La Primula Rossa - Emma Orczy

Le vicende della Rivoluzione francese sono sempre presentate come un importante momento del risveglio del popolo e del suo bisogno di liberarsi dal giogo della tirannia. Tuttavia, come tutte le svolte importanti, la Rivoluzione ha avuto eccessi deplorevoli, poiché Madama Ghigliottina fu attiva per anni anche a danno di persone innocenti, specialmente negli anni del Terrore e del regime di Robespierre.
È questo il punto di partenza del romanzo La Primula Rossa, o, per meglio dire, del ciclo narrativo de La Primula Rossa, scritto dall'autrice ungherese Emma Orczy (1865-1847) ma pubblicato a Londra a partire dal 1905, anno dell'uscita del primo capitolo; Fazi editore ha appena intrapreso l'opera di ripubblicazione dell'opera, nella traduzione di Daniela Paladini.
La Orczy era figlia di un barone e di una contessa, ma la sua famiglia dovette lasciare il podere di Tisza-Abad in seguito ad una rivolta dei braccianti, stabilendosi prima a Bruxelles, poi a Parigi e, infine, a Londra, dove incontrò il pittore Montague Barstow, che sposò e con il quale viaggiò molto in Europa. Non è forse estraneo all'interesse della scrittrice per l'estremismo rivoluzionario il fatto di essere stata separata dalla sua terra natia proprio a causa delle sommosse dei contadini, fatto sta che ella non solo approfondisce e trasforma in romanzo le vicende della Francia sconquassata dalla rivoluzione, ma regala al pubblico europeo quello che è considerato il primo romanzo di spionaggio.
La Primula Rossa è il nome dietro al quale si cela un misterioso personaggio che entra ed esce dalla Francia per sottrarre al patibolo gli aristocratici che i rivoluzionari vogliono eliminare indipendentemente dalle loro colpe. In quanto nemico della rivoluzione, egli è l'obiettivo delle indagini del cittadino Chauvelin, che intende in ogni modo impedire la liberazione del conte de Tournay, la cui famiglia è appena stata messa in salvo in Inghilterra, e di Armand Saint-Just, un tempo fautore e ora potenziale vittima dei rivolgimenti politici. Inevitabilmente le indagini di Chauvelin si incrociano con la storia personale di Marguerite de Saint-Just, considerata la donna più intelligente d'Europa, ormai Lady Blakeney. Proprio a causa della rivoluzione la relazione fra Marguerite e il marito Percy sta vacillando: ella è accusata di aver contribuito all'arresto e alla conseguente decapitazione di alcuni nobili francesi, ma Marguerite ritiene di essere stata, nello spifferare alcune verità sui condannati, solo terribilmente ingenua e accecata dall'amore per il fratello, unico parente ancora in vita. Chauvelin sa di poter puntare proprio sull'immenso affetto di Marguerite per il fratello e le impone un ricatto: se Lady Blakeney lo aiuterà a rivelare l'identità o almeno i progetti della Primula Rossa in terra francese, la vita di Armand, appesa al filo della clemenza di pochi personaggi autorevoli, verrà risparmiata. Ma quando la donna cede e si presta a diventare la spia di Chauvelin, un'inaspettata rivelazione la spinge personalmente oltre la Manica, a rischio della sua stessa vita.
Il romanzo di Emma Orczy ha tutto il sapore e l'intensità dei grandi romanzi d'appendice, fatti di colpi di scena, descrizioni vivide, personaggi che sono destinati a lasciare il segno e una tecnica narrativa dominata dalla suspense. Il tenebroso Chauvelin, l'avveduto Sir Blakeney e, ovviamente, l'indiscussa protagonista Marguerite non solo sono ben tratteggiati nel loro aspetto fisico e caratteriale, ma incarnano quei comportamenti che sarebbero poi diventati quelli delle figure tipiche delle storie di spionaggio. La vicenda si snoda lungo una linea essenziale, senza innesti di storie minori, eppure è punteggiata di passaggi mozzafiato, nei quali non si riesce a staccare il naso dalle pagine, al punto che, pur essendo il romanzo dotato di un finale a tutti gli effetti, non si può che attenderne il seguito per scoprire quali nuove avventure aspettano la misteriosa Primula Rossa e i suoi seguaci.
In quel momento avrebbe voluto trovarsi anche lei nella sala da pranzo, per vederlo entrare; sapeva che il suo intuito femminile avrebbe riconosciuto all’istante nel volto dello sconosciuto – chiunque fosse – la forte personalità che caratterizza un capo, un eroe, la possente aquila che vola alto, le cui impavide ali stavano per essere intrappolate nella tagliola del furetto.
C.M.

