I misteri di Parigi - Eugéne Sue

Il classicone che mi ha tenuto compagnia durante l'estate, come sapete se avete buttato l'occhio alla casella di Goodreads qui a destra o se avete letto i post su Facebook che più volte lo evocavano, è stato I misteri di Parigi, scritto da Eugéne Sue e pubblicato a puntate su Le Journal des débats fra il 19 giugno 1842-19 giugno 1843.

Il mercato del Temple, uno dei luoghi frequentati dai protagonisti
 
I misteri di Parigi è un mirabile intreccio di storie che fanno perno attorno alla figura di Rodolphe, il principe di Gerolstein giunto nella capitale francese con l'intenzione di espiare una colpa passata che lo aveva messo in contrasto con il padre attraverso buone azioni in favore dei poveri e dei bisognosi che si dimostrino puri e virtuosi nonostante il degrado che li circonda. Il primo di questi, che si può considerare il secondo fuoco della narrazione, è la giovane Fleur-de-Marie, detta la Goualeuse, costretta a fare la prostituta per sopravvivere nei bassi fondi parigini dopo essere stata sottratta, grazie ad un periodo di reclusione in prigione, alle grinfie della perfida Chouette: Rodolphe, senza mai svelare la sua vera identità, le offre una vita di libertà in campagna per riscattarla dalle sue sofferenze. Ma non basterebbe questa giovane donna ad appagare il bisogno di Rodolphe di mostrarsi generoso, così il granduca di Gerolstein, che è al contempo impegnato a sfuggire a Sarah, la moglie che lo aveva abbandonato portandogli via una figlia di cui poi gli aveva comunicato la morte, incontra tantissimi personaggi bisognosi: dallo Chourineur, che, da molestatore di Fleur-de-Marie diventa aiutante di Rodolphe nel difenderla a Germain, il giovane figlio strappato ad una madre abbandonata dal perfido marito, da Rigolette, la sartina amica della Goualeuse (conosciuta in prigione) alla famiglia Morel, così povera da abitare in una soffitta e da non avere nulla da mangiare, dalle vittime del perfido notaio Jacques Ferrand ai compagni di prigione di questi e ai loro visitatori. Per tutti costoro Rodolphe diventa un pronto soccorritore, sostenendo chi si guadagna la sua fiducia con il denaro, ma anche ordendo terribili vendette contro coloro che opprimono i suoi protetti. In questo personaggio molto ricco, celato dietro una falsa identità e presente sempre nel posto giusto al momento giusto per scontare la propria infelicità attraverso il dono della tranquillità ai deboli e della sofferenza ai malvagi non è difficile riconoscere i prodromi del protagonista, ben più complesso e affascinante, de Il conte di Montecristo, che sarebbe stato pubblicato da Dumas a partire dal 1844.
Il romanzo procede per intreccio dei diversi filoni, ciascuno corrispondente alla storia di un personaggio, ma tutti tornano a Rodolphe e alla Goualeuse, mantenendo unita la trama del racconto, spesso ricorrendo alla forzatura del motivo della coincidenza, che porta casualmente il principe di Gerolstein a incontrare personaggi cui lui stesso o la sua prima protetta appaiono legati. Anche se talvolta il prolungato abbandono di un personaggio ai fini di seguirne un altro e l'infittirsi della narrazione sembrano divagazioni superflue e rischiano di far perdere i collegamenti, in nostro aiuto interviene il tipico meccanismo dell'autore onnisciente, che sottolinea informazioni importanti, sovrappone prospettive e ci mette a parte di ciò che per protagonisti è oscuro, senza però attenuare l'effetto sorpresa e la suspense, che, invece, in certi momenti tocca punte di grande tensione ed entusiasmo. Nel corso delle oltre mille pagine del romanzo si susseguono rapimenti, omicidi, retate, risse, atti eroici e sovrumani, come quello della Louve, compagna di prigione di Fleur-de-Marie e da lei redenta, che salva prima la stessa Goualeuse, poi l'uomo che ama; e trovano spazio anche siparietti comici, quando assistiamo ai tormenti del portinaio Pipelet, molestato da un pittore che abitava nella sua palazzina e che gli tende continui, imbarazzanti assalti.
Non manca, da parte di Sue, il tentativo di addentrarsi nell'aspetto sociale del romanzo, suggerendo analisi del motivo per cui il crimine sia tanto diffuso e i rimedi che potrebbe porvi la legge e dedicando ampie sezioni de I misteri di Parigi alla descrizione del degrado che si concentra e si potenzia all'interno delle carceri e alle contraddizioni delle esecuzioni capitali. Ciò avviene attraverso le vicende dei personaggi, ma anche con lunghe tirate che si fanno sempre più pesanti e diventano preponderanti rispetto alla narrazione. Nella dettagliata prefazione all'edizione Rizzoli, Umberto Eco racconta che, un anno prima della pubblicazione de I misteri di Parigi, Sue sarebbe uscito dalla casa di un operaio gridando «Io sono socialista!», e il suo interesse per il popolo e per i disagi dei poveri appare forse genuino, ma travisato secondo una morale fortemente conservatrice, che è stata messa alla berlina da Edgar Allan Poe, Vissarion Belinskij e Carl Marx: il riscatto dei miserabili avviene attraverso un ricco principe, mentre per coloro che manifestano un autentico sentimento di redenzione il senso della convenienza interviene a proporre una riabilitazione basata su un lacerante senso di colpa e vergogna e che passa, in modo molto manzoniano, attraverso la divinità, la provvidenza e l'agonia. Ecco perché il romanzo si Sue è ben lontano, negli esiti, dall'impegno dei naturalisti e, semmai, è più vicino ai romanzi delle false speranze di cui si abbuffa Emma Bovary e che Flaubert criticherà tanto duramente (Eco ci ricorda che, emblematicamente, Sue muore nel 1857, l'anno in cui, con la pubblicazione di Madame Bovary, ha inizio l'evoluzione del Realismo in Naturalismo).
Incipit del romanzo
Questo pesante accento moralistico si addensa nell'ultima parte del romanzo e nell'epilogo, dove si concentrano diverse cadute di stile che minano il fascino complessivo del romanzo e dove, di conseguenza, vengono recisi alcuni dei fili della narrazione che avevano legato Rodolphe e la Goualeuse a diverse comparse: da un lato perdiamo irrimediabilmente le tracce di alcune figure introdotte tardivamente, dall'altro siamo proiettati in un orizzonte di angoscia, tristezza e bigottismo che rendono impellente il desiderio di arrivare alla fine. Insomma, le ultime cento pagine de I misteri di Parigi risultano incoerenti con l'orientamento narrativo, narratologico e ideologico delle parti precedenti e il romanzo perde così la possibilità di assurgere a capolavoro. Se questo improvviso collasso dell'impianto romanzesco non distrugge del tutto la godibilità e il pregio dell'opera, possiamo tuttavia tranquillamente affermare che I misteri di Parigi si sarebbe potuto interrompere ben prima, senza tentare una conclusione di cui non si sente affatto il bisogno.

