Tutto è possibile - Elizabeth Strout

All'inizio di settembre è arrivato in libreria l'ultimo romanzo di Elizabeth Strout, Tutto è possibile, edito, come il precedente Mi chiamo Lucy Barton, da Einaudi (dopo i primi titoli usciti per Fazi) nella traduzione di Susanna Basso. Questi due libri sono tra loro legati proprio grazie alla figura di Lucy, che ha avuto successo come scrittrice dopo aver lasciato Amgash, la cittadina dell'Illinois in cui è cresciuta senza poter godere di felicità e spensieratezza. In questo secondo volume in cui compare Lucy, tuttavia, la sua figura rimane marginale, fa, per così dire, da leitmotiv fra i diversi racconti, ora grazie all'apparizione del suo libro in un negozio, ora in seguito ad una sua intervista in televisione, ora perché Elizabeth Strout decide di dar voce ai suoi fratelli e cugini, a chi l'ha conosciuta quando andava a scuola e alle persone che non l'hanno mai accettata.

Se Mi chiamo Lucy Barton non mi aveva inizialmente attratta, Tutto è possibile ha avuto invece un effetto calamita (complice anche la presentazione al Festivaletteratura). Sono stata però titubante al momento di iniziare questo libro, perché mi domandavo se non conoscere la storia di Lucy Barton potesse precludere il godimento o la comprensione di quest'altro testo. Non è stato così, anzi.
Tutto è possibile ricorda, nella sua struttura, l'amatissimo Olive Kitteridge: anche se qui la presenza di Lucy Barton non è, come accennavo, in primo piano alla pari della maestra di Crosby, basta l'evocazione del suo nome per comporre un armonico quadro di insieme fra le vicende di personaggi molto diversi che hanno in qualche momento intrecciato la loro esistenza con quella della giovane Lucy e della sua sfortunata famiglia (Lucy è protagonista di un solo racconto). Fanno così la loro comparsa Tommy Guptill, il bidello della scuola frequentata dai fratelli Barton, costretto a cambiare lavoro dopo l'incendio del caseificio in cui lavorava anche Ken Barton, padre di Lucy, Patty Nicely, alle prese con l'insolenza e le difficoltà di Lila Lane, nipote di Lucy, ma allo stesso tempo impegnata a conquistare Charly Mecauley, reduce della Guerra dei Vietnam incapace di aderire nuovamente alla vita dopo i traumi subiti durante il conflitto. Ma facciamo anche la conoscenza di Pete Barton, custode della casa di famiglia cui basta l'annuncio della visita della sorella per scatenare l'eccitazione delle grandi pulizie e dell'unico taglio di capelli dal barbiere, di una seconda Principessina Nicely, Linda, che ha deciso di tenere il cognome del primo marito pur essendosi risposata con un uomo che installa telecamere per spiare le ospiti della stanza data in affitto e di Dottie e Abel Blaine, cugini di Lucy, che a fatica si sono riscattati dal passato di miseria che li costringeva a cercare cibo fra gli avanzi della spazzatura.
Queste e molte altre vite si incontrano fra le pagine di Tutto è possibile, nelle quali Elizabeth Strout rivela ancora una volta la sua straordinaria capacità di sondare l'animo umano (e non solo, come si potrebbe pensare, quello femminile): lei sa analizzare con sensibilità i moventi che si agitano nel profondo, sa descriverne le conseguenze senza mai sacrificare la verosimiglianza, sa ascoltare la dignitosa sofferenza dei suoi personaggi e restituirla al lettore. Infatti Tutto è possibile appare più luminoso di Olive Kitteridge (anche se credo che non possa superarne il valore): in qualche modo, questa raccolta è ispirata al motivo del riscatto, al coraggio di iniziare una nuova vita, di scrollarsi di dosso i pregiudizi, anche concedendosi di spedire qualcuno a quel paese. Come Lucy - in questo più che nell'emergere del suo ricordo si concretizza il suo ruolo di collante - molti altri abitanti di Amgash hanno lavorato duramente per migliorare la propria condizione, hanno abbandonato la casa d'infanzia, rotto i legami con i genitori e con i figli, costruendosi un'esistenza nuova nel tentativo di inseguire la felicità, a costo di raccogliere la disapprovazione di molte persone.
Dicevo che il non aver letto Mi chiamo Lucy Barton non solo non ha ostacolato la lettura di Tutto è possibile, ma, semmai, ha avuto l'effetto opposto. Tutto è possibile mi ha infatti incuriosita in merito alla storia di Lucy, instillandomi il desiderio di conoscerla attraverso quel romanzo che non mi aveva colpita quando ne lessi la trama e le recensioni: l'interesse per Lucy e per la storia che scambia con la madre dal letto di ospedale, che di per sé non mi attirava, è nato così dall'interno, attraverso le voci di chi ha incrociato questo personaggio sul suo cammino. 

Il mio incontro con Elizabeth Strout al Festivaletteratura
Il mondo naturale era stato il suo primo alleato, pronto ad accoglierla a braccia aperte nella sua bellezza e a procurarle un entusiasmo che nient’altro le poteva dare. Aveva imparato i ritmi delle vite che la circondavano, il loro dove e il quando, e si intrufolava nei boschi più vicini all’abitato, o alle spalle della scuola, e lì, con dolcezza esultante, cantava una canzone che si era inventata anni addietro: «Che bello essere viva, che beeello essere viva...».
C.M.

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