Premiato solo pochi giorni fa con il Golden Globe come miglior film commedia del 2014, Gran Budapest Hotel ha presto iniziato a far incetta di elogi, riconoscimenti (a partire dal Gran Premio della Giuria al Festival internazionale del cinema di Berlino, che con questo film ha aperto la sua sessantaquattresima edizione) e nomination agli Oscar, fra cui, di nuovo, quella come miglior film.
Nonostante il suo valore e la sua originalità, però, Grand Budapest Hotel è passato un po'in sordina: dalla sua uscita, a marzo (aprile per l'Italia), la pellicola di Wes Anderson non ha ricevuto grande visibilità e, come molti lavori di qualità, è stato ignorato da molte catene di multisala: nel mio caso, non ho fatto in tempo a godermi il grande schermo perché solo un piccolo cinema locale l'aveva programmato e, a meno di passarci davanti proprio nei giorni della proiezione, difficilmente l'avrei saputo per tempo. Infine, però, sono riuscita a vedere il tanto acclamato Grand Budapest Hotel, che solo per il suo cast fa andare in visibilio.

Nel frattempo Zero e la sua fidanzata, la pasticciera Agatha (Saoirse Ronan), organizzano la fuga di Monsieur Gustave e il concierge e il facchino intraprendono un viaggio alla ricerca del maggiordomo, fuggendo al contempo dal sanguinario tirapiedi di Dmitri (Willelm Dafoe) e dai poliziotti capitanati da Henckels (Edward Norton), che occupano in forze il Grand Budapest, dove avverrà lo scioglimento del mistero della morte e delle ultime volontà di Madame D, nonché il chiarimento del destino stesso dell'hotel, che, in breve tempo, giungerà nelle mani di Zero Moustafa, disposto a custodirlo nonostante le enormi spese e la certezza di un prossimo fallimento, per onorare la memoria degli affetti più cari.
Grand Budapest Hotel è un piccolo capolavoro di leggerezza e divertimento, che incanta con i suoi colori e le atmosfere quasi surreali, ma, allo stesso tempo, invita a riflettere sul potere di oggetti e luoghi di mantenere in vita il ricordo e il sentimento delle persone amate: l'albergo che fa da cornice a gran parte delle vicende e al racconto stesso è ciò che rimande di un sogno passato: i suoi colori e la sua eleganza (che il vecchio Zero definisce decadente) rappresentano un'idea di civiltà che Monsieur Gustave coltiva con una devozione che non di rado sfocia nella stucchevolezza e nell'esibizionismo, ma anche un mondo di relazioni e una storia di crescita che permette ad un giovane facchino immigrato e sfuggito alla guerra di diventare non solo un esperto concierge, ma un uomo in grado di riconoscere il valore degli insegnamenti, dell'amicizia e dell'amore.
C.M.
Me ne avevano parlato molto bene, ma è rimasto in programmazione per così poco tempo che non sono potuta andare a vederlo...
RispondiEliminaBell'articolo! =)
Lo stesso che è capitato a me: sono contenta di averlo recuperato! Grazie di aver apprezzato l'articolo!
EliminaIo me lo sono persa al cinema, ma è stata colpa mia perché ho continuato a rimandare e poi non l'ho più trovato! Anderson è geniale, lo adoro! Non solo per la sua peculiare ironia ma i colori, le inquadrature, i passaggi... anche Gran Budapest Hotel meraviglioso.
RispondiEliminaInfatti ho deciso che devo recuperare qualche altro film di questo regista: se hai consigli, li accetto volentieri! :)
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