Proposta per una "cultura sostenibile"

Avevo qualche idea per la testa, avevo voglia di parlare di cultura e dell'uso che se ne fa troppo spesso e... beh, questo è il risultato: mi sono chiesta se possa esistere e come possa essere la cultura per essere definita 'sostenibile'.
Il concetto di sviluppo sostenibile è nato in ambito socio-economico e ambientale. Lungi da tenere una lezione su questo ideale tanto teorizzato quanto ignorato nella pratica, mi voglio soffermare sui principi fondamentali di questo modello di sviluppo: il primo è la consapevolezza dell'esauribilità delle risorse non rinnovabili e dell'esistenza di specifici cicli di rigenerazione di quelle rinnovabili; il secondo è l'uguaglianza fra i popoli e le generazioni, per cui tutti gli esseri umani, indipendentemente dal luogo e dal tempo in cui vivono, hanno diritto a godere di uno stesso grado di sviluppo. Ovviamente non esiste sviluppo sostenibile se i due assiomi non vengono portati ad un livello di compatibilità.
Perché questo esordio tecnico? Ebbene, qualche giorno fa ho letto una frase di Marguerite Yourcenar che mi ha fatto pensare ad un'applicazione ulteriore dell'idea di sviluppo sostenibile:

«L'ossessione del presente è caratteristica delle persone che vivono e pensano in modo convenzionale, dominati dalle mode. E così non si accorgono che tutto quello che è davvero importante nella nostra vita è uguale ieri come oggi»

Non si tratta di un'osservazione specificamente culturale, eppure questo definire i reali valori umani come qualcosa di non soggetto alle mode, ai gusti o al trascorrere del tempo risponde perfettamente all'idea che ho della cultura. E arrivo a riallacciarmi all'osservazione socio-economica dell'esordio.
La cultura, il patrimonio storico-artistico, le conquiste intellettuali sono delle risorse rinnovabili, ma bisogna essere coscienti del loro particolarissimo ciclo: si tratta in parte di elementi soggetti al mutamento (per il progredire delle ricerche o i cambiamenti nelle esigenze sociali), in parte ad un vero e proprio logoramento (e questo riguarda soprattutto opere, monumenti, siti, ma anche l'urbanistica, gli edifici in cui viviamo e lavoriamo). Siamo, dunque, di fronte ad un patrimonio in continua trasformazione, che spesso, per le sue specifiche dinamiche, ci chiede anche dei tempi di adattamento: pensiamo solo ai problemi etici che talvolta ci pone il progresso medico e scientifico, al dibattito sulla collaborazione fra pubblico e privato nella gestione dei beni culturali o, ancora, alle trasformazioni che subiscono le nostre città anno dopo anno.
Quanto al secondo punto, postulare l'importanza per ogni generazione degli stessi valori significa equiparare la dignità di ciascuna di esse e elevarle tutte allo stesso modo ad oggetti di interesse, studio e, soprattutto, rispetto. Approfondire la conoscenza del passato e delle sue evoluzioni non è meno importante che seguire l'andamento di un grafico di borsa di oggi o della definizione di un possibile quadro sociale futuro; preservare un'area archeologica di duemila anni fa non ha meno urgenza della costruzione di un grattacelo avveniristico.
In un'idea di cultura sostenibile, insomma, il concetto di base è lo stesso che si applica in ecologia: rispetto. Esso agisce in sincronia, nell'equiparazione delle culture di luoghi diversi del pianeta e, allo stesso tempo, in diacronia, nella conservazione dei frutti della cultura umana di ieri e di oggi e nella predisposizione delle conquiste di domani.
L'aspetto più interessante di questa idea della cultura come una risorsa che si costruisce e si gode insieme, è che cultura sostenibile significa condivisione: in una tale prospettiva non possono e non devono esistere usi puramente intellettualoidi del sapere, non devono esistere principi di auctoritas inattaccabili e non deve esistere concorrenza generazionale...e quanta ne vediamo invece da parte di chi sta ai vertici del mondo intellettuale, dove c'è un egocentrismo tale che qualsiasi apertura a idee, teorie o suggerimenti diversi dai propri sembra un affronto, anziché una possibilità di arricchimento! La cultura sostenibile non sta sui piedistalli o nelle teche, ma nel dialogo, nella progettualità e nella condivisione di un risultato, pratico o teorico che sia.
La cultura sostenibile parte dall'incentivo a questa dimensione rispettosa e partecipata del patrimonio culturale, inizia con la scelta di dare ad esso il peso che merita, a partire dall'ambito istituzionale: continuare a promuovere un'idea di sapere astratto, inutile e improduttivo, possesso di pochi eletti (che in virtù dell'elitarietà sono talvolta vergognosamente inclini alla spocchia) è il modo per rendere la cultura insostenibile e indesiderabile, per svuotare i musei e gli enti di ricerca, per promuovere il disamore del sapere. Al contrario, infondere il rispetto per le attività intellettuali, artistiche, scientifiche e tecniche degli individui e delle società è l'unica via per disporre di una solida consapevolezza di noi stessi, della nostra storia passata e delle nostre possibilità future. Come sottolineato dalla Yourcenar, non possiamo essere ossessionati dal presente.

G. De Chirico, Gli archeologi
  C.M.

Commenti

  1. Che belle queste tue riflessioni, Cristina, le condivido in tutto e per tutto. Se questo modo di vedere e vivere le cose venisse insegnato anche all'interno delle famiglie e non solo nelle scuole (e anche qui, poi, dipende dall'insegnante che trovi), la speranza per un futuro migliore smetterebbe di essere solo un'utopia.

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    1. Non sarebbe la chiave della perfezione, ma credo che incoraggerebbe un modo più sano e umile di vedere le cose e un approccio più diretto alla cultura, senza intimidazioni... Grazie di aver supportato il mio auspicio! :)

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