Dante, uno di noi

Si festeggia oggi, anche se in un clima tutt'altro che allegro, il primo Dantedì, un appuntamento istituito dal Consiglio dei Ministri a gennaio su proposta del Ministro dei Beni e delle attività culturali Dario Franceschini in seguito alla mobilitazione del mondo culturale fin dalla primavera del 2019. Dall'esortazione sulle pagine del Corriere della Sera da parte di Paolo di Stefano si è passati ad una proposta sostenuta da alcuni degli enti culturali più rilevanti nel campo dell'italianistica e degli studi sul Sommo, come l'Accademia della Crusca, la Società Dantesca, la Società Dante Alighieri e via via il consenso verso questa iniziativa è cresciuto anche a livello popolare. Per il 2021, in occasione dei settecento anni dalla morte del poeta, è previsto un anno di celebrazioni, ma già da quest'anno il 25 marzo di ogni anno sarà dedicato al poeta.
Dopo il Bloomsday irlandese (16 giugno) dedicato a James Joyce e al suo Ulisse e la scelta da parte dell'Unesco del 23 aprile, giorno in cui nel 1616 in cui morirono William Shakespeare, Miguel de Cervantes e Inca Garcilaso de la Vega, come Giornata del libro e del diritto d'autore, il calendario si arricchisce di un'altra ricorrenza letteraria tutta italiana. Il 25 marzo è il giorno in cui secondo molti studiosi inizia il viaggio oltremondano di Dante e poco importa che secondo altri l'ingresso di Dante nella selva sia da posticipare alla data dell'8 aprile: come tutte le convenzioni cronologiche, anche la festa di Dante si può accontentare di un compromesso, perché ciò che è davvero importante è che a questo personaggio sia riconosciuto uno spazio culturale ben definito.
 
 
Ho pensato molto a cosa scrivere in occasione del varo di questo evento. Avrei potuto commentare, come già fatto con altri post, qualche verso della Commedia o imbastire un percorso intertestuale, mettermi alla ricerca di autori che citano Dante, di riletture moderne, di opere d'arte ispirate al suo mondo. Ma, alla fine, un po'perché queste giornate malinconiche non offrono molti stimoli all'approfondimento filologico e un po'perché non è un approccio specialistico all'opera dantesca lo spirito che anima questa giornata, ho preferito spiegare perché Dante meritasse davvero un giorno tutto per sé.
Il Dantedì è un'occasione preziosa non solo perché Dante Alighieri è il simbolo principale della cultura italiana, il padre della nostra lingua e il primo grande sognatore di una penisola unificata, ma anche perché il poeta è entrato a far parte dell'identità nazionale come elemento radicato nella cultura popolare. Quasi tutti gli Italiani lo hanno incontrato sui banchi di scuola e, anche se molti non hanno maturato un amore letterario per i suoi versi, anche se tanti hanno sbuffato nel doverli studiare, alla fine c'è per tutti un momento della vita in cui Dante Alighieri e le sue parole ci sono stati. Tutti ci siamo abituati a riconoscere alcune citazioni, i simboli e le rappresentazioni del mondo dantesco o anche solo il profilo dell'autore, reso celebre da Sandro Botticelli - e non ci importa se qualcuno dice che il naso di Dante non era aquilino, perché ormai quell'immagine si è sedimentata nella nostra memoria, come la foto di uno di famiglia.
Dante, insomma, è diventato un'icona popolare, un personaggio cui si riconosce un peso universale non solo perché ha scritto, fra le tante opere, un capolavoro della letteratura mondiale in grado di incantare autori di nazioni e tradizioni linguistiche differenti e di raccontarci la natura umana, i suoi sentimenti e le sue passioni, ma anche perché si è mimetizzato nel nostro modo di comunicare e in ciò che vediamo intorno a noi.
Il profilo di Dante campeggia sulle nostre monete da due euro, compare sui souvenir, viene stampato su gadget, cancelleria e capi di abbigliamento; alla Commedia si sono ispirati autori di fumetti, parodie, canzoni e videogiochi. I versi del Sommo o le sue posizioni ideologiche alimentano i meme sui social network e persino gli studenti che non lo sopportano si divertono a scambiarseli, perché sì, comprendere Dante, come molti altri autori della letteratura, non è cosa immediata, ma accorgersi di riuscire a interpretare un'allusione è sempre una soddisfazione.
Nel linguaggio del marketing si direbbe che Dante è un simbolo del made in Italy nel mondo, il suo nome e la sua immagine sono catalizzatori di attenzione e parlare di Dante significa parlare di qualcosa che tutti sentiamo nostro e non perché siamo esperti letterati o esegeti della Commedia, ma perché lo abbiamo assorbito come l'aria che abbiamo respirato, insieme alla cultura che vediamo intorno a noi e alla lingua che parliamo.
Ci sono terzine della Commedia che chiunque riconosce, dall'incipit «Nel mezzo del cammin di nostra vita» all'explicit «l'amor che move il sole e l'altre stelle», passando per le terzine dell'amore di Paolo e Francesca al monito di Ulisse «Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza», da espressioni non proprio nobili come «ed elli avea del cul fatto trombetta» al sublime «Libertà va cercando ch'è si' cara / come sa chi per lei vita rifiuta», dalle ultime terribili parole di Ugolino «Poscia, più che 'l dolor, pote 'l digiuno» all'invettiva «Ahi serva Italia!».
Ma la persistenza di Dante nella nostra lingua è talvolta meno riconoscibile: abbiamo fatto nostri i suoi versi in espressioni diventate proverbiali, come «senza infamia e senza lode», prelevata dalla descrizione virgiliana degli ignavi nel canto III dell'Inferno («coloro / che visser sanza 'nfamia e sanza lodo») o l'esortazione di poco successiva «non ragioniam di lor, ma guarda e passa»; la stessa definizione dell'Italia come Bel Paese deriva dal canto XXXIII della stessa cantica («Ahi, Pisa, vituperio de le genti / del bel paese la dove 'l sì suona»). Ma Dante ha coniato anche nuove parole di uso comune o comunque riconoscibili come pienamente nostre, per esempio accidioso, contrappasso, inurbarsi (da cui il più usato inurbamento), trasmutare.
La cultura ci ha aiutato a tenere sempre a mente Dante, perché la sua opera ha influenzato tutte le arti dopo di lui. Non c'è autore italiano che non si sia confrontato con Dante, dal Boccaccio che gli ha dedicato un trattatello celebrativo a Petrarca, che si è costantemente impegnato a minimizzarne il valore, attingendo al contempo a piene mani dalla sua letteratura, da un Ariosto che ha disseminato l'Orlando furioso di citazioni più o meno evidenti a Foscolo, al quale si deve l'espressione di ghibellin fuggiasco con la quale a volte si indica il Sommo, fino ad arrivare alle letture di Ungaretti e agli omaggi di Montale ad una Clizia che ricorda la Beatrice donna-angelo. 
Gustave Dorè, William Blake, Eugène Delacroix, Dante Gabriel Rossetti e Salvador Dalì hanno omaggiato il poeta con le loro opere d'arte, contribuendo a trasmettere i contenuti della Commedia e l'immagine di Dante e Beatrice con la stessa efficacia che gli affreschi nelle chiese hanno avuto nel diffondere la conoscenza degli episodi dell'Antico e del Nuovo Testamento fra chi non poteva leggerli perché analfabeta o incapace di comprendere il latino, trasformando una materia letteraria accessibile nell'insieme a pochi in un bagaglio di conoscenze comuni. Attori come Vittorio Gassman e Roberto Benigni hanno portato i versi di Dante nei teatri, nelle piazze e in televisione, con un seguito che pochi prodotti culturali riescono ad eguagliare.
Dante Alighieri, dunque, è parte di un sentire comune, è uno dei noi, un volto noto, una voce familiare, un vero elemento di cultura popolare italiana. Ecco perché dedicargli una giornata, in un certo senso, significa dedicare una giornata a tutti noi Italiani che, più o meno consapevoli, abbiamo assorbito così tanto dell'opera del Sommo nella nostra identità. 

