Strambolandia: il Regno del Nord

L’articolo 5 della Costituzione della Repubblica Italiana recita: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.»
Queste poche parole basterebbero, da sole, a scoraggiare certe iniziative che affollano l’attività di certi gruppi politici, ma, evidentemente, non esiste un’autorità che richiami al rispetto della Carta fondamentale le istituzioni locali che ogni giorno infangano l’articolo sopracitato. Mi chiedo come sia possibile che si accetti l’ammissione alle elezioni di gruppi che negano i principi sanciti dalla Costituzione, dato che gli eletti sono chiamati alla fedeltà nei confronti del documento. Direte voi: «Perché, sono forse rispettati il diritto al lavoro, la contribuzione progressiva, l’accesso all’istruzione pubblica in forma indipendente dal reddito?». Certo che no, ma questi sono altri punti, e l’intervento di oggi è motivato da spunti di attualità, e non mancheranno riflessioni dedicate agli altri diritti violati.

A. Lorenzetti, Allegoria del Cattivo Governo (1338-1339), Sala della Pace del Pubblico di Siena
 
Qui non si parla di una norma aggirata per mancanza (vera o presunta) di fondi, per la crisi o per l’assenza di strutture adeguate a soddisfarne il rispetto. No, l’articolo 5 viene violato verbalmente e con provvedimenti di carattere istituzionale che si concretizzano nella presentazione alle elezioni (ormai più che ventennale) di partiti secessionisti, nelle manifestazioni per la richiesta di referenda che conferiscano alle regioni settentrionali la qualifica di Stati autonomi (ultima quella di ieri pomeriggio a Venezia) e in accordi per la costituzione di una macroregione (termine che con grande senso civico il pc rifiuta di riconoscere) del Nord, ufficialmente siglati ieri a Sirmione dai governatori di Piemonte, Veneto e Friuli e dal candidato alla presidenza della Lombardia, nonché presidente della Lega Nord, Roberto Maroni.
Non mi metto a discutere dell’insulsaggine delle argomentazioni secessioniste: mi pare superfluo far notare che la criminalità organizzata non è più solo il cancro del meridione, ma ha trovato dei buoni interlocutori anche nel resto della penisola; nemmeno l’evocazione di un sacro diritto dei popoli del Nord di godere dei frutti della produttività settentrionale in maniera esclusiva regge, poiché una Nazione è tale in virtù del suo essere una comunità politica, economica e culturale. Che esistano squilibri, dispersioni ed esempi (smascherati o meno) di malgoverno, lo scopo di un Paese unito e democratico è quello di ricomporli.
Dichiara il governatore del Veneto Zaia: «Basta Sud, basta Roma. Nella mia Regione ho difficoltà a spiegare ai veneti che abbiamo il rating della Baviera ma siamo trascinati nell'oblio da chi non ha voglia di lavorare […] il Nord lavora, gli altri sprecano». Fermo restando che esempi di cattiva gestione di comuni, aziende e enti pubblici sono sotto gli occhi di tutti noi anche qui ‘Al Nord’, una simile considerazione, si parva licet componere magnis (Se è lecito paragonare le piccole cose alle grandi, cit. Virgilio, Georgiche IV, 176), comporterebbe che, se un giorno si presentasse una situazione per cui una realtà del nord fosse virtuosa, morigerata e feconda, ma avesse accanto un comune, un’area, un paesino amministrato da scialacquatori e aziende improduttive, si dovesse attuare una ulteriore secessione: l’arto in cancrena andrebbe continuamente amputato, un dito, poi la mano, poi l’avambraccio, poi il braccio, la spalla. Fino a dove siamo disposti a spingerci per seguire un principio assurdo, cui basterebbe sostituire un corpo politico onesto e che abbia il coraggio di fare delle scelte unitarie, pulite e proiettate sul lungo periodo?
Mi domando perché non esistano sanzioni e ostacoli posti dagli Interni: non può essere considerato costituzionale (in quanto, appunto, lesivo dell’articolo 5) un referendum secessionista, così come non dovrebbe essere ammessa la candidatura di persone afferenti a gruppi antiunitari. Non è una presa di posizione politica, è, semplicemente, un’affermazione di legalità. 
Vogliamo poi parlare dell’estrema accondiscendenza dei propugnatori dell’indipendenza nordica a percepire i lauti stipendi e a godere dei vergognosi privilegi del governo romano? Mi sembra che il buon senso e il rispetto della Legge italiana bastino, da soli, a scoraggiare certi atteggiamenti.
Da veneta, mi sento di dire che trovo non solo vergognoso, ma anche alquanto grottesco che ancora si parli di ‘Regione del Nord’, ‘Governo del Nord’, di battesimi con l’acqua del Po e di ‘Cerchi magici’… Ve lo immaginate il nostro ‘Regno del Nord’? Uno Stato governato da ministri che redigono una legge elettorale e poi la definiscono una «porcata» portando a spasso un maiale, uno Stato che ha uno slogan fallocentrico, uno Stato che conferisce ai giovani più brillanti e acuti lauree acquistate in Albania prima ancora che abbiano raggiunto il diploma?
Penso che nemmeno la fervida immaginazione di tanti autori di fantasy che hanno creato mitici regni del nord sarebbe arrivata a concepire una realtà tanto… beh, l’aggettivo lo lascio a voi!

C.M.

Commenti

  1. Non ci dovrebbe neanche essere bisogno di commentare certe cose. Tutti a riempirsi la bocca con baggianate sulla secessione e altre cose simili, dimenticando che migliaia di persone si sono sacrificate e sono morte per unire una terra che per 1500 anni è stata divisa, quindi debole e in balia di forze straniere. Il problema non sta nel territorio o nella popolazione in se, ma è la classe dirigente che permette(d'accordo o no) alla criminalità organizzata e ai soliti "furbetti" di distruggere quello che di bello c'è nella nostra nazione. La stessa classe dirigente che per anni non ha seguito quella meravigliosa Costituzione che i nostri Padri fondatori ci hanno lasciato in eredità, dato che sono sufficienti i primi 54 capitoli per demolire il 90% delle scelte politiche degli ultimi 20 anni...

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    1. Siamo d'accordo sul fatto che basterebbe osservare la Costituzione per vivere in un Paese migliore, perchè sulla nostra Carta fondamentale è già scritto tutto quanto occorre, e non è certo una secessione o una teoria di proclami (che, peraltro, si sono sempre dimostrati inconcludenti). Maggiori oneri e responsabilità e meno privilegi a carico dei governanti (ad ogni livello) basterebbero, da soli, a bonificare il marcio imperante. Parlare di divisione dell'Italia significa calpestare tutti i sacrifici delle persone che hanno lottato per unirla e tenerla unita fino ad oggi.

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