Martin Eden - Jack London

Quest'anno i classici hanno preceduto l'estate: dopo un periodo in cui la lettura si trascinata lentamente da un volume all'altro, sono approdata a Martin Eden, monumentale romanzo di Jack London, anche se meno noto dei titoli dell'autore con cui molti hanno familiarità fin dall'infanzia, come Zanna Bianca o Il richiamo della foresta.
Le vicende del romanzo sono piuttosto semplici ed è incredibile il lavoro dell'autore sul protagonista, che le porta, pur nella loro linearità e con i pochi personaggi che la animano, a comporre una storia intensa, profonda, ricca di slanci contarstanti e di momenti epifanici.


Martin Eden è un ventenne di Oakland che ha vissuto tante vite quanti sono i luoghi che ha raggiunto per mare: è abituato al duro lavoro, alle scazzottate, ai morsi della fame, agli sguardi e alle carezze delle giovani della classe operaia e ai vestiti logori. Qualcosa, però, si smuove in lui quando inzia a frequentare i Morse, una famiglia borghese che lo invita a cena dopo che Martin ha salvato da una rissa il giovane Arthur; è però la sorella di questi, Ruth, a sconvolgere la vita di Martin, che, colpito dalla raffinatezza e dall'eccezionalità della ragazza e del suo mondo, si impone un drastico cambiamento: per essere degno di lei e del bisogno di perfezione che ella suscita nel suo animo, Martin si istruirà, imparerà a parlare correttamente, diventerà l'uomo degno di una donna della sua condizione. Inizia così per il ragazzo un logorante percorso di letture che vanno dalla poesia alla filosofia, nella convinzione di Martin che ogni sacrificio lo condurrà più vicino alla donna amata e che riuscirà a vincere i pregiudizi che i Morse nutrono nei suoi confronti e il senso di inferiorità che lui stesso prova quando frequenta la loro casa. Assieme all'impegno nella lettura e al desiderio di conoscere, Martin inizia a sperimentare anche la voglia di scrivere, perché le idee che poco alla volta si formano nella sua mente costruiscono un disegno, un pensiero complesso che lo conduce a raccontare le sue storie, a comporre i suoi versi e a produrre anche dei saggi in cui spiega la filosofia sottesa alle sue scelte liriche e narrative. Martin prende a prestito e restituisce libri alla biblioteca con ritmo frenetico, si confronta con Ruth, che lo aiuta prima a correggere i numerosi difetti della sua espressione e poi dibatte con lui questioni letterarie e filosofiche, forte della sua laurea in Lettere. Per stare vicino a Ruth, Martin smette di cercare lavoro sulle imbarcazioni e si fa assumere in una lavanderia per potersi garantire non tanto da mangiare, quanto il noleggio della macchina da scrivere, i francobolli per inviare i manoscritti ai giornali, la bicicletta per poter accompagnare Ruth nelle sue gite fuori città e l'unico abito buono per potersi presentare in casa Morse; quando, però, si rende conto che i lunghi turni massacranti su macchinari per lavatura e stiratura non gli lasciano la forza di fare null'altro che bere e il bisogno di dormire, Martin decide di dedicarsi unicamente alla scrittura, sicuro che in pochi mesi arriveranno la fama e il denaro tanto desiderati. Più Martin si avvicina alla letteratura e alla filosofia, più matura un pensiero socio-politico connesso a ciò che legge nei libri, più riesce a inserirsi nelle discussioni degli ospiti dei Morse, più l'aspirante scrittore si sente disgustato dal mondo che per tanto tempo ha ritenuto depositario di una cultura superiore. I borghesi, anche quelli che fra loro hanno fama di grandi intellettuali, lo deludono, gli appaiono gretti lettori di sintesi di grandi libri che non comprendono fino in fondo, bravi a esprimere giudizi vaghi ma incapaci di argomentare e di sostenere un confronto; anche Ruth, che pure lui non cessa di venerare, parla più attraverso le pagine dei libri che ha studiato all'università che per un autentico trasporto verso la letteratura e la filosofia e anche quando ammette a se stessa di essere innamorata di Martin non gli fornisce alcun incoraggiamento a scrivere e, anzi, ha nei suoi confronti dei duri giudizi che vorrebbe lo spingessero a trovarsi un lavoro rispettabile, che lo metta nelle condizioni di offrirle un futuro e, quindi, di essere accettato dai Morse come suo fidanzato. Ruth si arrende prima di Martin, e, proprio quando perde l'amore, il ragazzo raggiunge il successo: i testi che per mesi gli sono stati restituiti senza che alcuna testata li prendesse in considerazione vengono accettati dai giornali uno dopo l'altro e le pile di manoscritti rimaste sotto il tavolo della stanzetta di Martin si esauriscono, spedite a questo o a quel periodico e infine addirittura agli editori per l'edizione in volume. A quel punto, però, Martin si troverà a riflettere sulle ragioni del successo, sul suo carattere effimero, sull'uso più opportuno del denaro, su cosa fare ora che la scrittura non tende più a nulla e ha raggiunto il suo scopo, rivelandogli una realtà ben diversa da quella che aveva immaginato.

