Al primo incontro con Matilde, abbigliata e presentata come la madre di Enrico IV Adelaide e madre della promessa sposa di lui, Berta, Enrico non dà segni di riconoscere la sua antica fiamma, eppure ella è convinta del contrario. Solo i quattro servi di Enrico, anch'essi parte da anni del suo mondo storico e farsesco, sono al corrente dell'avvenuta guarigione di Enrico, che aspetta solo l'occasione per rinfacciare ai suoi ospiti la vita infelice e solitaria consumata negli anni della pazzia. Ma c'è di più: avrà finalmente l'occasione per incolpare del suo stato e della sua miseria Belcredi, il responsabile dell'incidente, colui che aveva volontariamente fatto impennare il suo cavallo, sperando che Enrico morisse e la Matilde fosse finalmente sua.
Ma alla confessione seguirà un avvenimento imprevisto dal rancoroso Enrico: alla vista di Frida, la Matilde di un tempo, egli è preso dalla confusione, non sapendo più se stia vivendo il presente del savio o rivivendo il passato del ventiseienne bloccato perennemente dalla follia nella recita dell'XI secolo. Preso da uno slancio passionale, Enrico abbraccia Frida, scatenando la reazione di Belcredi, che si scaglia su di lui, finendo trafitto al ventre. Di fronte al suo delitto, ad Enrico non resta che una via di scampo, un solo modo per superare i sensi di colpa e inghiottire l'amarezza di una vita sprecata a credere di essere qualcun altro: scegliere ancora una volta la strada della follia e dell'inconsapevolezza.
Ulteriormente meschini e ridicoli appaiono Matilde, Belcredi e il dottore, convinti che Enrico possa essere scosso, che si possa far leva sul barlume di lucidità che di tanto in tanto emerge per rompere la sua illusione, cercando di ricreare le condizioni dell'incidente, spacciando Frida per Matilde. Essi vogliono mettere fine alla condanna del malato «liberandolo dalla sua condanna», non sapendo che il vero supplizio di Enrico è proprio essere uscito dalla follia, rendendosi conto di ciò che ha perso... e per questo egli sceglierà di rientrare nel grembo protettivo della pazzia.«E poi penso, Monsignore, che i fantasmi, in generale, non siano altro in fondo che piccole combinazioni dello spirito: immagini che non si riesce a contenere nei regni del sonno: si scoprono anche nella veglia, di giorno; e fanno paura. Io ho sempre paura, quando di notte me li vedo davanti - tante immagini scompigliate che ridono, smontate da cavallo. Ho paura talvolta anche del mio sangue che pulsa nelle arterie come, nel silenzio della notte, un tonfo cupo di passi in stanze lontane…»
Ancora una volta, insomma, nonostante la difficoltà iniziale, Pirandello cattura con la sua straordinaria capacità di entrare nella mente dei personaggi, di sondare il loro disagio e di farlo in maniera mai scontata e mai ripetitiva.
C.M.«Perché trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni! - Eh! Che volete? Costruiscono senza logica, beati loro, i pazzi! O con una loro logica che vola come una piuma!»
Ho difficoltà a leggere i testi teatrali. Ma ebbi la fortuna di vederlo a teatro, con uno stupendo Giulio Bosetti…
RispondiEliminaQuel tuo “mi sono affezionata ad Enrico” mi ha colpito: già, quando entriamo in risonanza col suo dramma, riusciamo a vedere la follia in cui siamo immersi. E la pazzia… cos’è in definitiva? E cosa è “normale”?
Il buon Pirandello ci insegna che non potremo mai rispondere a questi interrogativi, ed è un lietmotiv che ricorre costantemente nelle sue opere, sempre affrontato da una prospettiva diversa per dimostrare la complessità della distinzione fra realtà, finzione, normalità, follia, autenticità e falsità... e l'autore riesce a farci sintonizzare con le vittime di questo tritacarne psicologico, rendendo ancor più disorientante la riflessione...
EliminaAdoro i testi teatrali di Pirandello, ed è bellissimo questo tuo post. =)
RispondiEliminaGrazie, Valentina! Ti confesso che quella famosa prima lettura non mi aveva dato alcuna idea per una recensione appassionata: mi sarei limitata a riferire la trama, senza aggiungere nessuna impressione personale, perché qualcosa mi sfuggiva. Invece poi, complice il lavoro per la tesina di una studentessa, ho tirato fuori dalle pagine la marea di emozioni che Pirandello sa suscitare! :)
EliminaEnrico IV non l'ho ancora letto, ma la tua recensione è veramente bella. Mi piace molto quando riveli qualcosa delle tue personali sensazioni o delle eventuali difficoltà riscontrate nella lettura, perché l'articolo diventa ancora più interessante e coinvolgente ;-)
RispondiEliminaSono contenta che lo apprezzi e non ne sono stupita, visto che anche le tue recensioni sono sempre molto personali e ho spesso avuto modo di trovarvi il giusto equilibrio fra "parlare del libro scritto" e "parlare del libro letto"! :)
EliminaHo sempre pensato che i classici, più di tutti i libri, abbiano il problema di avere una reputazione che li precede e che inibisce il parere personale: è facile - a volte inevitabile - dire che sono testi fantastici e imprescidibili, ma voglio cercare di ritagliarmi uno spazio soggettivo nel parlarne. In questo mi sto riprendendo delle rivincite, visto che all'università era praticamente proibito (e ti assicuro che un "docente" me lo ha detto in faccia) esprimere idee personali sulle letture e i testi di studio...