Downton Abbey

Questo è il primo post che scrivo su una serie tv e inaugura una sotto-sezione della rubrica La decima musa. Il mio rapporto con i telefilm a puntate, infatti, è molto altalenante: molte serie mi attirano, ma, come mi accade con i libri, sono insofferente alle lunghe attese degli episodi successivi (anche perché minano la mia memoria) e quindi neanche inizio a guardarle. La scorsa estate, però, avendo a disposizione l'intera serie di Downton Abbey, ormai conclusa da qualche anno, ho potuto gustarmi il lungo racconto senza queste sgradevoli interruzioni e attese, tanto più che avevo bisogno di ristorarmi nei pomeriggi che seguivano ore di colloqui d'esame.
Downton Abbey era la candidata perfetta per la sua ambientazione nell'Inghilterra degli anni '10-'20, per lo sfavillio dei costumi, per il suo cast, per le tematiche sociali toccate e per la giusta quantità di episodi, 52 distribuiti in sei stagioni.


Scritta da Julian Fellowes, la serie, andata in onda fra il 2010 e il 2015, racconta le vicende della famiglia del conte e della contessa Crawley di Grantham, nello Yorkshire. Esse prendono le mosse dall'affondamento del Titanic, nell'aprile del 1912, in seguito al quale giunge al conte Robert Crawley (Hugh Bonneville) la notizia della morte del cugino, erede del titolo e promesso sposo alla maggiore delle sue figlie, Mary (Michelle Dockery). Questo fa di Robert l'ultimo proprietario della grandiosa tenuta di Downton Abbey, ma apre un grande problema, perché nessuna delle sue figlie potrà ereditare il suo titolo e i suoi beni. La questione si complica quando compare il giovane avvocato Matthew Crawley (Dan Stevens), ultimo in linea di successione, che immediatamente appare a Mary come colui che, alla morte del padre, porterà via alla sua famiglia la dimora in cui ha sempre vissuto e, con essa, i loro ricordi. Anche l'anziana contessa madre, Violet (Maggie Smith), è preoccupata per le sorti della famiglia e la sua ostilità è indirizzata in particolare alla madre di Matthew, Isobel, che percepisce come un'invadente arrivista, pronta a infilarsi nelle sue aree di competenza, a partire dalla gestione del piccolo ospedale di Downton, alla quale Isobel desidera contribuire in quanto ex infermiera. Tuttavia Matthew non ha alcuna ambizione nobiliare e Robert accetta stoicamente quanto previsto dal diritto di successione e, lungi dal subire come un fastidio la presenza di Matthew, stringe con lui un legame così forte che arriverà a considerarlo come un figlio. Intorno a questa vicenda principale e alla questione del titolo e del prestigio dei Crawley e della loro tenuta, sottoposta a diverse pressioni e situazioni altalenanti serie dopo serie, si snodano le storie dei singoli membri della famiglia, in particolare degli amori di Mary, delle delusioni di Edith (Laura Carmichael) e dei suoi attriti con la primogenita, del desiderio di emancipazione della più giovane, Sybil (Jessica Brown-Findlay), che si impegna per i diritti delle donne e non esita a lavorare come infermiera allo scoppio della prima Guerra mondiale. Ma ciò che rende particolarmente riuscita la serie è l'intreccio fra queste storie e quelle del personale di Downton Abbey, dal rigoroso maggiordomo Charles Carson (Jim Carter) alla ligia governante Elsie Hughes (Phyllis Logan), dal tenace valletto John Bates (Brendan Coyle) all'ambizioso Thomas Barrow (Rob James-Collier), dalla dolce cameriera Anna Smith (Joanne Froggatt) alla schietta cuoca Beryl Patmore (Lesley Nicol), oltre a molti altri che lavorano con loro, arrivano e se ne vanno serie dopo serie.
Per evitare spoiler non mi voglio sbilanciare in troppi particolari in merito alle diverse serie, ma il racconto di Fellowes tocca le note più disparate, in linea con il contesto storico e socio-culturale in cui vivono i protagonisti: c'è spazio per raccontare i profondi cambiamenti nella struttura sociale inglese e nel modo di concepire la proprietà terriera, le possibilità di ascesa di alcuni e le difficoltà di altri, il dramma della guerra, l'elaborato sistema delle relazioni e i rituali del servizio nelle case nobiliari, i problemi con la giustizia, le questioni matrimoniali, le convenzioni sociali e il rischio dello scandalo, i cambiamenti delle mode.
Nonostante il ripetersi di alcune situazioni come i corteggiamenti di Mary, la preoccupazione per il futuro di Downton, le difficoltà di Bates di fronte alla legge o le macchinazioni di Barrow, la serie di Downton Abbey funziona, descrive accuratamente i suoi protagonisti e ricostruisce con fedeltà le situazioni storiche che fanno da contorno alle vicende. Forse talvolta eccede in modernità, come spesso accade quando film e romanzi contemporanei vogliono rendere migliore un passato in cui certi comportamenti o sentimenti non erano tollerati e/o manifestati, portando nella storia una sensibilità che può risultare anacronistica, ma questa è una prerogativa del racconto artistico, tanto più per un prodotto che necessita di un compromesso con le esigenze del pubblico.


