Non chiamatelo Medioevo

Di fronte agli eventi internazionali portati alla nostra attenzione dai media negli ultimi giorni, immancabilmente sono fioccati i commenti su un presunto ritorno al Medioevo, etichetta spesso usata per indicare qualsiasi processo involutivo nelle dinamiche sociali, politiche o economiche.
La riaffermazione dei Talebani in Afghanistan? Incubo di un ritorno al Medioevo. La diffusione del delirio terrapiattista? Mentalità medievale. I rimedi fai-da-te e il rifiuto dell'autorevolezza scientifica di fronte alla pandemia? Supertizione medievale.
Che questi e molti altri fenomeni tristemente attuali non siano cosa di cui vantarsi è presto detto, e sarebbe strano non prendere le distanze da essi come la maturazione culturale che abbiamo raggiunto nel 2021 suggerisce si debba fare. Tuttavia scomodare il Medioevo per stigmatizzare aspetti del presente che vanno dal dramma profondo alla farsa, oltre che sbagliato per ragioni storiche, è a questo punto anche stomachevole.
 
Il saggittario - miniatura di un codice arabo del XIII secolo

È dall'idea attuale di medioevo che occorre partire, in particolare dal «luogo comune medioevo» così come è riscontrabile nella cultura diffusa, sia quella alta della manualistica e della divulgazione, sia quella bassa del giornalismo e del linguaggio corrente. La deformazione prospettica nel rapporto con il passato agisce fortemente nel determinare il luogo comune. Immaginando lo svolgersi del passato come un continuum senza inversioni di rotta, la cultura diffusa fa del medioevo l'ambito di origine e di provenienza delle forme di vita sociale più estranee alla contemporaneità.

