Il vecchio e il mare - Ernest Hemingway

Quando, il nel 1954, Ernest Hemingway fu insignito del premio Nobel (che non ritirò personalmente ma attraverso l'ambasciatore americano a Stoccolma), fu chiaro che Il vecchio e il mare aveva avuto un ruolo determinante nella decisione della commissione, che lo cita come dimostrazione del talento narrativo del suo autore. In effetti è proprio questo breve romanzo il primo che solitamente si associa al nome di Hemingway e probabilmente alla sua fama ha contribuito la forma, agile o, per meglio dire, scarna della narrazione stessa. 
La vicenda è facilmente riassumibile in poche righe ed è così nota che ricordarla sembra quasi superfluo: il vecchio pescatore Santiago, che da ottantaquattro giorni non cattura un solo pesce, si mette in mare un mattino di settembre e vi rimane per quattro giorni durante i quali lotta prima contro il marlin che ha abboccato ad una delle sue lenze e poi contro gli squali che, attratti dal sangue, puntano a strappargli la preda. L'unico che sembri essere veramente interessato alla sorte di Santiago è Manolin, un ragazzino che ha imparato a pescare proprio da lui ma che i genitori hanno costretto a lavorare per altri, nella convinzione che Santiago fosse ormai vittima di un'irreversibile sfortuna.
Attraverso un racconto di poche pagine Hemingway descrive l'epica battaglia di un uomo che sembra votato alla sconfitta, destinato ad essere battuto dalla miseria o dall'ostinazione che l'ha condotto in mare; persino il corpo di Santiago si ribella al compito che il vecchio si è prefissato, sicché il protagonista non si trova in lotta solo con il pregiudizio di chi lo dà ormai per fallito o soltanto con un grosso pesce determinato a non farsi catturare, ma con i propri limiti, con le mani callose, sanguinolente e irrigidite, con la schiena che sembra non poter reggere gli strattoni della lenza, con lo stomaco costretto ad assimilare carne cruda durante la lunga permanenza al largo. Santiago combatte con gli strumenti del mestiere, con gesti che Hemingway descrive attraverso un linguaggio arido, essenziale, tecnico e preciso, che l'esperienza stessa di pescatore gli rende familiare; Santiago ha un solo scopo: dimostrare di essere ancora in grado di affrontare una sfida, di non essersi ancora rassegnato alla sconfitta e alla morte, di essere disposto a lottare finché lui o il marlin, o gli squali o la vecchiaia non avranno dimostrato di essere più forti di lui, senza lasciare alcuna via intentata.
Fernanda Pivano, prima traduttrice italiana di Hemingway, testimonia che l'idea de Il vecchio e il mare precedette di diversi anni la sua traduzione in romanzo, infatti già nel 1936 l'autore abbozzava la sintesi dell'impresa titanica di un vecchio pescatore de L'Avana che per molti aspetti sembrava lo scheletro del romanzo, il quale, però, sarebbe stato pubblicato solo nel 1952. Uno dei più grandi classici della storia della letteratura ha dunque avuto una gestazione di oltre quindici anni, pur essendo un libro davvero breve e apparentemente semplice. Contibuisce alla sua fama il senso di quella che, a prima vista, potrebbe apparire una semplice battuta di pesca (come la affronta, in effetti, Santiago) o una sfida alle forze della natura per la sola sopravvivenza, ma si traduce in una prova interiore del suo protagonista, per il quale le onde, il sole, la fame, il marlin e gli squali altro non sono che continui inviti a rinunciare alla meta.
Santiago tornerà a riva, senza forze, assonnato, dolorante, con solo una testimonianza della sua vittoria, il marlin, ridotto ormai alla sola testa e ad una lisca quasi del tutto privata delle carni: la sua sortita in mare non gli avrà dato il tornaconto economico che si aspettava da un marlin che avrebbe potuto nutrire un uomo per un inverno intero, ma gli avrà restituito la fortuna e l'avrà riabilitato agli occhi degli altri. Quella di Santiago è la storia di una sconfitta che si trasforma in una vittoria, in un riscatto, in una determinata affermazione di esistenza, ma è anche una testimonianza della stoica accettazione della lotta con tutte le sue possibili conseguenze... una sorta di Ginestra dei Caraibi ma, programmaticamente, senza lirismi e senza allegorie.

Ernest Hemingway (1899-1961)

Pensava sempre al mare come a 'la mar', come lo chiamano in spagnolo quando lo amano. A volte coloro che l'amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna. Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di 'el mar' al maschile. Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico. Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvagie era perché non poteva evitarle. La luna lo fa reagire come una donna, pensò.

C.M.

Commenti

  1. Ciao, è da un po' che non visito il tuo blog. Questo è uno dei miei libri preferiti, lo adoro. Complimenti per l'articolo

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    1. Bentornata, Valeria! Sono contenta che, da estimatrice di questo romanzo, abbia apprezzato l'articolo: non è facile scrivere sui classici, specialmente di fronte ad un libro come questo. Le mie impressioni non sono state entusiastiche, ma è innegabile che sia un pezzo-chiave della Letteratura mondiale.

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