tag:blogger.com,1999:blog-75715145614093595322024-03-13T03:31:44.301+01:00Athenae Noctua«La mia prima patria sono stati i libri»Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.comBlogger903125tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-79912239726822274962024-02-19T08:00:00.001+01:002024-02-19T08:00:00.136+01:00La pasticciera di mezzanotte - Desy Icardi<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">S</span>i conclude con <i>La pasticciera di mezzanotte</i> la pentalogia di Desy Icardi dedicata ai cinque sensi: iniziata con le avventure di Adelina (<a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2019/03/lannusatrice-di-libri.html" target="_blank"><i>L'annusatrice di libri</i></a>), proseguita con quelle di Dalia (<a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2020/02/la-ragazza-con-la-macchina-da-scrivere.html" target="_blank"><i>La ragazza con la macchina da scrivere</i></a>), Dora (<a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2022/01/la-biblioteca-dei-sussurri-desy-icardi.html" target="_blank"><i>La biblioteca dei sussurri</i></a>) e Pia (<a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/01/la-fotografa-degli-spiriti-desy-icardi.html" target="_blank"><i>La fotografa degli spiriti</i></a>), arriva a conclusione con quelle della nobile decaduta Jolanda. A legare le storie di queste donne giovani o giovanissime sono la città di Torino e il personaggio dell'avvocato Edmondo Ferro, che intreccia la propria strada con loro in diversi momenti della sua vita.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfkzpWmEqnUvPz4cftrt39tw-gXVSBa5DPc6G6tn9BbfnsI_aHOV-8V8V02I1qMOxXLbSoCSu2j3DbQ7ZhfK68NMicDeEGD-fMiLSASZ-tWRfiDM7gnMoq6ATGvMw_E-mjCgqbnC7mzkKIqap37XxelWOkz6MfCqrvBEdzF989iiK-g0S_2wtRnJtOU0Y/s3254/La%20pasticciera%20di%20mezzanotte.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2574" data-original-width="3254" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfkzpWmEqnUvPz4cftrt39tw-gXVSBa5DPc6G6tn9BbfnsI_aHOV-8V8V02I1qMOxXLbSoCSu2j3DbQ7ZhfK68NMicDeEGD-fMiLSASZ-tWRfiDM7gnMoq6ATGvMw_E-mjCgqbnC7mzkKIqap37XxelWOkz6MfCqrvBEdzF989iiK-g0S_2wtRnJtOU0Y/s16000/La%20pasticciera%20di%20mezzanotte.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;">La vicenda de <i>La pasticciera di mezzanotte</i> si snoda fra gli anni '80 del XIX secolo e il 1917, fra l'infanzia di Jolanda e i disordini scoppiati in città per la fame e per l'opposizione alla guerra. Edmondo Ferro è, suo malgrado, partecipe delle rivolte, che appoggia in quanto pacifista ma anche, una volta coinvolto dalla sua portinaia, come sostenitore delle istanze di sciopero delle operaie torinesi. Nel pieno delle agitazioni riceve Damiano Ferraris, un imprenditore torinese che, intenzionato a divorziare dalla moglie Jolanda, chiede un'assistenza legale che l'avvocato, tuttavia, non gli può offrire. La visita, tuttavia, libera le memorie di Edmondo, che, in gioventù, ha conosciuto Jolanda, nipote del venerando barone Durand, e che sarebbe potuto diventarne il marito, se avesse avuto qualche interesse a sposarsi.</div><div style="text-align: justify;">Discendente di una nobile famiglia decaduta, Jolanda è cresciuta sotto l'egida della zia Isabella, che ha creduto di affidare ai matrimoni di sua madre Irma e al suo le speranze di salvezza del patrimonio familiare e della tenuta della Maltese. L'ossessione di Isabella ha riversato sulla famiglia Durand il peso di aspettative sociali fortissime, che hanno logorato i rapporti della zia prima con la figlia dell'adorato fratello e poi con la nipotina. L'incomunicabilità, le liti e i segreti spiegano il cattivo rapporto di Jolanda con il cibo, ma il disagio di Jolanda è mitigato, inaspettatamente, dall'apparizione di un fantasma notturno che inizia a lasciarle dei biscotti davanti alla porta e che la trascina con sé in cucina a preparare dolci. Le peripezie di mezzanotte, tuttavia, durano poco e vengono rabbiosamente troncate dal padre di Jolanda: solo anni dopo, grazie all'intervento goffo ma provvidenziale di Edmondo, Jolanda riuscirà, non senza difficoltà, ad avere ragione del divieto di tornare in cucina, dei veri sentimenti della zia nei suoi confronti, dell'infelicità e dei disturbi alimentari che l'hanno accompagnata per tanto tempo.</div><div style="text-align: justify;">La narrazione prosegue con la ormai consueta alternanza di piani temporali e personaggi, che porta a esplorare ora l'infanzia e la giovinezza di Jolanda, ora a seguire le avventure di Edmondo Ferro, che indaga nel suo passato e ricerca un nuovo contatto con lei proprio nei giorni più difficili delle tensioni torinesi. Si aggiunge qui la variazione dei punti di vista, con le vicende di Jolanda narrate in terza persona o ricostruite attraverso la corrispondenza epistolare fra la zia Isabella e la madre di Edmondo e quelle dell'avvocato riportate da lui stesso. C'è di più: Edmondo Ferro, che non ci fa mai dimenticare la propria passione per la lettura, scopertosi di colpo personaggio di una vicenda degna di un romanzo, si presenta come il narratore stesso di tutta la storia de <i>La pasticciera di mezzanotte</i>, che condivide con la sua cameriera, Marianna.</div><div style="text-align: justify;">Torna, in quest'ultimo romanzo (pubblicato, come gli altri quattro, da Fazi editore), la felice sintesi di verosimiglianza e fantasia che tende il sottile filo di surreale già apprezzato nelle storie precedenti. Se il risultato de <i>L'annusatrice di libri</i> rimane inarrivabile, con <i>La pasticciera di mezzanotte</i> Desy Icardi è tornata alla vivacità dei primi tre libri, dopo il risultato gradevole ma non esaltante del penultimo. Qui si avverte di nuovo l'efficace fusione di vicende lontane ma connesse, l'originalità di una trovata narrativa che scava in temi di forte attualità (la condizione femminile, i divari sociali, le proteste dei lavoratori) ma che non se ne lascia soffocare, l'incontro di personaggi le cui aspirazioni e i cui caratteri costruiscono un intreccio di esperienze letterariamente significative e coinvolgenti. A chiusura di un cerchio, emergono poi le corrispondenze, le somiglianze fra le protagoniste e la capacità di ciascuna di assumere una propria identità, ben distinta dalle sue compagne mai conosciute.</div><div style="text-align: justify;"><blockquote><p align=justify>Il fantasma continuò a farle visita, sospingendo la porta della sua stanza poco prima che la pendola nel corridoio battesse la mezzanotte. Jolanda rimaneva immobile sotto le lenzuola attendendo col batticuore che la misteriosa presenza si stufasse di restarsene impalata a fissarla. Dopo che l'intruso aveva accostato la porta e se n'era andato, Jolanda non riusciva a prendere sonno fino all'alba e, quando si risvegliava col sole ormai alto, trovava dinnanzi alla porta della sua camera un dolce che ovviamente non mangiava. Era incapace di deglutire gli alimenti normali, figurarsi quelli spiritati. Forse, le venne in mente, era proprio quella la chiave per essere lasciata in pace dal fantasma: mangiare quel che le lasciava davanti alla porta.</blockquote></div><div style="text-align: justify;">C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-31410652159460201432024-02-12T08:00:00.001+01:002024-02-12T08:00:00.133+01:00Grande meraviglia - Viola Ardone<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">G</span>razie ad una cara collega mi sono avvicinata alla narrativa di Viola Ardone, partendo dall'ultimo romanzo, <i>Grande meraviglia</i>, pubblicato l'anno scorso da Einaudi. L'impatto è stato subito positivo e mi ha messo la curiosità di recuperare anche i precedenti titoli di successo, <i>Il treno dei bambini </i>e <i>Oliva Denaro</i>: fra le pagine di <i>Grande meraviglia</i>, infatti, ho trovato una prosa accattivante, empatica, incisiva, oltre che una storia carica di passione e di temi importanti.</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5HhicdnxPj4kyAHn9VO0es2q-wOR1H_22EcZtBOKfjQFtIqV793STxN3TSyhOkQPy6xbwQJuu_MjssdCcAmP4SJ6f7QMj_nyMtST8Fjls1xdvAC4svaCFKfyORn6RTMRjzHcWkBuFuvU-neKglUZv5Bp6OSCkMJfapsafiPPJ3ACN1wtDb0WyuynQvlk/s1565/Grande%20meraviglia.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1565" data-original-width="1000" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5HhicdnxPj4kyAHn9VO0es2q-wOR1H_22EcZtBOKfjQFtIqV793STxN3TSyhOkQPy6xbwQJuu_MjssdCcAmP4SJ6f7QMj_nyMtST8Fjls1xdvAC4svaCFKfyORn6RTMRjzHcWkBuFuvU-neKglUZv5Bp6OSCkMJfapsafiPPJ3ACN1wtDb0WyuynQvlk/w255-h400/Grande%20meraviglia.jpg" width="255" /></a></div><div style="text-align: justify;">Il racconto si muove lungo due piani temporali: due sezioni ambientate negli anni '80, in cui le vicende sono narrate dal punto di vista di Elba, nata e cresciuta in un manicomio dove era stata internata la madre, e due parti in cui la storia si concentra fra l'ultimo giorno del 2019 e il primo del 2020, nella focalizzazione di Fausto Meraviglia, medico alle prese con un difficile resoconto della propria vita professionale e personale. Nell'intreccio dell'esperienza della giovane Elba e delle memorie di Fausto si delinea una storia lacerante, ancorata a un momento cruciale della medicina psichiatrica. Appena arrivato nel manicomio che Elba chiama <i>il mezzomondo</i> e popola di figure dai nomi bizzarri come Colavolpe (il dottore arcigno con cui bisogna saper trattare per sopravvivere), Lampadina (il somministratore di elettroshock) e Gillette (l'infermiera affettuosa), Fausto Meraviglia intende agire per introdurre le modifiche previste dalla Legge Basaglia, che prevede la soppressione dei manicomi e una diversa gestione della malattia mentale. Il nuovo dottore, rivoluzionario, audace e in perenne contrasto con la <i>vecchia scuola</i>, si incuriosisce in modo particolare ad Elba, che, nonostante gli anni trascorsi nella struttura con la sua <i>Mutti</i>, non manifesta malattie, nevrosi o altri disturbi che richiedano interventi clinici. Fausto si prende a cuore la situazione di Elba, la accoglie in casa propria e la sostiene nel percorso scolastico, permettendole di raggiungere prima il diploma magistrale e poi di accedere all'università. Elba è alla vigilia della laurea, una tesi ispirata alla propria esperienza già pronta, quando scompare improvvisamente. Dai ricordi di Meraviglia, che, ormai anziano, prigioniero di un difficile rapporto con i figli e ostile alla vita, si appresta a festeggiare, a modo suo, l'ultimo capodanno, apprendiamo che Elba si è trasferita in Germania e che qui lavora presso un istituto che accoglie dei minori, dei <i>diversi</i>.</div><div style="text-align: justify;">Pur in un racconto sciolto e piacevole, Viola Ardone tocca, in <i>Grande meraviglia</i>, temi di grande asperità, forti, che reclamano l'attenzione e la compartecipazione del lettore. Se all'inizio la voce quasi straniata di Elba sembra voler denunciare l'assurdità della gestione del <i>mezzomondo</i>, l'inaccettabile facilità con cui delle eccentricità, delle forme di libera espressione o di diversità erano in passato rubricate come gravi malattie mentali, il trattamento disumano a cui i atti venivano sottoposti, procedendo nella lettura emergono soprattutto l'individualità di Elba, la sua possibilità di esistere fuori dall'unico luogo e dai pochi rapporti che ha conosciuto durante l'infanzia, di essere salvata. Fausto Meraviglia, consapevole dentro di sé di non poter cambiare il mondo da solo, si impunta tuttavia a cambiare almeno la vita di Elba, a darle una possibilità, ad essere almeno per una persona il padre che non è riuscito ad essere per i propri figli. Il dottore che entra a gamba tesa nel manicomio e che vuole stravolgere la vecchia medicina è un personaggio che si ritaglia una forma di eroismo pur senza spogliarsi dei difetti: ha una battaglia da combattere e la porta avanti, con i suoi errori, le eccessive semplificazioni, le risposte graffianti, spesso frettolose, tratte dalla pratica dell'analisi o da un tenace senso di autosufficienza («Non proiettare», «Fottitènne»), nel modo che crede migliore. Elba, per parte sua, rappresenta l'impossibilità di un idillio, la certezza che esperienze come quelle che ha vissuto, che le hanno lasciato addosso dei segni anche fisici (come la ciocca di capelli bianchi, ricordo di un elettroshock), non si possono semplicemente razionalizzare e superare, ma rimangono e tracciano il solco lungo il quale non può non muoversi un'esistenza, anche rinnovata e ricostruita.</div><div style="text-align: justify;"><i>Grande meraviglia</i> è un romanzo denso, carico di emozioni e di spunti di riflessioni. Viola Ardone si è rivelata, per me alla prima lettura, una voce fresca, originale, capace di restituire con eleganza e incisività il racconto di vicende intrise di sofferenza. Efficace e travolgente è in particolare l'incrocio dei punti di vista di Elba e di Fausto, della bambina e dell'anziano, della donna e dell'uomo, del paziente e del medico, della figlia e del padre, di chi salva e di chi è salvato. Però in <i>Grande meraviglia</i>, fin dal gioco di parole del titolo, c'è molto di più: qualcosa di così intenso che sfugge alla comunicazione e che si può intendere solo se lo si legge.</div><div style="text-align: justify;"><blockquote><p align="justify">E la vita, d'un tratto, mi sembra un esercizio semplice: nient'altro che incamerare l'aria e spingerla fuori senza sforzo. Tutto è meraviglia: il fragile brillio delle acque smosse dal vento, il manto spelacchiato di un animale randagio che tuttavia resta fedele al padrone che si è scelto, la giovinezza andata chissà dove e queste ossa indebolite che nonostante tutto possono dare salvezza a un altro vivente. Tutto è meraviglia, nonostante la paura che aumenta mentre diminuisce il tempo, nonostante il perpetuo slittare a valle dei giorni. Meraviglia di onda marina, meraviglia di pelle rugosa tenuta a galla con la stessa grazia di quella di un bambino, meraviglia di notti insonni e di mattine pastose di luce, meraviglia di sole che si alza ancora per i vivi e per i morti, meraviglia degli amori non corrisposti, di chi ci resta accanto e di chi non ci sarà.</p></blockquote></div><div style="text-align: justify;">C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-49841797206716032152024-02-10T09:30:00.045+01:002024-02-10T09:30:00.156+01:00Dieci più uno<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">C</span>are civette, è bello che qualcuno passi ancora di qui, nonostante la mia pigrizia nell'aggiornare il blog. Oggi <i>Athenae Noctua</i> compie undici (undici!) anni e un po' mi sento in colpa per averlo ultimamente trascurato.</div><div style="text-align: justify;">Il lavoro è la prima causa della mia latitanza, ma devo essere sincera e ammettere che a volte preferisco prendere un libro o un fumetto, guardare anime, perdere tempo sui social, infilare libri nella lista dei desideri. Però un pensiero a questo spazio, che comunque rimane, c'è sempre. Uno spazio, a dirla tutta, sempre meno frequentato, in un momento in cui ai post articolati si sostituiscono brevi video, contenuti su Instagram e messaggi rapidi. Non farò una crociata misoneista, ma l'amarezza per questo mordi-e-fuggi c'è, va detto.</div><div style="text-align: justify;">Cosa sto facendo in questo periodo? Leggo, rileggo, scrivo. Ho qui accanto due libri letti che reclamano un post, eppure ne sto già leggendo altri due, più la serie di manga di <i>Frieren</i>. Non parliamo neanche dei post tematici che vorrei confezionare da tempo: mi sono rassegnata a rimandarli all'estate, sperando che poi se ne salvi almeno uno, dato che il podio degli articoli più letti è sempre occupato dalle mie riflessioni più impegnate a tema letterario.</div><div style="text-align: justify;">Cosa leggerete prossimamente? Non è il caso che formuli dei propositi: la cosa più onesta da fare è sedermi davanti al computer quando avrò qualcosa di significativo da scrivere (ad esempio, vorrei parlarvi presto dell'ultimo romanzo di Viola Ardone) e non costruire troppe aspettative. Il blog non è un lavoro, non ha uno scadenzario, non diventerà un appuntamento eppure resterà qui, in attesa di parole. Le mie e le vostre.</div><div style="text-align: justify;">A presto!</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9acr7KwZNBrHtR0vTYl1mQ0RELr4r_8Hn_hBIkSCXMN2CxI8tAqvgeNn3innWX9MlWl6ioXQFsI3OvvlXsd1JXMMtY-1tVqbc-jOa69x0HlETMtD5-HuAOHnVZUYGbx28qwk4u-3StxISBH2e-ttcf7vjKbSKvttPMR378D89ZUwW9xM6iy_-HFqmAuY/s1280/Dieci%20pi%C3%B9%20uno.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="853" data-original-width="1280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9acr7KwZNBrHtR0vTYl1mQ0RELr4r_8Hn_hBIkSCXMN2CxI8tAqvgeNn3innWX9MlWl6ioXQFsI3OvvlXsd1JXMMtY-1tVqbc-jOa69x0HlETMtD5-HuAOHnVZUYGbx28qwk4u-3StxISBH2e-ttcf7vjKbSKvttPMR378D89ZUwW9xM6iy_-HFqmAuY/s16000/Dieci%20pi%C3%B9%20uno.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://pixabay.com/users/ractapopulous-24766/?utm_source=link-attribution&utm_medium=referral&utm_campaign=image&utm_content=2434982" target="_blank"><span style="font-size: medium;">Immagine di JL G da Pixabay</span></a></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;">C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-76136598195473268292024-01-08T09:00:00.004+01:002024-01-08T09:00:00.177+01:00Il mio arco riposa muto - Irene Vallejo<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">N</span>egli ultimi anni ha ritrovato fervore la narrativa di ispiarzione
mitologica, che ha offerto ai lettori l'opportunità di conoscere meglio
alcune figure, anche poco note, o di avvicinarsi a versioni alternative o
del tutto rivisitate delle loro storie. In questo filone di
pubblicazioni si inseriscono, con ottimi risultati, i romanzi di
Madeline Miller, <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2020/04/la-canzone-di-achille-madeline-miller.html" target="_blank"><i>La canzone di Achille</i></a> e <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2020/03/circe-madeline-miller.html" target="_blank"><i>Circe</i></a>, che prendono le mosse
dai due poemi omerici e incrociano al celebre racconto le informazioni
tratte da altri testi letterari.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdFNItGoqjYJovX57t264pSDLbFLBGTfqtMJOMGDwmOqDN1yQQNW2u4jiuqWTi6sfzbEPj2mFgsoPj3S4N9h5oQy_NBSJraTY52UMsyxOEi-a5q1lit2H4qh1ifPfBdOZ1K9452g4YPrrylE9wyjjquacGqQ6iIeqtouxkVCJcAEzZMuOV6E0ICl_haIE/s980/Il%20mio%20arco%20riposa%20muto.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="980" data-original-width="700" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdFNItGoqjYJovX57t264pSDLbFLBGTfqtMJOMGDwmOqDN1yQQNW2u4jiuqWTi6sfzbEPj2mFgsoPj3S4N9h5oQy_NBSJraTY52UMsyxOEi-a5q1lit2H4qh1ifPfBdOZ1K9452g4YPrrylE9wyjjquacGqQ6iIeqtouxkVCJcAEzZMuOV6E0ICl_haIE/w286-h400/Il%20mio%20arco%20riposa%20muto.jpg" width="286" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">Al mito virgiliano ha pensato
invece Irene Vallejo, autrice di <i>Il mio arco riposa muto</i> (Bompiani
traduzione di Monica R. Bedana), al quale si adatta solo in parte
l'etichetta di romanzo dell'<i>Eneide</i>. La vicenda, infatti si limita
all'incontro di Enea e Didone, all'intrecciarsi delle loro esperienze
simili di esuli alla ricerca di una nuova terra e di un futuro a cui sia
estranea la violenza, e si arricchisce grazie allo spazio concesso alla
figura di Anna, sorella della regina di Cartagine, e di Iulo, il figlio
di Enea. Irene Vallejo rivisita in chiave laica il mito tramandato da
Virgilio, immaginandone anche la genesi nelle intenzioni del poeta, che
vive l'incarico di scrivere il poema di Roma come un peso e non riesce a
trovare che nella sofferenza dei due personaggi un'idea centrale da
perseguire senza servilismi. Enea, allora, diventa un uomo logorato
dalla guerra e dalla barbarie del sangue, orientato solo alla ricerca di
un'oasi di pace; Didone, invece, soffre dello sfiorire della giovinezza
e della privazione della maternità, mentre affronta la difficile
condizione di essere una governante sola, oggetto delle mire di
pretendenti stranieri che aspirano al suo potere. Alle loro orecchie
sussurra Eros, una forza personificata che fa comunicare le loro
debolezze e i loro desideri e li fa riconoscere nell'uguale infelicità e
nell'identica speranza. Tutto, dunque, si muove per effetto dei
sentimenti dei due protagonisti, per l'intreccio delle trame dei
collaboratori di Didone, per l'intromissione dei disegni del re africano
Iarba: tanto Eros e Anna si impegnano a congiungere le vite dei due
amanti, tanto gli eventi intorno a loro trovano il modo di separarli e
di produrre la tragica separazione.<br />Il romanzo che ne risulta è
avvincente, interessante per l'intreccio di spunti mitico-fantastici e
la capacità di ricondurli al verosimile di un racconto storico. Ben
riusciti i personaggi di Enea, Didone e di Anna, quest'ultima una
rivelazione rispetto allo spazio, limitato, di cui gode nell'<i>Eneide</i>: lo
scavo nei loro sentimenti, nel loro passato e nelle loro paure è
efficace e appassionante. In partcolare Vallejo ha il merito di
ricordare ai lettori che la pena di Didone non è, banalmente, il dolore
di una donna innamorata, la il dramma lacerante di una regina. Quello
che non funziona è la sintesi di alcuni passaggi, la forte prevalenza
del dialogo rispetto a qualche sequenza di ampio respiro che avrebbe
reso memorabile la costruzione narrativa e contribuito alla <i>patina</i>
antica.<br />C'è poi l'effetto di dispersione dato dall'intrusione
della figura di Virgilio, che vaga per Roma interrogandosi
sull'opportunità di servire Augusto e di piegarsi al ruolo di
propagandista e sul modo di rendere accettabile prima di tutto a sé
stesso la storia che sta componendo. Il racconto della genesi del
racconto appare estraneo, un po' forzato, oltre che poco originale: ai
dubbi di Virgilio aveva già dedicato un mirabile spazio Sebastiano
Vassalli con <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2015/04/un-infinito-numero-vassalli.html" target="_blank"><i>Un infinito numero</i></a>, risolvendoli in un'interpretazione
decisamente più interessante. Vallejo opta per una scelta diversa:
valida, se solo si fosse estesa alla seconda parte del poema (dove altri
sventurati, dopo Didone, si confrontano con Enea), ma debole per
l'abbandono in cui cade subito dopo essere stata esibita. C'è poi
qualche imprecisione, che non so se sia da imputare alla penna o alla
traduzione (la confusione fra i personaggi di Proteo e Prometeo o
l'insistenza nel definire augusto <i>imperatore</i>, in luogo del più corretto
<i>principe</i>).<br />Nel complesso <i>Il mio arco riposa muto</i> si fa
leggere (l'ho scorso quasi d'un fiato), ma forse risente del limite dato
proprio dal momentaneo successo del filone narrativo cui si ascrive: la
necessità di produrre una storia breve e stimolante, che tocchi delle
corde che vibrano facilmente ma la cui eco viene poi lasciata sfumare.
