A Beautiful Mind (Ron Howard, 2001)

Capita spesso che persone con grandissime doti intellettuali soffrano di disturbi della mente, del comportamento, dell'apprendimento o nelle relazioni interpersonali e che il genio si accompagni a manifestazioni di crisi e a sfoghi anche violenti. Fra i personaggi del secolo scorso che hanno manifestato tale duplicità c'è il matematico John Forbes Nash (1928-2915), personaggio eccentrico e affetto da una grave schizofrenia che ha raggiunto notevoli traguardi nell'ambito degli studi economici e dell'algebra. Vincitore del Premio Nobel per l'economia nel 1994, John Nash, con la sua storia tormentata, ha ispirato nel 2001 il film A Beautiful Mind diretto da Ron Howard e interpretato da Russel Crowe e Jennifer Connelly.

Incontriamo John Nash (Russel Crowe) a Princeton, l'università del New Jersey dove il suo unico amico è il compagno di stanza Charles Herman (Paul Bettany); refrattario alla normale articolazione della vita dello studente universitario al punto da disertare le lezioni e procrastinare la stesura della tesi di dottorato, John Nash è introverso e mira a dimostrare gli errori della dottrina economica di Adam Smith, riuscendovi grazie all'elaborazione della teoria dell'equilibrio che porta il suo nome e ottenendo un posto come docente al Massachusetts Institute of Technology. Qui John Nash si lega ad una sua studentessa, Alicia Larde (Jennifer Connelly), e il suo talento matematico attira l'attenzione del Pentagono, che, in piena guerra fredda, gli affida incarichi legati ai codici criptati: è soprattutto William Parcher (Ed Harris) ad affidargli delicati e segretissimi compiti di individuazione e decifrazione dei codici che Mosca ha affidato ai giornali per comunicare con le spie in suolo americano e a dotarlo di un impianto sottocutaneo per il passaggio dei documenti. John Nash è apparentemente felice nel matrimonio con Alicia e nell'attesa del loro figlio, ma la presenza di Parcher si fa sempre più opprimente e lo espone a rischi che non è più disposto ad accettare, fino al giorno in cui un manipolo di agenti non lo preleva con la forza nel corso di una lezione. John si risveglia in un ospedale psichiatrico, dove viene ricoverato e sottoposto a terapie di shock insulinico per curare i disturbi di schizofrenia paranoide. Infatti non solo Alicia non è riuscita a rintracciare alcun William Parcher, ma a Princeton non risulta che Nash avesse alcun compagno di stanza e, per di più, i documenti che egli dice di aver depositato in una cassetta ad accesso segreto vengono ritrovati integri: i complotti di spionaggio, i compiti affidatigli dal Pentagono e le visite di Charles Herman e della sua nipotina si rivelano una fantasia della mente malata di Nash, condannato a sottoporsi a continue visite e ad assumere medicinali che inibiscono le sue facoltà fisiche e mentali, rendendogli impossibile lavorare. Grazie ad Alicia, che gli rimane vicino nonostante il pericolo che egli costituisce per la sicurezza sua e del bambino, John Nash diventa consapevole che ciò che gli è sembrato a lungo reale è soltanto un'allucinazione e affronta il decorso della malattia, desideroso di superarla e di tornare a studiare. La sua è una sfida titanica, che incontra diversi ostacoli e che non può essere vinta totalmente, ma nella quale John Nash si impegna per amore della moglie e nella quale si riconosce sempre più quando riprende a lavorare all'università, studiando nella biblioteca a contatto con gli studenti.
A Beautiful Mind racconta una versione rispettosamente epurata della storia di John Nash, omettendo alcuni particolari della sua storia personale, come il mancato riconoscimento del figlio avuto prima del matrimonio da Eleanor Stier o la temporanea separazione dalla moglie, e della sua malattia, della quale non si raccontano gli aspetti più eclatanti, sebbene del disturbo del matematico risulti un quadro comunque chiaro e molto grave. Tuttavia queste scelte appaiono comprensibili non solo per rispetto dei due protagonisti che, al momento dell'uscita del film, erano ancora in vita, ma anche per evitare che di John Nash fosse messa in luce soltanto quella che agli occhi dei più appare come follia, a scapito del suo talento matematico. Ron Howard ha deciso di romanzare la vicenda di Nash anche nella narrazione del suo rapporto con Alicia, conferendo una meritatissima importanza alla figura che è risultata determinante nella guarigione, anche nel periodo in cui egli non è stato più un marito ma un ospite di cui prendersi cura; ecco perché anche il commovente discorso della cerimonia del Nobel è in realtà un elemento di fantasia, dal momento che Nash non disse nulla al momento della consegna del premio. Questa libertà registica, tuttavia, non è fuori luogo, se pensiamo che proprio nel 2001 John e Alicia Nash si sono risposati e che nel 2015 sarebbero morti insieme in un incidente stradale. Del resto il film non ha la pretesa di costituire una biografia rigorosa, bensì, come è tipico dell'arte cinematografica, punta a creare sintonia con i personaggi e a trascinare lo spettatore attraverso l'emozione (questo spiega anche l'aggiunta del rituale della cerimonia delle penne a Princeton) e forse A Beautiful Mind ha avuto il grande merito di far conoscere anche ai profani di matematica la figura di John Nash e di farci riflettere sulle risorse che a volte vengono nascoste da forme di disabilità o da disturbi di vario genere.


Il film di Ron Howard ha riscosso grande successo ed è stato premiato nel 2002 con l'Oscar come miglior film, per la miglior sceneggiatura non originale e per la regia; Jennifer Connelly ha inoltre ricevuto la statuetta come miglior attrice non protagonista, mentre Russel Crowe, pure premiato con la collega con il Golden Globe, si è dovuto accontentare della sola nomination, anche se, probabilmente, il fatto che John e Alicia Nash fossero entrambi presenti alla cerimonia degli Oscar è stato un traguardo anche più significativo.

C.M.

Commenti

  1. un film molto molto bello, che ha degli spaccati fatti di una bellezza commovente, a tratti devastante...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione, di fronte al dramma di Nash ci si trova increduli e impotenti e non può mancare, credo, la spiacevole sensazione di essere potenziali vittime della stessa malattia che ha colpito lui, di poter perdere da un momento all'altro la cognizione della realtà e, con essa, gli affetti più cari.

      Elimina

Posta un commento

La tua opinione è importante: condividila!