Cavalli di razza - John Jeremiah Sullivan

Cosa può indurre una persona che non si è mai interessata all'ippica, che, anzi, ha sempre snobbato qualsiasi sport ad immergersi in un'appassionante ricerca sul mondo dei cavalli? Non una folgorante esperienza all'ippodromo, non il lavoro, bensì il desiderio di stabilire una comunicazione, un rapporto a distanza con il padre ormai defunto.
È quanto racconta John Jeremiah Sullivan nel suo libro Cavalli di razza, uscito il mese scorso per i tipi di 66thand2nd nella traduzione di Gabriella Tonoli. Trattasi di un breve ma accurato reportage del mondo delle corse, dei suoi retroscena e del significato culturale assunto dal cavallo dagli albori della domesticazione fino alla selezione maniacale che si realizza al giorno d'oggi nei circuiti delle gare.
Ad accendere in Sullivan la curiosità per uno sport che mobilita ingenti somme di denaro e smuove il fascino di appassionati ma anche di semplici curiosi che decidono di regalarsi un'esperienza all'ippodromo è il racconto che il padre gli offre da un letto di ospedale. Nel 1973 Mike Sullivan, giornalista sportivo che ha saputo raccogliere intorno a sé l'ammirazione di tanti colleghi, è al Kentucky Derby e assiste alla clamorosa performance di Secretariat, che, contro ogni pronostico, strappa la vittoria al favoritissimo Sham.
«Nessuno aveva mai visto un cavallo correre in quel modo»: bastano queste parole a spingere lo stesso John ad avventurarsi nella maggiore competizione ippica americana e negli anfratti della storia dei cavalli dalla nascita della razza fino alla distinzione delle varietà più prestigiose, dalle pitture rupestri preistoriche alle folgoranti apparizioni dei destrieri dei conquistadores nel Nuovo Mondo, dalla descrizione delle aste in cui si vendono i giovani yearling alla triste fine di molti purosangue ormai inservibili nelle corse. Sullivan alterna aneddoti e lunghe digressioni in un racconto che ha il valore di un documentario e, insieme, di un servizio giornalistico, soprattutto nelle pagine dedicate all'edizione del Kentucky Derby del 2001, che si svolge all'ombra della tragedia dell'11 settembre e vede come protagonista e trionfatore quel War Emblem che fa parte proprio della scuderia di un emiro saudita sul quale non tardano a concentrarsi sospetti di terrorismo.
Il risultato di questa indagine è un accurato resoconto dai ritmi altalenanti, che corre veloce laddove trovano spazio le curiosità e rallenta in corrispondenza delle ricostruzioni più accurate e puntigliose. Cavalli da corsa, però, non è, a discapito dell'accurata bibliografia e degli interessanti inserti fotografici, un libretto asettico, da leggere come una piccola enciclopedia del cavallo, né si riduce alla cronaca delle gare, che, pure, l'autore riesce a rendere con la concitazione degli speaker e con fotogrammi al rallentatore magistralmente costruiti attraverso le parole. Nulla della ricerca di John Jeremiah Sullivan avrebbe infatti senso senza le profonde rievocazioni di piccoli momenti di vita familiare e senza il costante riferimento a quella perdita che proprio attraverso la riscoperta della passione e dell'entusiasmo del padre per i cavalli permette all'autore di incontrare di nuovo, a distanza, il genitore. Del resto le più appassionate ricerche hanno spesso un seme in un legame affettivo che, in qualche modo, ha acceso una fiamma.

Franz Marc, I grandi cavalli blu (1910)
Non abbiamo mai capito con certezza se il cavallo significhi pace o guerra, vita o morte; dipende da quale cultura si esamini, nel corso dei secoli il simbolo oscilla, come una bussola al polo. Più i simboli divengono familiari, più acquistano polisemia: la giada significherà sempre la purezza, ma la mela può significare qualsiasi cosa. E nulla ci è stato più familiare del cavallo, fino a, beh, diciamo fino al 1913, quando Ford cominciò a usare parti intercambiabili, o fino ad ora in alcune parti del pianeta. Non è azzardato dire che chi conosce i cavalli, chi li conosce sul serio, capisce meglio dello storico più aggiornato cosa significava in passato essere umani.
C.M.

Commenti

  1. Ciao che carino questo spazio sono diventata una tua nuova follower, se ti va di conoscermi io sono Il salotto del gatto libraio

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  2. Particolare questo libro! A metà strada tra saggio e romanzo!

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    1. Già! Per me è stata la prima lettura di questo genere, una gradita novità.

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