Omero & Omero: Iliade e Odissea

Prima o poi tutti i classicisti devono affrontare questo scoglio: Iliade o Odissea? Troppo comodo dichiararsi lettori di quegli autori inafferrabili e sfuggenti che convenzionalmente chiamiamo Omero: arriva fatalmente il momento di prendere una posizione.
E allora è doveroso interrogarsi e chiedersi se consegnare il proprio animo alle sanguinose lotte di Troia e, insieme, ai forti legami fra i personaggi di ambo i fronti oppure alle fantasiose avventure di viaggio di Odisseo per il mediterraneo e alla celebrazione dell'ingegno, della solitudine e della vendetta.
Dal momento che, per deformazione professionale, finirei per imbarcarmi in un'infinita ricostruzione della storia e delle interpretazioni dei testi, vi propongo solo le mie brevissime opinioni su entrambi i poemi.

Raffaello, Il Parnaso, part. Omero fra Dante e Virgilio (1510)

Iliade

Solitamente, fra i due poemi omerici, quello che riscuote maggior successo e fascinazione è l'Odissea, il racconto dell'uomo che, grazie al proprio ingegno, riesce a ritornare in patria superando sofferenze devastanti. Ad una seconda lettura globale dei due testi, però, ho apprezzato nell'Iliade quegli aspetti che la rendono la più autentica e vivida espressione della letteratura e della civiltà greca: le rassegne degli eroi, l'inseguimento dei guerrieri nella mischia, la descrizione delle loro sanguinose lotte, ma anche la ritualità bellica, le astuzie degli dèi, che intervengono con i loro desideri e capricci nel più grande scontro di civiltà mai narrato, gli intimi quadri ambientati nelle tende achee o dentro le mura di Troia. L'Iliade descrive un sistema etico e cultuale ben codificato, in cui, se è forte l'esaltazione della gloria dei vincitori, non c'è tuttavia umiliazione dei vinti, i combattenti si onorano reciprocamente, nonostante l'inimicizia, e ogni singolo gesto si riconduce ad una ritualità che conferisce al poema la grandezza e la risonanza delle grandi saghe.

Odissea

«Cantami, o Musa, l'uomo dal multiforme ingegno...» è il noto esordio dell'Odissea. Eppure, al di là dell'incipit, il grande valore del poema travalica, a mio avviso, il suo protagonista. Certo, Odisseo è l'eroe indiscusso e indiscutibile del testo, ma si inserisce in un sistema di luoghi e personaggi che concorrono attivamente a rendergli la gloria che unanimemente gli viene riconosciuta. Primo fra tutti il mare, il grande nemico con cui Odisseo deve convivere e in cui è destinato a perdere fino all'ultimo compagno; ma ci sono anche le spiagge rocciose, i boschi delle battute di caccia, la grotta di Polifemo stipata di cibo, la bella casa di Circe: senza questi spazi e senza i personaggi che li animano, caratteristici per ognuno di essi, l'ingegno di Odisseo resterebbe inerte, e la stessa azione rimarrebbe priva di risoluzione. Se, infatti, è vero che ogni libro chiude e conclude le singole sequenze (anche per la speciale storia di costruzione dell'epica), l'immagine e l'idea che abbiamo del protagonista sono un sedimento di impressioni scaturite dai diversi episodi: non sarebbero le stesse senza il ciclope Polifemo, senza le pozioni e le predizioni della maga Circe, senza il canto maliardo delle Sirene e senza la greve presenza dei Proci nelle stanze della casa di Itaca.
 
Se dovessi schierarmi in favore dell'uno o l'altro Omero, opterei sicuramente per l'Iliade, anche se alcune fra le pagine più affascinanti della letteratura greca, fra cui quelle che ho avuto modo di approfondire in sede di tesi, sono proprio nel poema successivo.
Ma ora mi appello a voi lettori, che siate colleghi grecisti o semplici appassionati che hanno incontrato il poeta cieco sulla loro strada di lettura: a quale dei due testi va la vostra predilezione?

C.M.

Commenti

  1. Sanguinaria! :)

    Non so, dovrei rileggerli entrambi (e per intero) prima di esprimermi in maniera appropriata. Sai che ti dico? Fino a quel momento, voterò Odissea. Perché è una di quelle storie che mi piace leggere anche adesso, anche se in forma moderna. Resta il fatto che l'Iliade ha dei momenti superlativi, per esempio la descrizione delle armi di Achille, ma anche il confronto con Agamennone (lo ricordo dalle medie!) e lo scambio di complimenti fra Diomede e il suo lontano parente troiano.
    Ma ciò che mi piace tantissimo, è che sul campo di battaglia ci sono gli Dei! :D
    (I grandi assenti in Troy.)