Commenti

  1. Eia, eia...
    Mi domando come mai tutti gli autori di romanzi popolari siano ferocemente reazionari, oscurantisti, integralisti...
    Li ho letti da bambina e li ho riletti da adulta. Fortunatamente, ero non solo una lettrice precoce, ma anche insaziabile e onnivora: nonostante la giovanissima età ero vaccinata contro certi veleni. Quindi, mi godevo e mi godo la trama, le emozioni superficiali... come se - prendo questi libri ad esempio - Parigi fosse Narnia.
    Ma mi chiedo che effetto certi libri possano avere su chi non legge altro. Tempo fa, lessi un commento su Amazon (non era l'unico di questo tenore) in cui una deliziata lettrice dichiarava quanto avesse imparato sulla Rivoluzione Francese di cui, prima, non sapeva nulla. Sudori freddi.
    Ricordo una Marguerite-Merle Oberon, un'attrice straordinariamente bella che aveva interpretato anche la Cathy di Cime Tempestose. Di lei si narrava che avesse trascorso l'infanzia in India in quanto figlia di un diplomatico, e, in effetti, non si staccava mai dalla cameriera personale, una scurissima Indiana di bassa casta sempre avvolta nei suoi sari. Chissà se interpretò Marguerite prima o dopo aver trovato il coraggio e la dignità di confessare che quella "cameriera" era sua madre. Non so, io ne ricavo qualche riflessione in più.

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    1. Penso che la Orczy possa essere stata influenzata dalla sua storia personale nel modo di guardare alla Rivoluzione, ma di certo del Terrore non si può mettere in luce alcun aspetto positivo e non si possono negare gli eccessi giacobini. D'altro canto, non si può e non ci si deve fare un'idea della Rivoluzione francese solo attraverso questo tipo di testo che, appunto, fotografa solo una parte delle vicende e neanche quella più strettamente rivoluzionaria (come si è detto, è l'epoca della dittatura), tuttavia è bene conoscere anche questo versante della storia francese e, naturalmente, confrontarlo con altre letture, avendo sempre e comunque chiaro che si tratta di narrativa.

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  2. 25 miliardi di euro. Questa, più o meno, rapportata ai giorni nostri, la cifra raccolta segretamente in Inghilterra dai "poteri forti" per impedire l'eventualità e/o la vittoria di moti rivoluzionari. Si afferma che, allora e a quello scopo, nacque la prima forma di Polizia segreta, in realtà, privata. Tante piccole "primule rosse" che agivano sul fronte interno?
    D'altra parte, se la stretta su chi il "terrore" lo viveva da secoli come quotidiana normalità divenne più feroce, in Inghilterra e nel Continente si affacciarono timidamente quelle politiche "illuminate", sostenute anche da parte della nascente borghesia, che contribuirono a spuntare le armi al cosiddetto malcontento popolare.
    Quindi, il resto d'Europa che non visse il Terrore ne ricavò beneficî sociali, anche se a scopo meramente difensivo.
    E la baronessa veniva da una terra che ben conosceva la intoccabile ferocia di chi in Francia conobbe la ghigliottina. Del resto, era la terra della Contessa Bathory.

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    1. Le vicende di una nazione hanno da sempre, per riflesso, provocato dei cambiamenti in quelle più vicine, che hanno avuto l'opportunità di riflettere a freddo, da osservatori, senza la pressione di una crisi in atto, sulle cause e le conseguenze delle situazioni che vedevano oltre confine. Quindi è certo che la Rivoluzione abbia generato una riflessione importante, così come che qualche Stato avesse già intrapreso la via del governo illuminato, laddove la Francia rimaneva ancorata al suo assolutismo e alla coalizione fra nobiltà e terzo stato, tuttavia le violenze sono state poi accentuate e sono diventate uno strumento di controllo politico anche all'interno dei gruppi fautori della Rivoluzione stessa.
      Con questo non sto sminuendo o stigmatizzando la Rivoluzione, ma sottolineando che metterne in luce gli aspetti che si sono allontanati dalla strada dell' ideale è dovere dell'analisi storica e che l'autrice, comunque, lo ha fatto a soli fini narrativi; insomma, dobbiamo anche accettare la particolare prospettiva adottata, con il beneficio del dubbio sulla portata dell'invenzione letteraria.

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  3. Dopo aver letto solamente la sinossi, non ero molto attratta da questo libro.. Ma adesso che ho letto qualcosa di più approfondito, l'ho rivalutato. Purtroppo, non è comunque il mio genere! Sarà sbagliato, ma tendo ad evitare la storia nei libri che leggo per piacere! Ps abbiamo cambiato da poco piattaforma, se non ci hai ancora trovate ti lascio il link :D A presto!

    https://bookishbrains.wordpress.com/

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    1. Io, invece, ho da sempre amato la storia, quindi sono sempre approdata con naturalezza a romanzi storici o a sfondo storico. Se questa tendenza ad allontanarti dalla narrativa di questo tipo è forte, non ti consiglio la lettura de La Primula Rossa, perché, sebbene sia più prettamente un romanzo d'appendice, incentrato su aspetti di thriller e a tratti psicologico, comunque gli eventi storici, pur romanzati, si avvertono.

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  4. Questo è uno di quei libri che conosco fin da ragazzetta ma che non ho mai letto, nonostante, sia appassionata della Rivoluzione francese (ho varie biografie su Maria Antonietta) e come dici tu non soltanto tanti, ma tanti innocenti perirono ma tutte quelle idee, che sarebbero poi divenuti importanti, come la libertà, il senso civile, l'uguaglianza, erano ancora solo belle parole in quel periodo.

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    1. Sicuramente il cammino era avviato (ed è stato già un passo importante), ma la sua conclusione effettivamente democratica era ancora lontana, del resto anche la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, grande conquista rivoluzionaria, non ha avuto reale considerazione fino a quella redatta dall'ONU.

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