Resto qui - Marco Balzano

Restare, puntare i piedi, la volontà di vedere le proprie radici rispettate e tutelate sono desideri che fanno meno scalpore di quelli di chi, scontrandosi contro una situazione avversa, decide di andarsene. Questa è la considerazione che ha spinto Marco Balzano a scrivere la storia di Trina e di Curon e a regalarcela attraverso le pagine del romanzo Resto qui, edito da Einaudi.
Ispirata ad un personaggio reale ma poi dotata di una propria storia, Trina è colei che redige le proprie memorie, parlando alla figlia, scomparsa per ragioni mai chiarite, la sua vita trascorsa a resistere, ad aggrapparsi con tutte le forze al bisogno di essere libera, di essere se stessa, di vivere nella propria terra.


Trina è una maestra che comincia a scontrarsi con la Storia all'indomani del primo conflitto mondiale, quando in un Alto Adige che si sente ancora austriaco irrompono i fascisti: all'inizio dell'ottobre 1922, prima della Marcia su Roma, impongono a Bolzano l'italianizzazione, rimuovendo i filoaustriaci dagli incarichi amministrativi e vietando alle popolazioni del Sud Tirolo l'utilizzo della lingua tedesca. Trina, però, non si dà per vinta e, anche se si sforza di imparare l'italiano per veder riconosciuto il proprio titolo, inizia a insegnare nelle scuole clandestine di lingua tedesca, rischiando l'arresto e il confino. Quando esplode la seconda Guerra Mondiale e gli uomini vengono chiamati alle armi, Trina segue il marito Erich in alta montagna e continua a lottare anche dopo che l'armistizio dell'8 settembre e dopo che il figlio si è unito alle milizie naziste, straziata dalla rottura del nido familiare ma convinta che nessuno possa toglierle il diritto di scegliere, di opporsi al potere della dittatura italiana o tedesca, di scegliere di sottoporsi alla sofferenza della fame e del freddo piuttosto che a quella della guerra. 
Ma anche dopo il 1945 Trina, Erich e tutti gli abitanti di Curon devono continuare a lottare, stavolta contro la ripresa del progetto, già avviato in epoca fascista, di costruzione di una diga da parte dell'impresa Montecatini, intenzionata a ricavarne una centrale elettrica. Sembrerebbe un segno dell'arrivo del progresso e del miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti di Resia e Curon, ma la realizzazione della struttura comporta che i centri abitati della valle vengano sommersi e che, quindi, si proceda all'evacuazione degli abitanti e alla distruzione dei masi, delle fattorie, delle botteghe e alla copertura del cimitero con una colata di cemento. Dopo le angherie della dittatura e della guerra, dunque, Trina si ritrova a combattere e a fiancheggiare Erich e padre Alfred nel loro movimento di contestazione; Trina non ha la forza di urlare nelle assemblee o nelle manifestazioni, ma conosce le parole e inizia a scrivere e scrivere alle autorità, a tutti coloro che possono avere interesse a fermare il progetto, alle neoelette istituzioni della Repubblica. Perché la vita le ha insegnato che deve fare tutto ciò che può per affermare il proprio diritto di esistere con la propria identità e con la propria memoria nella propria terra.
Resto qui, come spesso fa la letteratura, porta alla luce eventi e problemi che si perdono nelle pieghe della grande storia. Fa riaffiorare vicende sconosciute o quasi, lancia la sfida di prendersi in carico questioni mai seriamente affrontate, come il radicale cambiamento imposto, anche con la forza, alle popolazioni che, in seguito ai trattati di pace del 1919, si sono ritrovate improvvisamente italiane, senza sentirsi tali. Si tratta di un dramma che viene coperto dal trionfalismo dell'Unità completata, alla pari dei tanti problemi scaturiti dalle tre Guerre di Indipendenza: i manuali di Storia e ancor più il racconto nazionale tendono a scordare coloro che, sulla strada dell'unificazione, si sono trovati sconfitti e abbandonati, alla pari di quelli che, in nome del progresso, della modernizzazione e della diffusione della tecnologia, sono stati costretti a lasciare le proprie case e, con esse, i ricordi.
Il romanzo di Marco Balzano, nella sua brevità e scorrevolezza, restituisce visibilità e dignità a storie sacrificate e adombrate dal fluire degli eventi e ci ricorda che, anche se la visione da lontano dei fatti e dei fenomeni della politica e del progresso facilmente delinea i miglioramenti e nomina i vincitori, non altrettanto facilmente rende giustizia alle vicende che richiedono una visione da vicino, che rivelerebbe il dramma e i profondi conflitti sottesi a qualsiasi cambiamento. In questo, ricorda in un certo modo la riflessione di Verga sulla fiumana del progresso e sui vinti, dei quali per tanto tempo non si sono ascoltate le voci e che ancora, a ben guardare, vengono ignorati.
Resto qui è un racconto intenso e struggente che non solo fa conoscere una parte della storia poco nota e della quale, come ha dichiarato lo stesso autore, non si parla mai abbastanza, ma invita a riflettere sulla portata umana degli eventi, delle trasformazioni, dei fenomeni, specialmente quando essi hanno a che fare con l'identità e con la scelta, spesso fatta con troppa leggerezza, di sacrificare questo valore al progresso, al successo economico, al mito nazionalista.
E il campanile della vecchia Curon è ancora in piedi, nel bacino del lago di Resia: spunto per la scrittura di Resto qui, dovrebbe simboleggiare il senso della resistenza, ma anche il grande dramma umano che lì si è consumato e che oggi i bei panorami della Val Venosta e soprattutto il fervore turistico rischiano di far dimenticare.