C.M.

Commenti

  1. Da applauso questo tuo articolo! E dici bene perché dovremmo incominciare (nonostante tutti i problemi) a non piangerci sempre addosso e capire (certo anche il governo) che questo è il nostro grande petrolio: la cultura, una cultura così ricca che pochi possono vantare. E guarda capita anche bene questa celebrazione, in un momento così difficile, perché dobbiamo valorizzare e valorizzarci.
    Poi da ragazzetta ancora ricordo la gita di classe a Ravenna... Davanti alla tomba di Dante non ho potuto non trattenere le lacrime (e non sono proprio un'esperta dantista) ma l'emozione è stata forte.

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    1. In un momento come questo il messaggio della Commedia ha anche e soprattutto un valore umano, oltre che letterario: la storia di Dante, essendo allegorica, si presta a parlarci in questo momento di difficoltà: è, del resto, la storia di un uomo che in un momento molto buio ha affrontato con le proprie risorse interiori un cammino difficile e spaventoso che, una volta riapparsa la luce, gli ha fatto apprezzare la vita e lo ha migliorato interiormente. Questo è il messaggio che ho voluto dare anche ai miei studenti in videolezione, perché la letteratura parla di noi e Dante sa farlo meglio di tutti.
      Leggendo della tua commozione alla tomba di Dante, mi torna in mente un documentario andato in onda la sera del Dantedì su Rai Storia, con un'intervista degli anni'60 all'allora custode della tomba, tale signor Fusconi, in procinto di andare in pensione. Diceva che, pur non essendo un lettore di Dante e non avendo gli strumenti per erudite interpretazioni, lui comunque sentiva che il poeta apparteneva anche a lui e che vegliarne la tomba per quarantasei anni era stato un grande onore. Ecco, in quel signore ho ritrovato proprio questo stesso sentimento che lega ancora tutti noi, anche inconsapevolmente, al Sommo Poeta.

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    2. È bellissimo il tuo pensiero. Grazie Cristina.

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