Salone del Libro 2014: processo all'Inquisizione?

Si aprirà il prossimo giovedì la manifestazione letteraria più attesa dagli appassionati di libri, editoria e incontri culturali (invidia allo stato puro per chi parteciperà!). Il Salone Internazionale del Libro di Torino è giunto alla ventisettesima edizione e, come da tradizione, riconosce come ospite onorario un Paese estero: quest'anno tocca alla Santa Sede, ufficialmente rappresentata dal cardinale Gianfranco Ravasi.


Questa scelta sta suscitando qualche malessere, che va dalla semplice diffidenza alla rimostranza vera e propria. I motivi della discordia non sono così difficili da individuare, dato che il Vaticano ha da sempre esercitato un controllo sulla produzione intellettuale che sembra contrastare con le premesse stesse dell'editoria democratica. Abbiamo già avuto modo di ricordare che la drammatica esperienza dell'Indice dei libri proibiti si è conclusa meno di cinquant'anni fa e non è un mistero che ancora oggi importanti temi etici, politici e culturali denotino una presenza consistente di interventi religiosi anche in contesti precipuamente laici. D'altro canto, non si può negare che le istituzioni ecclesiastiche abbiano, nel tempo, esercitato una costante attività di produzione e salvaguardia culturale. Ovviamente né i meriti nel patrocinio di arti e letteratura possono annullare i terribili effetti del contrasto alla libera espressione e al progresso ideologico, né, per contro, tale repressione dovrebbe oscurare totalmente il buon operato di biblioteche, scrittoi e mecenati.
Nel comunicato ufficiale del Salone del Libro si legge che la presenza della Santa Sede permetterà l'esposizione di manoscritti pregiatissimi, fra cui l'Inferno di Dante Alighieri illustrato da Sandro Botticelli e un'Iliade in greco con testo latino a fronte e di testimonianze storiche di rilievo, fra cui una lettera di Vittorio Emanuele II a Pio IX datata 8 settembre 1870 (dodici giorni prima della Breccia di Porta Pia). Si potrebbe obiettare che è grottesco usare come vessilli da vetrina testi di autori che, per altri versi, sono stati pesantemente condannati (è il caso dello stesso Dante per il De Monarchia) o che testimoniano uno dei momenti di maggiore ostilità della Chiesa alla democrazia, alla libertà dei popoli o all'ideologia moderna (Pio IX, l'autore del Sillabo e il padre del dogma dell'infallibilità del papa, ha avuto in questo senso un primato difficile da eguagliare).
In una lettera aperta a Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il libro, la musica e la cultura che gestisce il Salone, L'Unione degli atei e degli agnostici razionalisti esprime le proprie perplessità facendo leva sul fatto che, con questa partecipazione, l'ente pubblico non farebbe rispettare il supremo principio costituzionale di laicità dello Stato e aprirebbe la manifestazione ad un'istituzione che, per ammissione dei suoi stessi rappresentanti, non è e non può essere democratica; a supporto dell'incongruenza di tale gemellaggio, l'Uarr ricorda che nell'enciclica di Clemente XIII Christianae reipublicae è contenuta l'esortazione a «lottare accanitamente al fine di estirpare la mortifera peste dei libri». La storia dei roghi e dell'Inquisizione è ben nota e non starò a riprenderne i momenti fondamentali.
C'è poi la Lettera agli Editori di Editing & Printing, nella quale, pur manifestando l'approvazione per un «un appuntamento atteso dall'età dell'illuminismo», si auspica una condanna ufficiale del passo degli Atti degli Apostoli in cui San Paolo fa bruciare i rotoli di papiri di Efeso, dove si legge: «Altri che avevano praticato la magia portarono i loro libri e li bruciavano davanti a tutti. [...] Così la parola del Signore di diffondeva e si rafforzava sempre più» (Atti, 19-20). Secondo l'autore, Alfredo Alì, solo prendendo le distanze da questa parte del testo sacro, usata come legittimazione dei roghi storici, il Vaticano sarebbe «ospite redento» del Salone, mentre, in caso contrario, risulterebbe «ospite disonorato della censura».
Ricevuta una copia di questo secondo testo, mi è sorto spontaneo il desiderio di condividere con voi una questione che ha certamente molti punti controversi. Risulterà più che evidente la mia ostilità verso certe forme di manipolazione intellettuale perpetrate dalla Chiesa nei secoli, come ho avuto modo di sottolineare nel post dedicato all'Index ed è vero anche che una manifestazione culturale dovrebbe garantire un'offerta laica e priva di orientamenti ideologici. Dall'altra parte, però, la Santa Sede costituisce, a livello formale, uno Stato al pari di tanti altri e alimenta un mercato editoriale non indifferente, soprattutto nel mondo cattolico e con particolare intensità in Italia; osteggiandone le scelte di politica interna, che pure hanno avuto conseguenze disastrose ben al di fuori dei confini vaticani e in archi temporali enormi, in qualche modo si compirebbe una nuova forma di censura e si creerebbe un precedente per isolare da questa importante vetrina culturale qualsiasi Paese adotti - o abbia adottato senza disconoscerli - provvedimenti orientati secondo precise ideologie (ricordo, a tal proposito, che nel 2011 il Paese ospite fu la Russia, che non si distingue certo per la tutela della libertà di pensiero).
Il quesito che vi rivolgo è, insomma, questo: un importante palcoscenico culturale quale il Salone del Libro ha fatto una scelta migliore aprendo le porte alla Santa Sede e cercando il dialogo che è base stessa del progresso culturale o, al contrario, sarebbe stato preferibile non pubblicizzare eccessivamente un'istituzione che ha per lungo tempo contrastato l'oggetto stesso dell'evento? A voi l'ardua sentenza.

