L'incubatrice dell'italiano

La lettura in lingua originale, per chi ha la fortuna di potervi accedere, svela sempre significati e sfumature che nella traduzione finiscono per perdersi. Questo vale per qualsiasi lingua, viva o morta, diffusa o non diffusa. Una consapevolezza molto particolare della società e della lingua latina e dell'espressione linguistica italiana si coglie nel Satyricon di Petronio, romanzo parodico del I secolo d.C. che fa sfilare davanti allo sguardo stupito del lettore un mondo di individui, gesti ed espressioni sorprendenti. Il lettore abituato alla comunicazione di Cicerone, Seneca o Tacito, infatti, scorrendo le pagine di questo testo, si imbatte in una lingua che per molti tratti anticipa i moduli e fraseologie giunti fino a noi, ma che ha seguito il suo costante corso al di sotto della linea espressiva elevata degli autori canonici, come parte di quei 'Linguaggi sepolti' che rimasero vitali dalle origini plebee di Roma fino alla disgregazione dell'Impero, dopo la quale diedero vita alle manifestazioni sociali e artistiche fiorite nel Medioevo.
 
Ne propongo qualche esempio, suggerendo comunque l'intera lettura del testo perché, al di là delle questioni linguistiche, presenta una storia molto accattivante e divertente, senza, che, però, manchino spunti di riflessione (soprattutto nelle parodie poetiche e filosofiche). Per coloro che non conoscono il latino o hanno rimosso i ricordi della pratica liceale, suggerisco la traduzione di A. Aragosti (per Rizzoli), che rende il colore originario delle espressioni colloquiali e popolari che costituiscono la cifra distintiva del romanzo.
I prodromi più significativi dell'espressione italiana si concentrano nei capp. 26-78, che costituiscono la cosiddetta 'Cena di Trimalcione': Encolpio, Gitone e Ascilto, tre giovani picari ante litteram, vengono invitati dal maestro di retorica Agamennone al banchetto di un ricchissimo liberto, «uomo di squisita eleganza», che, presto, si rivelerà non essere poi tanto chic. Alla sua tavola siedono l'altrettanto grossolana moglie e una ricca pletora di ex-schiavi che, mentre pasteggiano con le spettacolari pietanze offerte dal loro Anfitrione, fanno sfoggio di pettegolezzi e goffi tentativi di filosofia. Il loro non è, chiaramente, il linguaggio del foro, bensì un'accozzaglia di parole e modi di dire popolari.
Emergono, allora, tutte quelle forme del parlato che i trattati di retorica e grammatica bacchettavano come errati e si scorgono tracce del sistema morfologico che passerà all'italiano: l'articolo indeterminativo, dall'aggettivo unus (es. unus servus, 26.8); una forma di perfetto che anticipa il passato prossimo italiano, trasformando il verbo habeo (avere) in un ausiliare (es. habebat inscriptum, 30.3), voci come manducare al posto del corretto edere (56.4). Ma ci sono anche formule spicce come «non si sa come né come né perché» (nec quid nec quare, 37.4) o «guarda un po'» (vide modo, 51.5), «uno di noi» (unus de nobis, 44.10) o, ancora, «gli venisse un colpo!» (male eveniat, 44.3), o «bella roba!», con il popolare bella che sostituisce il gramaticale pulchra (bella res, 58.12) o «tanto meglio!» (tanto melior, 69.5).
Gli aspetti più curiosi, tuttavia, risiedono nei modi di dire, molti dei quali in uso ancora oggi: il nostro «è un tipo tutto pepe» ha un corrispettivo perfetto in piper, non homo (44.6), un «uomo da due soldi» è, per i Latini, homo sestertiarius (45.8), perfetta è la corrispondenza fra il nostro «andare in escandescenza» e il verbo excanduit attribuito a Trimalcione (53.8); il freddo è «mordente» anche per i nostri personaggi, anzi, «ha i denti» (dentes habet, 42.2) e, per finire, il mio preferito: «atteggiarsi come palloni gonfiati», colorata e perfetta traduzione di utres inflati ambulamus (42.1).
Non è curioso e appagante sapere che la nostra cultura non ha radici solo nella grande tradizione artistica e letteraria, ma anche in una genuina componente popolare?

C.M.

Commenti

  1. Ma quello che è più incredibile è vedere che le frasi idiomatiche si siano conservate per così tanto tempo, a dispetto di tanti rivolgimenti avvenuti.

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    1. Hai ragione, infatti la lettura del testo mi ha stupita soprattutto da questo punto di vista: le conversazioni fra i liberti ella casa di Trimalcione sembrano chiacchiere di oggi, tanti esempi se ne trovano! Gli studi linguistici, d'altronde, hanno un potere enorme nell'illuminare la storia, l'evoluzione ma anche i caratteri costanti nelle società.

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