Ci sarebbe stato, a mio avviso, materiale per produrre una storia ancora
più accattivante e profonda, che scavasse ancor più nella figura di
Enea attraverso il confronto con gli altri vinti del poema di cui è
protagonista.<br /><blockquote><p align="justify">Gli umani mi chiamano dio dell'amore, ma a me piace di più dire che sono quello che tenta di colmare i cuori disabitati. L'amore non dipende da me, perché i vivi hanno piegoline interne che mi è possibile raggiungere. Io muovo i fili, creo l'occasione, favorisco gli incontri e il tornare a incontrarsi, costruisco le casualità; io instillo l'impazienza del desiderio. Non è poco: gli uomini e le donne non sanno quanto i loro amori siano legati alle occasioni che sorgono. In realtà, non esiste amore senza il caso. Non è sufficiente, però. Rimane il mistero della loro umana libertà, ce l'hanno dentro e a custodiscono in luoghi a me inaccessibili.<br />C'è di più: io, di tutto questo, sono solo testimone, perché a me non è mai successo Io tocco la nuca ai vivi e sento all'istante come freme la loro pelle. Li ascolto parlare dei piaceri che provano, delle gioie e delle nostalgie, ma io non le sperimenterò mai. Agli dèi sono negati due eventi: l'amore e la morte. Inutile dire che la nostra curiosità per entrambi è smisurata.</p></blockquote>C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-1868249175013786702024-01-04T12:35:00.007+01:002024-01-04T12:49:32.424+01:00La cartoleria Tsubaki - Ito Ogawa<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">N</span>ell'ultimo post del 2023 ho accennato ad una lettura che, se non si
è guadagnata il posto fra i <i>magnifici cinque</i> dello scorso anno, ha
meritato comunque una menzione speciale: <i>La cartoleria Tsubaki</i> di Ito
Ogawa (Neri Pozza, traduzione di Gianluca Coci).<br />Questo romanzo,
suddiviso in quattro capitoli che attraversano le stagioni di un anno
dall'estate alla successiva primavera, ha per protagonista Hatoko, detta
Poppo-chan, che lavora come scrivana pubblica nella cartoleria Tsubaki,
ereditata dalla nonna. Apprendere la calligrafia non è stato facile per
Hatoko, cresciuta con il mito di un'antica tradizione di famiglia da
tramandare e in contrasto con la nonna, che l'ha cresciuta al posto
della madre. Tornata da un soggiorno all'estero, Hatoko ha
spontaneamente preso le redini dell'attività della cartoleria, ma, se le
risulta estremamente facile assumere la voce di coloro che la
incaricano di scrivere lettere, cartoline e messaggi anche molto intimi e
delicati, fatica a trovare la propria voce, soffocata dal rimorso e
dalla difficile convivenza col proprio passato. Nella cartoleria si
succedono clienti che desiderano comunicare, in bella grafia, con
eleganza, tatto e raffinatezza, messaggi di auguri, di separazione, di
condoglianze, di rifiuto: per tutti Hatoko trova la soluzione ideale,
scegliendo l'inchiostro, il tipo di penna o pennello, la carta, gli
inserti artistici giusti, perché non esiste una missiva uguale
all'altra e perfino la grafia deve saper imitare il carattere di chi le
ha commissionato un messaggio. Giorno dopo giorno, Hatoko ci guida alla
scoperta della propria arte e ci invita a prendere parte alle
passeggiate per Kamakura a cui si dedica con vecchi e nuovi amici e a condividere con lei
pasti semplici o estremamente ricercati: la narrazione diventa, quindi,
uno specchio dello stile di vita nipponico e si colloca nei luoghi più
facilmente riconoscibili, dai santuari alle stazioni, dalle tavole calde
ai giardini di ciliegi.</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi11ILzasgkHuwU4a8J18701OsM9GUeWrzdKGjs3assA5MkFlEE8Jc5MlP5jbwkI02hUt-5elAwlJiIqmfrCpAC7WrKMSmMSSr6HxzLmHHv7ZhQyI5z5OWLE9odo100nQwOu4c7ukSAsDE_fEumqRYjWzDBCawwVRt1PFz_TXY6PLlE9FtmIFHn2xCmGVo/s3212/La%20cartoleria%20Tsubaki%20-%20foto.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2574" data-original-width="3212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi11ILzasgkHuwU4a8J18701OsM9GUeWrzdKGjs3assA5MkFlEE8Jc5MlP5jbwkI02hUt-5elAwlJiIqmfrCpAC7WrKMSmMSSr6HxzLmHHv7ZhQyI5z5OWLE9odo100nQwOu4c7ukSAsDE_fEumqRYjWzDBCawwVRt1PFz_TXY6PLlE9FtmIFHn2xCmGVo/s16000/La%20cartoleria%20Tsubaki%20-%20foto.jpg" /></a></div><br /><i>La cartoleria Tsubaki</i> è stata una
piacevolissima compagnia, che mi ha dato modo di riassaporare le
atmosfere del Giappone e della sua cultura intrisa di tradizione, di
sentire gli odori e i gusti del cibo che compare quasi in ogni pagina
(un'altra costante della narrativa del Sol Levante), di riempirmi gli
occhi di paesaggi amati e di incontrae personaggi che sono diventati molto in
fretta delle care presenze. Poppo-chan, a differenza di altri romanzi di cui,
per certi aspetti, <i>La cartoleria Tsubaki</i> ricalca la semplicità per
l'assenza di colpi di scena e la percezione di una certa ordinarietà (mi
ricorda in questo senso <i><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2022/06/i-miei-giorni-alla-libreria-morisaki.html" target="_blank"><i>I miei giorni alla libreria Morisaki</i></a></i>, <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/03/segnalibri-9.html" target="_blank"><i>Finché
non aprirai quel libro</i></a> o la serie di <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/search/label/Kawaguchi" target="_blank">Kawaguchi</a>), è una protagonista che si afferma per
la definizione psicologica, per la capacità di mantenere con la propria identità l'unitarietà della storia e di accattivarsi l'empatia del
lettore. E poi c'è la minuziosa attenzione dedicata alla calligrafia, al
mondo delle parole, dell'inchiostro, della carta e delle buste da
lettera, che basterebbe, da solo, a qualsiasi appassionato di lettere e
scrittura.<br /><blockquote><p align="justify">Con la mente invasa dai ricordi, ho raddrizzato la
schiena e mi sono messa a preparare l'inchiostro. Ora non facevo più
debordare l'acqua dalla parte concava della pietra. Non inclinavo più il
bastoncino. Molti sostengono che preparare l'inchiostro abbia un
effetto rilassante. Per la prima volta dopo tanto tempo, ho assaporato
con tutto il mio essere quella piacevole sensazione di abbandono. La
coscienza affonda pian piano in un abisso oscuro e imperscrutabile. Nel
tornare in un mondo che mi era molto familiare, ero prossima all'estasi.</p></blockquote></div><div style="text-align: justify;">C.M. </div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-26250427742157433802023-12-31T15:42:00.001+01:002023-12-31T15:49:46.234+01:00Tiriamo le somme<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">F</span>ine anno, tempo di bilanci. Questo 2024 è stato piuttosto impegnativo:
alla normale mole di lavoro si sono aggiunti piccoli e grandi incarichi
che hanno contribuito a far sentire il loro peso, tanto che, anche dopo
le vacanze estive, ho iniziato ben presto a percepire di nuovo la
stanchezza e confesso che l'attesa della pausa natalizia è iniziata
davvero presto, infatti ai primi di novembre ero già in sovraccarico. </div><div style="text-align: justify;">C'è però da dire che hanno contribuito alla percezione di fatica anche
alcune cose che hanno costituito prima di tutto una soddisfazione: il
<a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/05/londra-con-la-pioggia-e-con-il-sole.html" target="_blank">viaggio a Londra</a>, che mi ha riempito il ponte di Carnevale (che,
altrimenti, avrei passato a sonnecchiare), il progetto teatrale della
scuola, con allestimento dello spettacolo finale, e la ripresa
dell'attività narrativa che avevo abbandonato da tempo. </div><div style="text-align: justify;">Di questi
impegni il blog, che a febbraio ha spento la decima candelina, ha
risentito parecchio, infatti ho scritto solo 35 post e devo dire che
l'entusiasmo per la scrittura si è molto affievolito, complice il fatto
che, ormai, anche il dibattito sui libri si è spostato sui social e ha
assunto forme di tale brevità che la mia vena prolissa non mi permette di
affrontare in modo efficace.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiL-l6wQDwKMe-yDiSYnpfHAiltENt7Wt71OPwaFyKaeDSfmFrbkOQ1yhVFTQu68CBckZM8CFlh5vTuPwkaNWRShoRcBmaFk_t-jTEQPrYvIXyBxH6f2tPTeBzNlzGmJPYbkKfPZGsvMs7_JY0G2ydZbz00wZSJ7iwtE8s5JlGz17FSJlCwYkt9DLP-XZk/s4576/Bilancio.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2574" data-original-width="4576" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiL-l6wQDwKMe-yDiSYnpfHAiltENt7Wt71OPwaFyKaeDSfmFrbkOQ1yhVFTQu68CBckZM8CFlh5vTuPwkaNWRShoRcBmaFk_t-jTEQPrYvIXyBxH6f2tPTeBzNlzGmJPYbkKfPZGsvMs7_JY0G2ydZbz00wZSJ7iwtE8s5JlGz17FSJlCwYkt9DLP-XZk/s16000/Bilancio.jpg" /></a></div><br /></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">Ma veniamo ai libri, da sempre
protagonisti indiscussi delle pagine di questo blog. Contatori di
<a href="https://www.goodreads.com/user/year_in_books/2023/21213236" target="_blank">Goodreads</a> alla mano, scopro di aver letto quasi 16.000 pagine,
distribuite in 53 libri (l'obiettivo era leggerne almeno 50). Alcune letture sono state in realtà delle
riletture, affrontate in qualche caso per questioni didattiche, in altri
per il piacere di recuperare dei ricordi sbiaditi. Ci sono state poche
letture esaltanti, ma non ho avuto alcun dubbio quando ho dovuto
individuare i miei magnifici cinque, anzi, per la prima volta
affiancherò ai titoli memorabili altri due <i>segnalati speciali</i>.<br />Partiamo
da questi ultimi: a <i><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/07/magnificat-sonia-aggio.html" target="_blank"><i>Magnificat</i></a></i> di Sonia Aggio, un indimenticabile
esordio che mi ha incantata per l'idea narrativa che sviluppa e per il
forte legame con un territorio che conosco bene, si affianca <i>La
cartoleria Tsubaki</i> di Ito Ogawa, dai consueti toni confortevoli tipici delle storie
giapponesi. Il primo è stato talmente significativo che l'ho suggerito
praticamente a tutti quelli con cui sono solita parlare di libri
(studenti compresi), del secondo vi parlerò con l'inizio del nuovo anno,
perché l'ho concluso proprio nelle ultime ore. È solo perché
tradizionalmente ho limitato la mia classifica a cinque titoli che l'uno
o l'altro (o entrambi) non sono arrivati in <i>finalissima</i>.<br />I
titoli non sono semplicemente in ordine di preferenza (con il migliore
in assoluto alla fine): i primi due sono un saggio e un testo di
mitologia e non esiste, per come sono fatta, che libri di questo tipo
possano scalzare dei romanzi dal <i>mio</i> podio. Considerata questa
bipartizione, i titoli sono in ciascun gruppo in ordine di gradimento.<br /><ul><li><i><b><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/06/miti-romani-licia-ferro-e-maria.html" target="_blank"><i>Miti romani</i></a></b></i> di Licia Ferro e Maria Monteleone è uno strumento ideale per
accostarsi alle <i>fabulae</i> che svelano l'intreccio fra storia e mito
che caratterizza l'immaginario, la vita religiosa, le tradizioni dei
Latini: scritto come un avvincente romanzo a episodi, unisce le
informazioni di diverse fonti letterarie nella costuzione della
mitologia romana.</li></ul><ul><li><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/08/giulia-la-figlia-di-augusto-lorenzo.html" target="_blank"><i><b>Giulia, la figlia di Augusto</b></i></a> di Lorenzo
Braccesi è un saggio biografico dedicato ad una monumentale figura
femminile che, come spesso è accaduto, è stata oscurata o minimizzata
dalla storia. Dopo aver letto questo romanzo ho potuto rispondere senza
esitazioni alla domanda che mi hanno rivolto i miei studenti, curiosi di
sapere con quale personaggio del passato mi sarebbe piaciuto avere una
conversazione: grazie al lavoro attento e preciso di Braccesi, oggi
vorrei davvero poter sentire la voce di Giulia, leggere la storia di
Roma così come l'ha interpretata lei.</li></ul><ul><li><i><b><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/06/tradite-reine-arcache-melvin.html" target="_blank"><i>Tradite</i></a> </b></i>di Reine Arcache
Melvin è il primo libro sul podio, l'appassionante storia di Lali e
Pilar, due sorelle che attraversano le turbolente vicende delle
Filippine negli anni '80 e '90 e che, al tempo stesso, vivono una
travagliata vicenda familiare e sentimentale.</li></ul><ul><li><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/02/due-letture-sorelle-fellowship-point.html" target="_blank"><i><b>Fellowship Point</b></i></a> di
Alice Elliott Dark mi ha portata nel Maine, dove sono stata ospite di
Agnes e Polly, due anziane amiche impegnate nella salvaguardia della
riserva naturale in cui hanno trascorso tanti momenti importanti delle
loro vite, i cui frammenti riemergono poco alla volta fra le pagine di
un romanzo delicato e commovente.</li></ul><ul><li><b><i><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/11/il-pozzo-delle-bambole-baldelli.html" target="_blank"><i>Il pozzo delle bambole</i></a></i></b> di
Simona Baldelli è senza ombra di dubbio il miglior libro che abbia letto
quest'anno: mi sono appassionata in maniera viscerale alla vicenda
della trovatella Nina, alle sue sofferenze, alle difficoltà e ai
traguardi che la costellano. La storia narrata dall'autrice è risultata
talmente vivida, intensa e vibrante che mi è sembrato di essere lì con
Nina e con le sue compagne, nelle stanze piene di tristezza del
brefotrofio e nelle strade delle manifestazioni operaie.</li></ul>Questa è
una sintesi del mio 2023 in libri e qualche dettaglio in più si può
trovare scorrendo i pochi post degli ultimi dodici mesi o sbirciando su
Goodreads.<br />Il vostro anno di letture come è stato? Abbiamo
qualche lettura in comune, qualche libro del cuore condiviso? Quali
testi hanno reso indimenticabile il 2023 e vorreste consigliare?<br />In attesa di leggervi, mando a tutti i miei auguri per un sereno 2024! <br /> </div><div style="text-align: justify;">C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-43843442556791438722023-12-29T19:49:00.004+01:002024-01-04T12:04:31.411+01:00Segnalibri #13<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">P</span>rima di confezionare il classico post dei bilanci di fine anno, tenevo
ad aggiornare i progressi di lettura dedicando un momento e qualche riga
alle letture dell'ultimo mese e mezzo (rimane escluso l'ultimo libro
dell'anno, <i>La cartoleria Tsubaki</i>, che sto ancora leggendo).<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjj01PO8NndeTIVFCoOdeld2_eA0wFO-eQi5spHmc7KxPs-0E_EFJ-pnM7cI97YM8OKsqYXuaNV0q12_pcmrLMRSfXvYzoLMBwXjTuZddkArxdCRytyXMkbrmhLWoFjHTyb3Dvy5hHGzixIAjq4giw-ScqcB_gcB3_efVFwnpJOYfh0WKoBL4GqvfFTIrY/s1920/Segnalibri.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1920" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjj01PO8NndeTIVFCoOdeld2_eA0wFO-eQi5spHmc7KxPs-0E_EFJ-pnM7cI97YM8OKsqYXuaNV0q12_pcmrLMRSfXvYzoLMBwXjTuZddkArxdCRytyXMkbrmhLWoFjHTyb3Dvy5hHGzixIAjq4giw-ScqcB_gcB3_efVFwnpJOYfh0WKoBL4GqvfFTIrY/s16000/Segnalibri.jpg" /></a></div> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSTccW_t-PSSlv9q60FGenkMctHwk6L4tlcBiDnLIDErpDaMtNdLg_8znuYraNwIsOVDkkmFKQ0j_E9h1F82_EIFFsG1ACnS3PmkcKW-6lw-F_dw8Vt12Kx8HFgVQOCo7FePu7Xc9WiVoD8faDDRfiIChxGIJGS3QxWwWPoyYj3nlmF6hiRdsMwRHa2s0/s1540/Il%20figlio%20del%20figlio.JPG" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1540" data-original-width="1000" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSTccW_t-PSSlv9q60FGenkMctHwk6L4tlcBiDnLIDErpDaMtNdLg_8znuYraNwIsOVDkkmFKQ0j_E9h1F82_EIFFsG1ACnS3PmkcKW-6lw-F_dw8Vt12Kx8HFgVQOCo7FePu7Xc9WiVoD8faDDRfiIChxGIJGS3QxWwWPoyYj3nlmF6hiRdsMwRHa2s0/w260-h400/Il%20figlio%20del%20figlio.JPG" width="260" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">Nel
mese di novembre sono tornata a Marco Balzano, con il romanzo <i>Il figlio
del figlio</i>, che narra la storia Nicola, Riccardo e Leonardo; il primo,
il più giovane, è un professore precario; il secondo è suo padre, che
non condivide la sua scelta di vita e giudica il figlio in un continuo
confronto con le proprie scelte di vita; l'ultimo è il nonno, contadino
di Barletta trasferitosi a Milano. Dopo anni passati a tergiversare e
prendere tempo, Leonardo ha deciso di vendere la casa in Puglia,
troncando così l'unico rapporto con le origini: una scelta sofferta ma
necessaria, dato che, ormai, l'appartamento versa in condizioni di
abbandono e non interessa più a nessuno. I tre, quindi, intraprendono un
viaggio destinato a far emergere le diverse visioni di tre generazioni e
i conflitti che ad esse si accompagnano. Come in <i><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2019/07/resto-qui-marco-balzano.html" target="_blank"><i>Resto qui</i></a></i> e <i><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/04/quando-tornero-marco-balzano.html" target="_blank"><i>Quando tornerò</i></a></i> ho trovato un Balzano interessato alla questione delle radici,
del luogo natale, delle aspirazioni che, a volte, comportano un sofferto
taglio con il passato degli affetti, tuttavia il romanzo non ha, dei
due precedentemente letti, l'intensità, la capacità di coinvolgere.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcZGVs95ASI02BdB6NcpIIXcQL0QVHh2bTOkP-h8zOwSbUuA5MTabvGBYVHtpVwbJrli-4rKMKK1oGBWB1ZkpMTXIkxtMD-9ZvzG7X00UglMkI-ygO2rsGskHr3NYBhxLjiwFYj1jIY8ZtdzkgI8EVyovEtOq55fTw5WObAQxHWUWnehyK2n0Ewt6Srac/s2470/La%20storia%20infinita.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2470" data-original-width="1600" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhcZGVs95ASI02BdB6NcpIIXcQL0QVHh2bTOkP-h8zOwSbUuA5MTabvGBYVHtpVwbJrli-4rKMKK1oGBWB1ZkpMTXIkxtMD-9ZvzG7X00UglMkI-ygO2rsGskHr3NYBhxLjiwFYj1jIY8ZtdzkgI8EVyovEtOq55fTw5WObAQxHWUWnehyK2n0Ewt6Srac/w259-h400/La%20storia%20infinita.jpg" width="259" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">Sulla
scia di una conversazione scolastica ho voluto poi avvicinarmi ad un
classico per ragazzi, che conoscevo solo vagamente (e in modo molto
sbiadito) attraverso il film che ne è stato tratto: <i>La storia infinita</i>
di Michael Ende. È il celeberrimo racconto delle avventure di Bastiano
Baldassarre Bucci, un ragazzino vittima dei bulli e appassionato di
lettura, che, in un giorno di pioggia, si infila in un negozio di
antiquariato e ruba al proprietario un libro intitolato <i>La storia
infinita</i>, che inizia subito a leggere, nascosto nella soffitta della
scuola. Bastiano si immerge nella lettura, catturato dal mondo di
Fantàsia e dal pericolo di disfacimento che incombe su di esso, dal
coraggio di Atreiu, che risponde alla chiamata dell'Infanta Imperatrice,
che lo incarica di trovare il salvatore. Per Bastiano è l'inizio di un
viaggio incredibile, di una storia sul potere dell'immaginazione e sul
coraggio. L'esperienza di questo libro è stata interessante e scorrevole
per tutta la prima metà, mentre si è trascinata stancamente per il
resto della storia: la fama de La storia infinita aveva creato
aspettative decisamente più alte.<br /><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-c3VS3-pjLrnAzTUyP92tUrr7R8_wPLZXoScrdK03jRqXNzjGrMTb4njmm6wSXzzdeLLbY61HkFAsXs1gILjrAbZzH6Kx3QJ-Up62i-WfxzE7z7RKrjFCD2Mn02Ji9tVRqvvbLUgwxrNEsqrVKS__LrlUGq7CK0KNJk5iEsioMvGlFNrZia2fEbvPakk/s1000/Il%20bambino,%20la%20talpa,%20la%20volpe%20e%20il%20cavallo.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="734" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-c3VS3-pjLrnAzTUyP92tUrr7R8_wPLZXoScrdK03jRqXNzjGrMTb4njmm6wSXzzdeLLbY61HkFAsXs1gILjrAbZzH6Kx3QJ-Up62i-WfxzE7z7RKrjFCD2Mn02Ji9tVRqvvbLUgwxrNEsqrVKS__LrlUGq7CK0KNJk5iEsioMvGlFNrZia2fEbvPakk/w294-h400/Il%20bambino,%20la%20talpa,%20la%20volpe%20e%20il%20cavallo.jpg" width="294" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">L'ultimo libro di cui voglio
parlare oggi è un volume illustrato: <i>Il bambino, la talpa, la volpe e il
cavallo</i> di Charlie Mackesy, che è arrivato nelle mie mani grazie al
suggerimento di alcune colleghe. Destinato ai bambini ma, come tutti i
testi di questo genere ben fatti, apprezzabile anche dagli adulti,
racconta dell'incontro fra un bambino curioso e un po'spaventato, una
talpa golosa di torta, una volpe taciturna e diffidente e un cavallo di
grande saggezza. Così diversi fra loro, i quattro personaggi affrontano
un percorso che li mette di fronte alla necessità di accettarsi per come
si è, di non caricarsi di aspettative troppo elevate, di coltivare
piccoli gesti e sentimenti, primo fra tutti la gentilezza, di essere
disposti a chiedere aiuto e a rivelare le proprie debolezze. Il testo,
corredato di bellissime immagini che uniscono bozzetti in bianco e nero a
stampe colorate, si può leggere anche come una raccolta di aforismi
carichi di messaggi positivi, adatti chi sta affrontando la crescita, i
dubbi e le paure che vi si accompagnano, tuttavia rappresenta una
vicenda ben chiara di maturazione e di progressiva consapevolezza, che
porta i quattro protagonisti a voltarsi e ad apprezzare la strada fatta
insieme. Il libriccino di Mackesy è stato una rivelazione, una coccola,
in un certo senso: le avventure del bambino e dei suoi amici animali ci
ricordano che si può e si deve apprezzare l'ordinario, che non dobbiamo
identificare la felicità o la realizzazione col raggiungimento di
traguardi abbaglianti, che la perfezione è spesso un mito che ci getta
nel senso di inadeguatezza e ci fa dimenticare ciò che di buono già
abbiamo.<br /> </div><div style="text-align: justify;">Avete letto qualcuno di questi libri? Cosa ne pensate? <br /><br />C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-79397912909680629452023-11-06T08:30:00.006+01:002023-11-06T08:30:00.150+01:00Il pozzo delle bambole - Simona Baldelli<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">Q</span>uando un romanzo raggiunge la perfezione è difficile distinguere gli
ingredienti che danno il giusto sapore: deve esserci una vicenda
appassionante, magari un mistero; una prosa ben costruita, che sappia
raccontare con il linguaggio e la sensibilità dei personaggi; un forte
legame fra la storia dei protagonisti e lo scenario storico in cui si
muovono, attuale o passato che sia. Ma credo che, sopra ogni cosa, a
fare la differenza siano i personaggi stessi, l'efficacia con cui
vengono messi in azione e fatti parlare.<br />Ne <i>Il pozzo delle
bambole</i> di Simona Baldelli (Sellerio, 2023) c'è tutto questo e molto
di più. L'autrice (di cui suggerisco di leggere <a href="https://www.raicultura.it/letteratura/articoli/2023/03/Simona-Baldelli-Il-pozzo-delle-bambole-20c26046-edaa-4af4-a6b4-7a45822f9b7a.html" target="_blank">questo intervento</a>) ha imbastito una narrazione travolgente, emozionante,
la cui protagonista diventa il perno di tante esistenze che si
incrociano in un brefotrofio abruzzese nel secondo dopoguerra e si
svolgono fino al 1968, nel pieno delle contestazioni studentesche e
operaie.<br /></p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMcTFUn0kceAPlzbs4uO-iasiS3qwiSU23cME8e2wNTTKpUbwM7BymkJHntZ57OKD7v7RbSPUkutkSCTVQBORxKpwmAAHn5FLyJz5NQGxPGCTMzYebBhu7Nl8ncggXEhwtMj9lmiWsrbv31E6CVZacY3qC_xEEVHcvSmc7C5QAu8qDi6lef1E291_mNzY/s628/Il%20pozzo%20delle%20bambole.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="628" data-original-width="407" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiMcTFUn0kceAPlzbs4uO-iasiS3qwiSU23cME8e2wNTTKpUbwM7BymkJHntZ57OKD7v7RbSPUkutkSCTVQBORxKpwmAAHn5FLyJz5NQGxPGCTMzYebBhu7Nl8ncggXEhwtMj9lmiWsrbv31E6CVZacY3qC_xEEVHcvSmc7C5QAu8qDi6lef1E291_mNzY/w259-h400/Il%20pozzo%20delle%20bambole.jpg" width="259" /></a></div><p></p><p style="text-align: justify;">La storia, che definisce un itinerario di formazione, è
quella di Nina, una trovatella cresciuta nella rigida disciplina delle
suore, fra privazioni, sensi di colpa, preghiere, umiliazioni e segreti.
