Analfabeta come tu mi vuoi

Proprio questo dovrebbe rispondere l'Italiano che da giorni si sente dare dell'ignorante troglodita. Sì, perché quando un dato viene rilevato dai sondaggi e dai giornali di colpo fa sensazione, anche se da anni i poveri visionari notano la deriva e profetizzano la disfatta culturale del Paese. Moderne Cassandre, questi terroristi sociali oggi si vedono dar ragione, senza, peraltro, che i responsabili dell'insipienza nazionale avanzino un mea culpa.


L'indagine OCSE finalizzata a testare il livello di comprensione linguistica e logico-matematica a livello internazionale su un campione di popolazione fra i quindici e i sessantacinque anni ha immancabilmente messo in evidenza il tracollo italiano (e, come al solito, non siamo furbi quanto altri Paesi a lavare i panni sporchi in casa):
«Oltre un quarto degli italiani, il 28%, si piazzano a livello più basso, o addirittura al di sotto di tale livello, per competenze in Lettura. Percentuale che scende al 15% nei paesi Ocse e al 12% in Norvegia. Quasi un terzo della popolazione che leggendo un libro o qualsiasi altro testo scritto riesce ad interpretare soltanto informazioni semplici. Stesso discorso quando occorre confrontarsi con dati, tabelle e grafici. Gli italiani che si piazzano ai livelli più bassi - al primo livello o sotto il livello più basso - sono addirittura 32%.» (cit. S. Intravaia su Repubblica).
Qualcuno è rimasto a bocca aperta per lo stupore? Io no. Potevamo aspettarci un risultato diverso in un Paese in cui la scuola è sottoposta a continui tagli e riduzioni di organici e piani didattici, in cui proliferano le trasmissioni ridicole che esaltano la stupidità e il patrimonio storico-artistico è abbandonato all'incuria peggio delle discariche?
L'Italia è stata per anni un punto di riferimento per la formazione, ma l'istruzione è stata progressivamente picconata da riforme che sono arrivate a ridurre drasticamente i programmi di storia e ad eliminare la geografia, l'educazione civica e la storia dell'arte, tutte discipline di prim'ordine nella cognizione culturale, ma considerate superflue e classificate come sprechi o saperi arretrati. Ovviamente, però, la debolezza del sistema scolastico non è l'unico focolaio di questo incendio.
Sabato mattina, seguendo la trasmissione di LA7 Coffee Break, ho avuto modo di ascoltare una sintesi delle cause del fenomeno di analfabetismo di ritorno che stiamo vivendo per bocca della filosofa Michela Marzano. All'origine del degrado culturale ci sono, secondo la Marzano, tre motivazioni, principali: innanzitutto l'autoreferenzialità del mondo accademico, chiuso in se stesso e legato ad un'idea intoccabile di cultura (trovo, peraltro, molto elegante che abbia sottoposto a critica prima di tutto il mondo cui lei stessa appartiene); segue la mancanza di preparazione e interesse da parte della classe dirigente, che non solo non si cura della crescita intellettuale del paese, ma manifesta essa stessa uno stato di inadeguatezza culturale; infine vi sono le distorsioni dei media, sempre meno orientati all'informazione a vantaggio della spettacolarizzazione.
Tutti questi elementi (che ho riportato con parole mie, non avendo una registrazione dell'intervista), in concorso, danno come risultante un cittadino impreparato, incapace di leggere la realtà, di incrementare le proprie conoscenze e di metterle in pratica e di esercitare un giudizio critico.
Non c'è quindi da stupirsi se il livello medio nazionale tocca questi picchi negativi, nonostante la presenza di tante eccellenze che, però, nella 'media del pollo' non pesano mai abbastanza.
Come avete reagito di fronte ai recenti dati? Siete d'accordo con le cause individuate dalla Marzano o avreste segnalato motivi differenti come base del fenomeno?

C.M.

Commenti

  1. Se poi conti che l'Italia sta anche trainando le vendite degli smartphone in Europa, hai uno scenario più completo. Nel 2013 stiamo registrando un incremento del 34% rispetto all'anno precedente (maggiore incremento a livello Europa) in un mercato dove tutto è in calo. L'apocalisse è vicina!

