Due donne alla Casa Bianca - Amy Bloom

Di Eleanor Roosevelt, fino a poco tempo fa, sapevo quel poco che riguarda il suo impegno nella redazione e nella pubblicazione della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, ma - o, anzi, forse proprio per questo - quando ho letto dell'uscita dell'ultimo romanzo di Amy Bloom, Due donne alla Casa Bianca (per Fazi, nella traduzione di Giacomo Cuva), ho immediatamente provato la curiosità di conoscere meglio questo personaggio.
La storia è in realtà incentrata su un'altra figura, quella della giornalista Lorena Hickok, legata ad Eleanor per il suo lavoro come cronista fin dalla campagna per la prima presidenza del marito Franklin Delano Roosevelt, occasione che avrebbe fatto nascere una profonda amicizia e, secondo alcuni, una vera e propria relazione d'amore. Partendo da queste informazioni, Amy Bloom ha scritto non una biografia ma un romanzo, e tiene a farci sapere che, in quanto tale, il libro è opera di fantasia e rielaborazione personale.
La vicenda inizia in medias res, quando, il 27 aprile 1945, pochi giorni dopo la morte del Presidente e nel pieno di quelle operazioni belliche che culmineranno nella caduta di Berlino, Eleanor si presenta alla porta dell'appartamento di Lorena, a New York. A partire da questo avvenimento, la narrazione procede fra il presente, tempo adombrato di malinconia, in cui Eleanor appare ben diversa dalla vitalità di un tempo, e continui flashback nel passato delle due donne, il più ampio dei quali riguarda la dura infanzia di Lorena, dagli abusi subiti da parte del padre alla morte della madre, dall'allontanamento da casa prima per l'obbligo di contribuire al sostentamento della famiglia, poi per la scelta di andare quanto più lontano possibile da chi l'ha fatta soffrire, dal periodo di impiego in un'impresa circense all'inserimento nel mondo giornalistico. Si tratta di una parte di storia che Eleanor non ha mai conosciuto, ma che diventa fondamentale affinché il lettore si affezioni al personaggio di Lorena e comprenda il suo carattere forte, a tratti sprezzante, ma devoto laddove individua un affetto sincero. Poi ci sono le lunghe chiacchierate della First Lady e della Hickok, le parentesi intime, le relazioni vere o presunte del Presidente, pur malato, con diverse donne, il rapporto non sempre facile di Eleanor con i figli, al quale Lorena prende parte come un membro della famiglia.
Il romanzo di Amy Bloom mira a ricostruire quelle parti della storia e della biografia di Eleanor Roosevelt che possono suggerire per lei l'esperienza di un vero amore, di un legame sincero e forte, capace di resistere al tempo e di sopperire in qualche modo ad una vita coniugale infelice. La figura della First Lady, tuttavia, rimane poco più che una comparsa: è la storia di Hickok ad emergere, è il suo il carattere che predomina nella storia, essendo Lorena anche la narratrice delle vicende. Pagina dopo pagina, in una prima parte del romanzo che risulta molto più avvincente della seconda, conosciamo Lorena, prima ragazzina e poi donna, accompagnandola nella sua lotta per la sopravvivenza, in un cammino (ispirato a fatti reali, ma molto ampliato con la fantasia) che spiega la sua forza e la determinazione a non piegarsi a compromessi e ricatti, come di fronte alla minaccia di rivelare la relazione omosessuale con Eleanor Roosevelt, se non passerà informazioni private sugli abitanti della Casa Bianca.
La seconda parte del romanzo, invece, perde di mordente, si fa languida e ripetitiva, risollevandosi solo laddove Hick fa sentire il proprio carattere forte, arrivando perfino a confrontarsi con Franklin Delano Roosevelt. La parte di narrazione specificamente dedicata al rapporto saffico fra le due donne, che avrebbe potuto produrre riflessioni ed emozioni importanti, è invece meno intensa, forse perché inserita in parentesi nostalgiche che si aprono in una cornice luttuosa. Eleanor ci sfugge, mentre assumono rilievo alcune donne che attorniano il Presidente. Si avverte, inoltre, una sorta di reticenza in merito alla percezione della relazione fra le due donne e all'inevitabile scandalo che ne sarebbe derivato se fosse stata rivelata, cosicché una vicenda sviluppatasi fra il 1932 e il 1962 viene presentata con una sensibilità e un'attenzione tipiche del nostro tempo (e forse troppo ottimistiche anche per esso, purtroppo), risultando difficilmente compatibile con l'intransigenza di quegli anni.
Nonostante queste cadute, che sono poi l'effetto di una attualizzazione spesso necessaria per questo genere di racconti sospesi fra storia e libero adattamento, Due donne alla Casa Bianca è un romanzo piacevole, che avvicina di più a Eleanor e soprattutto a Lorena Hickok, personaggio forse sconosciuto al di fuori degli Stati Uniti. Il romanzo, in un certo senso, ci aiuta a capire meglio l'impegno di Eleanor nella difesa dei diritti umani e nella tutela della diversità, la sua scelta di rendersi attiva protagonista del proprio tempo dopo essere uscita dall'ombra del marito. Due donne alla Casa Bianca è, insomma, uno strumento per avvicinarsi alla storia, con la cautela cui ci invita la precisazione di Amy Bloom in merito al suo lavoro di finzione.

Lorena Hickok ed Eleanor Roosevelt (foto dell'archivio Bettmann/Corbis)
Erano ore che non uscivamo dal letto. Eleanor si tirò un po'su e disse: Dovremmo proprio fare una passeggiata, e io ribattei: Davvero lo pensi? Adoravo vedere quel piccolo lampo scuro di divertimento nei suoi occhi, ma stavolta non era così. I suoi occhi si riempirono di lacrime.
 «Cara, io cerco di tenermi occupata, devo. Altrimenti sarei sfatta di tristezza quasi sempre. Ma non quando sono con te, non qui.»
C.M.

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