Second Hand - Michael Zadoorian

I mercatini dell'usato hanno sempre prodotto in me una totale repulsione con le loro montagne di cianfrusaglie ammassate lungo le strade del passeggio in attesa di trovare un nuovo proprietario: damine settecentesche di porcellana, lampade ingiallite, tazze con gattini, orologi dalle forme più disparate... tutti oggetti che hanno il comune denominatore della polvere e un valore che tende a crollare con velocità direttamente proporzionale al desiderio dei venditori di liberarsene. Ho dunque sempre faticato ad accettare oggetti in eredità e non ne ho mai acquistati di seconda mano, anche se, di recente, ho cominciato ad avvertire il fascino delle bancarelle di libri usati (soprattutto per il prezzo e l'amore per le copertine delle edizioni anni '70).

Leggendo Second Hand di Michael Zadoorian (Marcos y Marcos), però, ho cominciato a vedere gli oggetti usati non più solo come cianfrusaglie, ma come pezzetti di vita che, anche se molto kitsch, possono acquisire un loro significato. Beninteso, non mi convertirei alle bancarelle o ai negozi dell'usato, ma, forse, la prossima volta che capiterò nei pressi di un mercatino, riuscirò a guardare la merce esposta con occhi diversi.
Sono convinto che quando possiedi qualcosa che è appartenuto a un’altra persona, stabilisci un contatto segreto con lei, con il suo passato. È un modo per toccare una persona senza incasinarsi con i sentimenti.
Richard è un junker che passa le giornate diviso fra gli sgomberi nei garage e il negozio di cianfrusaglie dove rivende i frutti di queste sortite. Nel suo negozio ci sono gli oggetti più disparati, tutti appartenuti a qualcun altro, rigorosamente estraneo. La morte della madre e il desiderio della sorella di vendere in fretta la casa familiare obbligano Richard a fare i conti col passato: fra gli scatoloni e i mobili di casa ritrova brandelli di infanzia e scopre passioni segrete dei suoi genitori, in particolare il sogno di fotografo del padre, naufragato per via dell'incombere delle responsabilità parentali. Nei giorni del lutto, però, Richard incontra l'eccentrica Theresa, una cliente che lavora in un rifugio per animali abbandonati e che fatica non poco ad intrattenere normali relazioni interpersonali. Richard si innamora di lei, ma gli risulta difficile scalfire il suo guscio di insicurezza e paure, a colmare un vuoto che li accomuna e che entrambi provano a riempire con le cianfrusaglie, che sono un po'come affetti differiti, come incontri a distanza nel tempo con le persone cui sono appartenute, o con una parte del proprio passato.
Leggendo Second Hand ho rivalutato il mondo degli oggetti di seconda mano, trovandomi a riflettere sulla possibilità di vedere nell'usato una sorta di proiezione delle persone e nel loro possesso un potente mezzo di comunicazione, socialità e condivisione. Del resto, come un libro passato di mano in mano può aiutarci ad intuire i gusti dei lettori e a stabilire affinità fra tutti coloro che lo hanno sfogliato, anche un vecchio maglione o una pentola possono dire qualcosa di chi li ha posseduti. Zadoorian, infatti, ci descrive il negozio di cianfrusaglie di Richard come un tempio del passato perduto che rende sacro tutto ciò cui non si è mai dato importanza: gli oggetti di seconda mano, i ninnoli che Guido Gozzano chiamava «le buone cose di pessimo gusto», rappresentano, oltre che un appiglio per la memoria, il regno delle seconde possibilità. Richard, dunque, è un difensore del valore non riconosciuto, un pacato - e, a detta dei più, strambo - custode del tempo e dei ricordi.

Queste epifanie, queste occasioni di ricordo travolgente, sono i momenti junk della nostra vita, detriti di ricordi che abbiamo nascosto nelle muffite pieghe del nostro cervello, segnati con un’orecchia, avvolti in fogli di giornali mentali, sottolineati con l’evidenziatore in remoti centri di memoria, e poi lasciati lì a sedimentare. C’è un bel casino, nella soffitta della nostra mente. Le cose si scheggiano, scoloriscono e si restringono, si accartocciano e ingialliscono, lassù. Eppure quelle cose apparentemente insignificanti sono ciò di cui si compone la nostra storia personale. Ecco perché abbiamo bisogno dei negozietti di cianfrusaglie. Con il passare del tempo, ci rendiamo conto che le cose che abbiamo ignorato sono diventate importanti. Dobbiamo rivisitarle, dare loro nuova vita. È questo il senso del mio negozio.
C.M.

Commenti

  1. Decisamente affascinante come soggetto. Anch'io dinanzi ai mercatini dell'usato di solito ho un atteggiamento di distacco, ma dipende dal tipo di oggetti esposti. In Alto Adige mi imbattei in un mercatino di vecchie foto, monocoli e lenti di ingrandimento che era una delizia.
    Qui il tema sembrerebbe prestarsi a una bella metafora di vita.

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    1. Una bellissima metafora, direi. E, leggendo la sinossi di altri romanzi di Zadoorian, mi pare che ne abbia tratto diversi romanzi...

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  2. Il recupero del passato contro lo spreco del presente? Come tematica non è male, visto che oggigiorno c’è appunto una corsa sempre più sfrenata verso il consumo, con l’ansia di liberarsi in fretta di oggetti vecchi o fuori moda per sostituirli con le ultime novità del momento. Ti dirò che da qualche tempo giro anch’io nei mercatini dei libri usati, e ogni tanto ci trovo delle vere perle (anche fuori catalogo), per di più in ottimo stato e a prezzo molto stracciato…

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    1. Verissimo. Io non ho preso proprio l'abitudine di comprare libri usati, ma devo dire che le bancarelle mi attraggono e che di recente ho avuto la grandissima occasione di comprare cinque classici, in edizioni più che raccomandabili (come Fitzgerald tradotto dalla Pivano), a soli 6 euro. E ho cominciato anche ad aprirmi al canale biblioteca, finora sfruttato solo per ricerche di studio... insomma, sto decisamente diventando una lettrice più malleabile!

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  3. abbiamo sempre frequentato mercatini dell'usato e fatto acquisti: metà delle cose che abbiamo in casa hanno vissuto altrove e con altri prima di abitare con noi. molte non le abbiamo comprate, ci sono state donate e pensiamo che, in fondo, avevamo un destino che prima o poi ci voleva insieme. libri compresi

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    1. Che bel pensiero, è suggestivo pensare che esistano oggetti che, come le persone, ci sono "destinati"...

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  4. La tua recensione mi intriga, però io parto avvantaggiata: adoro i mercatini dell'usato (anche se ammetto che dipende dal mercatino: ce ne sono di orribili, piccole discariche sotto mentite spoglie).

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