Suite francese - Irène Nemirovsky

Fu la guerra a impedire a Irène Nemirovsky di terminare il suo ambizioso romanzo Suite francese. La guerra e le leggi razziali che la trascinarono nel campo di concentramento di Auschwitz all'improvviso, ma non senza che il suo animo presagisse l'amaro destino che l'attendeva. Ed è la guerra, con i risvolti più o meno prevedibili dell'occupazione, la protagonista di quella che sembrava avviata ad essere una vera epopea del popolo francese dal giugno 1940.

Il complesso progetto di Suite francese si deduce dagli appunti che la sua autrice compose prima e durante la scrittura, a documentare giorno per giorno la trasformazione dei personaggi, il lavoro su di essi e sullo sviluppo della storia di ciascuno. Di Temporale di giugno, Dolce, Prigionia, Battaglie e La pace Irene Nemirovsky aveva ultimato soltanto le prime due parti al momento del suo arresto, il 13 luglio 1942, ma le note che Adelphi pospone alla coppia di movimenti consegnati dalla scrittrice suggeriscono un crescendo di drammaticità che avrebbe travalicato le risorse della narrativa per dar voce alla storia.
Nata l'11 febbraio 1903 a Kiev, Irène Nemirovsky non aveva ormai più nulla di ebraico quando venne arrestata: non solo la sua famiglia aveva precipitosamente abbandonato San Pietroburgo in seguito alla rivoluzione, ma ella si era addirittura convertita al cattolicesimo assieme al marito, Michel Epstein. Era già una scrittrice affermata (la fama era arrivata nel 1929 con David Golder) quando, nella Parigi occupata dai nazisti, le leggi razziali iniziarono ad ostacolare la sua attività professionale e le sole origini sovietiche bastarono a renderla indesiderabile alla pari di quelle giudaiche. All'arresto seguì la reclusione prima nel campo di Pithiviers, poi nel campo di concentramento polacco, dove morì di tifo il 17 agosto 1942. Qualche mese dopo il marito subì la stessa sorte e le due figlie furono messe in salvo per miracolo; con loro, conservato in una valigetta, sopravvisse anche Suite francese con l'insieme di appunti redatti dalla sfortunata scrittrice.
Sarà dura, pensavano i parigini. Aria di primavera. Una notte di guerra, l’allarme. Ma la notte svanisce, la guerra è lontana. Quelli che non dormivano, i malati nei loro letti, le madri con un figlio al fronte, le donne innamorate con gli occhi sciupati dal pianto, sentivano il primo soffio della sirena, ancora solo un ansito profondo simile al sospiro che esce da un petto oppresso. In pochi istanti il cielo tutto si sarebbe riempito di clamori. Che venivano da lontano, dall’estrema linea dell’orizzonte – senza fretta si sarebbe detto. Quelli che dormivano sognavano il mare che spinge davanti a sé i ciottoli e le onde, la tempesta di marzo che scuote la foresta, una mandria di buoi che galoppano pesanti facendo tremare il suolo con gli zoccoli; ma il sogno finiva e socchiudendo appena gli occhi gli uomini mormoravano: «È l’allarme?».
Temporale di giugno, la prima sezione del libro, narra della fuga dei parigini verso la Francia orientale: fra le pagine vediamo una fiumana di persone che cercano di sottrarsi al giogo dell'occupazione, chi per mettere in salvo gli affari, chi per cercare rifugio con i propri cari nella regione della Loira; fra questi la signora Péricand, che si dirige a Nîmes con i figli e l'anziano suocero, costretta a fare a meno del marito, che non può abbandonare il Museo Nazionale della capitale, e i Michaud, che, nella fuga che serve a conservare loro, oltre che la libertà, anche il lavoro, pensano costantemente al figlio Jean-Marie, ferito in guerra. L'apertura del romanzo è dedicata a tante storie di ritirata e disperazione innescate dall'entrata a Parigi della Wehrmacht nel giugno del 1940, alla narrazione della paura che attanaglia uomini e donne inseguiti dal tuono dei cannoni. Alcune di queste storie riaffiorano fra le pagine di Dolce e sarebbero poi proseguite nelle sezioni seguenti, già ampiamente immaginate dalla Nemirovsky.
Dalle finestre aperte si intravedeva un giardinetto illuminato dalla luna. Una luce scintillante e tranquilla si riversava sui ciottoli d’argento del vialetto, lungo il quale una gatta camminava adagio, e sui grappoli bianchi e profumati dei lillà. Nella sala da pranzo sfollati e gente del posto ascoltavano insieme i notiziari della radio. Le donne piangevano. Gli uomini chinavano il capo in silenzio. Non provavano una vera e propria disperazione; era piuttosto un rifiuto di comprendere, un attonito stupore del tipo di quello che si prova dopo un brutto sogno, quando piano piano si emerge dal sonno, si avverte che il giorno è vicino, tutto l’essere tende alla luce e si pensa: «È un incubo, adesso mi sveglio».
Irène Nemirovsky (1903-1942)
Il secondo movimento di Suite francese è infatti più statico, ma anche più appassionante. Esso è incentrato sulla figura della giovane Lucile Angellier, che, nella dimora di Bussy che divide con la rigida suocera da quando il marito Gaston, sposato solo per assecondare il desiderio del padre, è stato fatto prigioniero, è costretta ad ospitare l'ufficiale tedesco Bruno von Frank. Bruno si rivela ben presto un uomo come tanti e depone la maschera del nemico in una Francia nella quale, timidamente e non senza sensi di colpa, inizia a farsi largo il desiderio di ristabilire una vita normale. Gli occupanti tedeschi, visti da alcuni solo come sanguinosi nemici responsabili della morte e della cattura di familiari e amici, sono per altri nuovi concittadini, clienti, amanti, anch'essi trattenuti contro la loro volontà lontano dalle famiglie e dagli affetti e costretti ad eseguire degli ordini. Bruno ama la musica, ricorda con malinconia la patria, ma è anche portatore di una cortesia d'altri tempi, che rende difficile per Lucile disprezzarlo fino in fondo e la spinge ad amarlo e a sentirsi al contempo colpevole dei propri sentimenti. Un giorno il contadino Benoit, denunciato dalla viscontessa di Montmort per una subdola vendetta, uccide l'ufficiale Bonnet e Madeleine, sua moglie, convince Lucile a tenerlo nascosto, così ella deve dividersi fra le necessità di aiutare i compatrioti vessati e l'affetto che prova per Bruno, ben diverso dai tiranni che Benoit stesso descrive.
Suite francese è un romanzo che dà voce alle mille contraddizioni generate dalla guerra, mettendo in scena personaggi che antepongono l'interesse economico e stantii ideali classisti alla salvezza e alla libertà delle persone e le diverse relazioni fra vincitori e vinti in una situazione in cui essi sembrano avere più cose in comune fra loro che con le etichette nazionali cui rispondono. La Nemirovsky sembra suggerire che bontà e crudeltà non hanno uno schieramento definito, che la miglior nobildonna francese può essere meschina più di un soldato della Wehrmacht e far del male al proprio popolo più di uno straniero e che si può trovare più affetto in uno sconosciuto con una divisa nemica che in un marito che è tale solo di nome. Rimane la grande curiosità di sapere come sarebbe andata avanti la storia quando fossero stati introdotti nel racconto i prigionieri dei campi e fossero riapparsi Benoit e Jean-Marie dopo lo spostamento degli ufficiali nazisti nella disastrosa Operazione Barbarossa del 1941, eventi cui la Nemirovsky non ha fatto in tempo a dar forma e che la prova concreta degli eventi avrebbe forse mutato anche rispetto agli appunti.

