La città ideale

L'irraggiungibile dote della perfezione ha sempre destato l'attenzione di intellettuali e artisti: già in epoca classica i Greci ricercavano il modello dell'uomo 'bello e buono' e tentavano di elaborare teorie sulla politica ideale della città in cui egli doveva vivere (così, ad esempio, Platone nella Repubblica) e i continui studi su composizioni di figure e architetture dimostrano l'instancabile lavoro di maturazione di quel principio di gradevolezza estetica e di funzionalità, di armonia e razionalità che costituisce l'imperativo-guida dell'uomo antico. Le riflessioni di Greci e Romani tornano alla luce con la rivoluzione umanistica e rinascimentale, dalla seconda metà del XIV secolo e, oltre ad alimentare un intero sistema di valori, esse influiscono sul volto delle città di tutta l'Italia.

La città ideale, tempera su tavola di incerta attribuzione (1490-95), Urbino, Galleria Nazionale delle Marche

L'autonomismo e l'individualismo cittadini impostisi nella penisola dopo la Pace di Lodi (1454) danno impulso a diverse iniziative per il rilancio dell'immagine cittadina e di un'urbanizzazione ispirata agli ideali di armonia recuperati grazie alla lettura dei documenti tecnici e artistici latini (in particolare quelli vitruviani). Nell'operazione di razionalizzazione delle piante e del volto delle città è ovviamente implicita una pesante critica alle costruzioni medievali, che avevano creato assembramenti di edifici senza alcun criterio di distribuzione e praticità.
Le nuove costruzioni e gli interventi di riqualificazione, come tutta la produzione artistica, devono essere regolati secondo principi rigidi di equilibrio e simmetria, motivo per cui, nella scansione degli spazi (siano essi piazze, complessi monumentali, strutture difensive o palazzi aristocratici), dominano le piante rotonde o comunque inscrivibili in una circonferenza, le sovrapposizioni di ordini e il calcolo millimetrico dell'effetto prospettico.
 
La città ideale, olio e tempera su tavola (1485 c.a.), Baltimora, Walters Art Gallery

In questo clima di ricerca di un'armonia funzionale vengono realizzati i numerosi dipinti intitolati La città ideale, due dei quali (quelli delle figure precedenti) di produzione urbinate e riconducibili alla mano di Piero della Francesca, di Luciano Laurena o di anonimi artisti fiorentini. In essi si nota un attento studio della prospettiva e un inquadramento degli edifici che conferisce ai dipinti un impianto trapezoidale, con i due lati obliqui delimitati da edifici a pianta quadrata su più livelli e con il lato superiore più corto occupato da costruzioni messe in rilievo dalla guida in profondità: il tempietto rotondo nella tavola urbinate, l'arco romano nell'opera di Baltimora.

Francesco di Giorgio Martini, La città ideale (1477 ca.), Berlino, Gemäldegalerie

L'esemplare di Città ideale proposto invece da Francesco di Giorgio Martini inquadra la città in un impianto simile, ma riprendendola dall'interno di un porticato, aggiungendo così un'architettura nuova e aprendo invece il lato corto dello scorcio su un porto, anziché chiudere il fondo con un edificio da utilizzare come fuoco.
Alla stessa scansione di piani si riconducono la riqualificazione di Pienza affidata a Bernardo Rossellino da Pio II e l'intervento di armonizzazione di Piazza del Campidoglio a Roma, commissionata da Paolo III a Michelangelo, che intervenne chiudendo il lato destro della piazza con un edificio prospiciente al Palazzo Senatorio, il cosiddetto Palazzo Nuovo, definendo una pavimentazione geometrica e ponendo al centro della terrazza (il cui fondo si apre, ai fianchi del Municipio, sul foro romano) la statua equestre di Marco Aurelio.

Il Campidoglio, incisione di Etienne Dupérac (1568)

Ma l'ideale della città perfetta non ispira solamente dipinti e interventi circoscritti, tant'è che il Filarete progetta un'intera città a pianta stellata chiamata Sforzinda in onore del duca di Milano Francesco Sforza (1461-64).
Lo stretto legame fra le vicende politiche, i protagonisti della storia e questi interventi artistici si spiega con l'esigenza da parte dei poteri locali, in una penisola composta da città-stato o stati regionali fortemente concentrati sulla città sede del potere, di esibire un'immagine perfetta, bella e simbolo di un'armonia non solo estetica, ma anche governativa.

