Una principessa in fuga - Elizabeth von Arnim

Quando si ha voglia di brio e ironia, Elizabeth von Arnim è sempre una buona scelta: un suo romanzo, lungo quanto basta per creare un legame fra il lettore e i personaggi ma non troppo da esacerbarlo, offre sempre una garanzia di qualità. Dopo aver apprezzato Il giardino di Elizabeth e La fattoria dei gelsomini, tornare alle pagine di questa autrice ha risvegliato in me ricordi piacevoli, ma con qualcosa in più.
Una principessa in fuga (la cui nuova edizione è, come per i romanzi precedenti, pubblicata da Fazi, sempre nella traduzione di Sabina Terziani) mi ha infatti avvinta più degli altri romanzi: ho trovato la storia più vivace, coinvolgente, provocatoria e irritante e questo mi ha fatta scivolare rapidamente fra fino alla conclusione. 
In questo libro Elizabeth von Arnim racconta l'avventura di Priscilla, giovane principessa del ducato mitteleuropeo di Lothen-Kunitz piena di passioni ed entusiasmo ma per nulla intenzionata a prendere marito. Così, supportata dal suo precettore Fritzing, il quale è convinto che la monotona vita di una nobildonna non sia adeguata al brillante intelletto della ragazza, scappa dal maniero di famiglia e, in incognito, attraversa l'Europa e la Manica, fino ad arrivare in un piccolo villaggio del Somersetshire, dove si ostina a voler comprare un cottage non proprio adatto alle esigenze di una rampolla dell'alta società. L'unico desiderio di Priscilla è quello di vivere una vita appartata, col solo impegno di dedicarsi ai più poveri, tuttavia ben presto si rivela del tutto incapace di gestire il denaro che Fritzing ha messo da parte per il viaggio e la sistemazione, oltre che la messa in scena con le nuove identità che i due si sono attribuiti. Agli occhi degli abitanti di Symford, Priscilla è Ethel Maria-Theresa Neumann-Schultz e Fritzing è il suo affezionato zio, ma il pericolo di essere smascherati è dietro l'angolo e farsi inviare denaro e abiti dalla Germania non è facile. Le cose si complicano quando le migliori intenzioni dell'ingenua Priscilla portano due giovani, il nobile rampollo della contea Augustus e Robin Morrison, il figlio del pastore, a invaghirsi di lei e le madri dei due a nutrire nei suoi confronti un'ostilità crescente, per non parlare dei ricatti della cameriera personale che Priscilla ha portato con sé e che, ad ogni richiesta di svolgere un incarico elementare, si dichiara pronta a scrivere a Kunitz per rivelare dove si trovi la priincipessa.
Poche righe sopra ho scritto che la storia di Una principessa in fuga è irritante, ma è il caso che mi spieghi, perché, evidentemente, in questo caso l'ho considerato positivo. Infatti la goffaggine di Priscilla, i maldestri tentativi di Fritzing di sorreggere la farsa, le angherie della cameriera Annalise, le ingerenze della bacchettona Mrs Morrison e le azioni di quella che la von Arnim chiama la dea volubile innescano una serie di lotte, battibecchi, contrasti ed equivoci dei quali non ri riesce ad immaginare la fine. Nel corso di tutta la storia avrei voluto essere lì a braccare Priscilla, a dirle di pensare una buona volta alla confusione che stava generando e alla frivolezza di alcuni suoi comportamenti, ma mi sarebbe piaciuto anche gettare dell'acqua fredda in faccia a Fritzing, affinché si risvegliasse dall'inspiegabile malia che la ragazza esercitava nei suoi confronti, gettandolo in situazioni in grado di condurlo alla pazzia. 
Eppure queste rocambolesche situazioni sono il nerbo del romanzo, risultano paradossali, perché, in fondo, non si riesce a simpatizzare con i protagonisti ma nemmeno a prendere le parti dei loro oppositori: tutti si mettono in luce per comportamenti gretti, capricciosi, invadenti e di cui non sanno prevedere le conseguenze, in un vivace e irresistibile gioco di figuracce. E su tutto c'è lo sguardo onnisciente di Elizabeth von Arnim, che, come se ci offrisse un succoso pettegolezzo, si fa trascinare dal racconto pungente, lo condisce di ironia e di interventi raffinati.
L'unico aspetto che mi ha leggermente delusa è stato il finale (del quale non posso ovviamente svelare nulla), ma immagino che quella dell'autrice fosse l'unica soluzione ragionevole alla delirante avventura di Priscilla e il fatto che il suo futuro non venga ammantato di sdolcinata retorica rende accettabile il compromesso.

Vincent van Gogh, Cottage a Cordeville
Si sentiva il cuore colmo di pace. D'ora in poi sarebbe stata buona; avrebbe condotto una vita bella e pura, tranquilla, di conforto ai poveri, appartata e libera dalla confusione. Nulla l'avrebbe più obbligata a fingere, a lottare contro la sua coscienza. aveva scelto la parte migliore e rinunciato a tutto per seguire la via della saggezza: la sua vita futura sarebbe stata la dimostrazione di questo. Chi non conosce la pace interiore che pervade colui che fa buoni propositi e li rispetta tutti finché non scopre all'improvviso di averli infranti tutti? E tuttavia, in fondo, è davvero grave infrangerli? Il momento più importante, più benefico e tonificante per l'anima non è forse quando tali propositi vengono decisi? Sono istanti di sublime beatitudine; perché rinunciarvi?
C.M.

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