Michelle Williams e Matthias Schoenaerts nel film di Saul Dibb del 2014
Le tornarono in mente i soldati dell’esercito francese che, un anno prima, sconfitti, nella loro fuga avevano attraversato il paese sporchi, stremati, trascinando nella polvere i logori scarponi. Mio Dio, questa era la guerra… Un soldato nemico non sembrava mai solo – un essere umano di fronte a un altro –, ma era seguito, premuto da ogni parte da una massa innumerevole di fantasmi, i fantasmi degli assenti e quelli dei morti. Non ci si rivolgeva a un uomo bensì a una moltitudine invisibile; pertanto nessuna delle parole pronunciate era detta semplicemente e semplicemente ascoltata; si aveva sempre la strana sensazione di essere soltanto una bocca che parlava per conto di tante altre mute.
C.M.

Commenti

  1. Ciao :) Questo classico è uno di quei libri che voglio assolutamente leggere, la storia sembra davvero bella :)

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    1. Lo è, tanto che mi è dispiaciuto molto non poterne leggere la continuazione, soprattutto perché l'autrice ne ha abbozzato i contenuti e trovare i suoi appunti in appendice mette una grande curiosità.

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  2. Ho amato questo romanzo, pur non potendolo annoverare fra i miei preferiti.
    Si coglie nel leggerlo tutta la dolente storia della sua autrice, pur nella sua vivacità di scrittura. Come per Anne Frank, fa male pensare che siano anche queste carte salvate da mano attenta perché potessero essere consegnate al mondo, mentre la loro autrice finisce i suoi giorni.

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    1. È vero: mi ha molto colpita la sensazione di andare incontro, pagina dopo pagina, ad una fine che non corrispondeva ad un finale, pensando, contemporaneamente, alla morte dell'autrice e all'improvviso troncamento, con esso, del corso dell'arte.

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  3. La copertina dell'Adelphi è superba quasi quanto il capolavoro stesso, ma come trovare un qualche difetto in questa casa editrice?
    Quella della Némirovsky è un'epopea francese, quella Francia in cui lei credeva di poter sopravvivere... Una fortuna che lei sue figlie abbiano riportato,in questo modo, in vita la madre e creduto che anche questa pagina doveva essere ricordata.

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    1. Già, una fortuna nell'immensa sventura di una vita spezzata e di un'opera che prometteva una continuazione ancor più grandiosa.

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  4. Libro notevole questo. L'umana fragilità di fronte ad un evento incomprensibile ed enorme come una guerra.

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    1. E, se l'autrice avesse potuto completarlo, chissà con quale potenza sarebbe arrivato il messaggio...

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    2. Già! Ci abbiamo rimesso grandi pagine di letteratura di alto livello

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    3. La guerra e i drammi connessi mostrano anche in questo contesto le mutilazioni che causano.

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  5. Sentii il suo nome per la prima volta all'università, ma non mi decisi a leggere qualcosa finché non uscì il film (ben fatto tra l'altro e arduo, visto che deve inventare un finale). Ecco: ho provato a leggerlo ma dopo una quarantina di pagine l'ho abbandonato. Forse un giorno lo riprenderò, forse.

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    1. Mi sento di consigliarti di dare alla Nemirovsky una seconda possibilità, in effetti bisogna superare lo spiazzamento dato dal movimento centrifugo iniziale: la ricomposizione dei vari fili narrativi avviene poco alla volta e sarebbe dovuta terminare nel seguito mai scritto.

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