Una bambina da non frequentare - Irmgard Keun

Il punto di vista dei bambini rappresenta spesso una prospettiva privilegiata per mettere a nudo contraddizioni, ipocrisie e assurdità del mondo degli adulti o, comunque, per dare una patina straniante ad una storia. Pensiamo a Malpelo, che nella nota novella di Verga svela la crudeltà di una società dominata dall'inseguimento del profitto, dalla violenza e dall'ingiustizia di cui sono vittime coloro che rincorrono semplicemente la speranza di sopravvivere; consideriamo Pin, che durante l'esilio nei boschi conosce i partigiani e le tensioni che li contrappongono; ancora, alcuni ricorderanno Prisca, alla quale palpita forte il cuore quando assiste ai maltrattamenti delle compagne più povere da parte della maestra Sforza nella scuola italiana degli anni '50. In tutti questi casi (ai quali ne potremmo accostare molti altri) la voce di una persona giovanissima ha il compito di richiamare la nostra attenzione principalmente sui comportamenti degli adulti, che ai più piccoli appaiono spesso irragionevoli, inutilmente complicati, schiavi di qualche forma la cui comprensione sfugge a chi ha un animo puro e ingenuo.

Norman Rockwell, Camiponessa di biglie (1939)
Nella Colonia fra le due guerre è la piccola peste uscita dalla penna di Irmgard Keun (1905-1982) a lanciare frecciatine e provocazioni, spesso inconsapevoli, alla famiglia, agli insegnanti, ai vicini di casa e agli uomini d'affari. Una bambina da non frequentare, la cui protagonista narra le proprie avventure, si presenta come una piccolo diario attraverso il quale si dipana il racconto di un personaggio vivace, maldestro, avventato che combina un guaio dopo l'altro, ma spesso senza malizia, anzi, con l'intenzione di riportare la giustizia dove non ce n'è, punendo le persone odiose che lo meritano, o allo scopo di fare del bene. La giovane protagonista è costantemente bollata (e ne è perfettamente consapevole) come un disastro educativo, uno spirito incorreggibile, una persona votata alle figuracce, eppure la Keun, grazie alla scelta della focalizzazione interna e del racconto in prima persona, ci fa capire che la sua piccola peste agisce trasportata da motivazioni genuine e che, se qualche volta subisce le conseguenze di giochi decisamente scatenati o per nulla adeguati ad una ragazzina della borghesia tedesca, in molti casi pecca solo dell'ingenuità tipica dei bambini. Scorrendo la collana degli episodi che compongono il romanzo, si avverte alla base un meccanismo nel quale l'azione compiuta dalla bambina in buona fede si ribalta, nell'ottica degli adulti, in un affronto vergognoso, con effetti che non possono non condurre il lettore a interrogarsi sull'ipocrisia e la futilità di alcune abitudini che ancora oggi sono dure a morire.
La bambina apprende la notizia della morte della direttrice e, quando ne chiede la causa, il suo interessamento, che pure replica quello che ha sempre osservato in famiglia, viene punito come mancanza di sensibilità; per libersi dell'insopportabile zia Millie che vive in casa sua, fa di tutto per favorire gli appuntamenti sentimentali che si procaccia con inserzioni sui gionali, convinta che il bene della parente coincida con il suo, ma il suo poderoso impegno è ancora una volta frustrato e stigmatizzato; non le è chiaro perché, ma persino l'impresa di scrivere all'imperatore per chiedere la fine della guerra provoca reazioni spropositate.
Una bambina da non frequentare, pubblicato da L'orma editore nella traduzione di Eleonora Tomassini ed Eusebio Trabucchi, è un romanzo pungente, ironico e dissacrante, adatto ai ragazzi ma soprattutto agli adulti, che dovrebbero riuscire a cogliere la critica ad alcuni comportamenti in cui talvolta cadono quando si prendono troppo sul serio. Scritto da Irmgard Keun in esilio, a seguito dell'iposizione della censura da parte del regime nazista, è anche un'importante testimonanza del modo di vivere della borghesia tedesca negli anni '20, oltre che di alcuni passaggi storici come la guerra e l'occupazione straniera, un'occasione, dunque, per colmare la curiosità senza pericolo di annoiarsi.

È così stupido da parte degli adulti credere che i bambini non abbiano preoccupazioni. Dicono sempre: Ah, l'infanzia spensierata, non tornerà più. Ma un bambino ha di certo più preoccupazioni di un adulto.

C.M.

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