Perché è così complicato definire l'arte?

Molto spesso, quando devo scegliere se apporre l'etichetta 'letteratura' in fondo alla recensione di un libro, mi trovo in difficoltà: se è fuor di dubbio che si debba usare un simile termine parlando della dei poemi omerici o di un classico dell'Ottocento - insomma per tutto quanto troviamo nei libri di scuola - non altrettanto immediato è considerare letteratura un romanzo contemporaneo. Ugualmente, nessuno esiterebbe a dire che le tele di Monet sono opere d'arte, ma, di fronte ai dilemmi aperti dall'arte contemporanea, che ha messo in discussione l'idea stessa dell'arte, molti di noi sarebbero in crisi del distinguere un capolavoro da un prodotto di imitazione, di maniera o di eccessivo sperimentalismo. Lo stesso si potrebbe dire, naturalmente, di qualsiasi altra forma di arte.

A. Savinio, Il vecchio e il nuovo mondo
'Arte' e 'Letteratura' sono termini da applicare solo al passato?

Il Novecento ci ha infatti abituati a due fenomeni strettamente legati: da un lato c'è lo stravolgimento delle tradizioni letterarie, pittoriche, teatrali e musicali ad opera di arditi innovatori che hanno messo a frutto nuove tecniche o si sono deliberatamente opposti ad un'estetica consolidata e rassicurante, fatta di modelli e tendenze chiaramente definibili; dall'altro la massificazione che hanno subito tutte le forme d'arte, con la facilitazione dell'accesso agli strumenti attraverso cui si esprimono.
Il problema non è nuovo, del resto abbiamo già visto come Eugenio Montale abbia espresso i propri dubbi sul futuro della poesia nell'epoca della democratizzazione di tutte le arti, nella quale a chiunque bastano carta e penna per scrivere versi, perché non si avverte più l'auctoritas di un passato fatto di tecnica e perizia, di strumenti da conoscere a fondo e utilizzare con una sorta di - si passi il termine - deontologia estetica. Ma non era nuovo nemmeno all'inizio del XX secolo, quando sulla scena europea irruppero avanguardie come quella futurista che miravano a stravolgere il mondo di valori, anche culturali, generalmente condivisi: a loro modo, prima dello scoccare del secolo dei terremoti linguistici, avevano destato scandalo anche coloro che sarebbero stati poi considerati maestri nei loro campi, come Caravaggio e gli stessi Impressionisti, per non parlare di Van Gogh e Gauguin.
Insomma, periodicamente si è assistito all'emergere di un dilemma: come di fa a definire un'opera d'arte, letteraria, figurativa, drammatica che sia? Cosa traccia un discrimine fra uno scrittore e un autore in un'epoca in cui i due termini sono avvertiti come sinonimi, al punto che, anche per il più banale dei romanzetti, una conferenza tenuta da chi lo ha scritto è detta 'incontro con l'autore'? Scrittore è semplicemente il deverbale di scrivere, colui che scrive, mentre autore è colui che, secondo l'etimologia del verbo latino augeo, arricchisce una tradizione e le conferisce prestigio. L'autore, come l'artista, ha un ruolo-chiave nell'evoluzione di un'espressione culturale, non una mera funzone di esecutore. Dunque dove risiede, per dirla alla latina, l'ars?

Jackson Pollock, Convergenza (1952)
Schizzi di colore, arte, casualità, genio?