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    1. Infatti trovo che le scene di battaglia e gli interventi (anche subdoli) delle divinità siano di un'intensità estatica: in assoluto le parti che preferisco, unite però ai quadri molto intimi nelle tende achee e nelle stanze del palazzo di Priamo. :)

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  2. Io li ho letti (non so nemmeno se integralmente) alle medie e al liceo, e nessuno dei due mi ha appassionata... Sono troppo distanti da me. Battaglie e mitologia non fanno per me, e potrei dire lo stesso anche dei romanzi storici contemporanei.
    Però dovrei forse rivederli per conto mio, senza forzature, senza ansia da interrogazione o ribellione della serie "Mi fa schifo solo perché mi è imposto".

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    1. Magari centellinando i canti un po'alla volta potresti fartene un'idea diversa... poi ti confesso che alcune sezioni, soprattutto dell'Iliade, per quanto belle e importanti per la storia letteraria, si possono saltare senza troppi problemi, soffermandosi sui momenti più significativi: al poema bellico manca senz'altro quella varetà che, invece, rende spesso più gradito il viaggio di Odisseo...

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  3. difficile dire: a volte l'Odissea, il poema della maturità, a volte l'Iliade, quello della giovinezza. A volte mi capita per esempio di rileggere Euripide e ci trovo nel linguaggio, in una stessa opera, imitazioni dall'uno e dall'altro. Ma c'è una cosa che mi fa pensare di quello che hai detto a proposito dell'Iliade e che mi sembra importante se ci si voglia avvicinare un po' alla comprensione del pensiero della nazione greca, diciamo soprattutto del quinto e quarto secolo:"se è forte l'esaltazione della gloria dei vincitori, non c'è tuttavia umiliazione dei vinti". E hai ragione. Questa è uno sguardo che si trova un po' dovunque nelle opere storiche di quei secoli, e soprattutto poi nel teatro e nei frammenti che ce ne restano: l'uomo (e la donna) della Grecia, a giudicare da questi lavori, erano capaci di piangere anche sulle sventure dei nemici. Merito dell'autore, del tragediografo? da quello che dici verrebbe da pensare che invece i cicli epici omerici abbiano plasmato la nazione greca forse anche più di quello che immaginiamo oggi ... Oppure è stato il contrario, e quei cicli sono solo un riflesso di un comune sentire, e la diversità dei dialetti utilizzati a comporre un unicum (odissea, iliade) ne sarebbero un riflesso?

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    1. Mi trovi d'accordo, soprattutto perché ritengo che la tragedia sia la forma letteraria che continua quasi naturalmente l'epica: cambia la forma, ma il mondo di ideali ad esse sotteso è comune, dal valore all'onorabilità, dal sentimento della perdita all'onore verso i morti, dalla devozione verso gli dei alla sconfitta ad opera degli dei stessi.
      Quanto alla direzione del rapporto, se vada dai poemi alla sensibilità o dalla sansibilità ai poemi, non saprei dire, ma credo che, come per tutti i grandi cicli narrativi e didattici di ogni civiltà, il processo possa essere bidirezionale e continuo... chissà!

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  4. Ho frequentato il liceo Classico,quindi sono due opere che conosco non perfettamente ma sicuramente bene.Dell' "Iliade" amo il pezzo in cui Ettore (prima di combattere con Achille) lascia l'amata Andromaca con quel commuovente testamento.Inutile dire che ero una pro-troiani.L' "Odissea" la trovo come un viaggio per conoscere se stessi e adoro il personaggio di Nausicaa.
    Se devo scegliere,però,la mia scelta cadrebbe sull' "Eneide",che sebbene non abbia il grande lirismo delle prime due opere mi ritrovo meglio con i suoi ideali,sentimenti e valori.
    Grazie per avermi fatto ricordare quei bei momenti di lettura solitari e piacevoli.