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    1. Paradossalmente l'accesso all'informazione è minore proprio adesso che proliferano computer, tv ipertecnologiche e dispositivi mobili: come al solito, le potenzialità positive finiscono per produrre l'effetto opposto!

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  2. É anche un problema storico, per dire. Qui da noi l'istruzione viene vista come una perdita di tempo, leggere libri è da sfigati, la storia e la geografia sono materie per secchioni, e c'è la costante sensazione (in parte vera) che è inutile affannarsi tanto a studiare quando una buona raccomandazione funziona meglio di due laureee.
    Se bisogna farcela coi propri mezzi, si rispetta più uno che ha iniziato a lavorare a quindici anni e a ventiquattro ha creato un'azienda piuttosto che uno che ha preso la laurea pagandosi gli studi da solo e a ventiquattro anni si affaccia al mondo del lavoro con ambizioni di far qualcosa di più dei lavoretti con cui si è pagato la retta.
    Questa mentalità diffusa crea una situazione in cui è assolutamente normale che la scuola faccia schifo a tutti, e d'altronde il sistema scolastico italiano non fa molto per farsi amare: comanda la massa degli svogliati, a partire dai professori, e chi ha voglia di studiare viene guardato come se fosse uno strano.

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    1. Sono quasi del tutto d'accordo, l'istruzione, d'altronde, come ho avuto modo di rilevare in altri post, si fonda su un sistema vecchio e inadeguato, che causa un perpetuarsi dei metodi stantii e favorisce i docenti svogliati, ma, dall'altra parte, deprime gli insegnanti motivati, che si tengono aggiornati e hanno voglia di sperimentare e proporre percorsi nuovi. Penso, inoltre, che l'opinione generalizzata che si ha della scuola e di chi si impegna nello studio sia dovuta ai concetti fatti cadere dall'alto: è bastato annunciare che una riforma avrebbe reintrodotto l'obbligo del grembiule per gli alunni delle scuole primarie per far passare l'idea che quella fosse l'esigenza fondamentale della scuola. Per cui ritengo essenziale che il rilancio della formazione (e non solo quella scolastica) avvenga attraverso le istituzioni e i canali d'informazione, che dovrebbero incoraggiare un atteggiamento positivo verso la scuola primariamente sottolineandone il valore. Ma, al momento, siamo anni luce da un simile scenario...

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  3. Purtroppo sono d'accordo con il riassunto che hai fatto della trasmissione di La7, e con i commenti di cui sopra. E non dimentichiamo il paradosso ironico: il nostro Paese ha creato letteratura di altissimo livello dagli antichi Romani in avanti, eppure non abbiamo voglia di leggere! La lettura è una perdita di tempo, fa stancare i poveri cervelli, e poi, che si legge a fare, se c'è già la tv? Non mi resta che svenire...

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    1. Sveniamo in due... eppue credo che la cosa peggiore non sia che non si legga, non ci si informi o si studi poco, ma, piuttosto, il fatto che chi legge, si informa e studia sia preso in giro e giudicato strambo, come se non sapere non fosse un difetto e lo fosse, al contrario, il sapere. Paradossi italiani.

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    2. Appunto, il fatto grave è il disprezzo, nè più nè meno, che l'italiano medio porta verso la cultura ed il desiderio di cultura.
      Un paradosso di cui non so rintracciare radici e ragioni, ma che mi pare ben lontano dal dipendere dalle politiche in merito. Sono queste che si adeguano a quello.
      Ma da quando? Eravamo già così riottosi e penosi ai tempi di Dante (per dirne uno a caso)?

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    3. Un bel dilemma, non c'è dubbio. Io penso, però, che un buon esempio a livello politico (e, di conseguenza, mediatico) potrebbe far molto per alimentare il desiderio di cultura o, almeno, la diffusione di una maggior stima verso di essa. Ovvio che poi si sia innescata, ad un certo punto, una spirale negativa per cui, crescendo l'incuria di una parte, cresce anche il disinteresse dell'altra: è un continuo rilancio di negligenza...
      Non so rispondere alla tua domanda, forse dovremmo cercare il momento in cui la conoscenza è diventata, da pregio, difetto...