Il brefotrofio è però anche il luogo in cui Nina conosce Lucia,
un'orfana con la quale costruisce subito un legame speciale e alla quale
cede anche l'unica possibilità di avere dei genitori, Marcella, che la
farà assumere al tabacchificio di Lanciano, che diventerà il teatro di
una accesa rivolta per la salvaguardia dei posti di lavoro, e Olmo, il
figlio del fotografo incaricato di realizzare gli scatti di bambine e
bambine da mostrare alle famiglie disposte ad adottarli, che la
ricorderà sempre per i suoi occhi, capaci di bucare l'obiettivo. Nina
cresce nel brefotrofio senza alcuna consapevolezza del mondo: quando
incontra Carla, la tabacchina-professoressa che orgogliosamente lavora
per pagarsi gli studi che il padre non ammette per una figlia femmina, e
Marcella la coinvolge nelle proteste operaie, si ritrova, ventenne,
soverchiata dall'enormità dei problemi del Paese e del mondo intero, ma
anche dal flusso della musica, dalla rivoluzione del telefono e
dall'entusiasmo per i divi del cinema.<br />Disorientata, piena di
speranze e di una voglia di riscatto a cui fatica a dare voce e che la
spinge a soffocare in un angolo della memoria l'esperienza del
brefotrofio, Nina cresce fra le pagine della propria storia, trascinando con
sé il lettore attraverso gli anni '50 e '60, nelle pieghe di un
intero mondo senza voce, quello dei bambini abbandonati e marchiati dal
pregiudizio del peccato, degli operai in lotta per migliori condizioni
di lavoro, degli studenti desiderosi di cambiare il mondo e delle donne
alla ricerca di un'emancipazione che passa attraverso il
lavoro e il diritto di essere madri o di non esserlo.<br />Nina è un personaggio
di una grazia intensa, uno di quelli che si vorrebbe poter abbracciare
ad ogni riga, uno di quelli che si vorrebbe conoscere davvero. Ma sono
indimenticabili anche la vivace Marcella, col suo canto e la voglia di
divertirsi nel fine settimana, la coraggiosa Carla, sempre
controcorrente e orgogliosa nell'esibire i segni della partecipazione
alle proteste più accese, l'infelice Lucia, che non riesce ad essere mai il centro della propria vita, l'incredibile suor Immacolata,
che non può smettere di correre in aiuto dei <i>suoi</i> bambini, anche a
costo di dannarsi l'anima, anche a costo di essere respinta e odiata.<br /><i>Il
pozzo delle bambole </i>è un romanzo di una profondità eccezionale,
avvincente, delicato e durissimo al tempo stesso. Simona Baldelli ha
saputo raccontare in modo incisivo, diretto eppure discreto le
difficoltà di tante persone comuni, lasciate ai margini, eppure
portatrici di esperienze uniche e preziose quanto quelle dei grandi
protagonisti della Storia. <i>Il pozzo delle bambole</i> è, come dicevo, un
racconto di formazione, ma anche una sorta di memoriale di una profonda
rivoluzione sociale che è, per certi aspetti, ancora in divenire: tutto
scorre davanti ai profondi occhi di Nina, alla sua anima ingenua, che
trova la propria voce nel pieno dei tumulti e che la condivide con tutti
noi.<br />Che altro dire? Se non lo avete ancora letto, ve lo
consiglio. Se lo avete letto, sono curiosa di sapere cosa ne pensiate.
Io, davvero, vorrei che Nina fosse qui a parlare con me: non ho ricordi
di aver provato tanto affetto per un personaggio di carta.<br /></p><div style="text-align: justify;"><blockquote><p align="justify">Cosa c'era nel buio da far tanto spavento?<br />La notte era un coro di sospiri, lamenti, singhiozzi soffocati nel cuscino.<br />Iniziavano allo spegenere della luce. Il tempo di sentire i passi e il tintinnio delle chiavi di suor Ortensia che si allontanava dopo l'ispezione e subito, dall'angolo dove dormivano le più piccole a quelle arrivate da ultime, saliva il piagnisteo.<br />Una sera dopo l'altra il mormorio di dolore e mancanze si condensava sui letti fino a quando le pareti della camerata non lo contenevano più; allora sciamava nei corridoi per unirsi ai gemiti dei maschi, perché mica è vero che loro non piangono, e si trasformava in una foschia densa, gonfia di lacrime. È il buio, il regno della mancanza.</p></blockquote></div><p>C.M.<br /></p><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-5089955686156355022023-10-15T07:30:00.000+02:002023-10-15T07:30:00.165+02:00Caro Italo...<div style="text-align: justify;">Caro Italo,<br /><br />ti scrivo per farti sapere che hai fatto breccia. <br /><br />Te
lo diranno in tanti, ma grazie a te io e i miei studenti del terzo anno
abbiamo condiviso due bellissime ore di conversazione. Ho domandato
loro come definirebbero un classico, uno di quei romanzi di cui ti sei
occupato con tanto entusiasmo. </div><div style="text-align: justify;">Quali sono le caratteristiche che
dovrebbe avere un libro, un testo, un autore per potersi meritare questa
etichetta?<br />Abbiamo fatto presto a capire che <i>I promessi sposi</i> sono
un classico - ma era facile, perché Manzoni ci ha tenuti occupati tutto
lo scorso anno scolastico; siamo arrivati a Dante, alla <i>Bibbia</i>, a
<i>Orgoglio e pregiudizio</i>. Qualcuno ha ipotizzato che, per essere classici,
libri e autori devono essere <i>vecchi</i>, ma presto un confine posto sugli anni '50 ha iniziato a starci stretto.<br />Un classico è un libro
che tanti hanno letto - hanno detto alcuni; è un libro che ha
significato qualcosa di importante per la società in cui è nato e che,
per qualche motivo, continua ad essere attuale - è stato aggiunto.<br />«Ma
<i>Harry Potter</i>, prof, si può definire un classico?» Il tempo ce lo dirà,
ma abbiamo convenuto che la saga del maghetto ha del potenziale.<br />Dopo
una prima ora così - che ci ha aiutati tutti a scaricare la tensione
della verifica appena conclusa, ho chiesto di leggere <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2014/01/cosa-sono-i-classici-calvino-risponde.html" target="_blank">le tue definizioni di classico</a> e ci siamo dati tre giorni di tempo.<br />Sai una cosa, Italo?
Appena sono entrata in classe, venerdì, mi sono piovute addosso parole
cariche di entusiasmo e c'era ancora tanta voglia di parlare - non per
evitare di andare avanti con la <i>Vita nova</i>, te lo assicuro.<br />Ad A. e G.
è venuta voglia di leggere anche il resto del libro (anche se non
conoscere ancora molti dei classici di cui parli può essere un
ostacolo). A. ha anche detto - non te lo posso nascondere - che non
sembravi neanche lo stesso che ha scritto <i>Il barone rampante</i>, romanzo a
causa del quale era un tantino prevenuta. M. ha trovato nelle tue parole
il suo pensiero, S. è rimasto colpito dalla considerazione che un
classico letto in gioventù e riletto in età adulta possa apparire
diverso e mi ha chiesto se accada davvero; ho confermato per
esperienza. A. ha sottolineato la considerazione conclusiva, quella su
Socrate che decide di imparare una nuova aria prima di morire, per il
puro piacere di farlo e non perché sia utile. </div><div style="text-align: justify;">E abbiamo riflettuto
sull'immenso piacere di leggere (anche se non tutti lo condividono), siamo tornati sulle letture
estive - che per un mese qualcuno ha tentato di fingere che non fossero
state assegnate. Ci siamo scambiati dei suggerimenti e ripromessi che
avremmo tenuto d'occhio i possibili classici di domani, scrollandoci di
dosso i pregiudizi sulla narrativa di questo o quel genere, sui casi letterari o sui
romanzi per ragazzi - ché tanti prodotti di largo consumo di una volta
oggi sono classici a pieno titolo.<br /> </div><div style="text-align: justify;">Vedi, Italo, non ero mai riuscita a
parlare così tanto di libri con i miei studenti. Non tanto in termini
di tempo: abbiamo ritagliato anche nei due anni passati dei momenti di
dibattito sulle letture comuni o personali. Ma stavolta, per la prima
volta, tutti si sono sentiti coinvolti, hanno sentito il bisogno di
intervenire, di risponderti, in un certo senso.<br />Magari dagli <i>Antenati</i>
e da <i>Marcovaldo</i> (che già conoscono) arriveremo a <i>Il sentiero dei nidi
di ragno</i>, alle <i>Cosmicomiche</i> e a <i>Se una notte d'inverno un viaggiatore</i>.
Sicuramente leggeremo le tue pagine su Ariosto la prossima primavera.<br />O magari, invece, ci fermeremo qui. In ogni caso avremo condiviso, grazie a te, un momento educativo insostituibile. Spero che loro lo serbino nella memoria come farò io, che ci pensino fra tre, quattro, cinque, dieci, trent'anni, quando la scuola sarà ormai un'esperienza conclusa.<br /><br />Grazie Italo, hai dimostrato (ma non ce n'era bisogno) di essere già un classico.<br /><br />E buon centesimo compleanno.<br /><br /><span style="font-size: x-small;">(15 ottobre 1923 - 15 ottobre 2023)</span><br /><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3fVkybSFs4PIe0GWOG8qW3YW1E4U9cghfaqN0AC8b5ksEcUVBBR6TYvj2APzpGm3gb_TddunaIsdtz7J_9FHSzxXXBT9gj5B47KkHfCNELYu6v-pMS8kxlAjZ9aghIvsEoFWq2lKmrt9NT5HqsPKId43DoYQjgO6Azsbx2oUGySI4NcXTB505ZgFz5jg/s4032/Calvino.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2268" data-original-width="4032" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3fVkybSFs4PIe0GWOG8qW3YW1E4U9cghfaqN0AC8b5ksEcUVBBR6TYvj2APzpGm3gb_TddunaIsdtz7J_9FHSzxXXBT9gj5B47KkHfCNELYu6v-pMS8kxlAjZ9aghIvsEoFWq2lKmrt9NT5HqsPKId43DoYQjgO6Azsbx2oUGySI4NcXTB505ZgFz5jg/s16000/Calvino.jpg" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;">C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-79947614605819034972023-10-01T13:06:00.001+02:002023-10-01T13:06:54.322+02:00Le Cosmicomiche (Italo Calvino)<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">Q</span>uest'anno che ricorre il centenario della nascita di Italo Calvino ho
deciso di affrontare la lettura di un testo che prometteva di esulare
dalla mia <i>comfort zone</i>: la raccolta dei racconti delle <i>Cosmicomiche</i>
(1965). Si tratta di dodici racconti-descrizione, in cui i due aspetti
tendono a confondersi. Ciascuno di essi è ispirato alla lettura di una teoria
scientifica: lungi dall'essere classificabili, come erroneamente spesso
accade, come fantascienza, questi quadretti non proiettano ad un
futuro tecnologico, ma, semmai, al passato dell'origine dell'universo e ad
ere ormai dimenticate in cui la distanza fra i corpi celesti era molto
ridotta e l'essere era un gran calderone ribollente.<br /></div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8RYN5nBGcpA859q_9iyEGhluUErSFMuSowbivpjt3XrRnK0wuJoXsc87ZxYGcp1pG4fwfBhOsAxH8tT_3kJK75R6XWjC7w7ErILR3MA0oNP5Q2aQ-rtyMLC-C86OdVItSh9ZLcxMYvBxMXEQ-SmfTyA7uW2VIkhrWQOBA9hGhjDt-CsQtfcAI_jF5OzE/s1550/Le%20cosmicomiche.JPG" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1550" data-original-width="1000" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8RYN5nBGcpA859q_9iyEGhluUErSFMuSowbivpjt3XrRnK0wuJoXsc87ZxYGcp1pG4fwfBhOsAxH8tT_3kJK75R6XWjC7w7ErILR3MA0oNP5Q2aQ-rtyMLC-C86OdVItSh9ZLcxMYvBxMXEQ-SmfTyA7uW2VIkhrWQOBA9hGhjDt-CsQtfcAI_jF5OzE/w258-h400/Le%20cosmicomiche.JPG" width="258" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">A unire i
racconti è la voce di un vecchio saggio, <i>Qfwfq</i>, testimone di questo
passato dimenticato, memore dei tempi in cui si poteva salire sulla luna
con una scala, del dominio dei dinosauri e del momento in cui la vita
cominciò a diffondersi fuori dall'acqua. Questo personaggio indefinibile
esisteva quando tutta la materia era riunita in un punto ed esiste
nell'epoca moderna, ricorda l'estrazione del latte di luna, le scommesse
sulle probabilità del verificarsi di un certo evento nel volgere dei
millenni, le partite a bilie con gli atomi.<br />Stringendo con il
lettore un patto narrativo che obbliga alla sospensione di qualsiasi
possibilità di figurarsi l'inimmaginabile, anche in questo scritto, come
accadrà ne <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2014/05/le-citta-invisibili-calvino.html" target="_blank"><i>Le città invisibili</i></a>, Italo Calvino dà prova del suo talento
caleidoscopico, dell'ineguagliabile capacità di giocare narrativamente
sulle possibilità di un mondo in trasformazione, sulla suggestione delle
novità scientifiche a proposito dell'infinitamente grande e
dell'infinitamente piccolo.<br />In una raccolta labirintica, a tratti
cervellotica, si distinguono dei veri e propri gioielli: <i>La distanza
dalla luna</i>, <i>I Dinosauri</i>, <i>Tutto in un punto</i>, <i>Lo zio acquatico</i>. Nel
complesso è una lettura che merita, anche se, a mio avviso, Calvino ha
dato il meglio in altri testi: come sapete se mi seguite da un po',
preferisco sempre i romanzi ai racconti, ma anche limitando alla
narrativa breve il mio giudizio ho trovato altrove il meglio di Calvino,
ad esempio ne <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2016/01/il-castello-dei-destini-incrociati.html" target="_blank"><i>Il castello dei destini incrociati</i></a>, in <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2015/09/marcovaldo-calvino.html" target="_blank"><i>Marcovaldo</i></a> o nelle
stesse <i>Città invisibili</i>.</div><div style="text-align: justify;"><blockquote><p align="justify">Esatto, quel tempo là ci si impiega, mica meno, - disse Qfwfq, - io una volta passando feci un segno in un punto dello spazio, apposta per poterlo ritrovare duecento milioni d'anni dopo, quando saremmo ripassati di lì al prossimo giro. Un segno come? È difficile da dire perché se vi si dice segno voi pensate subito a un qualcosa che si distingue da un qualcosa, e lì non c'era niente che si distinguesse da niente. [...] La forma da dare al segno, voi dite non è un problema perché qualsiasi forma abbia, un segno basta serva da segno, cioè sia diverso oppure uguale ad altri segni: anche qui voi fate presto a parlare, ma io a quell'epoca non avevo esempi a cui rifarmi per dire lo faccio uguale o lo faccio diverso, cose da copiare non ce n'erano, e neppure una linea, retta o curva che fosse, si sapeva cos'era, o un punto, o una sporgenza o rientranza.</p></blockquote>C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-5881240349819357252023-09-18T09:30:00.004+02:002024-01-04T11:58:25.773+01:00Il club delle fate dei libri - Thomas Montasser<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">P</span>artiamo dalla fine. Il romanzo di Thomas Montasser <i>Il club delle fate
dei libri </i>(Feltrinelli) sviluppa il tema enunciato nelle ultime righe:
«Il mondo della letteratura è un miracolo. E noi siamo tutti messaggeri
degli dèi.».<br />Messaggero degli dèi è innanzitutto Victor,
musicista per passione, fattorino per professione, che si appassiona ai
libri mentre cerca un canale di comunicazione con Bianca Martini,
l'inquilina di un palazzo che ne ordina a volontà e che lui immagina
come una donna giovane e affascinante. Bianca Martini è invece un'anziana signora,
ormai vedova, che lavora in un negozio di tè e trascorre il tempo libero
in compagnia di tanti amici di carta. Cercando dei volumi da donare
alla misteriosa abitante delle sue fantasie, Victor include nel suo giro di
consegne una libreria e si lascia consigliare di volta in volta dalla proprietaria; giorno dopo giorno, però, le sue frequentazioni si
arricchiscono con l'arrivo di Leon, un bambino che gli suggerisce di
approfittare dei numerosi resi per allestire un <i>bibliobus</i> che
rimetta in circolo testi che sarebbero destinati al macero. Completa il
quadro Venerdì, un meticcio azzoppato quasi investito da Victor; ché, si
sa, <i>tutte le storie sono più belle quando c'è un cane</i>.<br /><i>Il club
delle fate dei libri</i> è composto di quindici agili capitoli che seguono
le prosastiche avventure di questi personaggi e i loro colloqui sui libri
e sulla letteratura. Pagina dopo pagina conosciamo meglio Victor,
scopriamo con lui i testi in cui si imbatte, osserviamo i suoi scambi di
libri e biglietti con Bianca Martini, chiedendoci se e quando avverrà
un incontro reale fra i due. Fra le numerose relazioni che Victor
allaccia con i destinatari dei pacchi che giungono nel suo furgone
incontriamo gli habitué dei resi, i mariti infastiditi dal suono del
campanello e indossatrici di raffinata lingerie, ma sono solo le
confezioni che lasciano immaginare un contenuto di pagine piene
d'inchiostro a rendere emozionanti le giornate di Victor e a costruire
dei ponti solidi, destinati a condurlo lontano.<br />Con questo
racconto leggero e orientato al puro svago, Thomas Montasser cattura
facilmente i bibliofili, tuttavia non soddisfa pienamente le
aspettative, perché alcuni spunti e alcune situazioni non trovano lo
sviluppo che meriterebbero e altre che non vengono chiarite; anche i
riferimenti ai libri letti da Victor, Bianca Martini e Leon rimangono
superficiali (in alcuni casi sono citati testi non tradotti, quindi
anche un approfondimento autonomo diventa difficile). Il filo conduttore
della narrazione è la capacità dei libri di legare persone che senza di
essi non si incontrerebbero, accendendo la fiamma di rapporti, amicizie
e collaborazioni: un bel messaggio, nel quale senza dubbio si può
riconoscere chiunque abbia condiviso con amici, parenti e conoscenti
qualche lettura, un libro donato o prestato. Uno scavo al di sotto di
questa innegabile verità avrebbe reso <i>Il club delle fate dei libri</i> molto
più significativo.</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3tm38lzhbsn209FPQj0cpZRD_WFN1f653f-H5BAQwlpXnyfS1qsWHw5hveGA1-TqV6VmpA_HCzug0GKGCkgTOrP0ivXKyeAAFy1gA_o5Orh19c8JkqT0WYLhp1Pi8lHb75Vw6PSrWXXWGUDwxy9Bl675Fh7KYtCSSzAGjr8Xg7QASyblmZtEoH2yKBpE/s4576/Il%20club%20delle%20fate%20dei%20libri.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2574" data-original-width="4576" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3tm38lzhbsn209FPQj0cpZRD_WFN1f653f-H5BAQwlpXnyfS1qsWHw5hveGA1-TqV6VmpA_HCzug0GKGCkgTOrP0ivXKyeAAFy1gA_o5Orh19c8JkqT0WYLhp1Pi8lHb75Vw6PSrWXXWGUDwxy9Bl675Fh7KYtCSSzAGjr8Xg7QASyblmZtEoH2yKBpE/s16000/Il%20club%20delle%20fate%20dei%20libri.jpg" /></a></div><blockquote><p align="justify">I
libri uniscono le persone. Lettrici e lettori, bambini e adulti,
libraie e clienti, sconosciute e sconosciuti che hanno tutti una cosa in