Non possiamo certo distinguere sulla base di dati anagrafici: non è l'appartenenza di uno scrittore o di un pittore ad un determinato secolo a definire il suo diritto ad essere chiamato autore o artista, sebbene il passato ci offra una base sicura per usare questi termini. Scrivendo recensioni sui libri di Paasilinna o Malamud non mi è sorto il dubbio sull'opportunità di definire i loro autori auctores, sebbene siano l'uno vivente e l'altro comunque collocato in un tempo a noi molto vicino. In altri casi non mi succede, anzi, l'idea di definire certi libri 'letteratura' non mi sfiora nemmeno. E mi vengono i sensi di colpa, perché deve esserci qualcosa, nel profondo del mio cervello, che mi suggerisce un discrimine. Lo stesso mi accade quando mi dedico alla ricerca di opere d'arte e su google mi imbatto in capolavori indiscussi affiancati da falsi d'autore e prodotti amatoriali più o meno originali: al di là di un sommario giudizio di gusto, non saprei dire cosa, al di là di un'eco culturale, mi porti a liquidare rapidamente una parte dei risultati. Ma qualcosa, lo so bene, agisce. Il punto è capire di cosa si tratti.
Se dovessi elencare alcuni fattori che, a pelle, mi portano ad accomunare sotto l'etichetta di 'arte' una data espressione (per comodità e competenza parlerò più che altro di letteratura, me le stesse considerazioni valgono per le arti figurative), isolerei i seguenti elementi discriminanti:
  • La letteratura, a differenza di uno scritto qualsiasi, ha un valore che va oltre l'intrattenimento, perché affronta in maniera profonda questioni che hanno una validità generale, che persistono nel tempo, nelle quali si riconoscono uomini e donne di ogni luogo; ha, per farla breve, un valore filosofico e universale, un'eco che rischia di coincidere con quella che Calvino attribuisce ai classici. Per questo fatico a classificare un best-seller o fenomeno editoriale come letteratura... ma è ben vero che, nel loro tempo, Dickens e Dumas erano fenomeni editoriali.
  • L'auctor esibisce una tecnica consolidata e ben conosciuta, oppure attua uno sperimentalismo che può arrivare anche a stravolgerla, ma comunque partendo da una forte coscienza della tecnica. Non basta appellarsi alla libertà futurista per giustificare ogni forma di scrittura come arte: sarebbe come dire che Kandinskij abbia ripiegato sull'Astrattismo non sapendo disegnare o che Ungaretti scrivesse poesie fortemente verticalizzate perché non conosceva le regole metriche. Sperimentalismo consapevole, insomma, e non ignoranza a briglia sciolta.
  • Un'opera letteraria rappresenta fortemente l'epoca o il clima culturale in cui è nata o un cambiamento importante che in essa si è verificato: potrà anche avere uno stile desueto, eccessivamente ardito o destabilizzante oppure contenuti superati o addirittura sconvenienti per il nostro tempo, ma è lo specchio di una situazione storica e antropologica che merita di essere conosciuta in ogni epoca. Molti aspetti dell'etica della Commedia dantesca sarebbero oggi discutibili, dalla condanna dell'omosessualità all'esaltazione di eroi crociati, ma il poema mantiene una posizione di prestigio ineguagliabile nel panorama letterario mondiale. E a suo modo anche l'orinatoio di Duchamp, fra le opere che più facilmente attirano su di sé negazioni del loro valore artistico, rappresenta uno snodo culturale essenziale nella forma della sua estrema provocazione. 
Duy Huynh, Gli errori aprono le porte alle scoperte

Questi sono alcuni dati che mi aiutano ad orientarmi, ma sono ben lontana dal trovare una soluzione al mio dilemma, che oggi voglio condividere con voi. Sono curiosa di conoscere le vostre opinioni in merito: perché è così complicato definire l'arte e quali elementi distinguono un prodotto editoriale qualsiasi da un capolavoro letterario?

C.M.

Commenti

  1. È un quesito su cui ho riflettuto più volte e che più volte ho visto affrontare.
    Il tuo intervento mi è piaciuto per competenza e chiarezza e, seppur non mi veda completamente d'accordo, mi ha dato degli ottimi spunti di riflessione.

    Grazie.

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    1. Grazie a te per l'attenzione, sono contenta che il post ti abbia dato qualche spunto.

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  2. E' un discorso complesso su cui si sono scervellati in molti, il più delle volte con scarsi risultati. Per quel che mi riguarda, sono certo di non usare come discrimine l'appartenenza al passato o la contemporaneità. Per fare un esempio, non mi sognerei mai di definire in modo diverso da "letteratura" un'opera del pur vivente Thomas Pynchon.