Pubblicato nel 1909, prima a puntate e poi in volume, Martin Eden accoglie in parte l'esperienza degli esordi del suo autore e ne sintetizza il pensiero, anche se Martin rifiuta a più riprese il socialismo, in quanto determinato sostenitore delle idee nietzchiane e di un forte individualismo, di cui l'autore evidenzia però i limiti. Quello di Martin Eden non è un personaggio amabile e perfetto, ha luci e ombre, una ammirevole determinazione a cambiare la propria condizione ma una certa arroganza nel ritenersi l'unico che abbia davvero compreso ciò che ha letto; è uno strenuo oppositore della cultura di facciata dei borghesi ma anche della falsa lotta dei lavoratori per affrancarsi dal gioco dei capitalismo, perché in nessuna delle due parti trova autenticità e consapevolezza, eppure le sue critiche non sono costruttive, perché Martin stesso fatica ad afferrare il senso del proprio lavoro intellettuale quando esso si traduce in montagne di denaro ma lo scopo per cui lo ha affrontato - Ruth - viene a mancare. Ma proprio per tutto questo Martin Eden è un personaggio straordinario, un uomo alla ricerca di una rivelazione, un ragazzo che insegue gli interrogativi esistenziali e che non si accontenta di alcuna risposta, un giovane che non accetta lezioni, consolazioni, giudizi e non ammette di essere governato che dal proprio slancio creativo, almeno finché questo non si esaurisce. E che, a quel punto, deve fare i conti con la consapevoelzza che nulla più gli darà soddisfazione e potrà suscitare il suo interesse, che qualcosa è perduto in maniera irreversibile.

Non era un grande esperto di biblioteche, così vagò tra gli infiniti scaffali della narrativa, finché la ragazza dai lineamenti delicati e dall’aria francese che sembrava la responsabile della sala gli disse che le opere per la consultazione erano al piano di sopra. Non sapeva cosa chiedere all’uomo dietro il bancone, così iniziò la sua avventura nell’alcova della filosofia. Aveva sentito parlare della filosofia che si trovava nei libri, ma mai avrebbe immaginato che ne fossero stati scritti così tanti. Gli altri scaffali stracolmi di tomi pesanti lo facevano sentire piccolo piccolo ma al contempo lo stimolavano. Questa era un’impresa adatta al vigore del suo cervello.
[…] Non avrebbe mai immaginato che la conoscenza umana potesse essere così sterminata. Era spaventato. Come faceva il suo cervello a padroneggiarla tutta? Dopo un poco, si ricordò che c’erano alcuni uomini, molti uomini, che erano riusciti in quell’impresa; e con un filo di voce sussurrò un giuramento appassionato, dichiarando che il suo cervello sarebbe riuscito a fare quello che avevano fatto i loro.
E così si continuò a gironzolare tra gli scaffali gremiti di saggezza, alternando momenti di scoramento ad altri di euforia.

C.M.

Commenti

  1. Molto forte è la disillusione e l'ipocrisia di quel mondo culturale dominato dalla borghesia, dove il benessere non combacia veramente con il fare letteratura ed è significante il fatto che a fare letteratura sia qui un marinaio. Mi viene proprio da leggere questo romanzo visto che non ho mai letto nulla di London a parte vedere un cartone animato sul "Il Richiamo della Foresta", grazie.

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    1. Io ho un vago ricordo de Il richiamo della foresta, ma non mi ha appassionata come quest'altro romanzo, ben lontano dal London "avventuroso". Penso che lo apprezzeresti anche tu.

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  2. Conto di recuperarlo, è uno dei pochi London che mi manca, e finora l'ho adorato in ogni suo scritto.

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    1. Per gli appassionati di London è imperdibile. Io, per parte mia, di questo autore ho tutto da recuperare.

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