pittura di paesaggio e delle sue evoluzioni, fino alla dissoluzione operata da Monet nei primi anni del XX secolo, punto d'arrivo di un intenso processo di osservazione, trasformazione e dissoluzione.
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Marco Goldin affiancato dalla tela di Friedrich Mare al chiaro di luna (1836) |
Presentata dal suo curatore come un progetto perseguito con entusiasmo e con il desiderio di riunire in un unico percorso i dipinti e gli autori che hanno scandito le diverse fasi di un genere pittorico che fino all'Ottocento era considerato buono solo per «dilettare serve, signore anziane e signorine che ancora non hanno sviluppato il senso del bello» ma che ha a poco a poco guadagnato una posizione di primo piano nello scenario artistico, la mostra si apre allo sguardo dello spettatore come un itinerario fatto di tappe che costituiscono ciascuna una lieve variazione sul tema del paesaggio, inteso come culla naturale, ma colto anche in spettacolari scorci cittadini.
Il percorso si apre con la sezione Il Seicento. Il falso e il vero della natura, benché le prime tele esposte appartengano all'ultimo decennio del XVI secolo. L'etichetta di 'falso e vero' definisce una dialettica che, sebbene evidenziata in particolare in relazione a questo primo momento della mostra, si trasmette a tutte le opere incluse nelle cinque sezioni, in quanto, nella resa pittorica del paesaggio, secolo dopo secolo si incontrano elementi di naturalismo e di rielaborazione commisti in modo di volta in volta differente: proprio nel secolo in cui nasce la moderna scienza, basata sull'osservazione attenta ed esatta, l'arte si volge rappresentazioni che alterano il reale.
La prima forma di dialogo fra vero e falso si incontra, oltre che nelle
opere dei maestri olandesi, nei dipinti di Poussin e Lorrain di
ambientazione romana, dove soggetti classici di ispirazione arcadica
vengono calati in paesaggi resi con grande attenzione e aderenza alla
realtà, un tratto che si evidenzia soprattutto nelle sfumature di luce
nei cieli, nella sofficità delle chiome degli alberi e nella descrizione
dell'impressione delle ruote dei carri sulle strade umide. Emblemi di
questa commistione di antico-falso e reale sono, in questo senso, il
Paesaggio con le ceneri di Focione di Poussin (1648) e il disegno di
Lorrain Paesaggio con Pan e Flauto (1656).
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C. Lorrain, Paesaggio con San Filippo che battezza l'eunuco, particolare (1682) |
Il rapporto tra vero e falso si mantiene vivo anche nel secolo e nella
sezione successivi,
Il Settecento. L'età della veduta. Entrando nella
seconda sala, veniamo proiettati nei vivaci panorami cittadini di Roma,
Verona e Venezia: siamo nel momento storico in cui
l'artista non si accontenta più di ciò che l'occhio offre alla sua
sensibilità, ma, oltre a proseguire nell'inserimento di architetture
fantasiose di ispirazione classica (ciò che avviene con il genere del
'capriccio'), ricerca nuove prospettive e ampliamenti di raggio con
l'ausilio della camera ottica. Ecco allora l'imporsi delle spettacolari
raffigurazioni del bacino di San Marco, culminanti nella monumentale
tela di Canaletto
Il Bacino di San Marco (1738-1739), un capolavoro
conservato al
Museum of Fine Arts di Boston e raramente prestato, della
cui presenza Marco Goldin è quindi particolarmente fiero.
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B. Bellotto, Capriccio con arco di trionfo in rovina sul bordo della laguna (1768) |
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Canaletto, Il bacino di San Marco (1738-1739) |
Con l'Ottocento ci caliamo in un'atmosfera completamente nuova, cosicché, accedendo alla terza sezione dell'esposizione,
Romanticismi e Realismi, è possibile ammirare da un lato la sorprendente diversità nel guardare al paesaggio da parte degli esponenti di punta dei tre generi di sublime (quello 'dinamico' o 'naturale' di Turner, quello 'spirituale' di Friedrich e quello 'quotidiano' di Constable), dall'altro raffrontare la stessa pittura di paesaggio romantico con le tendenze realistiche di Courbet e Grigorescu. Ma il terzo momento della mostra è anche quello in cui il panorama diventa extraeuropeo, con l'introduzione di alcuni quadri di F.E. Church e di J.F. Kensett di ambientazione americana.
