La mafia uccide solo d'estate (Pierfrancesco Diliberto, 2013)

A scuola è molto difficile coprire lo studio degli eventi più recenti: molti di noi avranno ricordi che si spingono forse alla Guerra fredda, ma pochi - temo - riescono ad approcciarsi alle vicende più vicine e attuali, sulle quali non è così facile acquisire informazioni, un po'perché alcuni temi sono ancora troppo caldi per poterli indagare a fondo e per presentarli in tutte le loro sfaccettature, un po'perché alcune dinamiche sono ancora in atto e difficili da districare.
Quando si parla di criminalità organizzata e di trattativa Stato-mafia, per esempio, ci vengono subito in mente nomi come quelli di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma non è immediato acquisire una profonda visione d'insieme sugli eventi che li hanno visti protagonisti, se ci si affida solo alla cultura generale.

Arturo incontra Boris Giuliano nella caffetteria Lux, in cui verrà ucciso il 21 luglio 1969

Ad aiutarmi a fare un po'di chiarezza nel nugolo di nomi e date è stato il lungometraggio di Pierfrancesco Diliberto (meglio noto come Pif) La mafia uccide solo d'estate, da cui poi è stata ricavata e adattata una serie tv. La storia di Arturo Giammarresi, che cresce a Palermo e inciampa giorno dopo giorno in voci, notizie, smentite e crimini legati alla mafia, rappresenta il microcosmo di tante vite e, al tempo stesso, una grottesca storia di formazione che porta un giovanissimo palermitano a prendere coscienza della solitudine di coloro che lottano contro la mafia, della pervasività del fenomeno dell'omertà e di come fatti apparentemente lontani dalla quotidianità siano invece in grado di sconvolgere anche le vite della gente comune.
Arturo è protagonista e voce narrante delle vicende che riguardano lui stesso e il capoluogo siciliano: la sua storia inizia la notte del suo concepimento e fin da quel momento si rivelerà legata a doppio filo con quella della Sicilia affetta dal cancro della criminalità organizzata, infatti la prima notte di nozze dei suoi genitori in un appartamento di viale Lazio coincide con quella dell'assassinio del boss Michele Calavataio ad opera di un gruppo di sicari guidati da Bernardo Provenzano, il 10 dicembre 1969, nella medesima strada. Anche la nascita del fratellino avviene in un momento singolare, infatti negli stessi giorni anche Salvatore Riina ha avuto una figlia e Arturo lo incontra, ignaro della sua identità, in ospedale, mentre il boss manifesta un forte entusiasmo per la bambina, che lo fa apparire come una persona dal cuore grande. Alla scuola elementare Arturo si invaghisce di Flora Guarnieri e, nel goffo tentativo di conquistarla, finisce per fare di Giulio Andreotti il suo mentore, dal momento che un'intervista rilasciata a Maurizio Costanzo e udita per caso sembra offrire al ragazzino uno strano consiglio sentimentale. Da questo momento Arturo diventa un accanito fan del Presidente del Consiglio e a lui dedica anche il tema Un giorno a Palermo, scritto solo nella speranza di vincere un concorso e di fare colpo su Flora. 
Nel frattempo Palermo è macchiata del sangue di criminali e inquirenti, nel pieno di una vera e propria guerra di mafia che si nutre del supporto o del silenzio della politica. Arturo stesso incontra alcuni personaggi destinati ad essere i martiri della lotta per la giustizia, Boris Giuliano, il generale Dalla Chiesa e il giudice Rocco Chinnici, quest'ultimo conosciuto proprio durante un appostamento sotto casa di Flora, che vive nel suo stesso palazzo. In seguito alla loro morte, Arturo comincia a comprendere che Giulio Andreotti non è un buon esempio da seguire ma soprattutto che la situazione a Palermo è ben più drammatica di quello che gli fa credere il padre, come molti vittima della convinzione che la mafia non esista o che, comunque, non possa irrompere nelle vite di chi si fa gli affari propri. Lo ritroveremo adulto (interpretato dallo stesso Pif), nel 1992, a riprendere la sua difficile impresa amorosa (Flora è a questo punto Cristiana Capotondi), mentre, all'indomani delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, la società civile di Palermo inizia a risvegliarsi e a gridare per abbattere il muro del silenzio e chiedere giustizia per le vittime della criminalità organizzata.
La mafia uccide solo d'estate non è certo un documento esaustivo per comprendere la storia degli anni '60-'90 e per tracciare in modo completo la dinamica in cui si sono scontrati boss e clan mafiosi e alcuni personaggi del mondo del giornalismo o della magistratura che hanno tentato di denunciarli e farli condannare. È però un buon punto di partenza, adatto anche a comunicare con i più giovani, perché il grande messaggio di Pierfrancesco Diliberto è che il male non va ignorato, che dal male non bisogna scappare, sperando che si limiti a colpire qualcun altro, ma che ognuno può avere un ruolo attivo nell'opporsi alle ingiustizie e alla violenza.
Questo film aiuta i più giovani (e non solo) a capire più profondamente perché il lavoro di Falcone e Borsellino, solo due fra i tanti cui la lotta alla mafia ha richiesto l'estremo sacrificio, sia stato così importante e così contrastato, mettendo in luce il contributo di personaggi che nemmeno compaiono nei libri di testo ma che sono stati fondamentali nel far conoscere il fenomeno della criminalità organizzata e nel produrre delle condanne verso tanti mandanti del terrorismo mafioso.
La prospettiva narrativa e il particolare tono con cui è raccontata la storia di Arturo, un'ironia grottesca che scaturisce dallo scontro di un mondo infantile con quello crudo e impietoso della politica e del crimine, mette in luce le contraddizioni della formazione di Arturo, che da solo, mentre tutti coloro che lo circondano cercano di tenerlo lontano dalla verità dei fatti, si scontra con un mondo pericoloso e spaventoso e impara ad alzare la testa e a riconoscere il vero eroismo.

Pierfrancesco Diliberto e Cristiana Capotondi sono Arturo e Flora da adulti

C.M.

Commenti