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    1. Nemmeno per me il tempo è un discrimine, a volte sono certa di poter definire alcuni scrittori viventi, come quelli citati, degli autori, in altri casi mi domando se lo diventeranno, in altri ancora lo nego categoricamente.

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  3. Difficile, molto difficile. Un aiuto può arrivare da chi compie studi di Estetica, come anche dalle radici etimologiche della parola arte. Oppure da nessuna di queste cose, o dal loro insieme. Io da umilissimo cultore mi affido alla definizione di quel pazzo visionario di Van Gogh: "A tutt'oggi, non ho trovato miglior definizione dell'arte di questa, L'arte è l'uomo aggiunto alla natura – natura, realtà, verità. Ma col significato, il concetto, il carattere che l'artista sa trarne, che libera e interpreta."
    Personalmente credo che il tempo, inteso come contemporaneità o passato, sia ininfluente, come anche le architetture sociali che ruotano attorno "all'oggetto" artistico. Ciò che annichilisce, stupisce per la sua bellezza, e subito dopo ci impone, come reazione, una profonda riflessione, beh, quella per me è arte. Devo anche aggiungere che credo nell'estinzione del concetto classico di arte. Le sensibilità cambiano, la società cambia, tutto è funzionale. Sono pessimista. La mia piccola nota polemica è legata alla differenza tra letteratura aulica e narrativa a larga diffusione nel senso comune del termine. Una cosa non esclude l'altra, così come non escludo l'importanza di alcuni successi editoriali nel panorama artistico, vedi Philip Roth: milioni di copie, film tratti dal suo lavoro, eppure è innegabile che la sua sia Letteratura.
    Per concludere, mi scuso per il pippotto, tutto ruota intorno a canoni stilistici, al messaggio, alle singole sensibilità che beneficiano del prodotto artistico. Quindi? Quindi niente, torniamo alla difficoltà di definire l'arte, perché l'arte attiene al trascendentale ed è tale se il prodotto artistico ci offre qualcosa che va oltre il contingente, il triviale e banalissimo quotidiano.

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    1. E niente, pare che dovrò tenermi il dubbio e tentare, a modo mio, di risolvere la questione "a pezzettini", volta per volta: d'ora in poi sarò curiosa di sapere se riteniate valida o folle la presenza, fra le etichette dei post dedicati ai libri, la definizione di "letteratura"...

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    2. Va là che non credo tu abbia dubbi :D Per il resto non credo si debbano avere timori reverenziali, letteratura va benissimo ;)
      Non sono sicuro che il mio contributo sia stato costruttivo, comunque è quello che sento. Mi ha fatto piacere leggere questo post.

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  4. Diciamo che l'intento artistico è spesso evidente, mentre chi è mero esecutore si frega altrettanto spesso da solo. Faccio l'esempio dell'arte di strada, murales e graffiti... e il confine con il vandalismo: è dura :D

    Bellissimo il tuo post che condivido nella sua struttura.

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  5. Dare una soluzione è un compito difficile, per me, impossibile. Un capolavoro (sempre a mio dire), è quando il suo valore o significato è eterno, in ogni spazio o tempo. Però giustamente il tempo non è un buon motivo per considerare un oggetto, arte, letteraria o artistica che sia. E' facile prendere cantonate. Mi viene in mente la scrittrice francese Colette, osannata in vita dai francesi e non, unica donna ad avere funerali di stato...Poi solo oggi la sua figura è stata ridimensionata : i suoi scritti sono soltanto una discreta cronaca di usi e costumi, niente di complesso. Poi ci sono anche autori o artisti diventati famosi per un'opera sola o poche, e allora sono da considerarsi geni o persone il cui talento si è esaurito subito? Ma ora comincio a divagare... Il tuo è un aticolo che offre tante ramificazioni...

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    1. Infatti gli esempi e le strade che aprono a diramazioni ulteriori sarebbero infiniti, credo che definire l'opera d'arte e il genio d'autore sia difficile proprio per l'estrema varietà dei casi umani e la facilità di cadere in errori o semplificazioni sia in positivo che in negativo...