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F.E. Church, Veduta del Quebec (1846) |
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J.M.W. Turner, L'eruzione delle Souffrier Mountains nell'isola di San Vincenzo a mezzanotte, particolare (1815) |
Con l'ultimo quarantennio dell'Ottocento si raggiunge la quarta tappa, Impressionismo e paesaggio. Il percorso documenta,
infatti, come, partire dagli anni '60, si imponga una nuova visione del
paesaggio, aperta a colori e luci che non appartengono alla realtà (a
dimostrazione della persistenza del rapporto fra vero e falso). Con
Renoir, Pissarro, Degas e Sisley si impone l'Ecole du plein-air, che
supera l'esperienza dei pittori realisti di Barbizon e ci regala visioni
tra loro diversissime, ciascuna sintomo di sguardi e sensibilità
particolari. Con le tele degli impressionisti, di Gauguin e di Van Gogh
si intrecciano filosofie di dissoluzioni di immagini in tratti minuti e
pitture per grandi macchie di colore, in una sala spettacolare che ci
guida verso l'epilogo.
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P.A. Renoir, Rocce a L'Estaque (1882) |
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P. Cézanne, La montagna di Sainte-Victoire (1885-1887) |
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V. Van Gogh, Orti a Montmartre (1887) |
Con l'affacciarsi delle opere di Monet si apre la
sezione Monet e la natura nuova, alla quale siamo introdotti attraverso
opere ancora distintamente improntate alla riconoscibilità, anche se, con
gli anni '80, entra in crisi il concetto di plein-air e gli
Impressionisti iniziano a lavorare per serie di
schizzi per poi produrre e costruire in studio una sintesi della loro
visione. Ma, molto presto, alla visione si sostituisce un processo di
interiorizzazione che si distingue scorrendo uno dopo l'altro i dipinti
del maestro parigino dai Prugni in fiore a Vétheuil (1879) a La casetta
del pescatore sugli scogli (1882) ad Antibes vista dal Plateau
Notre-Dame (1888).
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C. Monet, La casetta del pescatore sugli scogli (1882) |
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C. Monet, Campo di papaveri vicino a Giverny (1885) |
A queste opere dalle forme riconoscibili si sostituisce un po'alla volta
la decantazione delle forme, che Marco Goldin descrive come un
'depositarsi della materia', che si fa sempre più dilatata e dissolta.
La naturale conclusione del processo si avverte già nel Campo di
papaveri vicino a Giverny e, passando attraverso le serie che catturano
le variazioni di luce presso la cattedrale di Rouen (1894) e il ponte di
Charing Cross (1900-1902), sfocia nella progressiva dissoluzione delle
forme floreali delle Ninfee, di cui la mostra raccoglie tre esemplari:
da quella del 1903, dove il ramo di salice ci offre ancora un minimo
riferimento spaziale esterno, passando per la versione impalpabile del
1906 e arrivando a quella del 1908, dove la prospettiva dello sguardo è
talmente ravvicinata che l'immagine complessiva non si riconosce più, e
la stessa presenza dei fiori viola e delle foglie sullo specchio d'acqua
è più un ricordo che una reale percezione.
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C. Monet, Ninfee, particolare (1903) |
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C. Monet, Ninfee (1908) |
Terminato il percorso, non si può non intraprenderlo nuovamente per
cogliere tutti i particolari che in Monet si legano agli artisti
precedenti, per prestare attenzione ad un aspetto tralasciato, per
spostare lo sguardo dalla variazione nell'uso della luce a quella delle
prospettive o, ancora, per cogliere gli elementi di continuità, per
cercare l'origine di una scelta di un determinato impressionista o per
ricercare una sfumatura che solo alla fine del viaggio abbiamo
rivalutato. Una mostra come Verso Monet, che attraversa il tempo e lo
spazio, ha il fascino di un libro denso e corposo: ogni rilettura è una
sorpresa.
C.M.
Mi sembra davvero un bel percorso! Per rimanere nel "personaggio", direi che vince Turner con il suo vulcano!
RispondiEliminaNon escludo di trovare il tempo per farci un salto. :)
Bello davvero! Anch'io sono appassionata delle esplosioni naturali di Turner, mi sarebbe piaciuto vedere qualche suo dipinto in più, ma le opere sono talmente tante e di tale valore che non si è sentita la mancanza di questo o quel dipinto/artista! :)
Eliminagrazie per averci aiutato a "sbirciare" la mostra anche da lontano :-)
RispondiEliminaIo adoro le ninfee...
Grazie a te per esserti soffermata! La parte delle Ninfee è proprio l'ultima, in una sala interamente dedicata a Monet, è straordinario poterne vedere l'evoluzione, e ciò che non si può rendere attraverso la rete è il gioco di luci e colori che varia a seconda della lontananza della tela, un'operazione che fa davvero comprendere come si sia evoluto il concetto di visione e trasposizione interiore...
EliminaGrazie x la condivisione...ho così ammirato in anteprima...rimango in attesa a Vicenza
RispondiEliminaUn'attesa che sarà ripagata! Benvenuta!
EliminaBello, spero di poterci andare al più presto :)
RispondiEliminaNon puoi perderla e, soprattutto, non puoi non farmi conoscere le tue impressioni! :)
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