Il campanile della vecchia chiesa di Curon nel Lago di Resia (foto da Pixabay)
Ci avessero domandato quel giorno qual era il nostro desiderio più grande, avremmo risposto che era continuare a vivere a Curon, in quel paese senza possibilità da dove i giovani erano scappati e tanti soldati non erano più tornati. Senza voler sapere niente del futuro e senza nessun'altra certezza. Solo restare.
C.M.

Commenti

  1. Che libro bellissimo... l'ho finito qualche settimana fa e mi è piaciuto tantissimo

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    1. È bellissimo e potente, credo che lo terrò presente anche come lettura scolastica.

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  2. Non ho ancora letto questo romanzo ma mi affascina tanto per tutti i motivi che hai descritto: una Unità mai arrivata (che i libri tendono a smorzare), la guerra, il dramma vissuto da quelle popolazioni... Deve avere una trama intensa.
    Lo scorso anno ho tifato per Balzano allo Strega e devo dire che a posteriori meritava di vincere. Ho avuto tra le mani il romanzo della Janeczek ma dopo qualche pagina ho chiuso libro.

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    1. Io, negli ultimi anni, ho smesso di occuparmi dei romanzi vincitori di questo o quel premio, in particolare degli Strega, che quasi sempre mi hanno delusa. Resto qui è stato finalista lo scorso anno e, pur non avendo vinto, ha ricevuto altri riconoscimenti in altre sedi.
      Questo romanzo dà voce a considerazioni "scomode" perché è facile pensare all'Unificazione come un mito glorioso che parla del riscatto di una nazione e attribuire torti e angherie ai fascisti, meno immediato e di certo per nulla rassicurante è notare che in quel mito alcuni apparenti vincitori sono stati le vittime e che anche dopo la dittatura torti e soprusi non si sono fermati.

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  3. Ciao Cristina,
    questo libro è piaciuto moltissimo anche a me, tanto da decidere di organizzare un fine settimana in Val Venosta per vivere il lago, con i suoi silenzi e i suoi drammi.
    A presto,
    Claudia

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    1. Ricordo bene il tuo attaccamento al romanzo e il tuo viaggio: quanto hai scritto è stato determinante per convincermi a leggerlo, quindi grazie! :)

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