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  6. Questione interessante e complessa, quella che poni.. io forse vedo il tutto da un'angolazione un tantino più "romantica" e meno "tecnica", ma aggiungerei ai punti che hai elencato tu, l'aspetto emotivo ed emozionale.
    L'opera d'arte trasmette "qualcosa" che trascende il tempo in cui fu scritta o creata, e parla agli uomini di oggi come a quelli di allora.
    Io ritengo che in moltissimi casi sia questo il discriminante. La potenza comunicativa, sia che parliamo di scultura che di pittura che di letteratura.
    Oltre alla tecnica, oltre al rappresentare l'epoca in cui è stata concepita,oltre al trasmettere dei valori che vanno oltre l'intrattenimento, a mio parere l'arte per essere tale deve smuovere il nostro lato emozionale. Rabbia, commozione, serenità.. trasmettere la sensazione che la mano che l'ha prodotta vi ha infuso dentro.
    Un'angolazione un tantino romantica, lo avevo premesso... ;-)

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    1. L'aspetto tecnico mi interessava per capire se ci potesse essere, nella questione, almeno una parte di oggettività... ma è fuor di dubbio che l'emozione sia, a conti fatti, la cosa più importante! :)

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  7. Definire l'arte. Un quesito che ho avuto modo di affrontare negli anni universitari, e nei diversi esami di indirizzo del mio corso di studi. Due di questi furono di Arte contemporanea e mi diedero modo di studiare questo fenomeno dell'ineffabilità di certe avanguardie. Quello che ho imparato e che ho reso mio è che l'arte avanguardista, quella che insomma non possiamo definire "classica", già nel suo determinarsi vuole creare un interrogativo. Non vuole né pretende di essere arte nel senso proprio del termine né suscitare l'ammirazione che per secoli ha suscitato l'arte figurativa. L'arte è rottura, crisi, in questo senso rappresentazione più che mai attiva del reale. Una realtà in cui forse non c'è nulla di bello o buono da rappresentare.

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    1. Quindi torniamo alla grande e amata questione sulla ricchezza della letteratura (o dell'arte in genere) che è tale perché sa metterci in situazioni critiche, ci scuote e ci risveglia dal torpore dell'ordinario...

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    2. Direi di sì. Ripeto in continuazione dalla cattedra che l'arte e la letteratura sono due forme della stessa urgenza espressiva insita in ogni epoca, e non possono permettersi di "intrattenere" soltanto, anzi.
      Ho commentato da me un film che non so se hai mai visto, è un esempio perfetto per quello che stiamo scrivendo.

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    3. Se ti riferisci a Dogville, no, non lo conosco, quindi faccio un po'fatica a ritrovarmi in quanto scrivi, ma dovrò tenerlo presente per una futura visione!

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  8. Non ne sono sicuro al 100%, ma credo che cercare di fare una distinzione tra ciò che può venire definito arte e ciò che non può essere definito arte sia solo una intellettualizzazzione aristocratica dell'idea di bellezza e di comunicazione, che sono 2 cose molto relative, varianti da persona a persona. Arte può essere qualunque cosa creata dall'uomo per comunicare qualunque altra cosa (non necessariamente conscia) a sè stesso o agli altri membri della sua specie biologica e/o sociale. Arte può essere qualunque cosa ti sembri che sia arte, magari perchè ti è stato insegnato a vedere quel qualcosa come arte, oppure semplicemente perchè ti emoziona. O ti disgusta, o ti fa ridere, (esiste un'arte che faccia ridere? Se non esiste dovrebbero inventarla...) oppure perchè non ti dice niente. Sì, secondo ne si può arrivare a definire arte anche ciò che non ci comunica assolutamente nulla.

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    1. Dante scriverebbe «State contenti, umana gente, al quia», invitandoci a non porci troppe domande su una questione che non permette una soluzione definitiva. Eppure, come faceva intuire Calvino nella già citata dissertazione sul concetto di "classico", la speculazione stessa contribuisce ad accrescere il pregio di un'opera. :)

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