La nota migliore della serie, tuttavia, è il trattamento dei personaggi, che non appaiono mai nettamente distinti in caratteri fissi. Lord Grantham, per esempio, è saggio e avveduto, ma non è infallibile; il suo conservatorismo si scontra spesso con posizioni più moderne, talvolta imponendosi, talaltra cedendo. Mary è quasi sempre orgogliosa, fredda e distaccata, eppure ha anche momenti in cui lascia emergere i suoi veri sentimenti e si lascia perdonare alcuni atti di egoismo. Barrow si distingue per il suo cinismo e la tendenza al calcolo impietoso e al ricatto, eppure si rende protagonista anche di atti di grande generosità. Sono solo alcuni esempi del trattamento dei personaggi, tutti con i loro punti di forza e di debolezza. Fa eccezione Lady Violet, che, comunque si comporti, anche quando commette errori evidenti nelle sue valutazioni e nei suoi giudizi, rimane eccezionale, sicuramente per merito della grande attrice che la interpreta: è lei che porta una sottile ironia nel racconto, è lei che rileva le storture ed è forse anche il personaggio che evolve maggiormente nel corso del racconto, svelando lati inaspettati del suo carattere, apparentemente soffocato dal rimpianto della compostezza vittoriana.
Insomma, pur essendo arrivata tardi a questa serie, sono contenta di averle dedicato un po'di tempo, perché mi ha regalato molte ore di intrattenimento senza obbligarmi a scervellarmi e facendomi vivere in parte l'atmosfera di inizio secolo, con le sue potenzialità, la sua bellezza ma anche i suoi drammi e le sue ombre.
Non mi rimane che che attendere il film, di prossima uscita nelle sale italiane: vedremo i Crawley e tutto il personale di Downton Abbey alle prese nientemeno che con la visita della famiglia reale!

C.M.

Commenti

  1. Una serie avvincente che ho visto e rivisto a distanza di tempo con immenso piacere! Attendo con curiosità il film!

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    1. Non so se andrò a vederlo al cinema, ma anch'io sono curiosa di vedere come si allacci alla conclusione della serie e cosa possa cambiare dal piccolo al grande schermo!

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  2. io l'ho adorata! E andrò al cinema. mi sono messa un allert sul cellulare per non dimenticarmene!

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    1. Carson sarebbe fiero di una tale devozione verso i Crawley! :)

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  3. Ho amato moltissimo questa serie e attendo trepidante il film. Ne scrissi anche sul mio blog, quindi molti aspetti del tuo commento collimano coi miei, ne abbiamo avuto una visione generale molto simile.
    Se riuscirò a visitare lo splendido castello, un giorno, ne sarò felice. E sì che intendo organizzare un viaggio in Gran Bretagna a sfondo esclusivamente letterario. Non vedo l'ora. :)

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    1. Che bella idea! I luoghi di Downton Abbey mi hanno ricordato le ambientazioni dei primi capitoli della saga dei Cazalet: le campagne inglesi devono essere incantevoli e le atmosfere del tempo mi fanno sempre sognare!

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