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    1. Sicuramente il colloquio fra Ettore e Andromaca è una delle pagine di letteratura più belle in assoluto; l'incontro non è in realtà l'ultimo, perché in quella sede Ettore si prepara al duello con Aiace, ma spesso si tende ad unire le due vicende e non a torto, perché si sa bene quale misera fine attende l'eroe troiano. Si capirà, dunque, che anch'io parteggio per gli sconfitti.
      Trovo, inoltre, che le figure più affascinanti dell'Odissea siano tutte femminili: oltre a Nausicaa, mi piace tantissimo il personaggio di Circe, per non parlare di Elena, che, nonostante la sua dubbia fama, si guadagna la mia benevolenza in entrambi i poemi...
      E l'Eneide... qui ci vorrebbe un post ad hoc, ma finirei per riconfermare, con la sola eccezione del libro IV (quello di Didone), la mia predilezione per l'Iliade: sono un caso perso! :)

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  5. Tra i due non so cosa scegliere: è un'ardua scelta!
    Nel mio blog c'è un premio per te che spero ti faccia piacere ricevere: il link per vederlo (e ritirarlo se vorrai) è questo http://chiacchiereinliberta01.blogspot.it/2013/11/the-versatile-blogger-award.html
    A presto :)

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  6. commento "cantando":
    questo o quello, per me pari sono! (voce: contralto:-D)
    Seriamente, ricordo le trame molto approssimativamente ed apprezzo singoli episodi sia dell’Iliade, sia dell’Odissea.

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  7. Bel post! Io preferisco l'Odissea:il mare, il viaggio e soprattutto la magia; le sirene ed in particolare Circe mi hanno sempre affascinato:-)

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    1. Mi ricordi che, a proposito di Circe, ho da tempo un post da preparare... spero di pubblicarlo entro la fine dell'anno! :)

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  8. Bel quesito. Iliade o Odissea? Diciamo che, dal punto di vista della scrittura dovrei rileggerli entrambi, perché le mie memorie scolastiche vanno scemando, purtroppo. Però ti dirò, ho sempre odiato a morte Ulisse. Borioso, bugiardo, ambiguo, falso, ipocrita, con un’etica che definire opportunista è un eufemismo, incapace di assumersi delle responsabilità e pure anaffettivo. Devo continuare? Non ho mai capito perché mai ci sia chi lo considera un eroe. Voto Iliade a prescindere.

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    1. Condivido in larga parte questa tua antipatia, non ho mai sopportato che Ulisse fosse l'unico a passarla sempre liscia perché, astuzia a parte, bisogna dire che ha sempre goduto dell'appoggio di Atena e, occasionalmente, di altre divinità, quindi anche le sue capacità di salvarsi non sono proprio completamente merito del suo ingegno. Sembra quasi il beneficiario di una sorta di classismo: il nobile guerriero che gode del vantaggio della divinità ed è quindi destinato a sedurre le più belle donne e dee del pianeta e a riconquistare il trono, mentre la marmaglia è votata alla disfatta e fatta passare per un cumulo di idioti...

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  9. Dell’Iliade ricordo poche cose, ma per quanto riguarda l’Odissea anche a me Ulisse è sempre apparso antipatico, anche se Omero (o chi per lui) ha tentato di valorizzarlo definendolo re dell’astuzia, uomo dal multiforme ingegno. Senza dubbio alcuni stratagemmi gli erano anche ben riusciti (penso al cavallo di Troia o al ciclope Polifemo), ma altrettante sono state le azioni deplorevoli messe in atto, non per ultima quella ai danni di Palamede, un eroe onesto e sapiente che pagò con la vita il fatto di averlo smascherato. Non so se vi ricordate l’episodio in cui Ulisse, per evitare di andare in guerra, cercò di fingersi pazzo continuando a spingere avanti e indietro l’aratro sui campi… Palamede intuì l’inganno e per renderlo manifesto gli adagiò davanti, dentro un solco del terreno, il corpo del figlioletto Telemaco, costringendolo così a fermarsi. Ma a Ulisse gli bruciò talmente tanto di essere stato colto in fallo che quando arrivò l’occasione non esitò a vendicarsi. Fece infatti montare una falsa calunnia nei confronti di Palamede, accusandolo di aver tradito i Greci prendendo in cambio dell’oro, e in tal modo lo condannò ad una brutale lapidazione. Non per niente Dante ha messo Ulisse nell’Inferno, condannandolo alla pena eterna nella bolgia dei consiglieri di frodi. Trovo comunque che l’Odissea sia un’avventura affascinante, anche per la ricchezza simbolica dei contenuti, senza dubbio da leggere almeno una volta nella vita.

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    1. Grazie per aver ricordato questo episodio che, come per il tentativo di Teti di sottrarre Achille alla guerra nascondendolo a Sciro, non si trova in Omero, dove, al contrario, gli Achei fanno sfoggio solo di comportamenti gloriosi. L'unico Odisseo che riesco a sopportare, in effetti, è quello che si schiera in favore della sepoltura di Aiace nell'omonima tragedia di Sofocle, per il resto non rientra cert fra i miei personaggi prediletti.

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