Ormai sapete tutti quanto io ami il Giappone, le sue atmosfere e i suoi
rituali. Pensare di ritrovarmi in un piccolo caffè di Tokyo, a
immaginare il sottofondo delle chiacchiere pacate e discrete che mi
hanno circondata durante il viaggio in terra nipponica, è stato il motivo
che mi ha spinto verso il primo libro della trilogia (almeno per ora è
tale) di Toshikazu Kawaguchi, Finché il caffè è caldo. Pensavo di trovarvi una lettura di svago,
per nulla impegnativa, ingannata forse anche dalla grafica che Garzanti ha scelto per i tre volumi, invece ho assaporato
una storia che, pur non arrivando alle contorsioni e al simbolismo di tanta narrativa
giapponese distribuita negli ultimi anni, è risultata comunque più complessa e profonda del previsto.
Tutto
il racconto si sviluppa all'interno di una singolare caffetteria della
capitale, nella quale gli avventori portano il proprio vissuto, i propri
problemi e le proprie frustrazioni. Il locale è di proprietà di Nagare
Tokita, che lo gestisce in collaborazione con la moglie Kai e la sorella
Kazu; si trova in un seminterrato, alle pareti ha tre orologi che
non segnano l'ora esatta e ospita pochissimi tavolini. Uno di questi è
stabilmente occupato da una figura silenziosa, vestita di bianco e intenta a sfogliare un
libro: occorre sfruttare i pochi minuti in cui la
donna misteriosa si reca in bagno per poter prendere il suo posto per il
tempo di un caffè e godere dell'esperienza unica di un viaggio nel
tempo. La giovane donna d'affari Fumiko, la proprietaria del bar accanto
Hirai, l'infermiera Kotake e la stessa Kai affrontano questa singolare
esperienza, che rende il caffè un luogo leggendario; ognuna di loro ha
bisogno di incontrare una persona e si affida all'incanto del locale per
vivere un'esperienza che, sebbene non possa cambiare il loro destino,
potrebbe confortare un loro dolore, colmare un desiderio, placare un'inquietudine.
Le
pagine del romanzo d'esordio di Kawaguchi, tradotto da Claudia
Marseguerra, scorrono veloci con un carico di emozioni che seguono un
climax ascendente fino alla commovente conclusione. I quattro capitoli
che lo compongono potrebbero essere altrettanti episodi di una di quelle
serie tv che spopolano sui nostri schermi, così
indipendenti l'uno dall'altro ma innestati su un filo conduttore che dà
loro lo spessore di un romanzo collettivo. A tutto questo si aggiunge il
fascino di assorbire questa storia attraverso la lettura, con la
possiblità di immaginare la caffetteria, coloro che la frequentano e la
dissolvenza dei piani temporali. Il surreale tavolino della caffetteria è
il perno di tante vicende, ciascuna inimitabile e compartecipata da Kazu, sebbene lei debba limitarsi a servire il
caffè magico e a ricordare le regole del viaggio nel tempo.
Finché il caffè è caldo, dunque, mi ha riservato una piacevole sorpresa e, pur consapevole del rischio di non gradire altrettanto il seguito come spesso accade quando le idee originali vengono allungate in serie prodotte da un inaspettato successo, penso proprio che a breve leggerò anche i volumi successivi, Basta un caffè per essere felici e Il primo caffè della giornata.
Avete letto i romanzi di Kawaguchi? Cosa ne pensate?
Finché il caffè è caldo, dunque, mi ha riservato una piacevole sorpresa e, pur consapevole del rischio di non gradire altrettanto il seguito come spesso accade quando le idee originali vengono allungate in serie prodotte da un inaspettato successo, penso proprio che a breve leggerò anche i volumi successivi, Basta un caffè per essere felici e Il primo caffè della giornata.
Avete letto i romanzi di Kawaguchi? Cosa ne pensate?
C.M.Pretendeva che le spiegassero in maniera convincente perché mai esisteva una regola così assurda: possibile che anche tornando nel passato non ci fosse modo di modificare il presente? L'unica spiegazione che Kazu si limitava a dare era «Perché questa è la regola». La stava forse prendendo in giro, per non rivelarle la vera ragione? O si trattava di un concetto così complesso che non trovava il modo di spiegarlo? O forse neanche lei conosceva la vera ragione, come la sua espressione impassibile sembrava suggerire?
Per quanto riguarda la serie, hai ragione. Penso, in vero, che anche una serie giapponese funzionerebbe bene.
RispondiEliminaBasta un caffè per essere felici lo lessi la scorsa estate e mi piacque. Avevo anche pensato che l'autore era riuscito a mettere la parola fine a questa creazione. Leggerò anche Il primo caffè della mattina prossimamente, ma a questo punto non so cosa aspettarmi.
Anch'io sono incerta, perché la voglia di leggere il seguito è forte, ma, come scrivevo, lo è anche il timore di andare incontro ad un "già visto" senza più lo stimolo della soluzione originale che ha tenuto insieme il primo racconto. Scopriremo insieme se sia un atteggiamento fondato.
EliminaForse la bellezza di questo libro sta nel fatto che mette in moto l'opportunità di ripercorrere un rimpianto, nell'illusione che non sia più tale, ma poi tutto resta come prima. In particolare quando si arriva a mezza età, questi temi diventano piuttosto forti.
RispondiEliminaSicuramente tocca delle corde sensibili, in particolare nell'ultimo capitolo... E riesce a rimanere emozionante senza risultare patetico.
Elimina