Il Festival dei Cento Anni

Arena vestita a festa quest'anno: si celebra il secolo del Festival lirico, che anima ogni anno l'estate veronese. La manifestazione ha un ruolo di primo piano nello scenario musicale italiano e una cornice unica, l'anfiteatro romano più noto dopo il Colosseo. Il Festival 2013 si compone di sei opere: Aida (nell'allestimento moderno della compagnia La Fura dels Baus e nella rievocazione storica della rappresentazione del 1913, diretta da Gianfranco de Bosio), Nabucco, La Traviata, Il Trovatore, Rigoletto e Romeo et Juliette (di Charles Gounod); ai melodrammi si affiancano poi quattro serate di gala: Messa da Requiem, Gala Verdi, Gala Domingo-Harding e Gala Domingo.


L'assoluta prevalenza delle opere di Verdi è dovuta alla ricorrenza del bicentenario della nascita del compositore parmigiano, cui l'Arena ha sempre dedicato ampio spazio; è un peccato non poter assistere alla messa in scena di Turandot, Carmen o altri titoli ricorrenti nel calendario dell'anfiteatro, ma la celebrazione val bene la scelta operata dalla Fondazione Arena.
Il Festival è strutturato come una ring-komposition: apertosi con la rivisitazione moderna di Aida, si chiuderà con la versione che ne riprende la messa in scena del 1913. L'inaugurazione della manifestazione è stata duramente criticata dal pubblico tradizionalista, poiché gli allestimenti de La Fura dels Baus, com'è noto, si distinguono per un impatto avanguardista, focalizzato sul movimento, sul ricorso alle tecnologie e alle architetture industriali. Personalmente, mi sono sempre dichiarata amante delle rappresentazioni tradizionali, in linea con il tempo di ambientazione delle vicende, ma non capisco i motivi della polemica: un fatto artistico è, per sua natura, qualcosa di dinamico e malleabile, che registi, scenografi, coreografi e attori hanno il diritto di adattare alle proprie esigenze. Il testo non è tutto, insomma e l'arte non è un materiale fisso. Si possono manifestare le proprie preferenze, ma la carica di insulti che si è levata contro l'organizzazione è incivile e contraria al significato stesso di cultura: se la messa in scena ha scontentato gl spettatori, probabilmente costoro avrebbero dovuto informarsi prima su ciò che avrebbero visto e sulla presenza in calendario della versione del 1913. Pensandoci bene, comunque, pur non amando gli allestimenti moderni, credo che l'allestimento de La Fura del Baus (che non ho visto, ma di cui mi sono fatta un'idea tramite la rete), possa aver riprodotto quell'effetto esagerato e spiazzante che si verificò durante la prima del 1871 a Il Cairo, quando vennero portati in scena addirittura gli elefanti!
Ormai avviato, il Festival ha già avuto la prima dell'altra opera cardine delle estati areniane (anche se meno rappresentata della Carmen di Bizet), Nabucco, e de La Traviata. Quest'anno ho deciso di assistere proprio alla rappresentazione di questo melodramma, che non vanta moltissime presenze nello storico dell'Arena.
Il Festival lirico dell'Arena è un'esperienza che gli estimatori della buona musica e del buon teatro non possono lasciarsi sfuggire, eppure non occorre essere melomani per apprezzare questo genere di spettacoli. Dimenticatevi, dunque, i cliché sugli attacchi di sonno e sulla noia provocati dalla lirica: ascoltare arie e recitativi (magari con qualche occhiata al libretto), godersi la musica dell'orchestra che suona dal vivo, seguire i movimenti degli artisti sul palco, ammirare i loro costumi sgargianti, perdersi nella struttura e nella disposizione di un coro è un'emozione intensa, che 'ntender no la può chi no la prova, come direbbe Dante.
Certo, un grosso limite all'accessibilità è il prezzo elevato dei biglietti, che, però, devono sostenere uno staff monumentale e alti costi in termini di costumi e scenografie. Io ho fatto la scelta di seguire una sola opera a stagione, ma godendola dalle gradinate numerate, che, a mio parere, offrono la visione migliore.
Nell'ordine, sono stata nel pubblico di Aida (2008, regia di Franco Zeffirelli), Il barbiere di Siviglia (2009, regia di Hugo de Ana), Carmen (2010, regia di Franco Zeffirelli) e Turandot (2012, regia di Franco Zeffirelli) e non esito ad accordare la mia preferenza indiscussa all'opera di Puccini.
E la vostra esperienza con l'opera (non necessariamente veronese) com'è?

