Ombre giapponesi - Lafcadio Hearn

Quello che più mi ha affascinata del mio viaggio in Giappone è stato sicuramente il profondo legame di un Paese modernissimo con la spiritualità delle proprie tradizioni: è indescrivibile la sensazione che ho provato nello scoprire che nel mezzo della più grande e frenetica città del mondo, celati dietro muri di grattacieli, possono aprirsi immensi parchi come piccoli giardini e santuari, nell'osservare le tavolette votive, nell'ascoltare le campane dei templi, nell'ammirare centinaia di alberi cinti di shimenawa (corde di paglia di riso o di canapa adornate di stringhe di carta a forma di saetta, chiamate shide) e nel trovare statue di divinità buddhiste disseminate dei boschi e adornate di segni di devozione.


Non mi stupisce quindi che Lafcadio Hearn (1850-1904), nato in Grecia da madre di Citera e padre irlandese che serviva come chirurgo nella marina britannica, dopo una giovinezza passata fra Dublino, la Francia, Londra e gli Stati Uniti, abbia deciso di rimanere nel Paese del Sol Levante, raggiunto con l'intenzione di scrivere una sorta di diario etnografico tanto intenso da trasmettere ai suoi lettori l'impressione di vivere il Giappone sulla propria pelle. Al Giappone Lefcadio Hearn dedicò diversi libri e articoli, ma il suo legame non fu meramente intellettuale: egli divenne un Giapponese a tutti gli effetti, ricoprendo il ruolo di docente, sposando la figlia di un samurai e assumendo il nome di Koizumi Yakumo.
Ombre giapponesi è solo uno dei libriccini che testimoniano la fascinazione di Lafcadio Hearn per il mondo nipponico, di cui lo attiravano soprattutto gli aspetti occulti e surreali. Il libro, pubblicato da Adelphi, è una squisita antologia di trentanove brevissimi racconti accomunati da temi e personaggi: preti buddhisti, folletti maligni, fantasmi tormentati, samurai e daimyo, innamorati separati dal destino, spiriti di fanciulle votati a peregrinazioni terrene e feroci vendette corrono fra le pagine come attori di un fantasioso dramma che non inscena altro che la credenza dei Giapponesi nei kami, negli oni e altre presenze che oscillano fra l'inconscio e la surrealtà.
I personaggi delle leggende che Lafcadio Hearn ha raccolto nei suoi anni giapponesi fanno leva sui timori di uomini e donne, sull'inquietudine suscitata dalla morte, sul senso dell'onore che spinge a tenere fede a un voto fino alle estreme conseguenze e a non tollerare alcuna violazione, nemmeno se apparentemente innocua o inevitabile: i protagonisti dei racconti sono segnati dall'infrazione di un divieto, dalla necessità di scontare una promessa mancata, dalla costante compagnia del rimpianto, dalla consapevolezza di aver sfidato uno spirito maligno e di essere, quindi, responsabili della propria rovina.
Fra le innumerevoli storie che si fondono fra loro, indimenticabili sono quella struggente di Urashima e della rapidità con cui diventa sposo di una dea per poi tramutarsi in polvere per non averne osservato le raccomandazioni, l'avventura del giovane incapace di smettere di disegnare gatti e che viene salvato dalle sue stesse creazioni, la singolare vicenda dello spirito di Yayoi, che prega Matsumura Sama di recuperare il suo corpo in fondo ad un pozzo, la tragicomica disavventura del menestrello cieco Hōïchi, goffamente protetto dai preti dagli spiriti maligni che lo hanno preso di mira, o la rocambolesca vicenda di Kwairyō, che ruba la testa di un temibile Rokuro-Kubi. La più intensa e malinconica storia delle Ombre giapponesi è però quella di un samurai che, tanti anni dopo aver divorziato dalla prima devota moglie si riscopre indissolubilmente legato alla sposa ripudiata e, cessato il suo servizio, torna a Kyoto per ricongiungersi a lei.
Ombre giapponesi è un libro da centellinare per scoprire la spiritualità del Giappone e la ricchezza del suo patrimonio folkloristico, che, per, molti aspetti, ricorda quello classico: su tutto aleggia la presenza di un fato imperscrutabile, gli elementi naturali sono abitati da spiriti di ogni genere, fra i vivi e i morti esiste una comunione reale e onore e lealtà sono le due parole-chiave che fondano sia l'etica nipponica sia come l'antico mondo degli eroi.
Spinse via il paravento e lanciò un grido di gioia: eccola lì che cuciva alla luce di una lampada di carta. Nello stesso istante gli occhi di lei incontrarono i suoi, e con un sorriso lieto lei lo accolse, chiedendogli soltanto: «Quando sei tornato a Kyōto? Come hai fatto ad arrivare fino a me, attraverso tutte quelle stanze nere?» Gli anni non l'avevano cambiata. Sembrava ancora bella e giovane, come nei suoi più teneri ricordi - ma più dolce d'ogni ricordo gli giunse la musica della sua voce, corsa da un tremolio di compiaciuto stupore.
C.M.

Commenti

  1. Non lo conoscevo, ma sei riuscita ad incuriosirmi!
    ps.: bellissime la foto!

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    1. Mi sono imbattuta per caso in questo libro leggendone una recensione in un blog, quindi sono contenta di aver contribuito all'effetto domino.
      Lieta che ti sia piaciuta anche la foto: quello è il ventaglio che ho comprato a Kyoto, quindi è per me un segno del mio legame col Paese del Sol Levante!

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  2. Questa di Adelphi è un'edizione bellissima! Il tuo prossimo step potrebbe essere “La lanterna delle peonie” di Encho Sanyutei, che è l’evoluzione del racconto di Hearn “Un Karma passionale” .
    Ok, ho detto “evoluzione”, ma non è la parola giusta… ma immagino che queste cose già le sai, no?

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    1. Non ne sapevo nulla, grazie del suggerimento: uno pensa che leggendo un libro la lista di quelli in attesa si accorci, invece ne spuntano immancabilmente tanti altri! :)

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    2. Ah, pensavo fosse più famosa la storia... Niente, praticamente “Un Karma passionale” estrapola la storia di fantasmi contenuta ne “La lanterna delle peonie”, che è un romanzo ben più lungo e strutturato.

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