comune: un cuore che batte per la letteratura.<br />Un bibliobus è
una splendida inziativa, quasi quanto una libreria. Invoglia a sfogliare
le pagine, a curiosare, a scoprire e, soprattutto, a rallentare.</p></blockquote>C.M.</div><br /><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-76874260704203063272023-09-11T08:00:00.001+02:002023-09-11T08:00:00.149+02:00Fame d'aria - Daniele Mencarelli<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">H</span>o aspettato che si concludesse l'evento di Festivaletteratura dedicato a
Daniele Mencarelli per parlare del suo ultimo romanzo, <i>Fame d'aria</i>
(Mondadori), letto a un paio di mesi di distanza da <i><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/06/tutto-chiede-salvezza-daniele-mencarelli.html" target="_blank">Tutto chiede salvezza</a></i>: l'incontro con l'autore mi incuriosiva per sondare il fondo
della storia del protagonista, Pietro, per costruire la quale Mencarelli
ha ancora una volta attinto al proprio vissuto.<br /><i>Fame d'aria </i>
affronta il difficile tema della solitudine delle famiglie di fronte
alla malattia che piomba improvvisa a sconvolgere progetti, sogni e
investimenti, imponendo enormi e snervanti sacrifici per la semplice
sopravvivenza. Pietro è un cinquantenne che, nel suo viaggio verso la
Puglia, dove si è dato appuntamento con la moglie Bianca per festeggiare l'anniversario, finisce per caso nell'immaginario borgo molisano di Sant'Anna del Sannio
quando la sua auto si guasta; al meccanico che lo soccorre e lo
accompagna nell'unico bar del paese, che conserva ancora le stanze della
vecchia pensione, appare il suo strano accompagnatore: è il figlio
Jacopo, autistico a basso funzionamento, che, secondo l'automatica
presentazione del padre, <i>non parla, non sa fare nulla, si piscia e caca
addosso</i>. Per Pietro inventarsi il superamento dei pochi giorni necessari
alla riparazione dell'auto, fra spese inaspettate per le necessità
fisiologiche di Jacopo e per il pernottamento nell'albergo di Agata, è
solo l'ultima di tante imprese impossibili alle quali l'accudimento di
Jacopo lo ha abituato. <br />Schiacciato dai debiti, pieno di rabbia,
frustrato e stanco sia della pietà che degli inutili tentativi di aiuto
che riceve dal prossimo, Pietro rappresenta tanti familiari abbandonati
all'impoverimento per malattia, psicologicamente distrutti, ignorati
dalle istituzioni. In continua lotta per mettere insieme qualche soldo e
per ritagliarsi un attimo di riposo, Pietro porta nel romanzo un
dramma urgente che, tuttavia, non si impine all'attenzione dell'opinione
pubblica perché manca la capacità di far fronte comune e l'ipocrisia,
unita a una grottesca etica della sofferenza, la fa apparre marginale,
quando, invece, coinvolge tante famiglie.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0Qm_t3RC0IhHb33301URrhe3ybKnxyBVd2xv6rjNXg5CoPU9Ks4yqbjYLlvOvL7cMQytu5hyUHk29Z93lwYbpbAROcmcecK5XD6ExC8rk4cpQSuw49O6alXXLh3T8BGcuC5bq1y6Avnw--Jppk7yq4BWetW0WL45fpyjeyRpt67FBIwD69tPLIV_nHFs/s1256/Fame%20d'aria%20-%20Mencarelli.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="957" data-original-width="1256" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh0Qm_t3RC0IhHb33301URrhe3ybKnxyBVd2xv6rjNXg5CoPU9Ks4yqbjYLlvOvL7cMQytu5hyUHk29Z93lwYbpbAROcmcecK5XD6ExC8rk4cpQSuw49O6alXXLh3T8BGcuC5bq1y6Avnw--Jppk7yq4BWetW0WL45fpyjeyRpt67FBIwD69tPLIV_nHFs/s16000/Fame%20d'aria%20-%20Mencarelli.jpg" /></a></div> </div><div style="text-align: justify;">Sulla questione,
toccando qui e là la trama del romanzo, giovedì 7 settembre Daniele
Mencarelli ha dialogato con Massimo Cirri nel corso dell'incontro <i>La
normalità è una lotteria</i>, nell'ambito di Festivaletteratura. Il
colloquio, durante il quale il peso delle tematiche della malattia,
dell'abbandono, della resistenza e della solidarietà (una particolare
forma di solidarietà che è stata definita <i>normalità larga</i>) è stato
stemperato da interventi ironici, graffianti e provocatori, ha
travalicato i confini della presentazione di un libro e si è trasformato
in un momento prezioso di riflessione sociale e culturale. Ne è emersa
l'urgenza di raccontare di Mencarelli, che con <i>Fame d'aria</i> ha voluto dar
voce a chi una voce non ha, secondo un'idea altissima di letteratura,
che, per sua natura, è sempre impegnata, perché sempre parla a qualcuno
di sé, del suo prossimo, della realtà in cui vive. <br />Come già in
<i>Tutto chiede salvezza</i>, ho trovato in <i>Fame d'aria</i> e nell'intervento
mantovano di Mencarelli la profondità, la schiettezza e l'onestà di chi
ha sperimentato e quindi conosce bene ciò di cui racconta. La storia di
Pietro e Jacopo è un macigno e non merita una liquidazione ipocrita: il
lettore vi trova la cruda rappresentazione di ciò che spesso è
vicinissimo a noi e di cui, però, possiamo appena immaginare i risvolti, ma
anche, nei dialoghi del protagonista con i personaggi secondari, una
rassegna dei punti di vista che evidenzia l'impotenza dell'individuo
solo contro il mondo.<br /><br />C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-53756351435427421222023-08-28T08:00:00.001+02:002023-08-28T08:00:00.220+02:00Segnalibri #12<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">L</span>'appuntamento di oggi con i Segnalibri decreta ufficialmente la fine
delle vacanze e, quindi, della lettura assidua: con la ripresa della
scuola (eh sì, noi insegnanti, anche se qualcuno non l'ha ancora capito e
anche nell'estate 2023 ha continuato a blaterare dei famosi "tre mesi
di ferie", siamo già al lavoro) il ritmo si attenuerà inevitabilmente e
probabilmente anche il blog risentirà degli impegni.<br />I libri di
cui parlo qui sono i due che mi hanno tenuto compagnia in spiaggia e
sull'aereo per Creta e ritorno: <i>I rondoni</i> di Fernando Aramburu e <i>La
sorella di Mozart</i> di Rita Charbonnier, due testi che mi hanno
avvinta, ma sui quali alla fine ho avuto giudizi molto diversi. <br /></div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWm82SOJJzWo3rMyTc8KBoALqZY3HdLCdkW2vCPs-0FxrQ9B9NCXo8YyqP16ehYodjK5dYMYuTFb5zWh9DRH5skigWOprK3G6NhhMcwKFRo3R8Pygyjn-c3rj0YiCH7DA_LwT2EbopIblEHY8lT8XYnz6UeElwCGDjS2a5MxNbk5IEoiy_i5ZyaiVdSgs/s1920/Segnalibri.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1920" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWm82SOJJzWo3rMyTc8KBoALqZY3HdLCdkW2vCPs-0FxrQ9B9NCXo8YyqP16ehYodjK5dYMYuTFb5zWh9DRH5skigWOprK3G6NhhMcwKFRo3R8Pygyjn-c3rj0YiCH7DA_LwT2EbopIblEHY8lT8XYnz6UeElwCGDjS2a5MxNbk5IEoiy_i5ZyaiVdSgs/s16000/Segnalibri.jpg" /></a></div><br /><i><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgY9WDQGrGCwf2RrIfW82W_6HOivjxwCsPJJJ0vt_BZm0qVLzhdudeFVqsBxTwQRNRWAToXp1dRajeLhGE7NgSxk2uodtqOa6P7koWPr5bvApdWcQEhTWX4Sn3PE2I4arsTRfW2UbMihaqSMoHKL5ciTc8SxBeWDyDNGhh13NsEX-tdwFxXKx-deaQx04E/s2560/I%20rondoni.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2560" data-original-width="1651" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgY9WDQGrGCwf2RrIfW82W_6HOivjxwCsPJJJ0vt_BZm0qVLzhdudeFVqsBxTwQRNRWAToXp1dRajeLhGE7NgSxk2uodtqOa6P7koWPr5bvApdWcQEhTWX4Sn3PE2I4arsTRfW2UbMihaqSMoHKL5ciTc8SxBeWDyDNGhh13NsEX-tdwFxXKx-deaQx04E/w258-h400/I%20rondoni.jpg" width="258" /></a></div></i></div><div style="text-align: justify;"><i>I
rondoni</i> è il romanzo con cui ho per la prima volta avvicinato la penna dell'acclamatissimo Fernando Aramburu. Racconta la storia di
Toni, un professore di filosofia di Madrid che ha deciso di redigere un
memoriale nel corso dell'anno che lo condurrà alla morte: ha
infatti stabilito esattamente la data del proprio suicidio e fra le
pagine fa il punto su un'esistenza segnata da tante amarezze e al tempo
stesso confeziona una sorta di lascito per chi gli sopravvivrà e che in
nessun caso potrà avere di lui un'immagine migliore di quella che si è
fatto mentre viveva. Toni ha sulle spalle un divorzio tormentato, un
figlio problematico costantemente alla ricerca di denaro, una madre
inferma, un fratello con cui non è mai andato d'accordo e un lavoro che
svolge da anni stancamente e che disprezza da molto tempo. Ha deciso di porre
fine alla propria esistenza, reclamando il sacrosanto diritto di ciascuno di concluderla
se non più nulla da dare: giorno dopo giorno abbandona pezzi della
propria biblioteca per la città e si confida con l'unico amico,
Bellagamba, che condivide con lui ampie parti della visione della vita
umana e che fa riemergere dal passato di Toni una donna da lui respinta.
Fra un incontro e l'altro Toni inserisce frammenti di flashback che
illuminano alcuni momenti della sua vita, in particolare il rapporto fra
i genitori, la morte del padre, gli screzi col fratello Raul, il
fastidio dei suoceri, le liti con la moglie Amalia, l'emergere delle
difficoltà cognitive e comportamentali del figlio Nikita, le esperienze
sessuali, gli episodi più sgradevoli verificatisi durante le lezioni.<br /><i>I
rondoni</i> (Guanda, traduzione di Bruno Arpaia) si è rivelato una lettura piacevole e scorrevole, tuttavia per
buona parte delle settecento pagine del racconto il suo protagonista mi ha spinto a distaccarmene. Le riflessioni di Toni sulla vita, sulla
felicità, sulla ricerca dell'essere umano sono molto profonde, ma colui
che le genera è un personaggio fastidioso, che non nutre un
briciolo di stima per nessuno, morbosamente attaccato al sesso,
malfidente, amareggiato dai maltrattamenti che subisce ma mai disposto a
smussare i propri comportamenti per rendersi meno sgradevole, anzi
orgogliosamente fermo nel suo <i>contemptus mundi</i>. Il narratore
autodiegetico, che a tratti mi ha ricordato un moderno e ben meno reticente <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2015/04/la-coscienza-di-zeno-svevo.html" target="_blank">Zeno</a>, rende la
ricostruzione di ogni avvenimento parziale e potenzialmente
inaffidabile, tratto accentuato proprio dal carattere del personaggio.
Verso la conclusione del romanzo la prospettiva cambia un po', forse
perché ci si rassegna ad accettare Toni per come è e, tutto sommato, si
finisce per accettarne la coerenza e il desiderio di non presentarsi
migliore di come appaia. Il mio giudizio complessivo è quindi tiepido,
non all'altezza delle aspettative che la sintesi di copertina aveva
nutrito; va però detto che ho già altri due libri di Aramburu in lista, perché
comunque la prosa e la capacità narrativa di questo scrittore sono indiscutibili.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibq3tHm5kFQACAwMC7D5oFrb8RLKJvpfQVH0ULI5ZvFydQFEL25TIMC7aZfH7ib6Ia4AKMkHZ1f0pbcitVGAoMebMA3okgVTB7GWCFg7hfZ__NhWs_t5CFc2SP5iXf3qiex3YjQUoPJoPo84ZzTt1AZfXFnloPkRdIdPjnbX42Jf0gTUmeeV9RbdPWscU/s278/La%20sorella%20di%20Mozart.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="278" data-original-width="182" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEibq3tHm5kFQACAwMC7D5oFrb8RLKJvpfQVH0ULI5ZvFydQFEL25TIMC7aZfH7ib6Ia4AKMkHZ1f0pbcitVGAoMebMA3okgVTB7GWCFg7hfZ__NhWs_t5CFc2SP5iXf3qiex3YjQUoPJoPo84ZzTt1AZfXFnloPkRdIdPjnbX42Jf0gTUmeeV9RbdPWscU/w261-h400/La%20sorella%20di%20Mozart.png" width="261" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">Molto
più veloce, sciolta e brillante è stata invece la lettura de <i>La sorella
di Mozart</i> di Rita Charbonnier (Marcos y Marcos), un romanzo che ricostruisce la storia di
Maria Anna Walburga Ignatia Mozart, detta Nannerl, sorella del più
famoso Wolfgang Amadeus. Musicista appassionata, Charbonnier dedica a
questa figura una celebrazione che la storia le ha negato relegandola
nell'ombra del genio del fratello; lo fa con un racconto largamente
ispirato a vicende reali, con il contrappunto dell'invenzione narrativa
che le permette di scavare nei sentimenti di una talentosa strumentista e
compositrice che da giovanissima si è esibita con il fratello, ma ha poi dovuto rassegnarsi a impartire lezioni di cembalo per la scelta del padre di
puntare tutto su Wolfgang Amadeus, nella convinzione che la scrittura
musicale non sia attività destinata alle donne. Quello di Nannerl è un
talento soffocato, calpestato come quello di tanti brillanti artiste del
passato, ma che lo stesso Wolfgang Amadeus ha sempre riconosciuto. La
narrazione del rapporto d'infanzia dei due Mozart è tenera e fiabesca,
soprattutto per l'affettuoso legame che li porta a identificarsi come re
e regina del <i>Regno di dietro</i> e che li spinge a giocare con le note e
con le partiture; subentrano poi le difficoltà di un'adolescenza e di
una maturità che portano Wolfgang all'apice del successo e
dell'apprezzamento e limitano l'espressione, i sogni e le aspirazioni di Nannerl, che non solo deve finanziare con le
sue lezioni i costosi viaggi del fratello ma subisce le conseguenze della vita gaudente e libertina da lui condotta a
Salisburgo.<br />Agile, appassionato e ricco di informazioni storiche e
culturali, <i>La sorella di Mozart </i>è una delle migliori letture
dell'estate e, finora, dell'anno. Ad ogni riga emergono l'attaccamento di
Charbonnier al personaggio protagonista e il suo amore per
la musica, che sa descrivere in maniera magistrale, travolgente e
precisa: sembra di vedere i gesti, le espressioni, l'abbandono di
Nannerl al flusso delle note quando suona, si può pesare il valore di
ogni giudizio musicale da lei espresso. Inoltre il romanzo è uno
struggente inno al talento soffocato di una donna, di tante donne con
lei, uno straordinario ritratto che restituisce dignità ad un
personaggio che, se non ha goduto della fama dell'altro Mozart, ha però
contribuito in maniera determinante al successo della sua memoria presso
i posteri, curando l'edizione di tutte le sue composizioni e
permettendo la sopravvivenza del genio di Wolfgang Amaedus oltre la
breve vita del fratello.<br /><br />C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-72013460958379812962023-08-16T08:00:00.001+02:002023-08-16T08:00:00.155+02:00Kitchen - Banana Yoshimoto<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">A</span>nni fa lessi, come primo libro di Banana Yoshimoto, <i>Presagio triste</i>, di cui non ebbi un giudizio positivo e e che, anzi, trovai piuttosto lento e
pesante, tuttavia il successo dei romanzi della scrittrice giapponese mi
ha sempre lasciato la curiosità di conoscerla meglio e quest'estate ho
deciso di dar loro una seconda possibilità. Ho scelto <i>Kitchen </i>(1988), il
romanzo che l'ha fatta conoscere nel suo Paese e anche in Italia e che
mi ha lasciato un'impressione ben diversa dalla prima.<br />Tradotto
da Giorgio Amitrano per Feltrinelli, <i>Kitchen</i> è un libro in cui
confluiscono le due parti dell'omonimo romanzo e un racconto più breve,
<i>Moonlight Shadow</i>. Sono due storie accomunate dal tema della perdita,
brevi, essenziali ma emotivamente forti.<br />La protagonista di
<i>Kitchen</i> è Mikage, una giovane che, alla morte della nonna, unica parente
rimasta, viene accolta dalla famiglia Tanabata, composta da Yūichi e da
sua madre Eriko, scoprendosi parte di una nuova famiglia, del tutto
anticonvenzionale ma ugualmente accogliente e capace di farla sentire
bene. Mikage è appassionata di cucina, non solo perché ama cucinare, ma
perché preparare cibo diventa per lei un modo per comunicare con gli
altri e prendersi cura di loro; di conseguenza anche l'ambiente cucina
assume un ruolo simbolico, quasi sacro. Dormendo sul divano dei Tanabe,
Mikage si lascia cullare dal ronzio del frigorifero, al risveglio ama
preparare la colazione e infondere così il suo affetto nella famiglia
adottiva. Anche quando Mikage riacquisirà la propria indipendenza,
diventando assistente di una maestra di cucina, e quando altri eventi
faranno piovere lo sconforto nella sua vita e in quella di Yūichi, i due
rimarranno uno per l'altra la persona più importante. <br />In
<i>Moonlight Shadow</i>, invece, troviamo Satsuki, che sta attraversando un
periodo molto difficile a causa della morte, in un incidente, del suo
ragazzo Hitoshi. La ragazza è indissolubilmente legata ad un ponte sul
fiume, dove lei e Hitoshi erano soliti darsi appuntamento, come se
frequentare quel posto potesse in qualche modo farlo comparire al di
fuori dei sogni angosciosi in cui la perdita si ripete innumerevoli
volte. Qui, un giorno, Satsuki inconra Urara, una ragazza misteriosa che
decide di condividere con lei un segreto prezioso.<br />In entrambi i
racconti Banana Yoshimoto dà prova di una ammirevole capacità di far
parlare gli stati d'animo: <i>Kitchen </i>e <i>Moonligth Shadow</i> non sono storie
che trattengono la tensione mantenendo alto il coinvolgimento, in
un certo senso si può dire che non accade granché. Eppure c'è questa
narrazione delicata, che scende nel profondo dei sentimenti anche con
pochissime parole, restituendoli in maniera forte e incisiva. Fra le
pagine di questo libro ho trovato tanta attualità e quel modo
tipicamente giapponese di parlare delle relazioni, in uno stile che lo
stesso Amitrano, nella sua postfazione, riconduce alle atmosfere e alle
situazioni dello <i>shōjo manga</i>, il fumetto per ragazze, spesso incentrato sulle tematiche familiari, dell'identità personale e sessuale, dell'amicizia e dell'amore. Ho dunque rivalutato questa scrittrice, di
cui, a questo punto, continuerò a leggere i romanzi, magari tornando
proprio a quel <i>Presagio triste</i> che dalla Yoshimoto mi aveva allontanato.<br /><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ0Yw3phd7qVhsqajy4EbQ1Ir8vKhny_AR6jL5gZr6HqeQVJn9dGEdOVS6qX09jSwHWk6eyfoAY2lXOi1XWo0q2zUFPR01ywL56I_Y5cRlF4k-_rLguv2q7mc3jthtq0Y0rQYHnzubATTIXm5YD-hClc2_gCN7-wA39-rAfcUedJodqWZ1MfsiD7JSOPk/s4576/Kitchen.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2574" data-original-width="4576" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJ0Yw3phd7qVhsqajy4EbQ1Ir8vKhny_AR6jL5gZr6HqeQVJn9dGEdOVS6qX09jSwHWk6eyfoAY2lXOi1XWo0q2zUFPR01ywL56I_Y5cRlF4k-_rLguv2q7mc3jthtq0Y0rQYHnzubATTIXm5YD-hClc2_gCN7-wA39-rAfcUedJodqWZ1MfsiD7JSOPk/s16000/Kitchen.jpg" /></a></div></div><div style="text-align: justify;"><blockquote><p align="justify">Però
qui non posso restare in eterno, pensai tornando a guardare la rivista.
