Aiuto, l'educazione di genere! Che non esiste o non è quello che si dice

«Il sonno della ragione genera mostri» scriveva Goya. Una frase trita e ritrita, forse, ma che, come molte perle di saggezza, finisce per essere valida in ogni tempo e luogo: gli esseri umani hanno una strana tendenza a sragionare e a farsi abbindolare dalle più assurde dicerie, meglio se vomitate da voci urlanti. Non ci si informa, non si prova nemmeno ad applicare il filtro del buon senso, ma ci si aggancia allo scandalo per ingigantire concetti comuni e farli diventare balle colossali che funzionano come armi di distruzione neuronale di massa
Non è che la vecchia storia da cui nascono tutti i fanatismi religiosi e politici, più generalmente ideologici, e in cui gioca un ruolo non secondario il cosiddetto 'telefono senza fili', che trasforma un innocente dato di partenza in un abominio che raccoglie immediatamente proseliti, stuzzicando in particolare i buontemponi che aspettano solo l'ennesima crociata. Mettiamoci anche gli organi di informazione (soprattutto televisivi), che non brillano per la tendenza ad attingere alle fonti primarie, come i testi di legge, ma ci bombardano dell'interpretazione che di esse danno politici e opinionisti di qualsiasi provenienza, senza distinguere fra uno Zagrebelsky (tanto per fare il nome di un esperto in campo legislativo) e una Barbara D'Urso. E non occorre essere né storici né filologi per sapere che le informazioni si colgono alla radice, non certo alle estremità della pianta.
La questione dell'educazione gender ha alimentato una serie di rivolte imbarazzanti, che partono dall'errata attribuzione del nome. Ma andiamo per gradi, cercando di capire di cosa si tratti, tenendo presente che il putiferio si è scatenato a partire da poche righe normative del tutto neutrali e delineando la degenerazione dell'opinione pubblica in merito.
 
Innanzitutto l'etichetta. Non esiste, nella legge 107 approvata il 13 luglio 2015 (più nota, grottescamente, come La buona scuola, ma noi vogliamo essere tecnici e non propagandistici) alcuna menzione dell'educazione di genere, tanto meno dell'educazione gender, formula che ha attinto ad un sistema ideologico fortemente connotato nell'ambito delle attività dei gruppi che manifestano per i diritti di omosessuali e transessuali. Non mi stancherò mai di mettere in guardia sulla pericolosità e l'importanza delle parole, che, in barba agli studi sull'arbitrarietà del linguaggio, attivano in molti contesti ricettori comuni. L'entrata del termine gender nel dibattito sulla legge 107 ha attivato un'associazione fra il mondo dei gay-pride e quello della scuola, dando adito a manifestazioni a difesa della famiglia, del candore puerile e dell'amore coniugale dagli esiti  incommentabili. L'esercito di puristi sta sprecando le sue energie, e basterebbe un'occhiata all'articolo 1, comma 16 della legge per capirlo. Perciò leggiamolo insieme:

16. Il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013.

Amando la chiarezza, andiamo anche a leggerci quali sono le tematiche del DL 93/2013, articolo 5, comma 2, a proposito del Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere (questa sì definizione ufficiale):

2. Il Piano, con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale, persegue le seguenti finalità: a) prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, rafforzando la consapevolezza degli uomini e dei ragazzi nel processo di eliminazione della violenza contro le donne e nella soluzione dei conflitti nei rapporti interpersonali; b) sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere e, in particolare, della figura femminile anche attraverso l'adozione di codici di autoregolamentazione da parte degli operatori medesimi; c) promuovere un'adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere e promuovere, nell'ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali, nella programmazione didattica curricolare ed extracurricolare delle scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione, l'informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un'adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo.