C.M.

Commenti

  1. Scarsissima. Ho visto solo un'opera, qui a Milano, ed era... beh, il Rigoletto fa sempre la sua figura! Mi piacerebbe vederne altre, magari anche all'arena, ma devo trovare il momento giusto e la compagnia. :)

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    1. Aggiungo solo la mia invidia per ciò che sei riuscita a vedere!

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    2. Anche Milano deve essere una cornice fantastica! Il Rigoletto mi manca... attenderò i prossimi anni! :)

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    3. Sì, ma all'Arcimboldi non alla Scala! :P
      Rigoletto è superlativo, anche se alcuni lo criticano perché un po' troppo catchy... Ok, non era esattamente la critica dell'epoca, ma ci siamo capiti. :D

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    4. Pazienza: un teatro è un teatro e mi pare che l'Arcimboldi non se la passi male! Se dovessi un giorno vedere Rigoletto terrò a mente questa particolare definizione, al momento non saprei proprio valutarlo (non ho mai visto nemmeno le recite che mandano in onda in qualche fortuita seconda serata sui canali in chiaro)! :)

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  2. Premetto: non amo particolarmente la lirica.
    Ciononostante fino ad un paio d’anni fa andavo spesso al Teatro Regio – grazie anche allo sconto riservato ai disabili (mi porto praticamente la mia sedia;-) !)
    Negli anni ho assistito ad un impoverimento desolante delle scenografie (capisco i problemi economici, capisco il voler dare risalto alle voci, ma una Violetta in jeans e scarpe da ginnastica è stato decisamente troppo). Ed un peggioramento delle voci femminili: spesso si capiva un tubo del testo; un esempio? la gelida manina di Mimì c’era, ma la sua risposta era incomprensibile, eppur mi pare di parlare italiano!
    Musicalmente parlando…
    Verdi dopo un po’ mi irrita. Tutto quel tempo ternario… insomma, sono uscita da “Il Rigoletto” dondolando e zig-zagando con un raglio di sottofondo “zumpappà-zumpappà-ecc.” (prova a fare l’esperimento: immagina la famosa “La donna è mobile”, togli il testo e sostituiscilo con lo zumpappà…).
    Adoro la Carmen di Bizet. È l’unica opera che riesco a seguire per intero (“dietro” c’è un vecchio studio di letteratura che non ricordo più esattamente, ma includeva anche “Manon”). Il tema del destino è geniale ed il piccolo “Intermezzo” del flauto del terzo atto è delizioso. La prima volta che la vidi a teatro ebbi la fortuna di un Domingo in forma smagliante nei panni di don José. L’ultima, due anni fa, era scenograficamente povera, ma ho visto finalmente la Micaela dei miei sogni (una donna energica quanto Carmen, seppur in modo diverso…dimenticavo, detesto Carmen).
    Adoro anche Rossini. Trovo Bellini più pesante. Mi ha deluso l’ultimo allestimento de “Il flauto Magico” di Mozart a cui ho assistito (ma è tutta colpa di Baricco: era suo l’adattamento dell’opera, di per sé piacevole).
    Ho amato Tosca (vista almeno vent’anni fa) e trovo Wagner un po’ opprimente.
    Ma l’opera più vista/ascoltata in assoluto – almeno una decina di volte –: i “Carmina Burana”. E dico “vista” perché una volta ho assistito ad una versione “amatoriale”, ma molto interessante, con parti recitate e danzate…
    Spesso approfittavo dei vari “Tempore Paschali”: non ricordo più quante cantate di Bach o versioni della Passio (bellissima la Passio secondo san Giovanni, con un contralto che gorgheggia “Es ist vollbracht!” (Consummatum est) ho ascoltato.
    Insomma, fanciulla: già che sei a Verona, fai bene ad approfittare di queste occasioni!