Anche se solo a pensarlo mi dà le vertigini, devo andarmene.<br />Forse un giorno in un altro posto mi ricorderò di questa casa con nostalgia.<br />Oppure chissà, un giorno mi ritroverò di nuovo qui, in questa stessa cucina.<br />Comunque ora sono qui, insieme a questa mamma potentissima e a questo ragazzo dallo sguardo dolce. E questo per me è tutto.<br />Diventerò
grande, accadranno tante cose e toccherò il fondo molte volte. Soffrirò
molte volte e molte volte mi rimetterò in piedi. Non mi lascerò
sconfiggere. Non mi lascerò andare.</p></blockquote>C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-13231287052937736542023-08-14T08:30:00.003+02:002023-08-14T09:56:03.525+02:00Leggere Lolita a Teheran - Azar Nafisi<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">A</span> distanza di vent'anni dalla prima pubblicazione, <i>Leggere Lolita a
Theran</i> della scrittrice iraniana Azar Nafisi continua a comparire nelle
classifiche dei libri più venduti. Nella sintesi di copertina
dell'edizione italiana (Adelphi) è presentato come <i>uno dei più toccanti
atti d'amore per la letteratura mai professati</i> e si capisce fin dalle
prime pagine cosa questo significhi e quanto sia vero.</div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"><blockquote><p align="justify">Scrissi sulla lavagna una delle mie
citazioni di Adorno preferite: «La più alta forma di moralità è sentirsi
degli estranei in casa propria». Spiegai che spesso le grandi opere di
fantasia servivano proprio a questo, a farci sentire estranei in casa
nostra. La migliore letteratura ci costringe sempre a interrogarci su
ciò che tenderemmo a dare per scontato, e mette in discussione
tradizioni e credenze che sembravano incrollabili. Invitai i miei
studenti a leggere i testi che avrei loro assegnato soffermandosi sempre
a riflettere sul modo in cui li scombussolavano, il turbavano, li
costringevano a guardare il mondo, come fa Alice nel paese delle
meraviglie, con occhi diversi.</p></blockquote></div><div style="text-align: justify;">Fra le
pagine di questo estratto biografico, romanzato in minima parte per
proteggere le identità dei personaggi reali e per adattarsi al filtro
del ricordo, Azar Nafisi racconta del suo rapporto con la letteratura,
con l'insegnamento e con gli eventi seguiti alla rivoluzione che ha
condotto l'Iran dalla monarchia dello scià all'ascesa dell'ayatollah
Komehini e del regime islamico (1979), con le pesanti conseguenze che ha
avuto sui diritti civili, in particolare su quelli femminili.<br>In
<i>Leggere Lolita a Teheran</i> sono ricostruite le drammatiche vicende
storiche, dalle proteste contro le restrizioni della monarchia alla
delusione per l'affermazione di un governo ancor più opprimente, dalla
laicizzazione forzata imposta dallo scià alla repressione del dissenso e
alle restrizioni sulle libertà delle ragazze e delle donne. Per
continuare a professare il suo amore per la letteratura, il diritto di
leggere, commentare e interpretare i testi americani, Azar Nafisi, che
ha goduto da giovane dell'opportunità di studiare all'estero e ha avuto
la fortuna di trovare sostegno in alcune figure maschili determinanti
nella sua vita, ha dato vita nel 1995 (due anni prima di lasciare
Teheran per gli Stati Uniti), nel salotto di casa, a un seminario
privato, destinato ad alcune delle sue studentesse più brillanti. </div><div style="text-align: justify;"> <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhijMjO_dmrtGW9V3T0G7QBeRS2mvcuaaq1SFix9qNWZFAcc79ktKiGQusZl4HLzT8LW9v158njCz6dzW1ODMEaBdf2XFZZMS13141WDIwpWoe7pd6DwbTGppG0MzOzXAmeOBD3q1S33LqvDCJe3B-Xy2dwm9AvdAD5p_0XXRSkM332Y3sj9Vgmr2KAs9A/s4201/Leggere%20Lolita%20a%20Teheran.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2574" data-original-width="4201" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhijMjO_dmrtGW9V3T0G7QBeRS2mvcuaaq1SFix9qNWZFAcc79ktKiGQusZl4HLzT8LW9v158njCz6dzW1ODMEaBdf2XFZZMS13141WDIwpWoe7pd6DwbTGppG0MzOzXAmeOBD3q1S33LqvDCJe3B-Xy2dwm9AvdAD5p_0XXRSkM332Y3sj9Vgmr2KAs9A/s16000/Leggere%20Lolita%20a%20Teheran.jpg"></a></div></div><div style="text-align: justify;"><blockquote><p align="justify">In
quelle poche, preziose ore ci sentivamo libere di confessare dolori e
gioie, inibizioni e debolezze; in quello spazio atemporale ci
spogliavamo di ogni responsabilità verso i genitori, i parenti, gli
amici e la Repubblica islamica. Raccontavamo tutto ciò che ci succedeva
con parole nostre, e per una volta ci vedevamo con i nostri occhi, e non
con quelli degli altri.</p></blockquote>Fra le pareti della sua casa, Azar Nafisi
discute con alcune ragazze molto diverse fra loro delle pagine dei
grandi classici inglesi e americani, offrendo loro la possibilità di
avvicinarsi a ciò che è proibito ma che costituisce un'esperienza di
crescita e di critica irrinunciabile, una finestra su un mondo in cui
donne come la professoressa Nafisi, Manna, Mashid, Yassi, Azin, Mitra,
Sanaz, Nassrin possono muoversi solo con il chador, a testa bassa e
possibilmente accompagnate da uomini della famiglia. In questi momenti
Nafisi e le sue allieve costruiscono un prezioso spazio personale per
interrogarsi su aspetti sociali e personali rispetto ai quali l'unica
voce ammessa è quella del regime, liberamente, con la propria testa:
sono le pagine di Nabokov (in particolare di <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2023/06/lolita-vladimir-nabokov.html" target="_blank"><i>Lolita</i></a>), Fitzgerald (<a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it/2013/05/il-grande-gatsby-scott-fitzgerald.html" target="_blank"><i>Il grande Gatsby</i></a>), James (Daisy Miller), Austen (<a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2020/02/orgoglio-e-pregiudizio-jane-austen.html" target="_blank"><i>Orgoglio e pregiudizio</i></a>) e di altri
scrittori <i>proibiti</i>, testimoni della <i>decadenza occidentale</i>, a fornire
loro occasioni per esplorare il mondo, i comportamenti umani, i propri
desideri.<br><blockquote><p align="justify">Ho detto che ci incontravamo nel mio soggiorno per
proteggerci dalla realtà esterna. Ho anche detto che quella realtà
continuava a pretendere la nostra attenzione, come un bambino viziato
che non vuole concedere ai poveri genitori nemmeno un attimo di tregua.
Influenzava i nostri momenti di intimità, ne cambiava le forme, ci
precipitava in un’improvvisa e inaspettata complicità. Arrivavamo a
conoscerci a fondo in tanti modi diversi. Non soltanto le attività più
ordinarie acquistavano una luce tutta nuova, per via di quel nostro
segreto; era la stessa vita quotidiana, nella sua interezza, che a volte
finiva per assomigliare alla finzione. Ci svelavamo a vicenda aspetti
della nostra personalità che nemmeno sapevamo esistessero. Ogni volta mi
sembrava di spogliarmi di fronte a perfette sconosciute.</p></blockquote>Ai
momenti-chiave di questo singolare seminario Nafisi alterna la
narrazione delle vicende politiche e del modo in cui è cambiato il suo
ruolo nell'università, nella quale affermare la propria libertà
diventava di giorno in giorno più difficile: riporta sprazzi delle sue
lezioni, dei dibattiti, dei <i>processi</i> ai romanzi e ai loro autori indetti
in risposta alle provocazioni e alle contestazioni degli studenti
radicalizzati, le misure di censura, di allontanamento dei docenti non
allineati, di incarcerazione ed esecuzione di studenti e studentesse, la
paura dei bombardamenti durante la guerra con l'Iraq, la lettura
clandestina, l'isolamento culturale e il sogno di ricominciare a vivere
altrove.<br>In tutta l'esperienza umana e professionale ricostruita
in <i>Leggere Lolita a Teheran</i> cogliamo l'attaccamento orgoglioso di
un'insegnante al suo mondo, fatto di parole, di testi, di desiderio di
problematizzare, di interrogare gli autori non per ottenere spiegazioni
ma per sfiorare voci in grado di spiazzare, di mettere in crisi la
percezione del mondo e alimentare un circolo infinito di interrogativi e
di ricerca su di sé e sul mondo, tanto più importante quando qualsiasi
libertà di essere viene negata. Nafisi raccomanda alle sue studentesse:
«Non sminuire mai, in nessuna circostanza un’opera letteraria cercando
di trasformarla in una copia della vita reale; ciò che cerchiamo nella
letteratura non è la realtà, ma un’epifania della verità.»,
sintetizzando il senso delle conversazioni che si tengono nel suo
salotto. Un seminario letterario diventa allora un'ancora di salvezza,
un'isola di libertà che, se da un lato permette alle giovani studentesse
e alla loro insegnante di respirare, dall'altro acuisce la percezione
delle negazioni subite.<br><i>Leggere Lolita a Teheran</i> è un
libro profondo e appassionante, che merita pienamente il successo di cui
continua a godere: si presenta come uno strumento per conoscere un
pezzo di storia iraniana e per approfondire la riflessione sui diritti
umani; al tempo stesso, è davvero una testimonianza potente della
devozione dell'autrice verso la letteratura, la parola, la narrativa,
vissute come esperienze di vita non meno importanti di quelle esterne
alle pagine.<br><blockquote><p align="justify">«Un romanzo non è un’allegoria» dissi verso la fine
della lezione. «È l’esperienza sensoriale di un altro mondo. Se non
entrate in quel mondo, se non trattenete il respiro insieme ai
personaggi, se non vi lasciate coinvolgere nel loro destino, non
arriverete mai a identificarvi con loro, non arriverete mai al cuore del
libro. È così che si legge un romanzo: come se fosse qualcosa da
inalare, da tenere nei polmoni. Dunque, cominciate a respirare.
Ricordate solo questo. È tutto; potete andare.»</p></blockquote>C.M.</div><p style="text-align: left;"></p><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-8766268390764268832023-08-09T09:30:00.001+02:002023-08-09T09:30:00.148+02:00Giulia, la figlia di Augusto - Lorenzo Braccesi<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">L</span>a fine della Repubblica, l'affermazione del principato, la cultura di
epoca augustea costituiscono uno dei più interessanti snodi della storia
antica, intorno ai quali si definisce una intricata rete di personaggi e
di relazioni. In uno scenario politico che ha per protagonisti, come è
ovvio, uomini di potere di estrazione senatoria o militare, si
distinguono forse per la prima volta in maniera importante anche delle
figure femminili: quella di Livia Drusilla, moglie di Augusto, e quella
di Giulia, unica figlia del <i>princeps</i>. Della prima è ben nota la capacità
di influenzare gli eventi e le scelte del consorte, ma la seconda è una
figura meno conosciuta, che la storiografia contemporanea, non certo imparziale, ha
presentato perlopiù come la protagonista di scandali sessuali.<br /></div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmD1fIkbdE36b7GLL78AGGNQ5CBpiSEPaLvPuvBnd7_d1qHPbLwarZivRSs5JbqCXIr9t399Eky727qRekIjkOpGC8h9o05yKsPNJy2ocLljvtivAFmYikN5oJwt-u9h3Ajk8wPNtb5GdtLcjZNSaoCdc8N_gtP5CED5raRZaoaGqj0vt6_rrJQBrcWD4/s2464/Giulia%20la%20figlia%20di%20Augusto.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2464" data-original-width="1648" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmD1fIkbdE36b7GLL78AGGNQ5CBpiSEPaLvPuvBnd7_d1qHPbLwarZivRSs5JbqCXIr9t399Eky727qRekIjkOpGC8h9o05yKsPNJy2ocLljvtivAFmYikN5oJwt-u9h3Ajk8wPNtb5GdtLcjZNSaoCdc8N_gtP5CED5raRZaoaGqj0vt6_rrJQBrcWD4/w268-h400/Giulia%20la%20figlia%20di%20Augusto.jpg" width="268" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">Al
personaggio di Giulia è dedicato il libro di Lorenzo Braccesi <i>Giulia,
la figlia di Augusto</i> (Laterza, 2012), che indaga nel labirinto delle
relazioni fra i membri della dinastia giulio-claudia e incrocia fonti
non solo storico-biografiche ma anche letterarie, restituendo ad una
donna che, secondo le aspettative della sua epoca, ha fallito
nell'incarnare l'immagine della perfetta matrona romana la forte
personalità che l'ha resa la protagonista di una vera e propria
rivoluzione, oltre che l'eroina della plebe romana.<br />Nata dal
primo matrimonio di Gaio Giulio Cesare Ottaviano con Scribonia, nel 39
a.C., Giulia divenne ben presto, come di norma accadeva nella società
romana, lo strumento di costruzione di alleanze politiche e, nell'ottica
della successione al principato, della procreazione di eredi legittimi
della <i>gens Iulia</i> a cui affidare le sorti dello Stato. Sposò dapprima
Gaio Marcello (primo erede designato da Augusto), poi Marco Vipsanio
Agrippa (amico fidato e compagno d'armi del <i>princeps</i>), infine Tiberio
Claudio Nerone (figlio di Livia e secondo imperatore); nacquero dal secondo matrimonio i suoi
figli Gaio, Lucio, Giulia, Agrippina e Agrippa Postumo, i primi dei
quali adottati da Augusto e destinati a succedergli (forse in coppia
diarchica), se non fossero morti prima di lui. Giulia è descritta nel
comune affresco della storia come una libertina incapace di rinunciare
al lusso e al prestigio della propria posizione, che legò a sé diversi
amanti, il più famoso dei quali fu Iullo Antonio, figlio di quel Marco
Antonio che il padre aveva sconfitto ad Azio nel 31 a.C. e della prima
moglie di lui, Fulvia, ma cresciuto come suo cugino nella casa di
Ottavia (sorella di Augusto e seconda moglie di Antonio). Iullo fu
poeta, come lo fu il più famoso Publio Ovidio Nasone, che scontò con
l'esilio a Tomi, sul Mar Nero, la pubblicazione degli sconci versi
dell'<i>Ars amatoria</i> e un comportamento di estrema gravità, accuse che nei
suoi <i>Tristia</i> sarebbero state riassunte nella formula nebulosa di <i>carmen et error</i>.
L'esilio di Ovidio seguì di dieci anni quello di Giulia, allontanata da
corte e relegata a Ventotene in applicazione delle leggi introdotte dal
padre contro gli adulteri e a <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2014/08/il-bimillenario-di-augusto.html" target="_blank">tutela della morale pubblica</a>; trasferita
in seguito a Crotone, Giulia vi morì nel 14 d.C., lo stesso anno in cui morirono Augusto e Agrippa Postumo, assassinato a Pianosa.<br />Lorenzo
Braccesi ricostruisce dunque una biografia di Giulia che, però, diventa
anche a tratti la biografia di altri membri della sua famiglia, in
particolare di Iullo Antonio, Gaio e Lucio e Agrippa Postumo. La sua
vicenda personale si intreccia con le ambizioni di Livia, col progetto
di una unificazione del sangue delle <i>gentes</i> Giulia e Claudia e con le
congiure ordite ai danni del <i>princeps</i>, tutte sventate. Proprio su quest'ultimo punto di
concentra lo storico, che esplora in particolare l'attività del circolo
di Giulia, quel gruppo di letterati fra cui spicca Iullo Antonio, di cui
fece parte forse anche Ovidio e che coltivò probabilmente, al di là di
intenti estetici e artistici, dei progetti politici incompatibili con il
principato così come lo aveva costruito Augusto. Fra le pagine del libro, Giulia si sottrae
alle vicende puramente scandalistiche per affermarsi come una pioniera
della libertà sessuale e, insieme, come una rivoluzionaria che, fra una
provocazione e l'altra, mira a costruire un potere per sé e per il suo
innamorato di una vita, rivitalizzando e reinterpretando anche
l'esperienza di Antonio e Cleopatra in un Egitto che sembra averla
venerata come una nuova Afrodite.<br />Giulia figlia di Augusto, madre
dei <i>principes iuventutis</i>, amante appassionata, letterata raffinata, astuta congiurata è un
personaggio ben diverso dalla <i>mulier lasciva </i>che si incontra nella
vulgata, ma non per questo romanzato: tutte le congetture di Braccesi si
basano su un apparato di fonti ben fondato e continuamente interrogato,
di cui anche i non addetti ai lavori possono agevolmente fruire (anche
grazie agli alberi genealogici inseriti in appendice). Quello di
Braccesi è un saggio imperdibile per chi ha amato questa figura e le
vicende di cui è stata protagonista attraverso il romanzo <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2017/11/augustus-williams.html" target="_blank"><i>Augustus</i></a> di
John Williams o, viceversa, il romanzo diventerà il necessario
completamento per chi abbia esplorato la vita di Giulia attraverso questa avvincente
biografia.<br /><br />C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-14672337645793474062023-08-07T08:30:00.002+02:002023-08-07T10:39:41.583+02:00Mastro Geppetto - Fabio Stassi<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">L</span>'anno scorso il gruppo teatrale della mia scuola, di cui sono
referente, ha portato in scena un adattamento della fiaba di <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2022/03/pinocchio-collodi.html" target="_blank"><i>Pinocchio</i></a>
proposta dal nostro regista; era incentrato sulla figura del burattino e sul
tema-chiave della crescita, delle aspettative e della ricerca di sé.
Per poter seguire il lavoro e i risvolti del testo in quell'occasione
lessi per la prima volta il libro di Carlo Collodi, scoprendo un
racconto molto più ricco e complesso del previsto.<br />Nel 2020 Fabio
Stassi ha dedicato un romanzo al personaggio di Geppetto, immaginando
la genesi della fiaba nello scenario popolare di un paesello sugli
Appennini, fra grotta spoglia e fredda in cui vive il falegname e
l'osteria nella quale viene ordita una grande beffa ai suoi danni. A
partire dal dono al povero artigiano di un pezzo di legno di cui
Mastr'Antonio decanta la capacità di ridere e parlare, assistiamo alla
costruzione e all'evoluzione del rapporto di Mastro Geppetto con la sua
marionetta, che tratta come un vero e proprio figlio e che si mette a
inseguire dopo la sua sparizione, al termine della prima mattina di
scuola.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmJQbNbfFDr0IN9smlHoPKEUpqahmrsXIkQVtcYh1YjtdQRd5ICrCXoFUHFNBcVcuc2k7QNCw3hX1FwT7jD8xjxPtd_s8mi-jN6XChBm8Kxfb0SjTtOYSktQInjIkHeqqxaE6i7OHXsofth6_Ub-HkMBWl4LnG9u3a5Y0fxAdPO8HUznZcsasZaIPrBUI/s3520/Mastro%20Geppetto.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2574" data-original-width="3520" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmJQbNbfFDr0IN9smlHoPKEUpqahmrsXIkQVtcYh1YjtdQRd5ICrCXoFUHFNBcVcuc2k7QNCw3hX1FwT7jD8xjxPtd_s8mi-jN6XChBm8Kxfb0SjTtOYSktQInjIkHeqqxaE6i7OHXsofth6_Ub-HkMBWl4LnG9u3a5Y0fxAdPO8HUznZcsasZaIPrBUI/s16000/Mastro%20Geppetto.jpg" /></a></div><br /></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">C'è l'abbecedario di Pinocchio, ci sono i suoi vestiti di
carta, c'è il grillo parlante e ci sono perfino Mangiafuoco e la coppia del
Gatto e la Volpe in questo romanzo iperealistico: sulla scia di alcuni
dei più noti episodi del racconto collodiano Fabio Stassi intesse una
narrazione intensa e profonda che mantiene i toni della fiaba popolare,
ma ne accentua il sostrato quotidiano e prosastico che lo stesso
protagonista reclama. Mastro Geppetto, infatti, versa in condizioni di
grande miseria, al punto che rinuncia senza più protestare a nutrirsi e a
ripararsi dal freddo; inizia a vivere per la sua marionetta, l'unica
destinataria di attenzione e di affetto in un'esistenza fatta di
solitudine e bisogno, e per lei (non con lei, come avrebbe voluto) si
mette a girare il mondo o, almeno, un pezzo del mondo esterno al suo
paesino. Geppetto è oggetto degli scherzi crudeli dei suoi
compaesani, è il diverso che viene deriso ed emarginato, una figura
talmente smarrita da apparire un clown senza esserlo; è l'emblema di una
tragedia profonda, in cui si mescola lo smarrimento di tante persone
che si perdono poco alla volta, che si consumano in un isolamento
infrangibile ma mantengono vivo in sé lo stimolo a inseguire qualcosa di
importante, anche quando non hanno più la capacità di descriverlo e di
definirlo.<br />Alcuni capitoli ci presentano delle situazioni che
sembrano non avere nulla di realistico e che possono apparire slegate
fra loro: occorre arrivare all'ultimo, anzi al congedo affidato da Fabio
Stassi alle ultime pagine, per capire a cosa si debbano questi "buchi".
