Quando viaggiare, per i motivi più disparati, diventa difficile o
impossibile, possiamo sempre consolarci facendo di un buon libro la
nostra valigia e il nostro mezzo di trasporto. Se, poi, quel
libro offre una storia che conduce da un continente all'altro e una
prosa seducente e fortemente imaginifica, la sensazione di non essere
sul divano di casa è davvero forte.
Quel libro può essere
La vera
storia del pirata Long John Silver, una narrazione perfetta per
l'estate, ombrellone o no: ci sono navi, vele, onde, sale, porti,
moli, scogli e, naturalmente, rum. Il nome di Long John Silver non sarà
nuovo a molti lettori, in grado di riconoscere immediatamente il
personaggio de
L'isola del tesoro, infatti lo scrittore svedese Björn
Larsson ha immaginato e ricostruito la storia di questa figura iconica
del grande classico di Robert Louis Stevenson. Il romanzo, pubblicato in
Italia da
Iperborea nel 1998 nella traduzione di Katia De Marco, si
presenta come il memoriale di John Silver, che, ormai anziano, consuma i
suoi ultimi giorni nel suo ultimo ritiro in Madgascar. Venuto a
conoscenza della pubblicazione del resoconto del viaggio di Jim Hawkins
come
L'isola del tesoro e irritato dall'incompletezza del ritratto di sé
che vi ritrova, il pirata sente di dover colmare un vuoto,
ritagliandosi uno spazio tutto suo, così da trasformarsi da antagonista
della storia di Hawkins in protagonista di un'avventura ben più ampia. A
un passo dalla morte, Long John, che non ha mai avuto paura dei
cannoneggiamenti, della cattura o delle ripercussioni per gli
ammutinati, non accetta che il mondo lo ricordi solo come pendaglio da
forca, così pensa di inviare allo stesso Hawkins il racconto completo
della propria esistenza.
Sarebbe una menzogna - e mi sono
proposto di scrivere solo la verità, o per lo meno, quella che credo sia
- affermare che fu allora che decisi di diventare un uomo d'onore,
gentiluomo di ventura, e tutti gli altri nomi con cui vengono chiamati
pirati e bucanieri. Però il solo pensiero di poter vivere libero, e
tuttavia vivere, faceva battere più forte il mio cuore.
Perché, imparai
in seguito, se c'è qualcosa che dà un senso alla vita, è senz'altro il
fatto di non essere soggetto ad alcuna legge, di non avere mani e piedi
legati. Non importa il tipo di fune o chi ha stretto il nodo. È la corda
stessa il male. È con quella che prima o poi si finisce per legarsi da
soli o per essere appesi a una forca. Questa è stata la mia filosofia, e
giustamente sono ancora vivo.
Attraverso le
affascinanti pagine di Björn Larsson, conosciamo un uomo che si sottrae allo stereotipo del pirata: nato a Bristol, ha
ricevuto per imposizione del patrigno scozzese un'istruzione superiore a
quella di molti giovani inglesi, pertanto conosce il latino ed è più
colto di tutti coloro che solcano i sette mari; è estremamente
intelligente, astuto, beffardo, calcolatore, opportunista, ma sa
riconoscere il valore delle persone che incontra, quando si trova
davanti degni compagni o capitani; al tempo stesso, coglie le paure e le
debolezze del prossimo, fa leva sull'ottusità e l'avidità degli altri,
preoccupandosi solo e soltanto di rimanere un uomo libero, padrone di sé
e del proprio destino e fiero delle proprie scelte. A differenza di
molti pirati, Long John non insegue il denaro: l'oro che i predoni del
mare bramano di accumulare solo per scialacquarlo in orge notturne in un
porto o in una baia carabica solo per avere un pretesto per lanciarsi
in nuovi arrembaggi non gli importa. Long John Silver è il timoniere
della propria nave, fa di tutto per tenerla a galla, per salvarla dagli
assalti di altri pirati o di marinai al servizio di qualche sovrano
europeo e per tenerla in mare fino a quando dovrà ammainare la vela.
La
vera storia del pirata Long Joh Silver è però molto più che uno spin
off o una fan story: nell'attingere al romanzo di Stevenson, Larsson
crea una singolare biografia che unisce al brivido dell'avventura
un'accurata ricostruzione storica del XVIII secolo,
delle condizioni dei marinai e delle attività che alcuni di loro svolgevano per i
regnanti europei, per gli schiavisti, nel contrasto alle leggi della
navigazione e a danneggiamento delle imprese mercantili. Il lettore ha
modo di individuare la realtà sulla quale si è definito, nei secoli
successivi, l'immaginario dei bucanieri, fra un racconto di fantasia e
l'utilizzo di dati e personaggi storici, come Barbanera, al secolo
Edward Teach, o Daniel Defoe, al quale Long John si rivolge per buona
parte della sua storia, immaginando una sorta di intervista a distanza
con l'autore delle Storie di pirati. In questa ricca e vivace narrazione
apprendiamo come venisse gestita la vita a bordo delle navi dei
briganti del mare, quali regole fossero in uso, quali abitudini e quali
figure di bordo scandissero la navigazione, i momenti di riposo e gli
ammutinamenti, ma anche le conseguenze della cattura, il grottesco
rituale della forca, la sordida amministrazione del commercio negriero e
il dramma dello sfruttamento degli schiavi nelle piantagioni e nelle
missioni sudamericane.
Il racconto di Long John Silver inizia
da quel particolare che qualsiasi lettore de L'isola del tesoro associa
al suo personaggio, cioè la perdita di una gamba. Il pirata inizia col ricostruire questo episodio, catapultando il suo lettore a bordo del Walrus, la
nave comandata da quel capitano Flint che avrebbe nascosto l'oro del romanzo di
Stevenson, poi la narrazione è riavvolta da Long John fino all'infanzia. Il
risultato è un romanzo avventuroso sì, ma anche intenso nelle profonde
riflessioni sulla vita, sulla morte, sul persistere della memoria, sulla
verità, sulla libertà.
Mi sono aggrappato alla poca vita che mi restava solo
per scrivere quelle pagine che giacciono sparse sulla mia scrivania e
raccontano com'è stato essere Long John Silver, detto Barbecue dai suoi
amici, se mai ne ha avuti, e dai suoi nemici, che invece erano di sicuro
tanti. Basta con le buffonate e le invenzioni. Basta con i bluff e le
sparate. Scoprire le carte, per la prima volta. Solo la verità, da cima a
fondo, senza trucchi né secondi fini. Qual che è successo e
nient'altro. Chi avrebbe mai pensato che sarebbe andata a finire così,
non per mantenermi ancora un po'sano di mente, come avevo creduto, ma
semplicemente per mantenermi in vita? Perché è così che è andata, che mi
piaccia o meno.
C.M.
Un romanzo che mi ha davvero colpito, bella la foto con le conchiglie!
RispondiEliminaGrazie! Capita raramente che riesca a fare una foto "in linea" con un libro per il post da dedicargli. :)
Elimina