Così Giuseppe Sergi nelle prime pagine de L'idea di medioevo. Fra storia e senso comune (Donzelli), un agile saggio sui numerosi pregiudizi legati al millennio tanto bistrattato e risalenti perlopiù ad una lettura umanistica prima e illuministica poi degli anni che separano la caduta dell'Impero romano d'occidente dalla scoperta dell'America. Lo storico parte naturalmente dalla fragilità e dall'arbitrarietà dei limiti cronologici, per poi addentrarsi in specifici problemi e in idee distorte del Medioevo che hanno riscosso una enorme fortuna popolare e che continuano ad averla, nonostante tutti i miti di cui rende conto (il feudalesimo, la paura del 1000, lo ius primae noctis, solo per citarne alcuni) siano stati smontati dalla storiografia più recente.
Basterebbe in realtà considerare la lunga durata del Medioevo (di cui, in questa sede, prenderemo per buone le date 476-1492) per realizzare che attribuirgli un'etichetta per uniformarne le caratteristiche è un'operazione assurda e insensata: l'equazione Medioevo = oscurantismo / ignoranza / sangue è una generalizzazione imbarazzante anche per un alunno che apra per la prima volta un libro di storia, figuriamoci per gli adulti che dovrebbero averla studiata ben più attentamente o per i giornalisti e gli opinionisti di varia estrazione che hanno l'aggettivo medievale pronto sulla lingua o sulla punta della penna.
Certo, nei secoli del Medioevo si sono susseguite crisi economiche, pestilenze, guerre di espansione, guerre cosiddette sante, persecuzioni religiose, ma lo stesso si può dire dell'epoca classica e dell'epoca moderna e, dato che proprio ai moderni, per ovvie ragioni, si deve la cattiva fama del Medioevo, si potrebbe notare che tanto sangue è stato sparso per rivendicazioni politiche, religiose o etniche anche nei secoli successivi: dallo sterminio e lo sfruttamento dei nativi americani e dai roghi dell'Inquisizione, la storia è disseminata di episodi di violenza e odio anche nelle epoche successive al Medioevo; ugualmente i dissesti e le catastrofi economiche o sanitarie sono continuate, con effetti altrettanto devastanti e continuano, come dimostra tristemente l'attualità, fino a noi. C'è poi qualcosa di sinistro nel rimandare indietro in un tempo ormai lontano fenomeni di cui, purtroppo, abbiamo precedenti più vicini a noi, dato che il Novecento (un solo secolo, non un millennio), ha visto consumarsi le più crudeli carneficine proprio sotto il segno di una propaganda inneggiante al progresso, alla purezza etnica e al nazionalismo.
Nella situazione odierna, del resto, c'è forse più del Seicento tanto deprecato da Manzoni che del Medioevo: pensiamo all'esecuzione di un libero pensatore come Giordano Bruno o di donne diverse accusate di stregoneria, alla persecuzione di un uomo di scienza come Galileo Galilei, ai comportamenti delle masse di fronte alla pandemia, che hanno oscillato fra ondate di terrore e totale sottovalutazione o marginalizzazione del problema, esattamente come ci vengono descritti nei Promessi sposi. Perfino la sovrapposizione dei concetti di Medioevo e di feudalesimo (con la fantomatica piramide dei vassalli), che Sergi decostruisce punto per punto nel suo libro, deriva più da una percezione dei vincoli di potere affermatisi a partire dal Cinquecento che dalla prassi franca del beneficium e Don Rodrigo è molto più feudale di Carlo Magno.
Il Medioevo, del resto, ci ha donato le lingue romanze, testimoni di un processo di incontro culturale di grande importanza fra mondo romano e mondo germanico, con le letterature che ne sono scaturite, Dante, Petrarca, Boccaccio; ha generato uno straordinario fervore artistico, col riemergere di forme espressive popolari e la definizione di stili capaci di perdurare nei secoli successivi, grazie a Giotto, ma anche con Piero della Francesca o Sandro Botticelli (che, se badiamo alla cronologia canonica, sono stati artisti del Medioevo, così come uomo del Medioevo è stato Lorenzo il Magnifico, pur considerato uno dei cardini della cultura rinascimentale); ha prodotto le prime associazioni commerciali, stimolato i viaggi su larga scala, favorito l'importazione di cibi, materiali e opere culturali dall'Oriente; ha visto nascere le Università e creato per la prima volta i contesti per una condivisione culturale ampia e laica. Senza gli studi medievali, anche se per la gran parte condizionati e diretti dalle istituzioni cristiane, non ci sarebbe stato un Umanesimo e, di conseguenza, anche il Rinascimento tanto elogiato dai moderni non avrebbe visto la luce, anzi, sarebbe stata possibile nemmeno la conservazione materiale della cultura classica.
Perfino per il mondo arabo è infelice la definizione di regime medievale attribuita dai giornali all'organizzazione talebana appena ristabilitasi a Kabul, dato che, se l'espansione islamica ha avuto, come tutte le campagne militari europee di ogni epoca, le sue conseguenze umanitarie, a partire dalla seconda metà del VII secolo i califfati hanno adottato forme amministrative complesse, non così diverse da quelle dell'Impero romano d'Oriente, che pure hanno lungamente contrastato; anche in questo contesto, in particolare nell'epoca del califfato abbaside (VIII-XIII secolo), le arti e le scienze hanno avuto uno sviluppo notevole, che aveva il suo perno in Baghdad, che, con la Casa della Sapienza, biblioteca di testi greci, persiani, arabi e indiani, era una sorta di nuova Alessandria: qui si sono perfezionate, anche grazie all'incontro fra cultura classica e saperi arabi, la medicina, l'astronomia, la matematica e la filosofia. Basterebbe questo a segnare una netta contrapposizione fra il mondo dei libri, degli esperimenti e delle esplorazioni che ha tanto affascinato l'Occidente (l'incontro con la cultura arabo-islamica ebbe molta fortuna presso la corte normanna di Sicilia, ma perfino Dante non vi era estraneo) e le immagini dei burqa e dei kalashnikov che vediamo tutti i giorni.
Violenza, terrore, segregazione e violazione dei diritti umani, anche in riferimento specifico alle donne e ai bambini, fenomeni che l'Afghanistan di oggi (come molte altre parti del mondo non altrettanto osservate) ci mostra con cruda evidenz,a non sono e non devono essere associati al modus vivendi medievale, perché, se è vero che hanno fatto parte anche di quell'età, non sono nati né morti con i mille anni della sua durata.
La scelta di etichettare certi comportamenti o situazioni anche molto gravi come medievali, oltre che dare prova di superficialità e risultare ormai noiosa e appiattita, come se non si potessero trovare argomenti o prospettive più solide o ragionate, da un lato potrebbe farci perdere di vista il grande contributo culturale che i secoli medievali hanno dato a quelli successivi e far vincere un pregiudizio o comunque un'idea artefatta sulla realtà storica; dall'altro rischia di comunicare la convinzione che l'uomo di oggi (soprattutto di una certa parte di mondo), ormai progredito e civilizzato e così lontano cronologicamente dai secoli bui, non possa cadere nelle brutture che a quell'epoca associa. Se qualcosa è medievale è lontano, non ci appartiene, non ci minaccia: questo sembra voler dire chi etichetta un'evidenza di pericolosa involuzione come medievale. Invece la tentazione della violenza, dell'ignoranza, del sopruso sono eterni, non hanno epoca e pensare di essere al sicuro in virtù di secoli di cammino avanti nel tempo è una bella favola di cui l'età contemporanea dimostra l'inconsistenza.
E se qualcuno avrà la tentazione di definire medievale il nostro tempo, sbottando di fronte a qualche atteggiamento o discorso nutrito di superstizioni e sproloqui internettiani, ricordiamogli che Dante, così medievale, era convinto della sfericità della terra e qualche webete così moderno oggi la mette in dubbio.