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  4. Non sono – purtroppo! – particolarmente stupita da questa “scoperta”.
    Le tre motivazioni da te riportate mi sembrano realistiche, ma manca qualcosa.
    Il problema principale, secondo me, siamo noi.
    Un mio illustre concittadino dello scorso millennio disse qualcosa come “l’Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani”.
    Non abbiamo fatto grandi progressi, vero?
    Così possiamo svenire tutt’e tre;-)


    Cristina, grazie per quel fulgido “chiuso in se stesso”: ho tra le mani un libro pieno di “sé stesso” e l’ho messo da parte per immergermi in “Mondo senza fine” (tirerei il collo a frate Godwyn, ma la traduzione è in italiano, evento oramai non così ovvio…).


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  5. Penso che "noi" siamo la conseguenza delle tre motivazioni elencate, e forse, come vuole il buon D'Azeglio, va aggiunta come causa l'indole storica del popolo italiano che, per citare il suo corrispondente, ha sempre avuto la tendenza a credere che le situazioni più drammatiche potessero risolversi con aiuti esterni, senza provare a sprecare qualche forza in più per risollevarsi da solo. Anche ora, visto il tono dei commenti al sondaggio, è come se ci bastasse, da bravi sbandieratori dei fatti nostri ma immobilisti fin nel midollo, dire al mondo e all'Ocse che la nostra ignoranza è un problema loro. Ti do ragione: non abbiamo fatto alcun progresso.
    E buono svenimento collettivo! ;)

    ps. Ora che faccio una testa così ai miei studenti perché non scrivano certe cose, devo stare doppiamente attenta agli e/orrori! ;)
    Quanto ai libri, qualche mese fa ne ho letto uno (che non citerò per pudore) che conteneva tutti i crimini grammaticali possibili... forse l'autore era uno dei campioni del sondaggio...?! X|

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  6. Concordo, sopratutto con il secondo punto della Marzano. Ci siamo mai resi conto che la nostra classe dirigente, quella che sta in parlamento in particolare, giace in un'ignoranza assoluta! ovviamente ci sono le eccezzioni, ma molti di loro non sanno nemmeno qual'è l'anno dell'unità d'Italia (tanto per fare un esempio).

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    1. E come darti torto? Ahinoi, è proprio così... al di là di un'ignoranza tecnica (su dati storici, culturali ecc.) c'è anche una gran povertà mentale, che impedisce ai membri della classe dirigente di rendersi conto della realtà e di esprimersi in modo degno degli incarichi che rivestono.

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  7. Cristina, secondo me questi dati (e hai fatto bene a parlare di terrorismo sociale) non corrripondono all'effettiva situazione dell'alfabetismo in Italia.La mia percezione dell'Italia, quando torno, è quella di una paese che interagisce senza problemi coi mezzi di informazione (giornali, televisione, radio), cioè grossi problemi a livello di comprensione non ne osservo (almeno per quello che offre il Convento, e quella italiana è laq più becera delle televisioni). Inoltre non si può pretendere che tutti leggano testi di filosofia. Ho anche l'impressione che i professori di lettere delle scuole medie inferiori e superiori siano in genere molto preparati, magari la loro è una battaglia non facile. Michela Marzano conosce bene la realtà francese, ma anche lì, un paese che ha sempre fatto della cultura il proprio fiore all'occhiello, le cose sono molto cambiate, il livello di alfabetizzazione è scemato, non so se ti ricordi alcuni fa il grande scandalo che provocò Sarkozy quando disse che Madame de Lafayette era una "poufiasse" (baldracca). Si lamentava, durante una campagna elettorale, del fatto che in un popolare programma televisivo il conduttore parlava della Princesse de Clèves, "avete mai visto", diceva uno che va alla posta e allo sportello chiede all'impiegato se ha letto La principessa di Clèves". Eppure se ci pensi, anche l' "ignorante" o "rozzo" Sarkozy è riuscito a far parlare di cultura. Il disagio degli addetti ai lavori resta ma i più se ne fregano e anche i francesi - per i quali, anche a livello meno colto, la cultura nazionale era intoccabile - non ci credono più tanto. Alla Marzano in effetti si potrebbe dire predichi bene e razzzoli male. Ne conosco di questi accademici, universitari: alcuni si sentono in qualche modo dentro e fuori: pronti a sputare nella minestra che viene loro offerta. Ma come è buona però la minestra! Inoltre mi pare che la Marzano sia in politica, adesso. Vediamo se riesce a tirar fuori un altro libro da questa esperienza, sulll'ignoranza dei colleghi parlamentari. E magari apostrofarli direttamente, chiamarli senza mezzi termini "ignoranti". Il "pulpito", in aula a Montecitorio, non le manca ...