    (ho visto La Fura des Baus, ma ho un vago ricordo di colore in movimento…)

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    1. Per non essere amante della lirica, ne hai scritto in modo davvero preciso e circostanziato! :) Al ritmo di un'opera all'anno non so quante riuscirò a vederne (anche perché a Verona si alternano sempre gli stessi 10-12 titoli), ma mi piacerebbe poter confrontare diverse rappresentazioni di una stessa opera, come tu hai fatto per la Carmen! Certo, è davvero un peccato sentire dello scadimento che hai descritto...

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  3. Prometto che, prima di morire, andrò a vedere uno spettacolo all'Arena, promesso!

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    1. A quel punto vorrò conoscere le tue impressioni al riguardo! Sicuramente saranno tempo e soldi ben spesi! :)

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  4. Io sono un'amante della lirica, come sai, ma non ho mai assistito sinora a una rappresentazione in Arena - anche se davvero mi piacerebbe poterci fare un salto, un'estate o l'altra.
    Adoro Mozart e sono più rossiniana, donizettiana e belliniana che pucciniana; non mi entusiasma affatto l'opera verista (così come la letteratura verista, guarda caso) e Puccini è un po' l'anello di transizione. Mi piace Verdi nonostante l'innegabile zumpappà, così come amo Wagner nonostante a volte il ritmo rallenti in monologhi/duetti filosofici. Brillante Bizet, ma anche altra opera francese è bella (Gounod, Massenet, Meyerbeer, il buon vecchio Gluck), benché giustamente meno celebre di quella italiana e tedesca (in effetti, a rigore Meyerbeer e Gluck sarebbero tedeschi). Di opera inglese dopo Purcell esiste qualcosa di simpatico, ma che a essere schizzinosi scade un po' nel musical (vedi Sullivan). L'opera barocca è molto particolare e piace a pochi - a me sì, ma con moderazione, non più di una al mese. :-)
    Come Marzia, trovo bellissime le corali, le cantate e la musica da camera, sacra e non; amo anche il repertorio liederistico, più intimo e raccolto, che sono sicura piacerebbe anche a te: splendide poesie splendidamente musicate.

    Non penso si possa parlare di vero scadimento per quanto attiene alle voci contemporanee; certo, intorno alla metà del Novecento e oltre c'è stato un periodo d'oro, con grandissimi cantanti, ma ci sono ancora in giro degli ottimi artisti.
    Quanto alle regie, spesso sono davvero impoverite o, peggio!, scadono nel cattivo gusto per la voglia di essere originali a tutti i costi. Io preferisco di gran lunga le regie tradizionali (anche se non amo polemiche e invettive): è vero che l'arte è materiale dinamico e non statico, però un minimo rispetto del testo ci deve essere, lo spettacolo non deve essere strabico, con la musica su un binario e la regia su un binario divergente. Soprattutto, detesto le palesi incongruenze tra quel che vedo e quel che sento ("a me il brando!" e gli passano una mazza da baseball). Se è lecito cambiare, allora, già che ci siamo, perché non cambiamo anche il libretto e la musica? Ma allora cosa resta?
    Spesso è meglio ascoltare un eccellente disco a occhi chiusi, immaginandosi delle scene favolose allestite a costo zero. ;-)

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    1. La lirica mi piace legata allo spettacolo, mentre fatico a concentrarmi sulla sola musica (in generale, per me vale questo principio rispetto a tutta la musica 'classica'): l'aspetto visivo, insomma, per me è un fattore irrinunciabile! Un peccato, perché nel mio piccolo paese si tiene (proprio in estate) un concorso internazionale di musica da camera!
      Sarei proprio curiosa di assistere a qualche opera barocca, ma per questo dovrei abbandonare l'Arena, consacrata a Verdi e Puccini! Ho scoperto solo oggi che lo scorso febbraio al Teatro Ristori (un altro storico palcoscenico veronese) è andato in scena Dido and Aeneas di Purcell: viva il tempismo!
      Vorrei avere la tua straordinaria cultura musicale ed è un piacere aver ricevuto questo tuo commento di approfondimento! :)

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