Il testo è molto più ampio, ne ho selezionato solo le battute iniziali, ma, seguendo il link, potete consultarlo interamente. Credo che già da questo estratto, comunque, appaia chiaro che la legge 107, conformandosi al citato decreto, miri semplicemente a destrutturare quell'apparato di pregiudizi e stereotipi che determinano e aggravano le discriminazioni, fino alle forme di violenza, fra le quali vengono spesso citate quelle di cui sono vittime le donne, ovviamente originate dalla convinzione, ahinoi ancora molto radicata, che un individuo maschile abbia maggiori diritti e facoltà rispetto a quello femminile, che dovrebbe adattarsi a soddisfare un compagno. Alcune operazioni per fronteggiare ed erodere tali preconcetti, secondo la cosiddetta teoria gender (che, comunque, non è affatto citata dal testo i legge), risiedono nel superamento della dicotomia consuetudinaria fra ruoli maschili e ruoli femminili, che vanno dalla divisone dei compiti domestici alle differenti opporunità lavorative. Ci sono state ovviamente letture estreme di questo pensiero, ma il principio basilare è quello di sradicare dalla mente delle nuove geerazioni l'idea che vi siano strade prestabilite per soli uomini e sentieri vincolanti per sole donne, la deviazione dai quali comporta il diritto all'offesa e al maltrattamento liberi. Ricordiamo, infatti, che dalla convinzione che certe questioni siano riservate agli uomini e certi atteggiamenti devono appartenere alle donne generano il disequilibrio fra la percezione di un'assoluta autorità maschile e la sudditanza femminile che sta alla base di violenze e disagi familiari.
Che si inneggi all'abolizione dell'educazione di genere (se così la si vuol ostinatamente chiamare), essendo tali misure volte al contrasto di vere e proprie piaghe sociali, è a dir poco incivile. Facciamo la controprova, negando ciò che recita l'articolo 1.16: «Io sottoscritto xy rifiuto che nell'istituto scolastico di mio figlio si educhi alla parità tra i sessi, alla prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, e che si informino e sensibilizzino gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche della violenza sulle donne e delle discriminazioni ecc».
Siamo ancora così convinti, leggendola in questo modo, che la negazione degli insegnamenti cladeggiati dalla legge 107 sia una buona scelta? Siamo davvero pronti ad augurarci che la scuola, quale organo educativo spesso costretto anche a sopperire alle mancanze della formazione familiare, rinunci ad educare al rispetto interpersonale e all'uguaglianza fra uomini e donne? Non è forse auspicabile una sensibilizzazione che porti a superare una visione duale di compiti e ruoli cui si acompagna inevitabilmente la sanzone di obblighi su base sessuale? Ebbene, chi grida a squarciagola contro il provvedimento di legge sta sostenendo che tutto ciò è sbagliato o immorale, forse senza saperlo.
Le strutture informative e di supporto che molti prendono a riferimento (come gli organi ecclesiastici) non hanno fatto che incoraggiare la stortura, sicché siamo arrivati al punto che nel web si rincorrono allarmismi, sfilate e cortei che fanno invidia alla caccia agli untori di manzoniana memoria.Si è così diffusa la credenza, del tutto infondata, che l'educazione di genere sia un corso di avviamento alle pratiche erotiche o, addirittura, un percorso di formazione dell'omosessuale perfetto: secondo gli anti-articolo 1.16 si sta preparando un apocalittico piano di creazione di un esercito di pervertiti e gay pronti a sovvertire dalle fondamenta la società del buon costume e l'etica. Il che è come dire che sia immorale educare gli alunni, laddove non lo facciano le famiglie (il che è già di per sé molto grave) a considerare su uno stesso piano l'uomo e la donna, oltre che a rispettare qualsiasi differenza fra gli individui, ivi compresi i loro orientamenti sessuali.
Ora, come dovrebbe avvenire l'educazione di genere? La legge non dice nulla più di quanto citato, motivo per cui gli allarmismi sono del tutto infondati, ma la scuola è da anni impegnata a fornire agli allievi dei corsi di educazione alla sessualità che sono cautamente regolamentati da uno standard fornito dall'OMS (che non è esattamente il primo allocco che passa per strada) che tutela la privacy, la sensibilità dei singoli e le scelte delle famiglie. Nessuno è costretto a fare alcunché. In questi corsi non si effettua alcuna iniziazione alle pratiche sessuali, all'autoerotismo o ad altre tendenze che hanno fatto circolare la voce di studenti traumatizzati e svenuti in classe: queste sono solo enormi montature di lingue lunghe e media un po'troppo facili al megafono. Come ha giustamente rilevato Dario Accolla su Il fatto quotidiano, il fraintendimento nasce dall'incapacità di distinguere l'educazione alla sessualità dalla pratica sessuale: «In altri termini: se mi spieghi come funziona l’energia atomica, non significa che poi andrò a bombardare qualche città giapponese con un ordigno nucleare». Il paragone è perfetto.
Se ciascun individuo rinuncia ad esaminare con la propria testa questioni di simile importanza ed è pronto a scatenare dies irae in nome di presunte infrazioni valoriali anziché usare lo stesso tempo che impiega per indignarsi nell'informarsi e scavare fino alla radice dei problemi, gli effetti sono devastanti: si creano inevitabilmente discriminazioni fra individui di serie A e serie B, si giustificano violenze, si mettono al bando i libri, come nell'odioso caso del neoeletto sindaco di Venezia, che ha ordinato, senza averne l'autorità, il ritiro dei libri rei, secondo lui, di ammiccare all'ideologia gender. Tutti questi comportamenti sono sintomi già visti, in passato e non certo nelle età d'oro della cosiddetta civiltà. Ricordiamoci anche a cosa hanno portato e, forse, capiremo l'importanza di coltivare un pensiero scevro di pregiudizi, facendo un favore a noi stessi e alla nostra capacità di ragionare.

