Belli e dannati - Francis Scott Fitzgerald

Non leggevo Fitzgerald da qualche anno: era il 2015 quando mi congedavo da Tenera è la notte e dalle adorate atmosfere della Costa Azzurra e, fatta eccezione per una rinfrescatina alle pagine de Il grande Gatsby per rivisitarne la storia attraverso la voce di Fernanda Pivano, è passato un po'prima che mi decidessi a rivisitare questo autore.
La scelta, stavolta è ricaduta su Belli e dannati (1922), che precede i due romanzi già letti, anticipandone molti temi e mostrando già i segni del forte autobiografismo, che, a quanto ho letto è presente anche nel testo d'esordio, Di qua dal paradiso (che, a questo punto, non posso farmi mancare). Belli e dannati è stata una lettura meno appassionante delle altre, tuttavia è un passaggio imprescindibile per calarsi pienamente nel mondo di Fitzgerald, nelle sue serate sfavillanti e nella profonda malinconia che ora mascherano ora fanno emergere con tragica evidenza.
 
Tamara de Lempicka, Ragazza in verde (1939)
 
La vicenda narrata è quella di Anthony Patch, nipote di un ricco affarista newyorkese che percepisce dal nonno una rendita regolarmente scialacquata nell'affitto di un appartamento di lusso, in feste, abiti e divertimenti di vario genere, fingendo anche con se stesso di essere sul punto di avviare la stesura di un importante libro sul medioevo e, quindi, di essere in procinto di esercitare un ruolo attivo sulla propria vita. In realtà Anthony è privo di uno scopo, se non si considera tale la sua attesa di percepire l'abbagliante eredità dell'anziano parente, assicurandosi un'esistenza di spese e sfrenatezze che potrebbe rendere eterna la sua giovinezza e togliergli il distubro di dover pensare a come indirizzare i propri anni; al tempo stesso, però, si insinua in lui una forte invidia per i conoscenti che hanno trovato un'attività che li gratifica e che permette loro di ottenere guadagni e una certa fama.

Se fondamentalmente sono un debole, pensava, ho bisogno di un lavoro, di un lavoro che mi occupi. Lo turbava il pensiero di essere, in fondo, un mediocre qualunque, senza la grazia di Maury né l'entusiasmo di Dick. Non volere nulla gli sembrava una tragedia - e tuttavia voleva qualcosa, qualcosa. A sprazzi capiva di cosa si trattasse: la speranza di un cammino che conducesse verso quel che intuiva essere un'imminente e terribile vecchiaia.

Ad un certo punto nella vita di Anthony fa il suo ingresso l'affascinante Gloria Gilbert, cugina dell'amico Richard, maschietta (in inglese Flapper) che domina la vita mondana newyorkese, facendo invaghire di sé tutti gli uomini e sfilando con disinvoltura nella sua luminosa giovinezza, determinata a godersela fino in fondo.

Era stata probabilmente la giovane bellezza più lodata e ricercata del paese. Gloria Gilbert di Kansas City! Ci aveva campato con spietatezza, godendosi la folla che aveva attorno, il fatto di esser scelta fra tante dagli uomini più desiderabli; godendosi la feroce gelosia delle altre ragazze; godendosi le voci fantasiose, per non dire scandalose e, sua madre affermò con piacere, del tutto infondante che la riguardavano: una fra titte, che una sera si era infilata nella piscina di Yale con tutto il vestito da sera di chiffon.

Anthony e Gloria intraprendono una relazione che li conduce in brevissimo tempo al matrimonio, in una vita di coppia che riempiono di feste, alcol, musica e spese che vanno al di sopra delle loro possibilità. Su di loro aleggia la rassicurante certezza dell'eredità tanto attesa, che garantisce che i bagordi notturni e i conti da pagare non diventino un problema. I due sposi si concedono costosissime vacane in California e affittano una casa fuori città, dove invitao regolarmente amici e conoscenti; senza troppa determinazione e senza alcun talento, Anthony continua a vagheggiare una carriera di scrittore e Gloria vorrebbe approfittare di un amante passato per entrare nel mondo del cinema, ma nessun cambiamento rilevante si afferma in una routine di eccessi e abbandono ad un divertimento di cui hanno bisogno per non avvertire il peso degli anni che avanzano e del conto che, nel profondo, si aspettano di vedersi presentare.
Quando l'anziano e morigerato Anthony Patch, campione del proibizionismo, irrompe nella casa estiva del nipote e la trova invasa dall'alcol, la speranza dell'eredità sfuma e per Anthony e Gloria arriva il momento di limitare le spese: sanno che non potranno vivere entrambi del poco che rimane loro in titoli di borsa, se manterranno il loro stile di vita dispendioso, ma non riescono a cambiare le proprie abitudini né si rendono conto che la causa intrapresa per agguantare un'eredità a loro avviso rubata comporta ulteriori spese, che si tradurranno in un fallimento se non la vinceranno.
 