<i>Mastro Geppetto</i> (edito da Sellerio) è un romanzo breve, struggente, un colpo allo stomaco
che dà a una narrazione fantastica che tutti più o meno conosciamo un
fondamento tristemente quotidiano che non ci aspetteremmo. <br /><blockquote><p align="justify">Il
vecchio somiglia a una di quelle candele che si accorciano un giorno
dopo l'altro, ma fino all'ultimo, a osservarle bene, mandano un pochino
di luce. Sta raccontando una storia, e per quanto possa apparire
incredibile, nel cerchio di questo camerone, la sua voce è un fiume in
piena. </p></blockquote>C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-16014919076754797832023-08-02T08:30:00.002+02:002023-08-02T10:26:23.890+02:00Cenere - Grazia Deledda<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">N</span>el chiudere l'esperienza di rilettura di <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2022/08/canne-al-vento-grazia-deledda.html" target="_blank"><i>Canne al Vento</i></a>, avevo promesso di
approfondire la lettura dei romanzi di Grazia Deledda. Me lo ha permesso
la ripubblicazione di <i>Cenere</i> da parte della casa editrice Utopia, che
ha fatto tornare l'unica scrittrice italiana premio Nobel in un mercato
nel quale ha sempre avuto una presenza altalenante e perlopiù limitata
ai titoli principali.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3xLyctDRv02A6W9MkMRZN8x0oUhZZm5jvuosqkcYzlCEj2aqndDtkS0TT51ItaMd92QbMYY9lWgKKC6_w9FrjAF-EBpbrvGd7j2yrVnM764FVzruesdv1ZzJE3YZVAW9ZXJ4L2r6rmKU6rTAICll9meW-mft79K1q4iL251pEXGHLOkfkGfHp2-rtS1k/s4346/Cenere.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2574" data-original-width="4346" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3xLyctDRv02A6W9MkMRZN8x0oUhZZm5jvuosqkcYzlCEj2aqndDtkS0TT51ItaMd92QbMYY9lWgKKC6_w9FrjAF-EBpbrvGd7j2yrVnM764FVzruesdv1ZzJE3YZVAW9ZXJ4L2r6rmKU6rTAICll9meW-mft79K1q4iL251pEXGHLOkfkGfHp2-rtS1k/s16000/Cenere.jpg" /></a></div> <br /></div><div style="text-align: justify;">Scritto nel 1903, il racconto ha per
protagonista Anania e, come un'entità dalla quale non può staccarsi, sua
madre Olì. Anania è nato a Fonni dalla passione della giovanissima Olì
per un lavoratore di Nuoro, Anania Atonzu, ma questi è sposato e la
maternità al di fuori del matrimonio è per Olì lo stigma della
perdizione. Olì è cacciata di casa e trova rifugio presso la vedova
Grathia e Anania cresce in compagnia di Zuanne, suo figlio, finché Olì
non prende la difficile decisione di portarlo a Nuoro con un amuleto al
collo e con la speranza che il padre lo cresca con migliori possibilità
di quelle che potrebbe garantirgli lei. Infatti Anania viene
riconosciuto come figlio ed è amorevolmente accolto da Tatàna, la moglie
del padre, inoltre gli fa da padrino il datore di lavoro del genitore,
il signor Carboni. Grazie a questo sostegno Anania può studiare,
frequentare il liceo e il corso di laurea in legge, prima a Cagliari e
poi a Roma, nutrendo nel frattempo un amore totalizzante per la figlia
di Carboni, Margherita, che lo ricambia fin dall'inizio. Ma più
accarezza la speranza di un matrimonio con Margherita, più il ragazzo è
tormentato dal ricordo della madre. Nei confronti di Olì Anania nutre
sentimenti contrastanti: da un lato il rancore per un abbandono a cui
però Anania deve la stessa possibilità di ascesa sociale e di felicità
che gli si prospetta davanti, dall'altro la sensazione di doversi fare
carico del riscatto della madre, che la spinge a cercarla; al tempo
stesso si chiede se Margherita sarà in grado di accettare che della sua
vita faccia parte una donna sciagurata, su cui grava un peccato che agli
occhi della società rurale nuorese appare imperdonabile.<br /><i>Cenere
</i>è, come <i>Canne al vento</i>, un romanzo che emerge dalla patina verista con
la forza travolgente di un moderno romanzo psicologico. Anania è l'unico
perno di una vicenda in cui Olì è poco più che una proiezione, un
fantasma che col suo passato determina la percezione che il ragazzo ha
di sé e del proprio futuro. Lo scavo di Grazia Deledda nei meandri di
un'anima sconquassata dal bisogno rabbioso di avere una madre e dal
terrore che salvare quella madre sia impossibile è di una potenza
travolgente, il modo in cui quest'anima dialoga con il paesaggio sardo
commovente.<br />Sebbene preceda di dieci anni <i>Canne al vento</i>, <i>Cenere</i>
presenta un ritmo narrativo più sostenuto, compattato intorno alla
figura di Anania (rispetto alla coralità del romanzo successivo),
inoltre sfrutta le potenzialità della narrativa di formazione e di un
lascito di ispirazione romantica che si fa sentire anche nelle
rimembranze letterarie.<br />Per questo e per la sua prosa sciolta,
grazie alla quale l'individuo e il paesaggio della sua vita si fondono
in un unico grande personaggio che trasuda l'eredità di un microcosmo
sociale e di una dimensione culturale dominata da una cupa percezione
della colpa e della redenzione, <i>Cenere</i> mi ha appassionata più di <i>Canne al
vento</i> e conferma la necessità di una maggior valorizzazione di Grazia
Deledda. <br /><blockquote><p align="justify">Di tanto in tanto avveniva una specie di vuoto
nella sua mente; stanco di tormentarsi, allora egli vagava col pensiero
dietro visioni estranee al crudele problema che lo urgeva: la voce del
mare gli pareva il muggito di mille tori cozzanti invano contro la
scogliera; e per contrapposto pensava ad una foresta scossa dal vento e
inargentata dalla luna, e ricordava i boschi dell'Orthobene dove tante
volte, mentre egli coglieva viole, il rumore del vento sugli elci gli
aveva dato appunto l'illusione del mare. Ma all'improvviso il crudele
problema tornava.</p></blockquote>C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-74479605842262687992023-07-31T07:30:00.001+02:002023-07-31T07:30:00.142+02:00I patrioti - Sana Krasikov<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">A</span>vevo bisogno dell'estate e dei suoi tempi dilatati per potermi
concentrare su un romanzo che mi ha catturata fin dalla sua
pubblicazione, risalente al novembre 2022. <i>I patrioti</i> di Sana Krasikov
(Fazi editore, traduzione di Velia Februari) si è subito imposto alla
mia attenzione per la promessa di una storia di forti passioni nel
contesto dell'Unione sovietica e ha pienamente soddisfatto le mie aspettative. L'autrice, di origini ucraine ma da
tempo residente negli Stati Uniti, affronta un racconto di disillusione
che si muove lungo due piani temporali e geografici, seguendo le vicende
di tre personaggi (una madre, il figlio e il nipote) dagli anni '30 al
2008.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHsuVIjSul-UAOf1q6Ogib8ZuKz__dj2LsDuCKoIwBrzo-b4x6nukA4-5yjziK9eV3QBiGDbvUIXA1_Mxl8rppAuQ6zu81rUcEVWgPCmVgOyBV14TzzzOIbtZrN4rhyVZPF9FxRetJpQpkT0lnD_Cj4oi_BT8IZNv-T4NWTiot9UHNvnMCaueFAcm7UwE/s4576/I%20Patrioti.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2574" data-original-width="4576" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjHsuVIjSul-UAOf1q6Ogib8ZuKz__dj2LsDuCKoIwBrzo-b4x6nukA4-5yjziK9eV3QBiGDbvUIXA1_Mxl8rppAuQ6zu81rUcEVWgPCmVgOyBV14TzzzOIbtZrN4rhyVZPF9FxRetJpQpkT0lnD_Cj4oi_BT8IZNv-T4NWTiot9UHNvnMCaueFAcm7UwE/s16000/I%20Patrioti.jpg" /></a></div><br /></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">Il filo conduttore della storia è il personaggio di Julian,
nato nell'Unione sovietica ma trasferitosi negli Stati Uniti per la
profonda delusione e l'insofferenza verso i limiti e il peso del regime
nella vita quotidiana; in occasione del suo rientro in Russia per affari,
cerca di convincere il figlio Lenny, che vive a Mosca da anni, a
tornare in America, sottolineando le insidie e le ingiustizie che sono
radicate nel Paese anche nell'era di Putin. Durante il suo soggiorno in
Russia, però, Julian intende anche ricostruire il passato della propria
famiglia, che gli sembra finalmente accessibile grazie alla
desecretazione del registro del KGB relativo a sua madre, Florence Fein,
arrestata nel 1949 e reclusa nei campi di lavoro. Nonostante la donna
sia morta da tempo, Julian non ha mai potuto far luce su alcuni aspetti
delle accuse mosse contro di lei, sulla sorte di suo padre, incarcerato
sette mesi prima di Florence, sugli anni della prigionia della donna,
durante i quali lui è cresciuto in un istituto statale per orfani,
e sui motivi del suo rilascio. Così, a intervallare le sezioni del
racconto affidate a Julian (l'unico narratore in prima persona),
intervengono le ampie sequenze della storia di Florence, che iniziano
con la sconvolgente decisione della ragazza di lasciare Brooklyn per
inseguire il sogno egalitario del socialismo e, insieme, una travolgente
passione, e terminano con gli anni successivi alla scarcerazione,
trascorsi accanto al figlio e ai nipoti. Americana piena di aspettative,
fiera della propria indipendenza e delle proprie idee, Florence si
lascia abbagliare da un modello economico-sociale completamente diverso
da quello dell'ambiente in cui è cresciuta, al punto da non vedere il
disagio che la coglie non appena si mette alla ricerca di un alloggio e
da non sentire tutti gli avvertimenti che fin dall'inizio le vengono
rivolti. Incapace di leggere i segnali di pericolo che si susseguono
nelle sue giornate o non disposta a farlo a causa del suo orgoglio,
Florence rimane impassibile di fronte ai licenziamenti che subisce, alla
discriminazione verso gli Americani (che, pure, come lei <i>servono</i> al
<i>sistema</i>) e alla comunità ebraica a cui appartiene, alle misure di
limitazione delle libertà fondamentali, che si fa sempre più soffocante.
Qualcosa inizia a cambiare quando la giovane donna si vede requisire il
passaporto americano e si ritrova cittadina sovietica, senza più alcuna
tutela da parte delle istituzioni degli Stati Uniti, eppure Florence
finisce per adattarsi al terribile gioco degli interrogatori, inventando
più o meno intenzionalmente delle verità da fornire agli inquirenti nel
tentativo di salvare se stessa e la propria famiglia.<br />Storia di forti passioni e di profondi conflitti, <i>I
patrioti</i> risulta coinvolgente e capace di suscitare forti emozioni nel
lettore, che si sente ora portato a incoraggiare una giovane idealista,
ora allibito dalla coerenza con cui Florence si adatta ad un sistema
violento, contro il quale non si schiera mai apertamente e che, anzi,
finisce per favorire. Attraverso la descrizione del lavoro e della
quotidianità familiare della protagonista, emergono le brutture di un
totalitarismo i cui tratti per lungo tempo sono stati ignorati e coperti
dalla propaganda roboante dell'URSS, ma anche l'inattività di quei
Paesi che, pur contrapponendosi al mondo sovietico, non hanno insistito
per difendere e riscattare i loro cittadini entro l'Unione e li hanno
trattati come dei <i>traditori</i>. Florence Fein attrae il lettore nelle
contraddizioni di un sogno politico che in pochissimo tempo si rivela un
incubo, obbligandolo ad assistere alla degradazione dell'accettazione
attuata per la sopravvivenza: Florence capisce ben presto che, se la polizia
esige da lei una confessione per smascherare dissidenti e complotti,
non potrà soddisfarla con tiepide affermazioni né con ammissioni di
ignoranza e anche dopo la reclusione non abbandona l'istinto che la spinge a collaborare con tutte le sue forze, pur di
salvarsi, pur di continuare a sperare di rivedere suo figlio. Al tempo
stesso ci avviciniamo a Julian, al suo astio nei confronti di una Russia
che non gli appare ancora abbastanza lontana dal mondo sovietico che ha
conosciuto da giovane, ancora disposta a lasciare il controllo ai potenti che operano con l'intimidazione e mezzi di
stampo mafioso. Ma soprattutto il lettore indagherà con Julian i motivi
dell'atteggiamento della madre, alla quale non è mai riuscito a
strappare un'ammissione di errore, una condanna nei confronti del regime
che ha distrutto la loro famiglia.<br /><i>I patrioti</i> è dunque un romanzo complesso, articolato, in cui nulla è come appare, in cui le
parole e le azioni si prestano ad essere lette con la stessa ambiguità
con cui opera il regime che determina l'esistenza dei protagonisti. Se
proprio dovessi trovare un difetto in questo libro, sarebbe l'assenza di
note, specialmente quelle riguardanti alcune espressioni russe e nelle
sequenze strettamente finanziarie che intervengono nelle vicende di
Julian e Lenny e i cui retroscena appaiono talvolta poco chiari (soprattutto perché le
relative sezioni sono spezzate dagli inserti su Florence e si tende
quindi a perdere il filo). Con un po'di pazienza e prediligendo il
disegno generale al particolarismo di alcuni dialoghi, si riesce
comunque a godere della fenomenale costruzione narrativa di cui dà prova
Sana Krasikov, un'autrice che mi ha colpita anche la sua prosa ricca, distesa ed elegante.<br /><blockquote><p align=justify>Fino all'ultimo si era rifiutata di
soddisfare la mia curiosità, sfidandomi con i suoi silenzi, le sue
dissimulazioni, le sue elisioni. Non sul suo passato nei campi, di per
sé. Mi guardavo dall'insistere sulla sua discesa agli inferi,
rispettando il suo mutismo in merito. No, il silenzio di cui la
biasimavo era di altro genere. Quello che non riuscivo a tollerare era
la sua riluttanza a condannare il sistema stesso che aveva distrutto la
nostra famiglia. Il suo rifiuto di contestare il male che mi aveva
privato di un padre e mi aveva lasciato senza l'amore di una madre negli
anni in cui un bambino ne ha più bisogno.</blockquote>C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-91812203647533113962023-07-14T08:00:00.001+02:002023-07-14T08:00:00.164+02:00Moire, Fato e Necessità<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">S</span>i è soliti usare l'espressione "fatale" in relazione a qualcosa che
provoca la morte o comunque una grande sofferenza: le espressioni "colpo
fatale", "mossa fatale", "scelta fatale" in qualche modo evocano la rovina.
Ma il <b>Fato classico</b> non coincide con questa idea mortifera, anche se di
certo non la esclude e spesso nella letteratura viene ad essa associata.
Fato è ciò che è inevitabile, prescritto e preordinato, necessario,
ineludibile. Il Fato latino (da cui l'espressione che usiamo oggi) è,
come evidenzia l'uso della maiuscola, un'entità personificata, una forza
agente nella vita dell'essere umano, una presenza intangibile ma
innegabile. I Greci lo associavano alla <b>Moira</b>, una e trina, dato che si
parla anche delle tre Moire (αἱ Μοῖραι), corrispondenti alle tre <b>Parche </b>
dei Romani, che determinano la vita dell'uomo, cioè Cloto ("la
filatrice"), che svolge il filo della vita, Lachesi ("la
distributrice"), che lo misura e Atropo ("l'inflessibile"), che lo
recide.<br />La più celebre menzione di questa forza superiore si ha
nel <b>libro VI dell'<i>Iliade</i></b> (vv. 486-489); Ettore si sta congedando da
Andromaca presso le porte Scee e le ricorda che ciascun essere umano è
subordinato al disegno che gli è toccato in sorte (dal verbo μείρομαι,
"ricevere la propria parte"). <br /></div><div style="text-align: justify;"></div><blockquote><div style="text-align: justify;">Misera, non t'affliggere troppo nel cuore!<br />Nessuno contro il destino potrà gettarmi nell'Ade;<br />ma la Moira, ti dico, non c'è uomo che possa evitarla,<br />sia valoroso o vile, dal momento ch'è nato. </div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;">(trad. di Rosa Calzecchi Onesti, ed. Einaudi)</span></div></blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"></span>Tutti
i personaggi della mitologia greca sono subordinati a questa forza,
alla quale non sfuggono nemmeno gli dèi (su questo aspetto si tornerà in
seguito). K. Kerényi ricorda che nella pittura vascolare le Moire
possono apparire in quattro e che a Delfi se ne veneravano due, una
Moira della nascita e una della morte. Quale che fosse il loro numero,
le Moire rappresentano il destino degli esseri umani nella percezione
greca.<br />Ma chi sono queste Moire? In termini di genealogia, il
punto di riferimento principale è <b>Esiodo</b>, che nella <i><b>Teogonia</b></i> riporta due
possibili ascendenze di queste figure, che riconosce in numero di tre.
La prima volta sono menzionate come figlie della Notte (vv. 217-222)
insieme alle Kere, e alle sorelle congiuntamente viene riconosciuta la
<b>facoltà di assegnare il bene e il male agli uomini</b> e di perseguirne i
delitti; possiamo forse intendere la prima come prerogativa delle Moire e
la seconda come funzione delle Kere, che, pertanto, sarebbero
assimilate alle Erinni; è interessante notare che nei versi precedenti
Notte è indicata anche come madre di Moros (maschile di "Moira"), Ker
("Sventura", singolare di Kere) e Tanathos ("Morte"). Successivamente
(vv. 901-906) le Moire sono descritte come figlie di Zeus e Temi (la
"Norma secondo natura"), ma anche in questo caso sono dette le
responsabili dell'attribuzione del bene e del male ai mortali. <br />Nel
<b>racconto platonico di Er</b>, invece (<i>Repubblica</i> X, 617c-e), invece, le
Moire sono figlie della <b>Necessità</b> (Ἀνάγκη); le anime dei morti, in
particolare, si soffermano di fronte a Lachesi per ricevere in sorte la
nuova esistenza, secondo il principio della metempsicosi; due tratti
delle Moire e dell'assegnazione in sorte attirano l'attenzione in questo
mito. Innanzitutto a Cloto, Lachesi e Atropo viene attribuito
rispettivamente il canto delle cose passate (τὰ γεγονότα), presenti (τὰ
ὄντα) e future (τὰ μέλλοντα); in secondo luogo Lachesi, nell'assegnare i
beni e i mali procede senza intenzione: getta le sorti davanti alle
anime, e ciascuno raccoglie, scegliendola personalmente, la propria (che
è poi quella che gli cade più vicino), seppure si tratti, in fondo, di
un acquisto a scatola chiusa. In questo modo Lachesi può sentenziare «la
responsabilità è di chi sceglie; il dio non responsabile» (la duplice
frase nominale dell'originale, αἰτία ἑλομένου: θεὸς ἀναίτιος, appare
come una vera e propria sentenza).<br />Messe insieme, queste
informazioni tracciano il ritratto di una forza terribile e
ineluttabile, associata in particolare alle sciagure (vista l'ascendenza
dalla Notte insieme alla Morte e alla Sventura) ma in realtà
dispensatrice anche delle cose buone. Il contributo di Platone ci
permette di indagare il principio di <b>irrepsonsabilità del dio</b>, che da un
lato presiede al destino dei mortali (in quanto Moira), ma dall'altro
non agisce mosso da una passione personale, da una disposizione buona o
cattiva verso gli uomini, ma come conseguenza di una <i>loro</i> scelta. Si può
parlare, in un certo senso, di una responsabilità assunta
inconsapevolemente dall'uomo, a cui poi il dio si attiene con coerenza.
Non è però detto che questa stessa visione si possa trasferire a tutti
gli altri contesti, in primis a quello iliadico citato in apertura.<br />Moira
e Necessità, due idee che si sovrappongono nel Fato latino, determinano
la sorte dell'uomo, che ad esse è subordinato. Ce lo mostra con
chiarezza la <b>tragedia attica</b> dei secoli V e IV a.C., i cui protagonisti
sono quasi esclusivamente quelli del mito. Nessuno di loro è nelle
condizioni di autodeterminarsi e si incammina necessariamente e
fatalmente verso un <b>destino già definito</b>; l'eroe tragico può talvolta
operare delle scelte, ma, quali che siano, lo conducono allo stesso
punto, all'ineluttabile conclusione. Oreste, figlio di Agamennone,
sceglie di vendicare la morte del padre con l'uccisione della madre
Clitemnestra, macchiandosi così di un nuovo delitto, ma, se si astenesse
dal farlo, incorrerebbe comunque in una violazione del sacro legame fra
padre e figlio; <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2013/06/conflitto-totale-letica-di-antigone.html" target="_blank">Antigone</a> decide di dare sepoltura al fratello traditore
Polinice in onore alle leggi sacre degli dèi, ma in questo modo viola
la legge di Creonte, re di Tebe; Laio cerca di stornare da sé la
maledizione fatale che lo condanna ad essere ucciso dal figlio spedendo
Edipo a Corinto, ma questi lo ucciderà senza riconoscerlo come padre,
per una banale lite (si rimanda per questo a <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2022/06/segnalibri-6.html" target="_blank"><i>La morte della Pizia</i></a> di F.
Dürrenmatt). In ogni caso su questi personaggi incombe un destino già
tracciato, che li conduce alla morte o ad altro tipo di sventura. La
progressiva apertura ai tratti psicologici dei personaggi, che si
affacca con il dramma euripideo ma sarà effettiva a partire
dalle riscritture latine, attenuerà i tratti del fatalismo e della
necessità in favore di un movente delle azioni interno ai protagonisti
(ma questa è una trasformazione che non tratteremo).<br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVQDMVO5rIDMInS6GGgwabToSArjPeJEUQGv1NoBjeM5-1ti3Qf-nfwFgXBsiXI-XFbIFFM0cRYUZ2_QIeYK3junhMaPjT4AWe4y8yfcbUmWnUveUSvOHHcdk7M-ani0P9uBdPmCjo7KugPquZAkFqCTnoc8yv-4kGgxLSCpTk_VskOlU9R1AIvz9LNxs/s2126/Fato%20e%20Necessit%C3%A0%20-%20De%20Chirico,%20Edipo%20e%20la%20Sfinge.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2126" data-original-width="1570" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVQDMVO5rIDMInS6GGgwabToSArjPeJEUQGv1NoBjeM5-1ti3Qf-nfwFgXBsiXI-XFbIFFM0cRYUZ2_QIeYK3junhMaPjT4AWe4y8yfcbUmWnUveUSvOHHcdk7M-ani0P9uBdPmCjo7KugPquZAkFqCTnoc8yv-4kGgxLSCpTk_VskOlU9R1AIvz9LNxs/w473-h640/Fato%20e%20Necessit%C3%A0%20-%20De%20Chirico,%20Edipo%20e%20la%20Sfinge.jpg" width="473" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: small;">Giorgio De Chirico, Edipo e Sfinge (1968)</span><br /></td></tr></tbody></table><br /><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">È rimasto in
sospeso un interrogativo: <b>quale potere hanno gli dèi sul Fato?</b> Se diamo
credito a <b>Eschilo</b>, a determinare la necessità è la Moira triforme e
anche Zeus è ad essa subordinato (<i>Prometeo incatenato</i>, vv. 507-518).<br /></div><blockquote><div style="text-align: justify;">PROMETEO: La Quota Fatale decide la fine. [...] Fragile cosa l'ingegno, contro il destino che ci stringe.<br />CORO: Chi drizza la barra del Fato?<br />PROMETEO: Quota trina, e le Erinni, memoria di ferro.<br />CORO: Vuoi dire che Zeus è fragile contro di loro?<br />PROMETEO: Il suo futuro è obbligato, non può svincolarsi. </div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;">(traduzione di Ezio Savino - ed. Garzanti)</span></div></blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"></span>La
visione del Fato latino, così come emerge nell'<i>Eneide</i>, sottolinea la condizione della divinità subordinata al Destino: lo sa
bene Giunone, che non può in alcun modo opporsi alla glora dei
discendenti di Enea. Questa posizione del dio, del resto, avvalora la
tesi della sua irresponsabilità, infatti nessuna forma di amorevolezza o
odio nei confronti di un certo personaggio può variare la sua sorte.