C.M.

Commenti

  1. Grazie, perché di voci come questa devono levarsene tante, a contrasto rispetto a sciocchezze colossali che hanno preso a circolare nelle ultime settimane. Perfino attraverso messaggi nelle chat telefoniche, in insopportabili catene.
    Noi insegnanti in primis, chiamati in causa, dobbiamo prendere atto di questa assoluta necessità di approfondire l'educazione al rispetto di tutti, coscienti che questo mondo ci chiede sempre più pressantemente di farlo.
    Ogni volta mi dispiace vedere schierarsi proprio insegnanti dalla parte "sbagliata", per ignoranza, per atteggiamento prevenuto, per superficialità.

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    1. Hai ragione, soprattutto perché la grande sfida della scuola di oggi è anche quella di sopperire ai vuoti educativi che si creano, per svariati motivi, nelle famiglie e alle storture nei rapporti sociali originate dai media, tv e internet, divenuti costanti compagni dei ragazzi. Il corpo docente è chiamato a fronteggiare enormi disagi e dubbi delle nuove generazioni e non si può rischiare di essere impreparati di fronte a questo, che ha ricadute ben più importanti di un canto della Commedia o di una funzione matematica.

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    2. Sì, questo mestiere sta diventando sempre più impegnativo e difficile. Fino a ieri, mi era facile schierarmi dalla parte degli insegnanti tutti, per partito preso. Oggi sono in grado di dire che molti di essi sono rimasti indietro, non intendono guardare al nuovo, e questo tema viene pertanto considerato in maniera ottusa.
      Anche dal mio blog lancerò fra qualche tempo un post su questo tema.

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    3. Lo leggerò con grande interesse, anche perché so di poter contare sulla tua esperienza nel campo e stai toccando un problema, quello dello "svecchiamento", che trovo cruciale.

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  2. molto bene, Cristina, condivido quel che dici e i commenti che fai. anche se non sono più in attività, rimango un insegnante. orgogliosamente. condividerò il tuo articolo nella mia pagina FB

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    1. Immagino che non si possa smettere di essere insegnanti: è una vocazione per la vita! Grazie di essere passato per unirti a questa riflessione.

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  3. Avevo trovato anch’io assurda e incomprensibile, oltre che esagerata, questa levata di scudi contro la legge 107 che si è innalzata un po’ ovunque, soprattutto dagli ambienti (ultra)cattolici. Grazie per l’articolo, che aiuta a fare molta chiarezza. Se mi permetti me lo stampo, in modo da farlo leggere ai soliti esagitati.