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    1. Io, purtroppo, di segni di questo degrado ne percepisco parecchi, e, anche se l'interazione con i media non è una difficoltà, quello che mi preoccupa è la natura dei contenuti divulgati: informazioni parziali, soggetti alle mode, più sensazionalistiche che tecniche. Ovvio che non tutti gli Italiani corrispondono al modello rilevato dall'Ocse (e per fortuna). Non possiamo pretendere che tutti leggano testi di filosofia o riviste scientfiche, non è questo il modello culturale che bisogna imporre, ma nel nostro Paese è sconcertante che si legga poco in generale, o che la netta preferenza vada alle riviste di gossip e che, di conseguenza, la popolazione non sia informata o, se lo è, non sappia come sfruttare quelle conoscenze.
      Rispetto al comportamento della Marzano verso i colleghi e il mondo accademico non mi posso esprimere, ho riportato semplicemente un'affermazione che condivido in quanto registra un dato che io stessa ho rilevato dal primo momento in cui ho messo piede all'Università: una grande competizione interna, più amore per la trasmissione del nozionismo che per la vivacità intellettuale e una chiusura quasi assoluta nei confronti dell'esterno.

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  8. Bel post! Sono d'accordo.
    Aggiungerei un altro paio di cause: con la diffusione della tv, la cultura popolare, un tempo ricca e vivace, è stata quasi del tutto azzerata. L'avvento della lingua inglese usata sempre e comunque a scapito di una buona traduzione italiana, ha ridotto il lessico di uso comune a pochissimi vocaboli e il fatto che pochi italiani hanno esperienza di vita in altre regioni rispetto a quella di appartenenza, comporta un uso della lingua spesso ulteriormente ridotto a un miscuglio di parlata locale (purtroppo di frequente manca una conoscenza del dialetto) e inglesismi. Per esempio oggi dire "Vado su internet" racchiude molti significati che molti non saprebbero esprimere in altri modi.
    Lo scrittore G. Orwell aveva proprio ragione, pochi vocaboli, corrispondono a pochi concetti e incapacità di articolare pensieri complessi: questa è neolingua.

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    1. Hai fatto bene ad aggiungere, condivido soprattutto l'aspetto sugli inglesismi che, per quanto sia una sostenitrice della necessità di conoscere e usare le lingue straniere, non ne sopporto l'abuso, che quasi sempre è dovuto, come hai scritto, alla ricerca di forme espressive piatte e immediate. Una prospettiva molto triste, che sta consumando la nostra lingua e, quindi - e Orwell non avrebbe potuto essere più incisivo - il nostro pensiero.

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  9. I media forse sono i meno colpevoli, dato che il loro scopo, in fondo, è vendere. Diversa la responsabilità della classe dirigente, il cui scopo è dirigere, appunto, si suppone verso un miglioramento del paese, delle condizioni di vita, etc. Non starò a elencare tutti i tagli alla cultura, su cui forse sei più ferrata di me. Negli anni di università, posso solo dire di aver assistito a 6 anni di tagli consecutivi al finanziamento degli atenei. Qualche volte c'erano vaghi giustificativi (gli sprechi, le baronie) ma non c'è stato nessuno sforzo per correggerle, queste storture. Magari qualcuno ha creduto per un istante agli slogan dell'ultima riforma (che comunque non tocca l'offerta formativa), ma riguardo ai problemi congeniti del sistema sono d'accordo con Ariano: il problema è storico. O meglio, non so darmi altre spiegazioni, perché non vedo nulla di conveniente in tutto questo!
    Restando sulla matematica, l'altro dato negativo, non posso che enumerare tutti i casi in cui capita che qualcuno si vanti di non saper fare due conti? Non dico equazioni differenziali, oggettivamente difficilotte, ma di semplici operazioni richieste nella vita di tutti i giorni o di oggetti un po' più complessi che possono tornare utili per comprendere la realtà che ci circonda.
    Morale: dovrò darmi da fare per non tornare analfabeta.

