Nel magico Paese del Sol Levante #1: Tokyo - fra Shinjuku e Shibuya

Konichiwa, civette! Ho lasciato il Giappone da poco più di una settimana e ancora faccio fatica a selezionare informazioni, ricordi, emozioni per iniziare a raccontarvi un viaggio che definire strepitoso sarebbe poco. Io e mio marito siamo partiti carichi di aspettative nutrite a suon di letture, manga e anime e non solo queste sono state soddisfatte, ma possiamo dire di essere andati ben oltre qualsiasi previsione. Dai cibi appetitosi ai treni puntualissimi, dalle città linde alla scarsità di panchine e cestini, dalla perfezione dei giardini all'inviolabilità delle file di attesa, dai santuari ai castelli, letteralmente tutto del Paese del Sol Levante ci ha colpiti. Nei dodici giorni di viaggio è stato prezioso e impagabile sia vedere dal vivo ciò che per pettegolezzo o attraverso i media ci era già noto sia scoprire quello che non avremmo mai immaginato.

Tokyo, Shinjuku Gyoen

L'entusiasmo, che già si agitava dalla conferma della prenotazione del viaggio, è esploso quando, sorvolando Tokyo, fra le nuvole è apparsa la cima del Fuji-san, il vulcano che rappresenta un elemento sacro e identitario del Giappone e che vanta il titolo di patrimonio Unesco dal 2013: l'arte Edo di Hiroshige e Housai ci ha abituati a riconoscere la montagna più alta del territorio nipponico, ma vederlo finalmente dal vivo (col rammarico di non avere tempo per una escursione dedicata) è come vedere per la prima volta un corrispondente.
Per iniziare l'esplorazione di Tokyo abbiamo dovuto attendere il giorno seguente quello dell'arrivo, dal momento che i passaggi al controllo immigrazione e alla dogana prima e il raggiungimento dell'hotel dall'aeroporto di Narita hanno richiesto un bel po'di tempo. Un tantino frastornati ma curiosi e affamati, ci siamo comunque avventurati subito nel quartiere in cui alloggiavamo, il vivacissimo Shinjuku, il quartiere dei divertimenti (il suo nome significa, non a caso, nuova locanda) nato nel dopoguerra e pullulante di ristoranti moderni, chioschi, izakaya (locali incentrati sul servizio di bevande accompagnate da piccole porzioni di pietanze) sale-gioco e locali a luci rosse. Fra il suo nucleo, il Kabukicho, il quartiere che non dorme mai, e il caratteristico Golden-Gai ci si può trovare inizialmente spaesati, ma l'atmosfera frizzante della zona non trasmette alcun disagio né senso di insicurezza e, nel complesso, anche un quartiere moderno come questo ha delle attrattive storico-paesaggistiche interessanti, dal museo dei Samurai, che, purtroppo, non abbiamo fatto in tempo a visitare, al santuario Hanazono jinja, che per noi è stato il primo punto di contatto con la cultura shintoista che fa capolino ovunque.

Tokyo, Shinjuku - Kabukicho

Tokyo, Hanazono jinja - tavolette votive

Alla luce del giorno ci siamo messi in cammino verso il Shinjuku Gyoen, spettacolare parco aperto al pubblico dopo il secondo conflitto mondiale; esso si estende per circa sessanta ettari nell'area sudorientale di Shinjuku, comprende sia giardini tradizionali giapponesi che un giardino francese e uno all'inglese e, come tutte le riserve floreali del Giappone, offre il suo meglio nella stagione dell'hanami, la fioritura dei ciliegi, dal momento che vanta ben 1300 esemplari di questo albero. In questa oasi di pace all'interno di una città iperattiva si trovano non solo ristoro dal caldo, ma anche percorsi snodati fra case del tè e laghetti, con scorci rasserenanti e suggestivi, in particolare nei pressi del Kyo-Goryo-Tei, il Padiglione Taiwan. Per gli appassionati di anime, il Shinjuku Goyen è importante anche per essere stato il set del film animato di Makoto Shinkai Il giardino delle parole, nel quale i luoghi reali sono precisamente ricostruiti.

