Qualcuno cammina sulla tua tomba - Mariana Enriquez

C'è chi viaggia inseguendo l'arte, chi per ammirare le bellezze paesaggistiche, chi percorre le vie del turismo enogastronomico... e chi, come Mariana Enriquez, gira per il mondo alla ricerca dei cimiteri più suggestivi, siano essi luoghi di sepolture monumentali come il cimitero parigino di Montparnasse oppure cripte decorate con ossa e teschi, come la Cripta dei Cappuccini a Roma.
Qualcuno cammina sulla tua tomba. I miei viaggi nei cimiteri (Caravan edizioni) è una sorta di diario di viaggio di questa esploratrice di cimiteri, fra le cui pagine sono raccolte ricche descrizioni delle necropoli che Mariana Enriquez ha visitato, aneddoti personali e storici ad essi legati e un breve memorandum su ulteriori siti di sepoltura che, per un motivo o per l'altro, suscitano l'interesse dell'autrice. Scopriamo immediatamente che la curiosità per i cimiteri nasce da una passeggiata fra le tombe di Staglieno, a Genova, nel 1997, con l'incanto suscitato dalle sensuali figure angeliche scolpite in onore dei defunti e da un incontro passionale. A questa escursione fanno seguito molte altre che portano la Enriquez all'interno delle necropoli più note del continente americano, d'Europa e d'Australia, percorrendo una storia che non si dipana in ordine cronologico ma che salta nel tempo e nello spazio.
Fra i capitoli più interessanti di Qualcuno cammina sula tua tomba c'è quello dedicato alla città messicana di Guadalajara, di cui ci vengono illustrati i particolarissimi rituali del Giorno dei morti, con la loro profusione di amuleti, dolciumi a forma di teschi (alfeñiquez) e rappresentazioni su cibi, quadretti e in forma plastica di Catrina, uno scheletro disegnato da José Guadalupe Posada agli inizi del XX secolo a denuncia della povertà e originariamente chiamato Calavera Garbancera, ma ribattezzato poi Catrina dal pittore Diego Rivera. Molto suggestiva è anche la descrizione della cultura vudù a New Orelans, città di 35.000 abitanti e 42 cimiteri le cui tombe sono tutte in superficie per evitare che le inondazioni facciano riemergere le bare; qui si vendono oggettini portafortuna e gris-gris, amuleti che contengono erbe, oli o pietre per tenere lontani gli spiriti maligni e si può visitare il cimitero di St. Louis n°1 dove è stata girata una scena molto discussa del film Easy Rider, proprio davanti alla tomba della Società italiana realizzata da Pietro Gualdi nel 1857. La Enriquez ci porta inoltre a Memphis, nel Tennessee, a visitare la tomba di Elvis Prelsey e a conoscere la storia del suo sfortunato fratello, al Cemeterio Presbítero Maestro di Lima, nei quartieri più pericolosi della capitale peruviana, di fronte all'angelo di Francisco Salamone che sorveglia l'entrata del cimitero di Azul, nella provincia di Buenos Aires e sulle tracce delle storie di fantasmi a Savannah, in Georgia. Ma le visite cimiteriali di Mariana Enriquez sono anche molte altre e molte altre si aggiungerebbero a questo diario, se venisse ristampato in futuro. 
Uno spazio particolare merita l'ultima delle storie di sepoltura, perché la protagonista del racconto è Marta Angélica la madre di una conoscente dell'autrice e la sua storia si intreccia con quella delle persecuzioni della giunta militare argentina e dei Desaparecidos: proprio attraverso la storia di una defunta che ha atteso decenni prima di trovare pace comprendiamo il reale significato del percorso di Mariana Enriquez fra le tombe: il suo non è un semplice vezzo morboso, né l'atteggiamento di una turista così impegnata nella ricerca di scatti o souvenir da non comprendere l'importanza di un luogo destinato al ricordo e della storia che esso porta con sé, ma un interesse che nasce dalla consapevolezza che ciascuno ha una propria storia, un'identità legata ad un luogo e il diritto di essere ricordato e protetto dopo la morte.
Collocato nel punto di intersezione fra il racconto diaristico autobiografico, la narrativa e l'etnografia, Qualcuno cammina sulla tua tomba si può anche gustare a piccoli brani e può fornire qualche interessante indicazione per individuare nelle grandi città che desideriamo organizzare un itinerario insolito, che includa non solo il percorso per le strade dei vivi, ma anche quello lungo i sentieri dei morti, dove si nascondono vere e proprie opere d'arte e molte curiosità. Leggendo il diario di viaggio della Enriquez, non solo ho riscoperto le suggestioni della visita al cimitero di Père Lachaise, ma ho imparato qualcosa di più su alcuni ospiti delle necropoli da lei visitate, come lo scrittore Julio Cortázar, il già citato Elvis Presley, il jazzista Buddy Bolden, Anne Rice o personaggi accusati di stregoneria, delirio e vampirismo. L'unico difetto che si può individuare in questo libro è che, per una piena immersione nel testo, è talvolta necessario un supporto visivo, se non altro per localizzare i siti e immaginarne le tombe: io ho consultato più volte la rete per ovviare al problema, ma non sarebbe male se il libro fosse corredato di qualche pianta cittadina o fotografia. Per il resto, la Enriquez ha confezionato una raccolta di racconti del tutto originale, a tratti molto solenne e in altri ironica, nella quale emergono diverse somiglianze fra le usanze funebri di popoli geograficamente molto lontani.
Come sono belli i cimiteri, penso, mentre, dal finestrino, guardo il cielo grigio. La mia amica Patrizia dorma accanto a me. "Dove si potrà leggere il suo epitaffio". Dove resta il nome, la data, e una voce che dice: ci sono stato, ero. Ormai forse nessuno sa più il mio nome, ma una volta qualcuno mi ha ricordato.
C.M.

Commenti

  1. Quando dico alle persone la commozione che provo nel visitare cimiteri monumentali o tombe di grandi artisti, subito mi guardano male, quasi fossi un extraterrestre! Come dici bene il cimitero non è che uno dei nostri tanti tasselli storici che ci portiamo dalle nostre origini. Martedì ho visitato Santa Croce e quasi mi scioglievo per tutta quella bellezza. Foscolo docet!

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    1. Leggendo questo libro Santa Croce mi è venuta spesso in mente, assieme a tutto il carme Dei sepolcri in cui viene elogiata, in particolare il passaggio sulla descrizione delle usanze funerarie del passato e dei cimiteri inglesi (vv. 91-150).

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