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    1. L'articolo è pubblico, spero serva a chiarire i dubbi di molti, anche se non so quanto potrà contenere il fanatismo di chi è sordo a molti inviti al buon senso (spero non sia il caso degli esagitati che conosci tu). Ovviamente se si espande il dibattito alle ali estreme della cosiddetta "ideologia gender" si troveranno altrettanti scudi levati, ma quello che mi premeva era risolvere la questione di ciò che cambia con la legge 107 nella scuola, fermo restando che in molti istituti sono da tempo organizzati innocui corsi di educazione alla sessualità e sensibilizzazione alle tematiche della diversità e del rispetto interpersonale. Quindi, di fatto, è un cambiamento-non cambiamento, come molte trovate pubblicizzate da chi non ha idea di come funzoni l'istruzione... e sbandierarle forse fa comodo per nascondere gli effettivi problemi creati dalla legge su altri versanti.

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  4. Ciao Athenae,
    non sono insegnante ma ti do ragione in pieno.
    Anche nella frase del commento a Luz... si deve sopperire a mancanze della famiglia.
    Benedetta famiglia! La difedono tanto a spada tratta ma poi bisognerebbe chiedersi a volte se esiste ancora...
    Comunque tornando in tema, se l'Italia fosse un paese civile, con persone disposte ad aprirsi al nuovo giorno che nasce non ci sarebbe bisogno di una legge per obbligarci a farlo.
    Se la gente si aprisse, cioè cercasse di vedere oltre i propri pregiudizi e limiti, le cose si interpreterebbero nel modo giusto.
    Tutto ciò però comporta avere un cervello e saperlo usare in proprio.
    E' molto più semplice lasciarsi trascinare da crociate varie andando dietro ad una parola che fa "figo".
    Posso dirti una cosa? Non sono insegnante ma sono stata per tutti gli anni scolastici di mia figlia rappresentante dei genitori, dalla prima elementare alla quinta superiore. Ho visto (solo una piccola parte) di quello che gli insegnanti fanno. Tanto di cappello a loro!!!!
    Di certo, però, non li invidio!

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    1. Capisco il tuo punto di vista e francamente, nell'affacciarmi alla professione insegnante proprio l'aspetto dei rapporti con alcune famiglie e del disagio delle nuove generazioni è quello che mi preoccupa di più: si vedono scenari tali che francamente quello delle coppie omosessuali mi sembra un "problema" minore di tanti altri in questo contesto. Ribadisco, comunque, che non è a questo che la legge fa fronte, non al momento, almeno.
      Il fatto è che trovo grottesco che si ergano a difesa della famiglia e dell'educazione "morale" primi fra tutti coloro che ai figli non danno alcuna formazione, non insegnano a rispettare gli altri e sono pronti ad infangare i docenti (ma probabilmente anche chiunque altro) al primo disappunto, senza affrontare il fatto che molto spesso la scuola deve appunto fronteggiare un vuoto di fronte al quale, da sola, è comunque inadeguata.
      Sono d'accordo con te anche sul fatto che spesso si debba arrivare alle leggi perché il buon senso e il rispetto, da soli, non bastano a far accettare cambiamenti e a sensibilizzare alle situazioni in cui sono richiesti adattamenti e modificazioni...

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  5. Complimenti per l'analisi lucida ed efficace. Sembra che oggi manchi sempre il tempo per approfondire e risalire a fonti "serie", partendo piuttosto da basi preconcette o forse, molto più semplicemente, preconfezionate...

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    1. La cosa grave è che esistono molte categorie di persone che marciano su questa tendenza ad accontentarsi del preconfezionato... la deriva cui stiamo assistendo mi preoccupa non poco.

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  6. Ho condiviso volentieri il post, perché condivido il contenuto :)

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    1. Grazie, Roberto, anche per le riflessioni del tuo pezzo, che trovo altrettando importanti e complementari. :)

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    2. Parità tra i sessi nn credo annullerà la violenza e le discriminazioni e poi inneggiamo tanto al rispetto delle diversità per insegnare poi ai nostri figli che il bambino deve essere UGUALE alla bambina e vice versa

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    3. Uguaglianza sociale (di diritti e doveri) non significa soppressione, ma valorizzazione della diversità.

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