Attimi di piacere catastematico

Dopo giorni di tensione e sacrificio, arriva il momento in cui il traguardo cui puntavano si raggiunge e si supera, il giro di boa, il momento in cui finalmente quell'agitazione e quella fatica cessano. Allora subentra il senso di rilassamento più piacevole di tutti, come il piacere del corpo che si abbandona al sonno dopo una lunga giornata. Può non accadere nulla di speciale, il tempo successivo a quello del turbamento può trascorrere nella più totale medietas, eppure quanta gioia e quale rasserenamento proviamo!
 
Immagine di Ralf Designs da Pixabay

Questa comunissima sensazione ha ricevuto una teorizzazione filosofica da Epicuro, che parla di piacere catastematico, una gioia statica, data non dal godimento di particolari beni o emozioni, ma dall'assenza di qualsiasi inquietudine, passione o agitazione; il concetto, comunemente noto come atarassia, indica proprio la capacità di essere felici e sereni senza particolari motivi, semplicemente assaporando la sensazione di non provare affanno e di accontentarsi di ciò che si possiede senza voler ricercare fuori da noi stessi la fonte del piacere.
La rielaborazione poetica del pensiero epicureo è affidata al poema didascalico De rerum natura di Lucrezio (I sec. a.C.), che, in apertura al secondo libro, contiene una lode di questo stato di piacere, dove si contrappongono il comportamento di coloro che inseguono gli onori, le ricchezze e piaceri effimeri e quello dei saggi che accettano pacatamente di non essere preda di quegli stessi desideri e rimangono arroccati nei templa serena che, permettendo loro di dirigere lo sguardo agli uomini afflitti dall'insoddisfazione perpetua, dal dolore o dall'agitazione, li fanno sentire ancor più felici della loro condizione (Lucrezio, II, 16-33):
[...] E come non vedere
che la natura null'altro ci chiede con grida imperiose,
se non che il corpo sia esente dal dolore, e nell'anima goda
d'un senso gioioso, sgombra d'affanni e di timori?
Dunque al nostro corpo necessitano
ben poche cose che possano lenire il dolore
e in tal modo offrano anche molti soavi piaceri;
talvolta è più gradevole - la stessa natura non soffre
se all'interno dei palazzi non vi sono auree statue
di giovani che reggono con le destre fiaccole accese,
per fornire in tal modo luce ai notturni banchetti,
e se l'edificio non brilla d'argento e non risplende d'oro,
né le cetre fanno echeggiare i dorati riquadri dei soffitti -
quando tuttavia fra amici adagiati su molle erba,
lungo il corso d'un ruscello sotto i rami d'un alto albero
con modesti agi ristorano gradevolmente le membra,
soprattutto se il tempo sorride e la stagione dell'anno
cosparge le verdeggianti erbe di fiori.
Lo stesso concetto è alla base del pensiero di Giacomo Leopardi, che manifesta molti punti di contatto con il materialismo epicureo e con le pagine di Lucrezio. Celeberrimo è il verso che riassume la nozione di atarassia, tratto da La quiete dopo la tempesta: «Piacer figlio d'affanno», al v. 32, concentra il senso complessivo dell'idillio, che fa leva proprio sulla condizione dell'uomo eternamente tormentato che può godere dell'unica gioia data dall'«uscir di pena» (v. 45), perché, per il poeta recanatese, la gioia è vana e «frutto del passato timore» (vv. 33-34), il dolore nasce naturalmente e, se dalla sua cessazione deriva un qualche piacere, esso «è gran guadagno» (vv. 48-50), tutto ciò che la Natura ha concesso al genere umano.

C.M.

Commenti

  1. Non avevo mai visto Leopardi sotto l'aspetto dell'atarassia ma ci voglio pensare - certo quei suoi piaceri materiali - a Napoli, gli ultimi anni lo vedevano seduto al tavolino di un caffè ad assaporare un gelato dopo l'altro, nel dolce far niente ...E stranamente proprio i napoletani ridevano a vederlo con tutte quelle coppe di gelato davanti ... Ho sempre visto Leopardi però piuttosto come un cinico - scrive come sai pagine bellissime sui cani nello Zibaldone; li descrivi distesi, tranquilli, per niente annoiati, a godere di quel poco di vita che ci viene dato, come ho scritto in qualche mio post che forse hai visto ... Comunque vada per Leopardi anche epicureo ma anche paltonico - che ne pensi dell'operetta morale Elogio degli Uccelli, con Amelio filosofo platonico ... come gode della natura ...

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    1. In Leopardi, invero, c'è anche molto stoicismo, che gli deriva soprattutto da Epitteto: ogni sua parola è un inno alle filosofie, il segno di un pensiero che non tralascia alcun risvolto. Il desiderio di essere spensierato come gli uccelli e l'idea che la serenità e la gioia alberghino per natura nei cieli è accennato anche in chiusura al Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, laddove il poeta immagina per un attimo di poter essere forse felice se avesse le ali e tutta la sua poesia è pervasa da un incanto verso la natura, gli astri, il cielo, l'aria e gli uccelli che credo basti a stornare il diffuso sospetto di un personaggio avverso alla vita e a portare alla luce il cuore speranzoso di un giovane sognatore.

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  2. Verissimo, questo sullo stoicismo, tanto che Leopardi tradusse il manualetto di Arriano, quello di Epitteto, insomma ... Una sorta di eclettismo filosofico, quello di Leopardi ...

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  3. Quanto è interessante questo articolo. A parte il fatto che mi riporta ai miei studi universitari - il primo esame di Letteratura latina con corso monografico su Lucrezio e il suo straordinario De Rerum natura - mi fa venire in mente anche lo scritto di Letteratura latina al concorso abilitante per l'insegnamento, che fu, gran colpo di fortuna perchè fresco di studio, proprio un lungo brano tratto dall'opera lucreziana. Mi ha sempre affascinato questo concetto di "atarassia", uno stato di beatitudine che come tu ben dici arriva alla fine di un lungo affanno (chi non ricorda quell'ansia da esame all'università?), e proprio in questo momento della mia vita cerco di sentirmi esattamente in questa dimensione di assenza totale di affanni, abbracciando questo tipo di consapevolezza. Non sempre ci si riesce, forse è prerogativa dei saggi. :-)

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    1. Se ci riuscissimo sempre, forse non apprezzeremo pienamente le teorizzazioni e le esortazioni degli autori, in qualche modo le loro parole sono lì a ricordarci le nostre potenzialità. Confesso che questo post è stato dettato proprio dallo stato di atarassia seguito ad un esame (in cui, fatalità, è stata posta anche una domanda sul buon Lucrezio)! :)

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