Shutter Island (Martin Scorsese, 2010)

«Cosa sarebbe peggio? Vivere da mostro o morire da uomo per bene?»
Occorre aspettare il finale per dare un senso ad un'affermazione che attraversa come un filo rosso tutto il pensiero del Novecento, in un percorso in bilico fra nevrosi, normalità e pazzia.

Edward Daniels (Leonardo di Caprio), un agente federale, ci conduce nell'ospedale psichiatrico di Aschecliff; accompagnato dal partner Chuck Aule (Mark Ruffalo), deve indagare sulla misteriosa e apparentemente impossibile scomparsa di Rachel Solando, una delle ospiti/prigioniere della struttura. Nelle sue ricerche, però, Teddy (questo il soprannome del protagonista) si scontra con i comportamenti enigmatici del dottor Cawley (Ben Kinsgley) e dei suoi collaboratori, che né sanno chi sia il 'paziente 67' cui fa riferimento un messaggio lasciato da Rachel Solando e che non risulta schedato fra i pazienti in cura, né accondiscendono a violazioni del regolamento che possano aiutare a far luce sugli eventi. Proprio questa chiusura da parte dei responsabili dell'Ascheliff Hospital, unita a terribili sogni e allucinazioni che tormentano Teddy spingono l'agente ad avvicinarsi ad una terribile verità in cui lui stesso scopre di avere un ruolo a sua insaputa.
Il film scorre con una rapida progressione degli eventi, ma il ritmo, pur così veloce, è gravato dalla presenza di una colonna sonora inquietante, dai colori cupi e dalle lunghe sequenze oniriche in cui Teddy rievoca sprazzi del passato, dalla guerra in Europa e dal massacro di Dachau fino alla morte della moglie, Dolores; quest'ultima, interpretata da Michelle Williams, sembra volerlo avvertire di un imminente pericolo, ma in cosa esso consista è incomprensibile fino agli ultimi, annichilenti minuti del film.
La pellicola di Scorsese si avvale della diegesi del thriller per affrontare in maniera abile e profonda una questione amara, soffermandosi sul disagio della dissociazione mentale e sul disorientamento provocato dalla malattia. Un po'come per La coscienza di Zeno, si può parlare di opera aperta, perché, dietro alle spiegazioni rimane un baratro di non-detto e di possibili interpretazioni che dipendono dal senso che vogliamo dare alla frase che chiude il film e che mi ha spinto ad un immediato parallelo con la scelta di Enrico IV nel finale dell'omonimo dramma pirandelliano. Ambientato nel 1954, Shutter Island affronta infatti un tema ricorrente nella letteratura del secolo scorso e della fine del precedente, facendoci scendere nei meandri della psiche fino ad insinuare dubbi agghiaccianti nella nostra stessa mente.

C.M.

Commenti

  1. Ho la vaga impressione, ma proprio vaga, che ti piaccia DiCaprio ;-)!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sicuramente è un attore che merita, ma ti assicuro che la scelta di vedere e recensire questo film non è dovuta alla fascinazione per il Leo, ma ad uno spunto scolastico! Che poi nell'ultimo anno abbia anche fatto due film che mi sono piaciuti tanto è innegabile! ;)

      Elimina

Posta un commento

La tua opinione è importante: condividila!