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    1. Dobbiamo darci tutti da fare: i continui tagli e le mazzate alla cultura non ci renderanno facile mantenere viva la nostra voglia di conoscere o, almeno, la possibilità di farlo, perché gli ostacoli all'acculturazione e alla diffusione della conoscenza continuano ad aumentare.
      Mi permetto di muovere solo una piccola obiezione: i media non devono vendere, ma informare... posso però riconoscere che negli ultimi anni i programmi e i mezzi di comunicazione siano schiavi dello share e siano diventati teatrini insulsi (pensiamo ai tg, che riempiono i vuoti proponendoci i video più ridicoli reperibili su youtube), il che può, in effetti mutare l'idea della loro funzione attuale...

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    2. Sì, ci siamo capiti. E prima ancora di Youtube, gli estenuanti servizi su delitti e fattacci di cronaca che aggiungono poco o nulla se non macabro intrattenimento. E prima ancora, qualcuno pensò di pubblicare narrativa sui quotidiani. È sempre cultura, il cui scopo però è aumentare le tirature e l'audience, poiché dopotutto non si può andare in perdita.

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    3. Hai ragione, il problema è lo sbilanciamento a favore del'audience... la cronaca nera attira, ma non richiede uno sforzo riflessivo: la si segue non per informarsi, ma per un certo gusto per il macabro che non riesco a comprendere. Il risultato (per fare un esempio banale): tutti sanno tutto del delitto di Perugia, ma qualcuno ancora non ha idea di cosa sia la "Primavera Araba" le cui conseguenze sono alla portata della conoscenza e della riflessione di tutti noi.

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  10. Un discorso del genere lo feci insieme ad un amico e oltre tutte queste cause da voi elencate, ci venne un attimo il dubbio se con tutta la cultura che abbiamo avuto e abbiamo nel DNA, sia un risultato naturale, questo divenire un po' "scimuniti". del tipo il troppo storpia.
    -è ovviamente una battuta ironica per riderci su-
    Comunque mettiamo anche che le istituzioni curano poco l'insegnamento, i ragazzi vengono trattati come numeri e oltre questo i "somari" sono marchiati per sempre, poco aiuto, poca evoluzione, poco controllo. è una catena.

    Comunque i dati, le percentuali sono sempre molto relative.

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    1. Che il fenomeno sia una catena infinita è più che sicuro: lo scarso interesse per la cultura, l'istruzione e l'informazione non può che produrre un acuirsi della situazione in negativo. Siamo anche d'accordo sulla relatività dei dati: il fatto che qui o in numerosi altri siti e blog si dibatta il problema dimostra di per sé che il risultato dell'indagine non tiene conto delle eccezzioni, il problema è il ricorso alla solita e già citata "media del pollo", per cui se un Italiano preso a campione ha un livello di competenze 10 e il successivo ha una conoscenza pari a 0, alla fine gli Italiani nel complesso non superano la soglia della sufficienza nella scala delle competenze.

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  11. Analisi profonda e veritiera, purtroppo. Concordo con quanto dice la Marzano, aggiungendo che lo slogan di oggigiorno nel nostro paese è che "ignorante è bello". Certo l'ignoranza fa molto comodo a chi è al potere, e a chi considera il potere come un gioco personale che ha come fine se stesso. Non a caso ciò trapela nelle politiche della scuola, come dicevi tu, e in tante altre azioni o non-azioni che trascurano l'intelligenza delle persone e la formazione delle coscienze. La televisione ha fatto il resto. Al di là dei disfattismi di certi sondaggi, bisogna ammettere che il 'fenomeno dell'ignoranza' è in aumento, e che ignorarlo bellamente è al tempo stesso conseguenza e frutto di questo fenomeno in quanto tale. Una bella tristezza...

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    1. Hai ragione: per usare una figura etimologica, è un male anche ignorare l'ignoranza!

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