Segnalibri #3

Guardo la data dell'ultimo post e mi accorgo che è un mese e mezzo che non aggiorno il blog: mi prende lo sconforto, anche perché, al tempo stesso, mi rendo conto che il ritmo delle letture si è enormemente dilatato. Più che la mancanza di tempo (che comunque ha concorso in modo importante), mi rendo conto che è stata la stanchezza la prima fonte di disaffezione, quindi sono ottimista sulla possibilità di tornare ad essere più costante quando questo (altro) delirante anno scolastico si sarà concluso.
 

Cosa ho letto nelle ultime settimane? Nulla che mi abbia entusiasmato, sebbene siano state tutte letture su cui nutrivo buone aspettative, o forse proprio per questo. O magari proprio il carico di stress che tutti in questi mesi difficili stiamo accusando, unito alle molte scadenze, ha intiepidito il mio giudizio.

Negli ultimi giorni del mese di marzo mi sono dedicata a Ragnarök. La fine degli dei di Antonia Susan Byatt (Einaudi), un romanzo che intreccia la realtà storica dell'Inghilterra sconquassata dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale e le vicende della mitologia norrena. La protagonista è una bambina senza nome, che, nel periodo in cui insieme alla madre si rifugia nella campagna londinese, passa il tempo leggendo Asgard e gli dei, che ripercorre le vicende di Odino e Loki, dalla creazione del mondo fino alla sua inevitabile distruzione, il Ragnarök che sembra tanto simile all'autodistruzione cui l'umanità sta andando incontro nel Novecento. Il romanzo è sorretto da un'idea interessante, ma le vicende della conflitto mondiale rimangono sullo sfondo, mentre prevale il racconto mitologico: per questo motivo Ragnarök è più interessante come introduzione alle leggende nordiche che come costruzione narrativa in sé.

Sono passata poi ad un altro libro legato al secondo conflitto mondiale, anche se questo è più che altro il punto di partenza delle trasformazioni storiche cui è dedicato. Sto parlando de Il diritto di contare (inefficace traduzione del più significativo Hidden Figures) un testo edito in Italia da Harper Collins che è allo stesso tempo saggio storico e biografico; Margot Lee Shetterly lo ha dedicato alle numerose donne, molte delle quali afroamericane, che hanno contribuito al progresso aerospaziale che ha prima perfezionato il volo militare, poi l'aviazione civile e infine permesso di inviare nello spazio i primi satelliti e gli astronauti. Incentrato in particolare sulle figure di Katherine Jhonson, Dorothy Vaugham e e Mary Jackson, tre matematiche che hanno affrontato con determinazione la segregazione razziale e, insieme, i pregiudizi sulle capacità intellettuali e professionali delle donne, affermando semplicemente con le loro azioni e i loro meriti il loro diritto di essere pienamente valorizzate come scienziate. Le tre protagoniste, sulle quali spicca Katherine Johnson, che ha avuto un ruolo determinante nell'elaborazione dei calcoli alla base della missione spaziale Apollo 11, si sono affacciate all'ingegneria areonautica nel periodo della guerra, durante la quale c'era grande bisogno di esperti di calcolo ma carenza di personale, anche perché molti uomini erano impiegati al fronte. In questo spazio si sono inserite le prime matematiche (le quali per lungo tempo non sono state parificate ai colleghi ingegneri, pur svolgendo lo stesso lavoro), molte delle quali provenienti dalle università afroamericane, nelle quali forse la più forte necessità di emancipazione il numero delle laureate era più elevato rispetto agli atenei prevalentemente frequentati dai bianchi o a loro riservati. Nella silenziosa battaglia di queste figure nascoste per la parità, sulla questione di genere prevale quella etnica, infatti l'autrice informa il lettore sia sulle tappe del progresso scientifico vissuto dagli U.S.A. sia sulle trasformazioni per l'abolizione delle numerose forme di segregazione razziale in corso nello stesso periodo. Il diritto di contare è un testo di grande interesse, corredato di numerose note con indicazione delle fonti usate dall'autrice, difficile da seguire nelle pagine più strettamente inerenti ai sistemi di calcolo e alle questioni tecnologiche, ma interessante per conoscere dall'interno i cambiamenti che hanno investito la società statunitense nel secondo Dopoguerra.

La terza lettura di cui vi parlo oggi è un brevissimo racconto di Stefan Zweig, Ventiquattr'ore nella vita di una donna (Garzanti), una raffinata novella che prende le mosse da un momento mondando in Costa Azzurra nel pieno del quale scoppia uno scandalo. A seguito dell'improvvisa fuga di Madame Henriette, una donna sposata con un ospite dell'albergo in cui i personaggi alloggiano e che, a giudizio dei più, ella non poteva conoscere che da pochi giorni, il narratore si distingue per la sua posizione, poiché è l'unico a non esprimere una condanna nei confronti dell'adultera, ma afferma che gli fa più piacere comprendere le ragioni del gesto piuttosto che giudicarlo. Questa inaspettata attenzione e l'assenza di pregiudizi spingono Mrs C. a confidarsi con lui, raccontando per a prima volta le ventiquattro ore che trent'anni prima hanno sconvolto la sua vita. In pochissime pagine Zweig rivela la consueta capacità di creare grandi storie e di avvincere il lettore, trascinandolo in una storia di forti passioni e di sentimenti imprevedibili e incontrollabili.

Avete letto qualcuno di questi libri? Cosa ne pensate?

C.M.

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