Tuttavia troviamo prove di possibili intromissioni degli dèi nelle
vicende umane: è il caso di Apollo, che nelle <i><b>Eumenidi</b></i> di Eschilo (l'atto conclusivo
della tragedia di Oreste già citata) è accusato di aver sottratto alla
morte <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2014/01/alcesti-euripide.html" target="_blank">Admeto</a>, re di Fere, facendo ubriacare le Moire (vv. 723-730). </div><div style="text-align: justify;">Anche il concilio degli dèi che apre l'<i><b>Odissea</b></i> ci spinge a pensare che
le divinità abbiano il potere di determinare l'esito delle vicende degli
uomini, dal momento che è per decisione di Zeus, convinto da Atena, che
Odisseo può lasciare l'isola di Ogigia e riprendere il viaggio verso
Itaca, delibera di cui Poseidone, nemico dell'eroe, dovrà farsi una
ragione. Va però detto che già nella catabasi (narrata nel libro XI), un
fatto che precede di circa otto anni il rilascio di Odisseo dalla sua
prigione edenica, al protagonista del poema è già stato prospettato che
sarà per lui possibile, pur pagando il prezzo di tante sventure e della
perdita dei compagni, rientrare in patria. L'indovino <b><a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2017/07/Ulisse-Dante.html" target="_blank">Tiresia vede il futuro</a> e può vederlo perché già scritto</b>; pone però un'interessante
condizione, che fa pensare più ad un margine per l'azione dell'uomo che
per quella divinità: la sorte dei compagni dipenderà dal loro
comportamento, in particolare dalla capacità di lasciare illese le
Vacche del Sole. Odisseo, insomma, è destinato a tornare ad Itaca, ma
sembra poter agire su qualche variabile, così come gli dèi possono
rendere più facile o più difficile il raggiungimento del suo scopo.<br />Gli
interrogativi più interessanti a proposito del <b>conflitto di poteri fra
Zeus e le Moire</b> viene però dall'<b><i>Iliade</i></b>. Se Esiodo ci dice, come abbiamo
visto, che sono le Moire a distribuire i beni e i mali agli uomini,
diverso è il racconto di Achille a Priamo, quando il vecchio re, al fine
di convincere l'eroe a restituirgli il corpo di Ettore, lamenta le sue
sventure (XXIV, 525-533).<br /></div><blockquote><div style="text-align: justify;">Gli dèi filarono questo per i mortali infelici:<br />vivere nell’amarezza: essi invece son senza pene.<br />Due vasi son piantati sulla soglia di Zeus,<br />dei doni che dà, dei cattivi uno e l’altro dei buoni.<br />A chi mescolando ne dia Zeus che getta le folgori,<br />incontra a volte un male e altre volte un bene;<br />ma a chi dà solo dei tristi, lo fa disprezzato,<br />e mala fame lo insegue per la terra divina,<br />va errando senza onore né dagli dèi né dagli uomini.</div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;">(trad. di Rosa Calzecchi Onesti, ed. Einaudi)</span></div></blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"></span>Zeus
appare dunque il responsabile della felicità e della infelicità degli
uomini: è lui a prelevare dall'una e dall'altra giara gioie e sofferenze
e la speranza è che le mani del dio vi attingano in modo equilibrato,
che la manciata delle sventure non sia più nutrita dell'altra. Che a
prevalere possa essere la buona sorte non è un dibbio che sfiora
Achille, che ha chiarito da subito che l'infelicità è la nota costante
dell'esistenza degli uomini, assegnata loro dagli dei capricciosi e
invidiosi.<br />L'altra prerogativa che sembra avere Zeus rispetto
alle vicende della guerra di Troia emerge nei passi in cui si fa cenno
alla <b>bilancia d'oro </b>su cui il dio pone le Kere dei Troiani e degli Achei
(VIII, 60-74):<br /></div><blockquote><div style="text-align: justify;">Finché fu mattino e il giorno saliva,<br />sempre i dardi dalle due parti colpivano, cadeva la gente;<br />ma quando il sole raggiunse il mezzo del cielo,<br />allora il padre agganciò la bilancia d’oro:<br />e due Chere vi pose di morte lungo strazio,<br />dei Teucri domatori di cavalli e degli Argivi chitoni di bronzo;<br />la tenne sospesa pel mezzo; precipitò il giorno fatale degli Achei.<br />Le Chere degli Achei verso la terra nutrice di molti<br />piombarono, quelle dei Teucri salirono al cielo vasto. </div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;">(trad. di Rosa Calzecchi Onesti, ed. Einaudi)</span></div></blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"></span>Lo
stesso strumento compare nel duello fra Ettore e Achille (libro XXII,
208-2013). Atena sta combattendo con la protezione di Atena, invece al
fianco di Ettore sta Apollo; la situazione sarebbe impossibile da
risolvere senza l'intervento di Zeus.</div><div style="text-align: justify;"></div><blockquote><div style="text-align: justify;">Ma quando arrivarono la quarta
volta alle fonti,<br />allora Zeus agganciò la bilancia d'oro,<br />le due Chere di morte lunghi strazi vi pose,<br />quella d'Achille e quella d'Ettore domatore di cavalli,<br />la tenne sospesa nel mezzo: d'Ettore precipitò il giorno fatale<br />e finì giù nell'Ade; l'abbandonò allora Apollo. </div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;">(trad. di Rosa Calzecchi Onesti, ed. Einaudi)</span></div></blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"></span>Non
si può però dire che sia Zeus a determinare il destino di Ettore: la
bilancia fatale compare sì nelle sue mani, ma il dio si limita ad
osservare quanto le Kere - sorelle delle Moire, ricordiamo - pesino
sulla sorte dei due eroi. In qualche modo il gesto di Zeus serve a
rendere noto a tutti, compresi gli dèi che parteggiano per l'una o
l'altra parte, che l'esito degli scontri è già prescritto e che nulla
possono fare per cambiarlo, che il loro momento di gloria è giunto al
termine.<br />Anche Zeus, del resto, sa bene di doversi rassegnare a
quanto preordinato. Lo si vede al momento della morte di Serpedone,
quando il re degli dèi è tentato di abbattere Patroclo per risparmiare
suo figlio, il semidio Sarpedone (XVI, 433-438); confidatosi con Era, è da lei dissuaso
con l'argomento che gli altri dèi, che hanno a loro volta dei figli
impegnati nella guerra, rimarrebbero sdegnati e pretenderebbero di
salvare anche la loro prole. Zeus, dunque, potrebbe agire o lo stesso pericolo
della perdita della propria autorevolezza, la <b>minaccia di una sorta di
anarchia</b> costituisce la garanzia del compimento del Fato?<br />Analogamente,
sembra avere una scelta <b>Achille</b>, che nel libro IX riferisce a Odisseo,
inviato da Agamennone affinché lo convinca a tornare in battaglia, la
profezia di sua madre Teti (vv. 411-416):</div><div style="text-align: justify;"></div><blockquote><div style="text-align: justify;">La madre Teti, la dea dai piedi
d'argento, mi disse<br />che due sorti mi portano al termine di morte;<br />se, rimanendo, combatto intorno a Troia,<br />perirà il mio ritorno, la gloria perà sarà eterna;<br />se invece torno a casa, alla mia patria terra,<br />perirà la nobile gloria, ma a lungo la vita<br />godrò, non verrà subito a me destino di morte. </div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;">(trad. di Rosa Calzecchi Onesti, ed. Einaudi)</span></div></blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"></span>Ma
Achille ha davvero una scelta? Il bisogno di gloria (κλέος) potrebbe
cedere alla seduzione di una lunga e serena esistenza? Anche a lui, come
a Zeus, sembra sia posta una <b>condizione impossibile da considerare</b>, che
la fama e l'immortalità che ne conseguiranno siano per l'eroe ciò che
l'esigenza di ordine è per Zeus: una <b>necessità</b>. E la Moira di Necessità
potrebbe essere la figlia.<br /><br />C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-9196251296601392902023-07-12T08:00:00.003+02:002023-07-31T20:29:34.080+02:00Magnificat - Sonia Aggio<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">O</span>gni territorio è l'insieme della propria storia, delle comunità che lo
popolano, dei ritmi che le regolano, dei suoi elmenti naturali e della
percezione di questi ultimi: nel modo di vivere del passato la simbiosi
era evidente, inquadrata in una dimensione ancestrale e pertanto quasi
sacra. Ne sono una prova le numerose credenze di interventi salvifici ad opera di presunte divinità e le conseguenti opere votive, le
tradizioni che regolavano le attività contadine, le superstizioni
diffuse nelle campagne.<br>Oggi parliamo di un romanzo che unisce
proprio tutte queste componenti, compattandole intorno alla narrazione
di un cataclisma che ha colpito la nostra Penisola nel secolo scorso: la
terribile alluvione del Polesine del novembre 1951, che ha coinvolto in
particolare l'area di Rovigo. L'inondazione ha provocato
oltre cento vittime ed enormi trasformazioni nel territorio e nella
società colpiti, causando migrazioni, spopolamento e impoverimento di
un'area che ancora non si era ripresa dalle conseguenze del secondo
conflitto mondiale.<br> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifD2gKbrQh1Dcwb7VfSe1LSgwA6QuJt3UkFBX9cizeTIbsk2aHwP4duaK_5MPuZ_0sgWLiyDl7COJA7yLUd5VjGAm-DXgSuGBlK7QsnfNVmcFw4mlJfg0hRyLoVZZxHszAbEKryV5K1Z05PBNAzh3Q6FGTXDsIQcUqTo4XYRKYOv_Wr-quAf0NprgN_D8/s2178/Magnificat%20-%20foto.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1430" data-original-width="2178" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifD2gKbrQh1Dcwb7VfSe1LSgwA6QuJt3UkFBX9cizeTIbsk2aHwP4duaK_5MPuZ_0sgWLiyDl7COJA7yLUd5VjGAm-DXgSuGBlK7QsnfNVmcFw4mlJfg0hRyLoVZZxHszAbEKryV5K1Z05PBNAzh3Q6FGTXDsIQcUqTo4XYRKYOv_Wr-quAf0NprgN_D8/s16000/Magnificat%20-%20foto.jpg"></a></div><br></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;">Dall'urgenza di raccontare questo avvenimento
è nato il romanzo di Sonia Aggio <i>Magnificat</i> (Fazi), in cui la storia,
ricostruita in modo puntuale, quasi come una cronaca del disastro così
come è stato vissuto nei comuni di Occhiobello e Canaro, dialoga con le
vicende singolari vissute dalle due protagoniste.<br>Nilde e Norma
sono due cugine cresciute come sorelle dal momento in cui un
bombardamento sui centro abitati lungo il Po le ha rese orfane; si
spostano nelle campagne e lungo gli argini in bicicletta, Nilde,
bellissima e docile, per consegnare la biancheria ricamata, Norma,
selvatica e ribelle, per rubare le ciliegie. Un giorno, però, Norma
rientra a casa ferita e sporca e Nilde, che la soccorre amorevolmente,
non tarda ad accorgersi che qualcosa in lei è cambiato; la sensazione
diventa una certezza di fronte al comportamento inspiegabile di Norma,
che corre nei campi nel mezzo della tempesta, rimane lontana da casa per
giorni e, quando si fa rivedere, è stravolta, fuori di sé, incapace di
controllarsi, coperta di lividi e sangue. Il profondo legame fra le
cugine si sfalda per qualcosa di inspiegabile, gettando Nilde in uno
sconforto dal quale non riescono a risollevarla né le premure di
Gigliola né l'amore di suo figlio Domenico. Il dramma personale di Nilde
e Norma si intreccia con l'uscita in processione della statua della
Madonna, avversata da chi ritiene che rimuoverla dalla sua nicchia
porterà disgrazia, con la sparizione improvvisa di una ragazza, con
l'arrivo delle piogge incessanti e con inquietanti apparizioni legate
al fiume.<br>All'aprirsi del romanzo tutto è già accaduto o noto:
nel prologo, collocato nel 1958, l'alluvione è già alle spalle e sappiamo che Norma è morta. In
questo modo, quando si avvia la ricostruzione in analessi della vicenda
(prima secondo la prospettiva di Nilde, poi in quella di Norma), si
percepisce la tensione crescente che ci porta dall'incidente in
bicicletta alla rotta del Po e che si fa duplice, perché alla certezza
dell'inondazione si accompagna l'attesa dello scioglimento del mistero
di Norma.<br>In <i>Magnificat</i> il territorio polesano è scenario e
personaggio principale: sono la sua geografia, i suoi ritmi e le sue
suggestioni a muovere gli eventi in un intricato intreccio di fatti storicamente attestati o verosimili, con il surreale che scaturisce dal sostrato di miti,
superstizioni e credenze legate al fiume. Sonia Aggio sembra rivitalizzare la
percezione italica dei <i>numina</i> nel dare spazio ad un luogo che esprime se
stesso negli elementi che lo definiscono, capaci di proteggere e
minacciare, di siglare una guerra con gli uomini, di scegliere la pace e
di chiedere dei tributi. Tutto questo ci permette di ascrivere il
romanzo al filone del realismo magico, per il quale il confine fra
concreto e immaginario è estremamente sfuggente.<br>Che cosa ha
prodotto la trasformazione di Norma, cosa la spinge a rimanere
avvinghiata agli argini di fronte all'evidenza del loro imminente
crollo? Il lettore, che non potrà ricevere mai la risposta definitiva,
potrà essere come Nilde e convincersi che una spiegazione debba esistere
o potrà prendere le parti di Norma e accettare una necessità grande
quanto il fiume. In ogni caso potrà godersi questa eccezionale prova di narrativa.</div><div style="text-align: justify;"><blockquote><p align="justify">Si ferma solo per un istante. Sente gli occhi di Nilde sulla schiena, e quando si volta la vede alla finestra. Poi non ha più importanza: deve andare avanti. Il vento le porta l'odore della pioggia, e lei gli corre incontro, le narici dilatate, con l'istinto di mettersi a quattro zampe per far prima, per arrivare subito nel luogo in cui Lei l'aspetta. </p></blockquote>C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-31829141861152712802023-07-10T08:30:00.004+02:002023-07-31T18:50:08.177+02:00Segnalibri #11<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">L</span>'appuntamento di oggi con le mini-recensioni dei Segnalibri serve ad
appuntare alcune riflessioni su due romanzi che non mi hanno colpita, ma
che potrebbero cogliere l'interesse di lettori meno esigenti o
semplicemente interessati a due letture leggere, senza pretese. Li ho
scelti attratta da presentazioni che li facevano apparire più ricchi di
avvenimenti rispetto a quello che poi si è rivelato, trascinata da un
abile uso della comunicazione di copertina. Non sono però stati tempo
perso: nelle giornate calde e pigre come quelle che sto attraversando,
le loro trame semplici e i capitoli brevi hanno reso, se non
appassionanti, almeno gradevoli queste esperienze di lettura.</div><div style="text-align: justify;"><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkvY4Qvf86dElR9HANjL1R-lY79xYGpcaeB9YsNxUDkrROoL29SrwX3Poibs86zakQv7RtrBg9QPvtBhKW1-Wm2Oo4W7eDfV6sIBhcRMBXWNXkxoHkwO6z4ibASJBqk8JSUFaEt141sFEWRFrUlYKtKC3G_yh-Lo7BNbjmUuTZ_R5030F1SlopW-d6RmA/s1920/Segnalibri.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="1920" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkvY4Qvf86dElR9HANjL1R-lY79xYGpcaeB9YsNxUDkrROoL29SrwX3Poibs86zakQv7RtrBg9QPvtBhKW1-Wm2Oo4W7eDfV6sIBhcRMBXWNXkxoHkwO6z4ibASJBqk8JSUFaEt141sFEWRFrUlYKtKC3G_yh-Lo7BNbjmUuTZ_R5030F1SlopW-d6RmA/s16000/Segnalibri.jpg" /></a></div><br /></div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOSpyWU1Q1t61HIDGDQzN5CYXH7_rd-pIr24Mxl7EkkE5FtRbdaGKSSFEt78beuby9tcZB88_aGU86PnfwrHUiDK7_5pKzwyfqF4oiEqT9s0No6hHP_VDqv8NBFtsvkIhRXOS185cTkUEN6bHxwopx-8VSmBaSgy5r7Kbyz1ASWGSAHgbAtHVLfXftB_k/s2516/Due%20settimane%20in%20settembre.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2516" data-original-width="1654" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOSpyWU1Q1t61HIDGDQzN5CYXH7_rd-pIr24Mxl7EkkE5FtRbdaGKSSFEt78beuby9tcZB88_aGU86PnfwrHUiDK7_5pKzwyfqF4oiEqT9s0No6hHP_VDqv8NBFtsvkIhRXOS185cTkUEN6bHxwopx-8VSmBaSgy5r7Kbyz1ASWGSAHgbAtHVLfXftB_k/w263-h400/Due%20settimane%20in%20settembre.jpg" width="263" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">Il
primo segnalibro riguarda <b><i>Due settimane in settembre</i> di Robert Cedric
Sherriff</b> (Fazi, traduzione di Silvia Castoldi), un romanzo pubblicato
per la prima volta nel 1931 e rilanciato durante la pandemia dal
suggerimento di lettura di Kazuo Ishiguro. <br />La vicenda è
estremamente ordinaria, anzi prosastica: l'autore segue la famiglia
Stevens in vacanza, riprendendone mosse, aspettative e stati d'animo dal
giorno che precede la partenza, durante il viaggio in treno che si
prospetta come una grande avventura e in ogni giornata trascorsa in
villeggiatura. La meta è Bagnor Regis, unica contemplata dai coniugi
Stevens dai tempi della luna di miele; l'alloggio è iderogabilmente
nella pensione Vistamare dell'anziana signora Hugget; il rituale delle
giornate deve essere sempre lo stesso dai giochi in spiaggia del mattino
alla serata che il signor Stevens trascorre in un pub e la signora
Stevens in salotto col suo bicchiere corroborante di Porto. La famiglia
inglese replica ogni anno lo stesso tipo di esperienza, anche se
stavolta qualcosa di nuovo si insinua a pizzicare in positivo o in
negativo la routine: la casa della signora Hugget dà ormai segnali di
decadenza e i pensionanti non si succedono più nelle sue stanze con la
vivacità di un tempo; l'affitto di una cabina più grande si rivela un
eccezionale investimento e rende le giornate sulla spiaggia più
gradevoli rispetto a quelle degli anni passati; per Dick, appena passato
dagli studi al lavoro, le passeggiate in solitaria diventano
l'occasione per ristorarsi da un impiego insoddisfacente e per
proiettarsi ad un futuro professionale più stimolante; l'incontro con un
cliente del signor Stevens offre un impegno mondano imprevisto e
alquanto imbarazzante e Mary vive la sua prima esperienza sentimentale.<br />Due
settimane in settembre ha un avvio molto lento, con uno spazio
decisamente troppo ampio dedicato ai preparativi e al viaggio in treno,
che Sherriff ricostruisce con un ritmo tale che sembra che la vacanza
non valga tutte le preoccupazioni che la precedono. Dall'arrivo degli
Stevens a Bagnor, tuttavia, la narrazione diventa più vivace e il
lettore quasi avverte la carezza del sole sulla pelle e l'odore
dell'aria intrisa di salsedine, quasi fosse in mezzo agli Stevens. In un
susseguirsi di capitoli agili e privi di peripezie ma dedicati a
tratteggiare le abitudini di una normalissima vacanza di una famiglia
ordinaria il lettore avverte la fugacità del tempo del riposo e dello
svago, il beneficio di un breve periodo di cambio d'aria, la sensazione,
al chiudersi dell'esperienza, di poter affrontare un altro anno di
lavoro e impegni per potersela nuovamente godere.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPtT_ddwV7D2V2J9tpqazPgavNfWcdN368Sw8dtoTJgykjnpDCk-Fce1w5I2Dsxz1PXfrocX7zmNi4N857wOSAzQ4P5F4jC2WSbQTg8YQfUOhqk8xcatViSirpxV7SljUnhBFvKVMBhMDdyHdvU37shlqicDWY2Obq3JETZ-nvmXEK6AzFt-YxhYrBd6c/s500/La%20signora%20delle%20storie.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="326" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPtT_ddwV7D2V2J9tpqazPgavNfWcdN368Sw8dtoTJgykjnpDCk-Fce1w5I2Dsxz1PXfrocX7zmNi4N857wOSAzQ4P5F4jC2WSbQTg8YQfUOhqk8xcatViSirpxV7SljUnhBFvKVMBhMDdyHdvU37shlqicDWY2Obq3JETZ-nvmXEK6AzFt-YxhYrBd6c/w261-h400/La%20signora%20delle%20storie.jpg" width="261" /></a></div>Il secondo
romanzo è <b><i>La signora delle storie</i></b>, scritto dall'autrice australiana <b>Amy
Witting</b> nel 1977 (Garzanti, traduzione di Federica Merati).<br />Le
vicende, che si svolgono nella cittadina di Bangoree, hanno come perno
un gruppo di lettura espressiva di drammi che, ad un certo punto, si
trasforma in una piccola compagnia teatrale. Alcuni dei personaggi che
ne fanno parte stanno attraversando momenti particolari della loro vita:
la bibliotecaria Naomi fa i conti con la solitudine e i sensi di colpa
di una madre single, mentre il figlio Peter, al termine degli studi
superiori, getta le basi del proprio futuro a Sidney; Barbara, che da
anni spera nell'arrivo di un figlio, è portata al limite della
sopportazione dalla suocera che le è piombata in casa; Phil, che fatica
ad avviare la sua attività di medico, cerca di convincere la moglie a
prendere coscienza del problema di alcolismo nel quale è caduta dopo la
nascita di una bambina affetta da sinfrome di Down; Cathy vive con
imbarazzo il rapporto con Neil dopo un tentativo di relazione goffo e
basato su aspettative troppo diverse. A movimentare le normali giornate
degli attori dilettanti arriva la notizia che il poeta Roderick
Fitzallan, che ha scritto proprio a Bangoree alcuni dei suoi versi,
avrebbe avuto proprio nella cittadina, in un suo passato soggioro, una
relazione importante con una donna divenuta la sua musa; un aspirante
biografo scrive dunque a Naomi, che alimenta una caccia alle
informazioni che avrà interessanti sviluppi soprattutto per lei e per
Barbara.<br /> In questo caso né la sintesi di copertina né il titolo
rendono giustizia al contenuto, meglio riassunto dall'originale <i>The
Visit</i>. Non emerge nel racconto alcuna signora delle storie, mentre il
titolo originario si adatta ad un motivo ricorrente fra le pagine: la
visite di Fitzallan e del suo biografo a Bangoree, la visita di Peter
al padre a Sidney, la visita di Phil alla vecchia ospite di Barbara. A
tenere il filo della narrazione sono infatti gli incontri fra i
personaggi, l'entrata di uno nella casa e nella vita dell'altro, a
movimentare delle situazioni stagnanti e imprimere delle svolte. Il
romanzo, in ogni caso, non appare paticolarmente vivace, se non in
alcuni capitoli; la presenza di numerosi personaggi, che avrebbe offerto