Tokyo, Shinjuku Gyoen

Tokyo, Shinjuku Gyoen - Kyo-Goryo-Tei

Shinjuku ospita anche altre attrattive meritevoli di attenzione da parte di chi disponga di un po'più di tempo per visitare Tokyo: sicuramente sarebbe stato interessante raggiungere il Palazzo del Governo metropolitano per godere di una vasta panoramica sulla città con una salita gratuita al quarantacinquesimo piano (assieme alla Tokyo tower e alla Skytree-tower è uno dei punti di osservazione sulla capitale) e magari visitare, nel vicino sobborgo di Mitaka, il Museo Ghibli fondato da Hayao Miyazaki.
Dopo un gustoso pranzo in un locale dedicato al curry giapponese, a base di katsu-karē (riso, curry e cotoletta) karē udon (noodle al curry), ci siamo spostati nell'affollatissima Shibuya, famosa per il suo immenso incrocio, nel quale si riversa un'immensa fiumana di pedoni; nei pressi di questo gigantesco crocevia si trovano la stazione e il monumento dedicato ad Hachikō nel punto in cui per dieci anni attese invano il ritorno del suo padrone.

Tokyo, torii che conduce al Meiji Jingu

Shibuya è il quartiere della moda, dei centri commerciali e della frenesia, ma anche la sede di un altro grande parco cittadino, che si sviluppa attorno al santuario Meiji Jingu, dedicato al culto delle anime dell'imperatore che ha traghettato il Giappone verso la modernità e di sua moglie. Costruito fra il 1915 e il 1920, fu distrutto durante la seconda guerra mondiale, quindi ciò che oggi si osserva è la struttura riedificata nel 1958 sulla base dell'edificio originario. Gli altissimi torii di cipresso e il vasto cortile fanno del Meiji Jingu non solo il più imponente tempio di Tokyo, ma anche uno dei luoghi imperdibili nella capitale. Come in tutti i principali santuari, vengono qui venduti gli amuleti contro le forze del male, affidati ai dipendenti del tempio, in particolare alle miko con il tradizionale hakama rosso cui ci hanno abituati gli anime (da brava fan di Sailor Moon, non potevo che pensare a Rea). Questo santuario, come tutti i complessi shintoisti, presenta dei torii nei punti di accesso, le rastrelliere cui appendere le tavolette votive e alcuni chōzuya, le vasche per purificare con l'acqua entrambe le mani e la bocca prima di varcare l'area sacra, la più grande delle quali precede il portale principale, il rōmon. Un aspetto che cattura l'attenzione è un tratto del sentiero che conduce al tempio che è compreso fra due file di barili di sake, la bevanda alcolica prodotta dalla fermentazione del riso che, per la sua stretta connessione con il culto, veniva usata ed è tuttora utilizzata per santificare luoghi e cerimonie. Nonostante le sue grandi dimensioni e il grande afflusso di visitatori, il Meiji Jingu è un luogo tranquillo, che, anche a fronte della massiccia presenza di turisti, non perde la sua sacralità e invita al raccoglimento.

Tokyo, Meiji Jingu

Tokyo, Meiji Jingu - barili di sake

Usciti da Shibuya, ci siamo posti come obiettivo Ginza, il quartiere elegante dello shopping, allo scopo di assistere ad uno spettacolo nel Kabukiza. Pensare di accedere ad una rappresentazione intera di kabuki è quasi un miraggio, sia per il costo che per la difficoltà di procurare i biglietti, ma ci siamo prefissati di acquistare il biglietto per un solo atto, ben più accessibile, all'interno dello spettacolo pomeridiano; purtroppo l'attesa per assistere all'atto conclusivo (l'unico non ancora dichiarato sold-out) ci avrebbe privato della possibilità di visitare altri luoghi prima di cena, così ci siamo accontentati di aver visto il teatro, i manifesti con gli attori truccati e l'entrata degli spettatori nei loro bellissimi yukata. Si tratta di abiti in cotone leggero che si potrebbero confondere con i kimono, ma che sono ben più informali; i Giapponesi, soprattutto le donne, li indossano frequentemente per le feste e per le visite ai santuari, ma non è difficile scorgere i colori di questi abiti anche in metropolitana o in fila mentre si attende un taxi.

