
L'analisi di Hobsbawm è divisa in settori che rendono la trattazione di volta in volta circoscritta a singoli aspetti (bellico, economico, culturale ecc.), ma strutturata in modo tale da non avvertire mai un processo macchinoso o, peggio, diviso in blocchi stagni. Pur molto articolato e complesso, il ragionamento dello storico procede in modo fluido, senza mai lasciarci alcun dubbio, senza privarci di alcuna informazione necessaria per una chiara comprensione, eppure senza mai farci avvertire il peso della ricostruzione del tecnico. Molto importante, in questa sfida alla leggerezza nel trattare temi molto pesanti e drammatici e nello stabilire un contatto col lettore è il frequente richiamo all'esperienza personale di chi non solo racconta e studia i fatti, ma li ha vissuti... e pensare che ad accoglierci nelle prime righe è proprio una dichiarazione sulla difficoltà di narrare l'età della propria vita (sebbene l'autore passi poi a dichiarare la fortuna di disporre di informazioni di prima mano, cosa ben rara per gli storici).
Una particolare sintonia, inoltre, si crea nella costatazione - purtroppo non troppo stupefacente - dell'attualità di certe riflessioni, che sembrano descrivere dinamiche eterne, problemi cronici e irrisolti, comportamenti da cui l'uomo sembra non potersi proprio liberare. Sono rimasta esterrefatta nel leggere la descrizione dettagliata dell'innesco e delle conseguenze della Grande crisi: il crollo degli investimenti, la disoccupazione che cresce a dismisura, i governi che non abbandonano le tradizionali politiche finanziarie rivelatesi fallimentari; così commenta Hobsbawm, da uomo che scrive dopo la crisi degli anni '80:
Il Prof. Hobsbawm di certo resterebbe ancor più stupito se vedesse oggi gli effetti di una terza crisi e di tale perdita di memoria, oltre che il continuo discredito di cui le materie umanistiche, di cui la Storia fa parte, sono oggetto nella società contemporanea.«La Grande crisi confermò [...] che nella realtà sociale in cui vivevano ci fosse qualcosa di fondamentalmente sbagliato. [...] A chi come me è vissuto durante quegli anni riesce quasi impossibile capire come le dottrine rigidamente liberiste, allora ovviamente in discredito, possano essere tornate in voga in un periodo di depressione quale quello degli ultimi anni '80 e degli anni '90, nel quale, di nuovo, esse hanno dimostrato la loro inadeguatezza teorica e pratica. Tuttavia questo strano fenomeno dovrebbe farci venire alla mente un grande aspetto della storia che esso esemplifica: la incredibile brevità della memoria sia dei teorici sia degli operatori dell'economia, Esso offre anche una chiara dimostrazione di come la società abbia bisogno degli storici, i quali assolvono il compito professionale di ricordare ai loro concittadini ciò che questi desiderano dimenticare.»
Riflessioni come questa abbondano nel testo, anche in riferimento all'evoluzione delle alleanze europee, alle ideologie diffusesi in seno alla guerra e come conseguenza della Grande depressione. Molto accurata è la ricostruzione dell'ascesa dei fascismi (cap. IV) e dell'importanza svolta dalla Rivoluzione russa nel determinarne il potenziamento, ma, allo stesso tempo, di permettere la loro sconfitta, favorendo, paradossalmente la sopravvivenza di quella società capitalista che si proponeva di abbattere (cap. II). Il mito secondo cui «Lenin ha generato Mussolini e Hitler» viene indagato in modo approfondito, prendendone in considerazioni le basi di verità (il rafforzamento delle destre come conseguenza dei timori generati dal Biennio rosso), ma anche gli eccessi, perché contribuirono al successo del fascismo e del nazismo «il risentimento dei 'piccoli uomini' in una società che li schiacciava fra la roccia del grande affarismo da un lato e le asperità dei movimenti in ascesa delle classi lavoratrici dall'altro», la delusione e la violenza improvvisamente repressa di chi aveva partecipato al primo conflitto mondiale e, soprattutto nel caso tedesco, l'inasprirsi a causa della tempesta borsistica del '29, della crisi apertasi con l'imposizione del Diktat di dieci anni prima. Queste riflessioni di base innescano quelle sulla xenofobia, il militarismo e le repressioni e, se è vero, come sosteneva Primo Levi che, di fronte a drammi enormi, «se comprendere è impossibile, conoscere è necessario», Hobsbawm ci permette di farci una chiara idea degli eventi e del preciso percorso da essi intrapreso.
Il secolo breve è una pregevole esperienza di arricchimento e conoscenza, un esercizio di lucidità che permetterebbe il concretizzarsi del principio ciceroniano della «Historia magistra vitae», soprattutto per le nuove generazioni, che sono altrimenti destinate a perdere sempre più il contatto con la storia che ha determinato il loro stesso modo di vivere e le loro possibilità future.
E, aggiungo, lo saranno sempre di più.«La distruzione del passato, o meglio la distruzione dei meccanismi sociali che connettono l'esperienza dei contemporanei a quella delle generazioni precedenti, è uno dei fenomeni più tipici e insieme più strani degli ultimi anni del Novecento. La maggior parte dei giovani alla fine del secolo è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono. Questo fenomeno fa sì che la presenza e l'attività degli storici, il cui compito è di ricordare ciò che gli altri dimenticano, siano ancor più essenziali alla fine del secondo millennio di quanto mai lo siano state nei secoli scorsi.»
C.M.
L'ho studiato per l'esame di storia contemporanea: l'ho odiato fino all'ultima pagina, nonostante sia scritto bene, meglio di tanti libri di storia.
RispondiEliminaAi libri di studio va sempre data una seconda possibilità! ;)
EliminaL'ho letto al primo anno di università: fenomenale :)
RispondiEliminaEd è bello che esperienze di lettura di qualità e che lasciano il segno siano proposte all'università, cosa che non è così scontato che accada, almeno per quello che ho vissuto personalmente. :)
EliminaIo, pur avendo preparato Storia contemporanea, non l'ho letto; ma, ovviamente, ho studiato i concetti fondamentali trattati da Hobsbawm. Devo dire che questo tuo post mi ha fatto venir voglia di leggerlo e di studiarlo per conto mio; inutile dire che aspetto con curiosità gli altri post che vorrai dedicargli :)
RispondiEliminaAnch'io ho spesso avuto a che fare con le sue analisi e da anni mi proponevo di leggerlo, ma la decisione di acquistarlo e iniziarlo subito è dovuta al fatto che, durante l'anno, ho trovato molte sue considerazioni, oltre che sui libri di testo, nelle tracce di saggio breve che ho proposto agli studenti... a quel punto, leggerlo era diventato un imperativo morale! Spero che anche il seguito confermi le ottime impressioni! :)
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