In un romanzo che ingloba momenti di scrittura quasi teatrale e li fonde con descrizioni liriche e digressioni spirituali, Francis Scott Fitzgerald ha saputo tracciare il tormento di una generazione che oscilla fra il culto di un'esistenza mitica, inimitabile e abbagliante e un'inettitudine profonda, che costringe qualsiasi aspirazione a soffocare prima di vedere la luce. Anthony e Gloria si consumano e consumano il loro rapporto in una successione di giorni e notti sempre uguali, con bottiglie e portafogli che si svuotano velocemente assieme al loro tempo, nell'ossessione del disgregarsi di una gioventù che sembra essere l'unico momento della vita degno di essere vissuto.
Belli e dannati è un romanzo impegnativo, soprattutto per le corpose sezioni in cui non accade nulla e in cui Fitzgerald si lascia andare, anche in maniera eccessiva, a contorte riflessioni, metafore e descrizioni di azioni superflue che tolgono ritmo alla narrazione, che diventa così molto lenta in alcuni passaggi, riprendendo poi vigore e vivacità in altri. Non facilita l'immersione nelle vicende nemmeno il carattere irritante dei due protagonisti, con la passività disarmante di Anthony e i capricci esagerati di Gloria, ma proprio questo aspetto si afferma l'originalità dell'opera, che rappresenta il disorientamento di una generazione, il crollo non solo delle aspirazioni ma della stessa capacità di sognare, che genera un vuoto destinato ad essere colmato con rumore, stordimento e rifiuto dei problemi. Una tematica che si lega al clima che anticipa il primo conflitto mondiale, che lo attraversa e che si accentua nel dopoguerra, ma che risulta tristemente attuale.
Insomma, Belli e dannati mi ha fatto mancare il trasporto de Il grande Gatsby e di Tenera è la notte, ma si inserisce in un percorso coerente di cui l'autore è stato, oltre che testimone, protagonista. Il bilancio, quindi, è di una lettura che vale la fatica che comporta, ma che va affrontata con la consapevolezza della sua densità.

Giorni felici come barche scivolano in fiumi lentissimi; sere di primavera piene di malinconia che rendevano i ricordi stupendi e amari, costringendoli a voltarsi e riconoscere che gli amori di estati remote erano morti con i valzer di quegli anni. I momenti più commoventi capitavano quando una barriera artificiale di qualche genere li teneva lontano: a teatro le loro mani si cercavano, per dare e ricevere dolci pressioni in mezzo alle lunghe oscurità; nelle sale affollate componevano sulle labbra parole mute l'uno per gli occhi dell'altra: non sapendo di ripercorrere sentieri battuti da generazioni polverose ma percependo in maniera confusa che se la verità è il fine della vita, la felicità è un suo modo, e va goduta nel suo momento breve e fugace.

C.M.

Commenti

  1. Il Fitzgerald di Tenera è la notte mi va tornare in mente la me stessa di 16 anni, negli anni del liceo. La prof ci disse di leggere questo libro e io, che prediligevo la narrativa vittoriana, non ero assolutamente pronta ad amare quella del secolo successivo. Fu un fallimento, una sofferenza portarlo a termine. Da sempre credo che un romanzo debba arrivare al momento giusto, all'età giusta. Meno male che mi ero ritagliata una mia identità di lettrice ma con altre letterature. Quanta immaturità negli anni dell'adolescenza...

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    1. È certo che non tutti i libri sono adatti per ogni momento della vita: anch'io al liceo ho avuto "incontri" letterari sbagliati, ma anche alcuni dei migliori e spesso mi vengono in mente titoli che vorrei riprendere solo per capire se alcune letture sgradite siano state tali per una mia disposizione momentanea o proprio per una incompatibilità di fondo.

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  2. Come te non ho ritrovato quel trasporto che avevo riscontrato invece negli altri due romanzi più celebri, manca di quella magia ed essenzialità, certo, naturalmente qui c'è un minimo accenno di quel sogno americano che nel futuro Fitzgerald avrebbe poi vagheggiato.

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    1. Sto pensando di leggere sia il precedente Di qua dal paradiso sia i Racconti dell'età del jazz per capire la genesi e l'evoluzione di questi personaggi così legati alle vicende e ai tormenti personali dell'autore, per poi confrontarli con i due che finora ho preferito.

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