Albert Einstein affermava che «è più difficile disintegrare i pregiudizi che disintegrare gli atomi». Così se un progrmma televisivo, un articolo giornalistico o un manuale spiegano che tutti i poteri medievali erano trasmessi con un'investitura feudale, o che nel dicembre del 999 nelle case dei contadini incombeva la paura dell'anno 1000, nessuno si meraviglia: eppure la ricerca professionale ha superato queste convinzioni da quasi un secolo. In particolare la cultura contemporanea continua a usare il medioevo come contenitore di luoghi comuni.

C.M.

Commenti

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    1. Grazie, Luz. A quanto pare i nuovi commenti funzionano regolarmente.

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  2. Ottimo ed esauriente post. Qualche tempo fa, sempre a proposito di luoghi comuni riferiti al Medioevo, ho ascoltato una bellissima ed esauriente lezione di Alessandro Barbero sui pregiudizi sessuali riguardanti quell'epoca.
    È noto, infatti, che è tendenza generalizzata pensare che da questo punto di vista l'epoca medievale sia stata caratterizzata da una marcata repressione, e non è inusuale, in presenza di proposte di legge riguardanti la morale sessuale, sentire cose come "così si torna al Medioevo" e simili.
    Niente di più falso. Anzi, per certi versi, riguardo alla morale sessuale - e Barbero ha portato numerosi esempi - è molto più arretrata la nostra società.

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    1. Alessandro Barbero sta facendo una grande opera di diffusione culturale e di superamento di molti pregiudizi e luoghi comuni legati a diverse epoche storiche, sfruttando i media nel modo corretto e scrivendo testi destinati anche al grande pubblico, con un approccio che molti suoi colleghi accademici dovrebbero imitare.
      L'esempio che porti è tanto più significativo in questi giorni in cui per la condizione delle donne in Afghanistan torna quel riferimento al Medioevo, che non tiene conto da un lato di questi aspetti da te sottolineati, dall'altro dell'evidenza della condizione di repressione e marginalizzazione della donna esistente anche prima e purtroppo anche molto dopo il Medioevo.

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  3. Riflessione/post davvero interessante!

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    1. Grazie, Nicole, per avergli dedicato un po'del tuo tempo e per aver lasciato un segno del tuo gradimento.

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  4. Condivido pienamente il tuo post. Purtroppo il medioevo è vittima di una sorta di "luogo comune" che nonostante saggi e storici si ostinino a denunciare la falsità continua a perdurare (un po' come usare Pompei ogni volta che si scopre una città antica).

    Purtroppo abbiamo sempre bisogno di un passato da denigrare e uno da omaggiare.

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    1. Sembra proprio così, il guaio è che la distorsione cdi cui la memoria storica è costantemente vittima si consolida proprio sui pregiudizi, al punto che si diffondono ormai ogni giorno versioni alternative del passato, comprese quelle negazioniste. Alla fine si tratta sempre di problemi generati dall'ignoranza o dalla semplificazione (che forse è anche peggiore) della storia.

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