Vita nuova - Dante Alighieri

È annunciata per settembre l'uscita del film che Pupi Avati ha dedicato a Dante e il treiler di recente distribuzione lo fa risultare incentrato su ciò che del Sommo si impone immediatamente all'attenzione: il suo amore per Beatrice. Figura-chiave della letteratura dantesca e in certo modo della letteratura italiana nel suo insieme (pensiamo soltanto alla Clizia di Montale, immagine di una salvezza attesa nelle Occasioni), Beatrice riceve la sua grande celebrazione nella Commedia come allegoria della teologia e della fede, unici strumenti in grado di avvicinare l'uomo a Dio, ma è innanzitutto protagonista della Vita nuova, un libello che è al tempo stesso un romanzo in versi (il termine tecnico è quello di prosimetro e prevede cerniere in prosa fra le liriche che ne costituiscono la struttura portante) e un articolato percorso filosofico, intriso di citazioni e rimandi alle scritture e alla loro esegesi.
 
Henry Holiday, Dante e Beatrice (1884 ca.)

Si potrebbe pensare che la simbologia costituisca un limite al godimento della lettura del testo; al contrario, la Vita nuova si può affrontare con spirito laico, non specialistico, con l'accortezza di dotarsi di un'edizione che disponga di un apparato critico che consenta, laddove se ne avverta il bisogno, di chiarire alcune espressioni e di approfondirne anche l'interpretazione spirituale (l'edizione presa qui a riferimento è quella curata da Manuela Colombo per Feltrinelli).
Il rinnovamento a cui fa riferimento il titolo si apre nel momento in cui Amore, che l'autore definisce «deus fortior me» («un dio più forte di me»), segnoreggiò l'anima di Dante (cap. II), spingendolo a cercare ovunque la bambina incontrata a nove anni e la giovane donna rivista di nuovo nove anni dopo e subito apparsagli in sogno nell'atto di divorare il cuore dell'innamorato per ordine stesso di Amore. Da questo momento ogni momento della vita di Dante è in funzione della gentilissima, a lei consacrato e dal suo pensiero dominato. Di fronte agli occhi del lettore si sviluppa una vicenda che, tolto qualsiasi filtro simbolico, può appartenere al vissuto di qualsiasi essere umano: l'amore che nasce, che diventa un pensiero dominante, che semina distrazione e sospiri nelle giornate, che spinge a compiere gesti sciocchi e talvolta deplorevoli nel tentativo di avvicinare l'oggetto d'amore o di proteggerlo dai pettegolezzi. Nascono così le situazioni delle due donne dello schermo (capp. V-IX), diversivi al reale oggetto d'amore, la successiva irritazione di Beatrice, che, di fronte alla volubilità di Dante, gli nega il saluto, gettandolo in una profonda crisi (capp. X-XIII), l'imbarazzo mortale provato dal poeta quando, trovatosi a banchetto con diverse giovani, si accorge che alcune parlano di lui con la gentilissima e si sente deriso, fino alla consapevolezza che la beatitudine ottenuta in passato dal sorriso della donna della salute, inteso come il senso profondo dell'esperienza d'amore, può essere eguagliata e superata da quella di lodare la donna amata (capp. XIV-XVIII). Questi episodi sono costellati di situazioni in cui facilmente ci si riconosce anche oggi: l'emozione, l'agitazione, l'incapacità di sostenere lo sguardo della persona amata eppure il desiderio di riceverlo, la confidenze, la complicità degli amici, la curiosità di chi assiste a questa giostra di sentimenti e non resiste a intromettersi, ma anche la profonda compassione di un amante che vede soffrire l'amata quando ella perde una cara amica.
Il cap. XIX segna una svolta: Dante, che ha perso il beneficio e la gioia del saluto per propria colpa e debolezza, scopre una nuova forma di legame amoroso con la donna, che si traduce nella lode della sua presenza salvifica. Inizia qui il distacco da una concezione d'amore cortese e l'avvio di un'esperienza stilnovista, necessario tramite per l'approdo ad un ulteriore rinnovamento che avverrà nelle ultime righe della Vita nuova. Il passaggio è segnato dalla canzone Donne ch'avete intelletto d'amore, che sarà citata nel Purgatorio (canto XXIV, vv. 49-51), quando Bonagiunta Orbicciani riconoscerà in Dante l'iniziatore delle nuove rime e, quindi, del Dolce Stil Novo; ad essa segue inoltre un sonetto chiaramente ispirato a Guinizzelli, Amor e 'l cor gentil sono una cosa e, pagina dopo pagina, si prosegue verso le lodi più celebri di Beatrice, Tanto gentile e tanto onesta pare e Vede perfettamente onne salute.
Una nuova cesura si impone nel cap. XXVIII, laddove è presente il primo riferimento alla morte di Beatrice, la sera dell'8 giugno 1290, a seguito della quale si apre una parentesi di dolore alienante. La interrompe l'entrata in scena di una gentile donna giovane e bella molto (cap. XXXV), che offre uno sguardo che Dante non sa se derivi dall'amore e dalla compassione: il poeta si strugge nello sconforto di chi non sa se gli sia lecito cercare altrove la felicità o se, invece, l'attenzione che gli viene offerta sia soltanto una conseguenza della pietà per il suo dolore. Ancora una volta è il Purgatorio, la cantica sospesa fra il nostro mondo e quello celeste, a illuminare il dissidio di Dante: nel canto XXX il duro atteggiamento di Beatrice, che rimprovererà a Dante di essersi volto «per via non vera, / immagini di ben seguendo false», e di essersi tolto a lei e dato altrui. Questo altrui (v. 126) che, secondo Beatrice, avrà catturato l'interesse di Dante, è proprio la gentile donna giovane e bella molto, ma rimane un grande interrogativo sulla sua natura: si tratta di una donna reale, oggetto di un amore terreno che si sostituisce a quello per Beatrice, o di una figura allegorica, segno di altri studi intrapresi da Dante, forse alla filosofia?
Quale che sia l'interpretazione dei due passi (evidentemente legati anche dalla trama di riferimenti alla Vita nuova di tutto Pg. XXX), in chiusura al romanzo Dante è come richiamato all'ordine dalla visione di Beatrice, che suscita in lui pentimento e desiderio di purificazione. Questo percorso, però, non si potrà completare nel libello giovanile, infatti l'autore, a commento dell'ultimo sonetto, Oltre la spera che più larga gira, dichiara di aver deciso «di non dire più di questa benedetta infino a tanto che io potesse più degnamente trattare di lei». È a questo punto che finisce la Vita nuova e si annuncia l'avvento della Commedia e di una nuova Beatrice: è qui che Dante abbandona lo Stilnovo in vista di una poesia di respiro più ampio.

C.M.

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