C.M.

Commenti

  1. In effetti, suona ironico, persino sarcastico, che espongano uno scritto di Dante, che non sembrava essere un estimatore così appassionato del papato...chissà, forse c'entra qualcosa il suo esilio deciso da Bonifacio VIII, che non era proprio un suo sostenitore. :-D Mi stupisco ancora della scelta della Santa Sede, e devo dire che non chiarisco appositamente la mia opinione al riguardo, perché so che non sarebbe molto serena e ponderata. In ogni caso, mi sembra una scelta interessante e sfaccettata.

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    1. Concordo, in qualche modo stimola diverse forme di riflessione, anche laddove alimenti polemiche... anch'io, come te, fatico a dare un giudizio positivo o negativo e, in effetti, se non avessi letto quella lettera, probabilmente non mi sarei nemmeno posta il problema, anche perché il Salone rimane sempre e comunque nei miei sogni di lettrice!

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    2. ...già. Per quanto sia commerciale, e discutibile in alcune sue scelte (è sempre troppo caro accedere, e pochi sconti), il Salone del Libro rimane sempre l'Eldorado di qualunque lettore. Libri ovunque. Oh, i sali, per favore...

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  2. A me la presenza del Vaticano un pochino infastidisce, devo essere onesta. Sia per il discorso storico (l'indice dei libri proibiti ce l'hanno ancora...), sia perché comunque non ci sono scrittori del vaticano e ogni incontro che riguarda il paese ospite di quest'anno ha per forza una valenza religiosa che, per me, non dovrebbe esserci.

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    1. Infatti le tematiche che saranno affrontate difficilmente potranno essere condotte laicamente: forse ci sarà qualche occasione di moderato dibattito (penso a quello cui parteciperà Augias), ma sarà certamente impossibile liberarsi di un aspetto dottrinale che gli esponenti della Chiesa portano quasi sempre nei loro interventi. Personalmente, credo che non pateciperei a nessuno di questi incontri perché temo che non si risolverebbero in effettivi dibattiti, ma in conferme di prese di posizione...

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  3. La mia risposta è: "Sì, ma con un confronto aperto su queste questioni." Che non so se ci sarà, non avendo avuto modo di leggere seriamente il programma, ma temo di no. Fra l'altro non sapevo di quel passo degli Atti, da cui però dubito che la Chiesa possa prendere le distanze.
    E a pelle sì, che un po' di fastidio l'ho provato.
    (A onor del vero, ho sempre snobbato il paese ospite, quindi parlo più per principi che altro - magari stavolta darò una sbirciatina.)

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    1. Nel caso, poi fammi sapere che impressioni ne avrai tratto! Sinceramente, anch'io credo che una presa di distanze ufficiali sia impossibile, tanto più che, prima di qualche versetto biblico, ci sarebbero questioni molto più spinose e drammatiche di cui ancora si aspetta la condanna.

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    2. Resta però il fatto che non è così facile emendare la Bibbia, eventualità che solitamente si accompagna a scismi e guerre di religione. Sarebbe curioso leggere come questo passo viene commentato, ma non trovo versioni commentate online. Controllerò a casa. :)

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    3. Infatti la Bibbia è un testo praticamente intoccabile, cosa che farebbe inorridire qualsiasi filologo serio e minimamente cosciente del signifcato del proprio lavoro.

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