Filarete, pianta di Sforzinda (1461-1464)

La definizione del volto vittadino, dunque, si identifica con la manifestazione di un ideale politico e civico, la perfezione delle forme ricalca quella dell'amministrazione e della coesione sociale, la facies urbanistica diventa la rappresentazione materiale del principio della civitas di ispirazione latina su cui le signorie rinascimentali basano la legittimazione della propria autorità.

Piazza d'Italia, la rielaborazione metafisica di Giorgio de Chirico (1915)

C.M.

Commenti

  1. Quanto mi affascinano gli studi rinascimentali sulla città ideale!! Hai detto benissimo tu nella tua conclusione: un ideale architettonico e civile, l'esplicazione tridimensionale di un'idea di urbanitas che coinvolgeva il corpo e lo spirito, e che era al tempo stesso l'affermazione più importante dei valori culturali vigenti e dell'egemonia delle case regnanti e delle Signorie. Al di là della freddezza di certe sue realizzazioni sulla carta - dechirichiane con molti secoli d'anticipo -, quanto avremmo bisogno oggigiorno di una città veramente 'ideale', non più grigia e alienante ma finalmente a misura d'uomo!

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    1. Aggiungo che avremmo bisogno, più in generale, di un connubio tra forma elegante e sostanza di qualità un po'in ogni aspetto della vita e delle attività umane, alla ricerca di una corrispondenza tra percezione e sentire reale, fra estetica e sostanza... Certo, non dobbiamo farci abbagliare da queste teorizzazioni del passato, per le quali molto è comunque rimasto ideale e non è mai diventato concreto, però anche la riflessione sulle grandi idee è, a mio avviso, una grande opera!

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  2. Dalla mia rubrica settimanale IL GUFETTO PORTFORTUNA viene comsegnato anche a te tra i Blog che si distinguono
    ecco il link http://letturesenzatempo.blogspot.it/2013/10/il-gufetto-portafortuna-i-miei-blog.html
    saluti e buona settimana
    simonetta

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    1. Mille grazie per avermi assegnato questo riconoscimento! :)
      Buon proseguimento di settimana!

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  3. Complimenti per il post, molto interessante e ben approfondito! io poi ho un legame molto forte con la città ideale conservata a palazzo ducale ad Urbino, dove ho fatto l'uniersità, e mi porta tanti bei ricordi!!
    Ciao ciao

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    1. Grazie, Cristian, detto da un esperto d'arte questo complimento è particolarmente importante! Urbino è una città bellissima, fin da quando ci sono entrata, trovando le indicazioni per l'università lungo le strade, mi sono detta che studiare lì dovesse essere davvero un'esperienza speciale, senza nulla togliere alla mia Verona! :)

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  4. che senso di tranquillità e pace interiore nelle pitture che hai proposto. chissà se tra cinquecento anni un qualche critico non elaborerà uno studio sulla città ideale immaginata dagli architetti del XXI secolo. Tu che modelli porteresti come esempio?

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    1. Che bella prospettiva: chissà se acadrà! I modelli di città che porterei come esempio sarebbero quelli di impianto romano, molto simmetrici, anche se spesso più improntati alla celebrazione che alla funzionalità; amo le città senza assembramenti di costruzioni altissime (quini la città ideale per me non potrebbe mai essere una metropoli americana). Se dovessi citare specifiche strutture, sicuramente fra i miei modelli ideali di piazze ci sarebbero (fra quelli noti che ho potuto ammirare di persona) a Roma piazza San Pietro e la scalinata di Piazza di Spagna, fra quelli di edifici il Palazzo Té di Mantova, il Palazzo della Gran Guardia di Verona, il Palazzo ducale di Venezi, fra gli edifici di culto il Pantheon di Roma, Santa Croce a Firenze o il duomo di Siena... ma devo dire che di modelli architettonici spettacolari l'Italia è piena!

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