un interessante sviluppo narrativo, diventa a tratti una presenza
fuorviante. Insomma, <i>La signora delle storie</i> sarebbe stato più
interessante se fosse stato più dilatato o più concentrato.<br /> </div><div style="text-align: justify;">Questo
è il risultato del mio impatto con due libri non esaltanti ma nemmeno
pessimi, adatti, come scrivevo, ad uno svago senza pretese, di certo non
a chi sia alla ricerca di emozioni e coinvolgimento.<br />Voi li avete letti? Potete offrire degli elementi per valorizzarli?<br /><br />C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-79135059418936231622023-07-04T07:30:00.002+02:002023-07-04T07:30:00.146+02:00Jojo Rabbit (Taika Waititi, 2019)<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">Q</span>ualche giorno fa ho recuperato un film che mi proponevo di vedere da
tempo, <i>Jojo Rabbit</i>, diretto da Taika Waititi. La pellicola, liberamente tratta dal romanzo <i>Come semi d'autunno</i> di Christine Leunens (2008), si presenta
come una narrazione satirica sul regime hitleriano e la narrazione
cinematografica è condotta, pertanto, con un registro comico-grottesco,
che non cancella però la crudezza della situazione rappresentata.<br /> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5OM-lKj4ACDJ82ddesC9ZXxH3YMtS88bjPY5P9MF0PPj1I0aDgrY-6_WC-6nFu1hWqchtXQtuQAJ8kExas_veTsUAig4JOiIW-sEkqCWhEE5KB1wKiDTvRDPnFp3UyulwbNo3zxYf8WE_1MKpcQz0RhL_RLryc_1oI9ZA_QrlX8EtuX1w9KG3ykAo-cw/s1280/Jojo%20Rabbit%20-%20fotogramma.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="690" data-original-width="1280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5OM-lKj4ACDJ82ddesC9ZXxH3YMtS88bjPY5P9MF0PPj1I0aDgrY-6_WC-6nFu1hWqchtXQtuQAJ8kExas_veTsUAig4JOiIW-sEkqCWhEE5KB1wKiDTvRDPnFp3UyulwbNo3zxYf8WE_1MKpcQz0RhL_RLryc_1oI9ZA_QrlX8EtuX1w9KG3ykAo-cw/s16000/Jojo%20Rabbit%20-%20fotogramma.jpg" /></a></div><br /></div><div style="text-align: justify;">Facciamo
la conoscenza di Johannes, detto Jojo Roman Griffin Davis), quando, al
compimento dei dieci anni, entra a far parte della gioventù hitleriana: è
un traguardo che lo fa sentire un vero Tedesco coinvolto nella causa
nazionale e che gli vale l'incondizionata approvazione di Adolf Hitler,
o, per meglio dire, della versione del dittatore che gli appare come
amico immaginario (Taika Waititi). Mentre si trova al campo di
addestramento, Johannes, accusato di vigliaccheria, si vede affibbiato
l'appellativo di <i>Jojo Rabbit</i> e, per riscattarsi, si getta in un
immaginario assalto con una vera bomba a mano, che, però, esplode vicino
a lui. Sfigurato e azzoppato, Jojo è ricollocato, anche grazie
all'intervento della madre Rosie (Scarlett Johansson), nelle linee
tedesche con mansioni di supporto. Sognando di poter tornare ad essere il perfetto servitore del Reich, Jojo si trascina in
un'avvilente successione di incarichi per le strade, come la
distribuzione di volantini di propaganda e la raccolta di metallo. Un
giorno, rientrato a casa in assenza della madre, Jojo avverte dei rumori
e, cercandone la fonte, si imbatte in Elsa (Thomasin McKenzie), una
ragazza che vive nascosta in una nicchia ricavata nelle pareti della
stanza della sorella Inge, morta da qualche tempo. Jojo capisce subito
di avere in casa una nemica, un esemplare di quella pericolosissima
razza ebraica che ha imparato a conoscere grazie agli avvertimenti del
regime, ma è la stessa Elsa ad avvertirlo che, se la denuncerà, metterà
in pericolo se stesso e sua madre. Imbevuto di propaganda, Jojo decide
di sfruttare la convivenza coatta, sfruttando Elsa per conoscere meglio
il nemico e scrivere un libro a beneficio di tutti gli ariani, che
potranno così distinguere gli ebrei e, quindi, difendersi dalla loro
malvagità. Ciò che, però, Jojo non prevede, è che Elsa possa
trasformarsi, ai suoi occhi, in un essere umano e che, con lei, tutto il
mondo che lo circonda possa assumere tratti ben diversi.<br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilpAkR5e-hrI6Rxj6Nw_TqI9L_STEFHyKZ_CUceyTfPRXuY4v7vKJ8VJxpdZcdAD7rMb4ZSMgZPLhK1afAzd0KFqnL6cHUgAc4pqOD8D-Fzrcnuff-XirsrY8YnmOqq66UCVLnQ16C8TSIrAuHZXyabKtqfUz1jNyaWF_Yjzn-QI85RvWmX9Mkr2Wtyxo/s2000/Jojo%20Rabbit.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2000" data-original-width="1334" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilpAkR5e-hrI6Rxj6Nw_TqI9L_STEFHyKZ_CUceyTfPRXuY4v7vKJ8VJxpdZcdAD7rMb4ZSMgZPLhK1afAzd0KFqnL6cHUgAc4pqOD8D-Fzrcnuff-XirsrY8YnmOqq66UCVLnQ16C8TSIrAuHZXyabKtqfUz1jNyaWF_Yjzn-QI85RvWmX9Mkr2Wtyxo/w266-h400/Jojo%20Rabbit.jpg" width="266" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">Come
scritto in apertura, il registro della narrazione è leggero,
ironico, costruito sul gioco dell'approvazione al regime ai fini di
produrre uno straniamento umoristico. Al di là di questa patina, la
regia e le scene più profonde, quelle fra Jojo e Rosie e fra Jojo e
Elsa, che rappresentano in tutte le forme l'incontro di un bambino con
l'altro (il femminile, l'adulto, il diverso), fanno emergere tutta
l'assurdità di una propaganda fondata sull'odio e capace di generare
ondate di morte sia fra coloro che ne rappresentano il bersaglio sia fra
coloro che se ne fanno, con diversi gradi di consapevolezza, strumento. <i>Jojo Rabbit</i> è quindi un film capace di veicolare messaggi pregnanti e irrinunciabili che, lungi dall'essere circoscrivibili al passato rappresentato, sono sempre attuali. Mette in guardia, con un tono che lo rende facile da vedere e rivedere, contro i pregiudizi, le semplificazioni, le grida, i facili assensi, l'indifferenza, la sacralizzazione delle presunte verità.<br /><br />C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-23458921461008132602023-07-02T12:12:00.000+02:002023-07-02T12:12:45.420+02:00Cecità - José Saramago<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">I</span>n una città innominata di un Paese non precisato, nel pieno di un
ingorgo stradale, un uomo si mette a gridare in preda al panico: è
improvvisamente diventato cieco, tutto il mondo ha assunto i toni di un
bianco lattiginoso, trovare la strada di casa da solo gli è impossibile. </div><div style="text-align: justify;">Inizia così <i>Cecità</i> di José Saramago (1995), un romanzo in cui il
surreale serve solo da premessa per un racconto di crudo realismo sulla
natura umana, sulla facilità con cui alla civiltà e alla solidarietà si
sostituisce la guerra di tutti contro tutti.<br />Per ordine del
governo, i primi ciechi individuati vengono posti in quarantena in un
manicomio dismesso, in un'ala i malati, nell'altra i contaminati, che
dovranno cambiare reparto se e quando la malattia si manifesterà. Il
problema è che l'edificio è fatiscente, privo degli elementari servizi
igienici, sguarnito di personale (perché non si sa come avvenga il
contagio), presidiato dai militari, che hanno l'ordine di sparare ai
pazienti che oltrepassino un limite immaginario che non possono
vedere. In questa situazione i ciechi devono provvedere a se stessi in
tutto e per tutto, dall'organizzazione della vita in camerata al
lavaggio dei vestiti, dalla distribuzione dei pasti (quando consegnati)
alla sepoltura dei morti; ma, evidentemente, l'impossibilità di vedere,
di usufruire di acqua pulita e di mangiare regolarmente getta i reclusi
nella sporcizia, nell'indigenza e nel caos. In uno scenario privo di
regole e di soluzioni e di cui non si può prevedere la fine, iniziano a
manifestarsi le prime forme di prevaricazione e violenza, dentro il
nosocomio come fuori, dove la malattia dilaga senza freni, nelle strade
pullulanti di ciechi alla ricerca di cibo, negli alloggi occupati. Gli
anonimi eroi della storia sono un oculista, sua moglie (l'unica che,
inspiegabilmente, rimane immune dal contagio, ma che non lo rivela ad
altri che al marito), il primo cieco con la moglie, una ragazza che
maschera la congiuntivite portando occhiali scuri, un ragazzino separato
dalla madre, un anziano che porta una benda; sono i primi deportati,
quelli che riescono a darsi una parvenza di ordine, che si impongono di
rispettare un'autorità da loro eletta (quella del dottore), che cercano
in ogni modo di sottrarsi all'abiezione, all'istinto animale, al rifiuto
della morale, ma che, inevitabilmente, dovranno fare i conti da un lato
con la distanza che corre fra un ideale e la possibilità di
mantenervisi fedeli, dall'altro con i sensi di colpa generati dai
comportamenti assunti per necessità.<br />Con il suo stile peculiare,
fatto di lunghi periodi il cui labirintismo è accenuato dalla libertà
assoluta dei discorsi diretti, Saramago ci presenta un campione
d'umanità nel quale siamo obbligati a riconoscerci, giacché ogni dato di
contesto è assente e la città, la nazione in cui si manifesta
l'apocalisse potrebbero essere qualunque città e qualunque nazione e
poiché non ci sono nomi che identifichino i personaggi, riconoscibili
solo da poche informazioni stereotipate legate alla forma assunta al
momento del loro ingresso nel racconto. Sotto gli occhi increduli e
disgustati del lettore si muove un'umanità allo sbando, dimentica dei
ruoli sociali, della dignità umana, dell'intimità, perfino dei vincoli
più sacri: tutto è ricoperto dalla stessa nebbia che avviluppa gli
sguardi dei ciechi, a ricordare come <i>vedere</i> sia anche <i>sapere</i>,
<i>riconoscere</i>; in questa situazione particolarmente drammatica è la
condizione dell'unica sana, portata a offrire aiuto ma costretta al
contempo ad essere testimone delle peggiori brutture e a godere, sola fra tutti, di un vantaggio nel grottesco <i>bellum omnium contra omnes</i> che
si scatena con il dilagare dell'epidemia.</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiazO0jGF2lCfzcZ53Yc5yuiTP1Qwb6uY5fRgekEV1aNUy6kYVsykQprHg52W5gBqTU4-ktSmYRqwR_a1jn3ti5Ad48zEzsbcnonQOaaQcuUX6KFsVEr8dqRBqfVrmr6v1MB_IlE3ZYwMrHxLKxTW21FMU6ogV-HjM00BJOs3YGeWysEDx_pRPl6V4beCc/s4032/Cecit%C3%A0.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2268" data-original-width="4032" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiazO0jGF2lCfzcZ53Yc5yuiTP1Qwb6uY5fRgekEV1aNUy6kYVsykQprHg52W5gBqTU4-ktSmYRqwR_a1jn3ti5Ad48zEzsbcnonQOaaQcuUX6KFsVEr8dqRBqfVrmr6v1MB_IlE3ZYwMrHxLKxTW21FMU6ogV-HjM00BJOs3YGeWysEDx_pRPl6V4beCc/s16000/Cecit%C3%A0.jpg" /></a></div><br /></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"><i>Cecità</i> è uno di quei
libri che, con <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2020/10/recensioni-in-pillole-1.html" target="_blank"><i>La peste</i></a> di Albert Camus e <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2019/06/promessi-sposi.html" target="_blank"><i>I promessi sposi</i></a> di Manzoni
hanno avuto un'impennata di vendite durante la pandemia di Covid19.
Evidentemente si è riscoperta l'attualità del tema, ma si è forse anche
sentito il bisogno di cercare delle risposte, di capire i comportamenti
di oggi sulla base del confronto con quelli passati o con pensatori autorevoli. Purtroppo i paralleli ci sono, e sono molti: il disorientamento di fronte a un
fenomeno imprevisto, l'incapacità di adottare in tempi brevi strategie
efficaci, il dilagare dei pregiudizi e della diffidenza, il terrore
della fame e di essere dimenticati, la sensazione di essere soli nella
ricerca di soluzioni, l'ostilità verso qualsiasi forma di
regolamentazione.<br />Come già ne <a href="https://athenaenoctua2013.blogspot.com/2014/05/le-intermittenze-della-morte-saramago.html" target="_blank"><i>Le intermittenze della morte</i></a>,
l'assurdo, in una dimensione di vago e indefinito
(quindi di <i>ovunque</i>) diventa occasione - non facile, non fluida,
sintatticamente estremamente impegnativa - di una riflessione
sull'essere umano, sulla sua fragilità, sula debolezza dei suoi
costrutti sociali e, in un certo senso, stimola una critica alla
sensazione di onnipotenza che spesso guida il suo agire nel mondo.<br /><blockquote><p align=justify>...
Come avete vissuto da quando è iniziata l'epidemia, Siamo usciti dalla
segregazione tre giorni fa, Ah, siete fra quelli che hanno messo in
quarantena, Sì, È stata dura, A dir poco, Orribile, Lei è uno scrittore,
come ha detto poco fa ha l'obbligo di conoscere le parole, dunque sa
che gli aggettivi non servono a niente, se una persona ne ammazza
un'altra, per esempio, sarebbe meglio enunciarlo così, semplicemente, e
confidare che l'orrore dell'atto, di per sé, fosse tanto scioccante da
dispensarci dal dire che è stato orribile, Vuol dire che abbiamo parole
in più, Voglio dire che abbiamo sentimenti in meno, Oppure ce li
abbiamo, a non usiamo più le parole che potrebbero esprimerli, E dunque
li perdiamo...</blockquote>C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-7571514561409359532.post-17307004659051596262023-06-30T11:57:00.001+02:002023-06-30T11:57:22.634+02:00Lolita - Vladimir Nabokov<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">H</span>o impiegato parecchio tempo per decidermi a leggere <i>Lolita </i>di Vladimir
Nabokov: a condurmi verso il libro è stata, parecchi anni fa, la sua
fama, la sua capacità di generare critiche, tendenze, una vera e propria
antonomasia e il fenomeno che ad essa si associa (<i>lolita</i> - <i>lolitismo</i>); a
respingermi, in questo stesso lasso di tempo, il suo tema scabroso, che
temevo mi avrebbe fatto gettare la spugna.<br />Ma il romanzo di
Nabokov va letto per quello che è: un'opera artistica che riproduce le
memorie di un <i>individuo ripugnante ed abietto, un fulgido esempio di
lebbra morale</i> (come lo definisce il redattore del manoscritto), che si
rivolge alla giuria che dovrà esprimere il verdetto nei suoi
confronti.</div><div style="text-align: justify;"> </div><div style="text-align: justify;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEise1rnUlSvdbXM2N2hZEmsxJ0LceR0cZiPvJcBaTirS-abSrjdaMmX7WYt3ymtLxkZFNjarLkDC8TFaCpjq-Wu0fdBwEJvA10Hqww6_4Hkr7zj5BNg5Vbj79Q-kJg--KZjhYopFpi0sAN6j_KrtSnUfCzSaFhEJbVqxMq2KHS5BonWUHxaY0h7iJzUeMk/s1000/Lolita%20-%20film.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="666" data-original-width="1000" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEise1rnUlSvdbXM2N2hZEmsxJ0LceR0cZiPvJcBaTirS-abSrjdaMmX7WYt3ymtLxkZFNjarLkDC8TFaCpjq-Wu0fdBwEJvA10Hqww6_4Hkr7zj5BNg5Vbj79Q-kJg--KZjhYopFpi0sAN6j_KrtSnUfCzSaFhEJbVqxMq2KHS5BonWUHxaY0h7iJzUeMk/s16000/Lolita%20-%20film.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: small;">Dominique Swain e Jeremy Irons nel film Lolita diretto da Adrian Lyne (1997)</span><br /></td></tr></tbody></table></div><div style="text-align: justify;"><blockquote><p align="justify">Humbert
Humbert si è sforzato in tutti i modi di fare il bravo, dico sul serio.
Lui aveva il massimo rispetto per le bambine normali, con la loro
purezza e vulnerabilità, e in nessunissimo caso avrebbe attentato
all'innocenza di una fanciulla, se ci fosse stato il minim rischio di
uno scandalo. Ma come batteva il suo cuore quando, in mezzo a quella
schiera innocente egli scorgeva una bimba demoniaca, "enfant charmante
et fourbe", sguardo velato, labbra lustre, dieci anni di galera se solo
le mostri che la stai guardando.</p></blockquote>Il protagonista e io
narrante, che vuol farsi chiamare Humbert Humbert, ricostruisce a
beneficio del lettore la genesi e l'evoluzione della propria ossessione per
quelle che definisce <i>ninfette</i>, giovinette preadolescenti che esercitano
su di lui un forte potere seduttivo. Ricondotta ad un'insoddisfatta
passione giovanile, questa attrazione morbosa ha accompagnato Humbert per tutta la maturità, intatta nonostante il
matrimonio, il successivo divorzio, il trasferimento negli Stati Uniti.
Durante una villeggiatura nel New England, Humbert incontra la dodicenne
Dolores Haze (Dolly - Lo - Lolita), che più di tutte le ninfette si
sovrappone al ricordo della prima, e la avvicina, mentre lei si lascia
avvicinare, con ingenuità e spregiudicatezza insieme (ma va tenuto
presente che il racconto è condotto dal suo parziale protagonista), in
un perverso gioco di seduzione che annebbia tutto il resto. Pur di
rimanere vicino alla sua ninfetta, Humbert ne sposa la madre e, alla
morte di quest'ultima - provvidenziale nella prospettiva del narratore -
si nomina unico tutore o, per meglio dire, <i>proprietario</i>, della ragazza,
con la quale inizia a girare gli Stati Uniti. È nei vari motel in cui
si fermano che le lusinghe di Humbert e gli abbandoni di Lolita si
concretizzano in una relazione carnale che, lungi dal suscitare in
Humbert orrore morale o appagamento, lo spinge a volerne godere sempre
di più. Humbert si tiene stretta Lolita con il vagabondaggio, che le
impedisce di allacciare altri rapporti, di rivelare l'osceno segreto del
loro legame e di individuare potenziali salvatori, e con continui
regali che trasformano le scaramucce, i litigi e i pianti di Lolita in
arrendevolezza. Humbert è dunque ossessionato da Lolita, dal <i>possedere</i>
Lolita, dall'essere il centro del suo mondo e dal desiderio di farne il
centro del proprio (infatti nulla di estraneo al loro rapporto viene
raccontato), è ossessionato dal pericolo che Lolita gli venga sottratta
da qualcuno come lui, che si di lei si posino gli sguardi di altri, che
offra una confidenza ad un'amica anziché a lui. Ed è ossessionato dal
tempo che passa, dall'inevitabilità della crescita di Lolita,
dalla possibilità che la sua gabbia si infranga.<br />Humbert non cerca
approvazione, né giustificazione; il lettore non è portato a riconoscere
la validità di alcuno dei suoi gesti, tuttavia è attratto verso il racconto, e forse proprio il fatto che
il protagonista ammetta la propria perversione - che, pure, considera,
nella propria abiezione, una forma di amore (solo in alcune frecciatine
di Lolita emerge la parola <i>violenza</i>) - e si riconosca talvolta
consapevole del dolore arrecato alla ninfetta, permette di seguire la
progressione della sua narrazione, che, come si dice nella prefazione,
può costituire una singolare prova per gli studi psichiatrici.<br /><blockquote><p align="justify">Io
ti amavo. Ero un mostro pentapodo, ma ti amavo. Ero ignobile e brutale e
turpido e tutto quello che vuoi, mais je t'amais, je t'amais! E c'erano
momenti in cui sapevo come ti sentivi, e saperlo era l'inferno, piccola
mia. Bambina Lolita, coraggiosa Dolly Schiller. </p></blockquote>Nonostante le
vicende morbose e incestuose, tuttavia, non è per violenza su un minore o
per rapimento che Humbert si trova in carcere: apprendiamo fin dai
primi capitoli che la sua parabola nell'abisso lo ha condotto ad un omicidio e, dunque, il romanzo assume anche la tensione di un
thriller, che ci spinge a voler indagare la mente di un uomo, il suo
scivolare in comportamenti crudeli, la speculazione attraverso la
quale trova motivazione, abbatte qualsiasi freno morale, la speranza di ritagliare per sé e per Lolita un intervallo di eternità.<br /><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTW--UrMFeYEPyPwj9keg3PnFjKpxVem8AhVsxIjDyZsCE-CrFan7YxsWj1fkk5dzNxvKw6FIPn2XNXc3q9j5gH2FLmypggoJuk-O67hDRWQixaZK46kCk2ehBzri-pVMb-XH77YcdItJrull35RIleu1YNX8FEI39LhWgHsIqXHPpKnncmhN9FBehN6g/s936/Lolita.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="936" data-original-width="600" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTW--UrMFeYEPyPwj9keg3PnFjKpxVem8AhVsxIjDyZsCE-CrFan7YxsWj1fkk5dzNxvKw6FIPn2XNXc3q9j5gH2FLmypggoJuk-O67hDRWQixaZK46kCk2ehBzri-pVMb-XH77YcdItJrull35RIleu1YNX8FEI39LhWgHsIqXHPpKnncmhN9FBehN6g/w256-h400/Lolita.jpg" width="256" /></a></div></div><div style="text-align: justify;">Pubblicato
nel 1955, <i>Lolita</i> si presenta, per dichiarazione del suo stesso autore,
come la rielaborazione di un precedente racconto, scritto in russo, i
cui assi portanti avevano continuato a esercitare interesse su Nabokov.
Sottoposto ad un puntiglioso lavoro stilistico (in particolare per la
difficoltà di Nabokov adattarsi all'inglese), che a tratti rende la
prosa troppo arzigogolata e oscura, e arrivato non senza difficoltà alla
pubblicazione, il romanzo produsse immediatamente reazioni forti sia da
parte di chi si aspettava un'avventura pornografica sia nei censori,
alcuni dei quali riconobbero addirittura nella vicenda un intento
antiamericano. Il testo uscì per la prima volta in Francia per i tipi di
una casa editrice erotica e incorse ben presto nella censura, per poi
imporsi come un best seller dalla fine degli anni '50. Da quel momento il
successo del romanzo non si è più spento e ad oggi <i>Lolita</i>, con le sue
forti provocazioni, è un classico di rilevanza mondiale. <br /><blockquote><p align="justify">Lolita,
luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia.
Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul
palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo.Li.Ta.<br />Era Lo,
semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un
calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores
sulla linea trattegguata dei documenti. Ma tra le mie braccia era sempre
Lolita. </p></blockquote>C.M.</div><div class="blogger-post-footer">Articolo originale di <a href="http://athenaenoctua2013.blogspot.it">Athenae Noctua</a>. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.</div>Cristina Malvezzihttp://www.blogger.com/profile/09239002431071930195noreply@blogger.com0