Opinioni di un clown - Heinrich Böll

Amareggiante. Questo è il primo aggettivo che descrive il romanzo di Heinrich Böll Opinioni di un clown (1963), che mi proponevo di leggere dai tempi del liceo. Una lettura che si è rivelata inferiore alle aspettative, ma perfettamente coerente con la corrosiva critica sociale dell'autore e con il progetto di costruzione caratteriale del protagonista. Hans Schnier, infatti, sottopone ad un giudizio impietoso tutti coloro che lo circondano, mettendo in luce un sistema di comportamenti che non può che essere stigmatizzato, benché il tutto sia presentato nella prospettiva molto inattendibile di un uomo psicologicamente e professionalmente distrutto.

Ma quali sono le opinioni preannunciate dal titolo? Si tratta di un cumulo di riflessioni di Hans, clown di professione, che, maturate in ventisette anni di vita, esplodono improvvisamente quando Maria, la cattolicissima compagna, lo abbandona per sposare il cattolicissimo Heribert Züpfner. La separazione, infatti, riaccende di colpo tutti i rancori di Hans verso la società, la famiglia e i cattolici, che appaiono come gli autori di un enorme plagio ai danni di Maria, fino ad un momento prima moglie (tale, infatti, la considera Hans, sebbene non l'abbia mai sposata per avversione alla ritualità religione) devota e innamorata. 
Sebbene siamo in presenza di una narrazione in prima persona di un personaggio sfiancato e demoralizzato che, come tale, ci dà buoni motivi per pensare di non essere del tutto obiettivo e attendibile, la narrazione è disseminata di piccoli indizi che dimostrano l'impossibilità del rapporto di Hans e Maria, lui un agnostico irriducibile e lei una mansueta ragazza affranta dal senso di colpa per la scelta di «vivere nel peccato», dall'insuccesso di due gravidanze vissuto come una punizione divina e dall'imbarazzo che prova di fronte agli altri cattolici in presenza di un compagno miscredente.
L'amore di Hans per Maria è totalizzante (tanto da portarlo a definirsi «monogamo per vocazione»), eppure egli nega alla donna la capacità di pensare autonomamente: tutto quanto ella dice o fa non è che il frutto delle falsità che Züpfner e il prelato Sommerwild hanno immesso nella sua mente fragile e ingenua. Se di Maria Hans ha una visione tanto stereotipata e possessiva, tuttavia, esiste un motivo: ella è l'unico personaggio assolutamente positivo nella sua vita, l'unico punto di riferimento. Hans, infatti è nemico dell'intera società, cattolica o protestante che sia, disprezza l'abitudine della gente di esprimere giudizi e orientare le volontà ed è rancoroso nei confronti della famiglia che, pur beneficiata dal miracolo economico e del successo della produzione di carbone, non ha mai permesso a lui e ai fratelli di sfamarsi e ha mandato a morte la carissima sorella Henriette, spedita nella Flak a causa del fervore nazionalistico della madre (apertamente accusata di aver favorito le persecuzioni contro gli «yankee ebrei» e il regime nonostante l'impegno di facciata nel volontariato).
Maria è un faro isolato in un'esistenza fatta di grigiore e, come se la perdita della donna amata non bastasse, Hans si rompe un ginocchio, trovandosi costretto ad interrompere la sua attività di clown e a cercare senza successo scritture occasionali per poter tirare avanti. Proprio nel corso delle numerose telefonate ai conoscenti e ai familiari alla ricerca di notizie su Maria e di denaro emerge tutto l'astio di Hans verso un mondo di ipocriti, manipolatori e gretti borghesi che, quanto più si predicano onesti e puri, tanto più calpestano le persone deboli e bisognose con le parole o con gli atti. Ed è compito di un clown, colui che per lavoro indossa una maschera e vive di finzioni, mettere a nudo i camuffamenti della società, le sue falsità, l'ambiguità delle parole e l'insensatezza di una realtà fatta di opportunismi e sopraffazione. Inutile esaltare i progressi della civiltà e del miracolo economico: il prodotto di tali, presunti successi non è altro che un crogiolo di solitudini e alienazioni.

«Lasci stare queste sciocchezze, Schnier. Che cos'ha ancora, adesso?»
«I cattolici mi rendono nervoso perché sono sleali.»
«E i protestanti?»
«Quelli mi fanno star male con quel loro pasticciare intorno alla coscienza.»
«E gli atei?» rideva ancora.
«Quelli mi annoiano perché parlano sempre di Dio.»
«E lei che cos'è, in conclusione?»
«Io sono un clown» risposi «attualmente molto migliore delle mie quotazioni. E c'è una creatura cattolica di cui ho bisogno come della mia vita: Maria. Ma proprio lei mi avete portato via.»

C.M.

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