Piccole donne (Greta Gerwig, 2019)

Quando un grande classico viene portato al cinema, le aspettative sono sempre molto alte e c'è da aspettarsi anche reazioni contrastanti. Ogni trasposizione è una sfida, ma misurarsi con delle pietre miliari della letteratura è un proposito molto alto. L'ultima impresa, in questo senso, è quella di Greta Gerwig, che ha portato sul grande schermo la settima versione del capolavoro di Louisa May Alcott Piccole donne.
Come per le precedenti avventure cinematografiche, anche in questo film vengono riunite le vicende del primo romanzo e del suo seguito, Piccole donne crescono, ma con una particolare scelta che evidenzia lo scarto fra i due, mettendo in luce i cambiamenti che la famiglia March attraversa. La soluzione che segna una netta anche se non sorprendente differenza è la scelta di fare di Jo il vero e proprio alter ego della Alcott, facendo della protagonista anche la narratrice delle avventure delle quattro sorelle.
 
Il film si apre nel 1868 a New York: Jo (Saoirse Ronan) alloggia in una pensione e si mantiene con brevi racconti che non la soddisfano ma che vengono richiesti dalla stampa e attraverso il suo lavoro di insegnante privata. Sola, costretta a ridimensionare i propri sogni di scrittrice e determinata ad affermare la propria indipendenza in un mondo dominato dagli uomini, Jo è spesso assalita dalla nostalgia degli anni duri ma pieni di goia e speranza trascorsi con la madre (Laura Dern) le sorelle Meg (Emma Watson), Beth (Eliza Scanlen) e Amy (Florence Pugh) a Concord, nel Massachusetts. Questo permette l'inserimento nella storia principale, corrispondente al filo narrativo di Piccole donne crescono, degli episodi più emozionanti dell'infanzia delle quattro eroine, dal famoso Natale che non è Natale senza regali ai concerti privati di Beth, dalle riunioni dell'esclusivo Circolo Picwkick al coraggioso taglio di capelli di Jo, dalle avventure di Jo e Laurie (Timothée Chalamet) ai sogni di sposa di Meg. Mentre Jo rievoca un passato che rimpiange nonostante le numerose difficoltà, Amy, in Francia al seguito della ricca e cinica zia March (Maryl Streep), incontra un Laurie decisamente cambiato, trasandato, disilluso e Meg, ormai madre di due bambini, fa fronte alle ristrettezze della vita di famiglia, che la obbligano a rinunciare anche ai piccoli lussi; Beth, nel frattempo, è gravemente malata, ed è solo per lei che Jo decide di mettere fine al suo soggiorno newyorkese: la sua famiglia ha bisogno di lei e nemmeno un grande successo letterario potrebbe appagarla quanto poter leggere a Beth i suoi racconti, anche perché è proprio nell'amata sorella che trova l'ispirazione e l'amore per i racconti.
Piccole donne di Greta Gerwig si mantiene molto fedele ai due romanzi delle sorelle March e la soluzione dell'alternanza dei piani temporali, inizialmente spiazzante, è un elemento che può forse deludere i sostenitori dell'adesione pulita e semplice al testo di riferimento ma soddisfare chi, come me, preferisce le avventure del primo romanzo al secondo. Nessuna parte fondamentale della trama dei due libri è sacrificata, anzi, il film si protrae anche per qualche minuto di troppo, soffermandosi su scene non così necessarie, tuttavia il disegno narrativo della Gerwig risulta, a mio avviso, convincente.
Avendo amato tantissimo Piccole donne ed essendo rimasta profondamente amareggiata da Piccole donne crescono, appassionante ma tristissimo, ho apprezzato la scelta della regista americana di intersecare le vicende dei due capitoli, così da stemperare la malinconia di uno con il brio dell'altro e, allo stesso tempo, permettere a Jo di trovare il suo modo di raccontare le avventure delle piccole donne. Interessante anche la volontà di caricare il messaggio rivoluzionario di Jo, sostenitrice della libertà e dell'indipendenza delle donne, anche se la fedeltà al racconto della Alcott dà alla vicenda della protagonista lo stesso finale che nel romanzo non mi aveva convinta e che anche la Jo di quest'ultimo film accetta non senza qualche titubanza.
 
 
Piccole donne è candidato a sei premi Oscar come miglior film, per la miglior sceneggiatura non originale, per i costumi, la colonna sonora e le interpretazioni di Saoirse Ronan come protagonista e di Florence Pugh come non protagonista. Sceneggiatura, costumi e lavoro di Saoirse Ronan meritano davvero la possibilità di vittoria, anche perché sarebbe auspicabile che un film così facilmente riducibile, nel giudizio sommario, ad un prodotto di genere (con regia e cast femminili e destinato perlopiù a un pubblico femminile), venga invece valutato per il grande lavoro e le grandi capacità che ne fanno un ottimo racconto cinematografico.
E voi avete visto questo film? Cosa ne pensate?

C.M.

Commenti

  1. Non l'ho ancora visto, cercherò di trovare occasione. Io ho un rapporto un po' conflittuale con questa storia. I romanzi della Alcott non mi appassionarono (rimasi molto più colpita da un romanzo semi sconosciuto dell'autrice, "Un lungo fatale inseguimento d'amore"), ma amai moltissimo fra le tante trasposizioni il film del '94, con una splendida Winona Ryder nel ruolo di Jo. Un ricordo che mi è caro, perché quel pomeriggio andammo al cinema tutti noi cugini, invitati da un'amatissima zia senza figli che stravedeva per noi.

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  2. Devo essere l'unica che non ha apprezzato la versione del 1994, mi sento un po'la pecora nera della situazione. Ero dubbiosa a proposito della visione di quest'ultimo film proprio per il timore che riprendesse il taglio dell'ultimo, ma l'effetto è stato decisamente migliore. Aspetto le tue impressioni, anche se, quando ci sono di mezzo dei ricordi come quello che hai raccontato, competere è difficile! :)

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