Tokyo, Ginza - Kabukiza

Il tempo sottratto al kabuki è stato riversato in una rapida sortita nella zona del Palazzo imperiale, irreale nel suo isolamento in un'oasi circondata dal traffico cittadino e dai grattaceli. L'edificio non è accessibile al pubblico, infatti viene aperto solo due giorni all'anno, il 2 gennaio e il giorno del compleanno dell'imperatore (attualmente il 23 dicembre, ma destinato a cambiare per la successione imminente), ma il parco che lo circonda merita una passeggiata, specialmente nel periodo dell'hanami, o, da parte dei runner, una bella corsetta serale, rigorosamente in senso antiorario, attorno al palazzo.

Tokyo, Palazzo imperiale

La prima giornata di escursione ci ha immediatamente messi di fronte a quello che sarebbe stato il principale ostacolo per tutti i giorni seguenti: un caldo torrido che, inevitabilmente, avrebbe rallentato gli spostamenti e ci avrebbe obbligati a frequenti soste presso i distributori automatici di bevande (in assoluto il servizio più presente in città) e a discese ristoratrici nelle stazioni della metropolitana trasformate in ghiacciaie dall'attività dei condizionatori d'aria. Indubbiamente la grande fatica ci ha però sempre messi nelle condizioni di fare scorpacciate delle pietanze più disparate, quindi, dopo una impegnativa giornata sotto il sole, abbiamo avuto il coraggio di ritemprarci e di ricaricarci per il nuovo giorno in un locale di solo ramen... non certo un pasto leggerlo, ma siamo andati fino in Giappone anche per la cucina e non potevamo proprio perderci un piatto tanto caratteristico.

Tokyo, grattaceli nei pressi nel parco del Palazzo imperiale

Questa è solo la prima parte del percorso all'interno di Tokyo, che, pur avendo richiesto il sacrificio di attrattive interessanti, ha occupato tutta la prima giornata del viaggio. Nel prossimo post dedicato al Paese del Sol Levante mi concentrerò sui quartieri di Asakusa e Akihabara, per poi balzare con voi su uno Shinkansen e abbandonare la capitale.
Dōmo arigatō.

C.M.  

Commenti

  1. Non passo di qui da un po’ e ora scopro che una delle mie blogger preferite è appena stata qui a Tokyo! Che peccato, mi avrebbe fatto piacere incontrarti anche solo per due chiacchiere in velocità. Però sono felice che il paese ti sia piaciuto e non vedo l’ora di leggere gli altri post in merito per sapere che luoghi hai visitato e che impressione ti hanno lasciato :)

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    1. Sarebbe stato proprio bello incontrarci, fra una scarpinata e l'altra! I post non tarderanno e mi farebbe molto piacere che i tuoi commenti integrassero informazioni che potrebbero essermi sfuggite o aggiungessero consigli su altri luoghi da visitare (non si sa mai che nei prossimi anni riusciamo a tornare in Giappone)! :)

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  2. Un viaggio meraviglioso. Il Giappone mi ha scombussoltao non poco l'unica volta che ci sono stata. Non so se per via del Jet Lag ma ero così infastidita che ci ho messo settimane per riprendermi. E poi, dopo un po', ho cominciato a capirlo e ad adorarlo.

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    1. In effetti il volo è una gran prova: devo dire che non ho avvertito tanto lo scombussolamento del viaggio da Milano a Tokyo, quanto l'ultimo giorno in una bollente Osaka e il rientro, che mi sembrava infinito e privo della motivazione che mi teneva in aereo in andata. Tirate le somme, comunque, il fascino del Giappone e della sua cultura mi hanno ripagata di ogni fatica, compreso il rischio di collasso sotto il sole di Asakusa!

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