«Nonostante le infinite gentilezze di cui sono oggetto, il mio sarà sempre un destino miserabile; voi e la signora Georges, facendomi conoscere la virtù, mi avete fatto conoscere anche la profondità della mia passata abiezione; nulla potrà impedirmi di essere stata il rifiuto di ciò che vi è di più spregevole al mondo. Ahimè! Poiché la conoscenza del bene e del male doveva essermi così funesta, perché non sono stata abbandonata al mio infelice destino!»

C.M.

Commenti

  1. Vorrei leggere Sue da un bel po' di tempo, nonostante tu mi dica che le ultime pagine hanno rovinato un po' il tutto e nonostante la mole che però non mi spaventa (sto leggendo proprio in questi giorni David Copperfield *-*)....questo romanzo mi attira ancora... ^^
    Bellissima recensione come sempre!

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    1. Grazie, Pila! Il finale non rovina tanto il libro nel complesso, quanto le aspettative che si creano seguendo il filo del pensiero dell'autore (che a tratti pare modernissimo e tutto dalla parte del popolo) e la maestria della narrazione: pare quasi che Sue avesse fretta di concludere e di scrollarsi di fosso le accuse di scarsa moralità, ma per qualche decina di pagine su oltre mille possiamo tranquillamente perdonarlo e goderci il romanzo! :)

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    2. Concordo con la sua recensione ma non condivido il commento sull'epilogo poiché mi è sembrato coerente con la personalità di Fleur-de-Marie. Infatti se ella si sentiva indegna di vivere come contadinella figuriamoci come potesse sentirsi da principessa! Nel finale, inoltre, vivono tutti "felici e contenti" come in una favola quindi l'epilogo infelice,secondo me, ha risollevato le sorti del romanzo.

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    3. Certo, il finale è coerente con la personalità di Fleur-de-Marie, ma non con le speranze di riscatto che si possono nutrire. In questo senso I misteri di Parigi guarda più alla tradizione paternalista della cultura di cui è figlio anche Manzoni che agli intenti quasi militanti dei Naturalisti. Del resto è anche vero che un finale improvvisamente tutto rose e fiori sarebbe risultato stucchevole.

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  2. Grazie per questa tua analisi sui " Misteri di Parigi "; ed è incredibile quanto poco si avvicina ai " Misteri di Marsiglia " di Zola...Pur negli intenti simili.

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    1. In effetti molte serie di "misteri" si sono ispirati a lui, ma credo che gli autori successivi abbiano preso polemicamente le distanze da Sue e dal suo moralismo, d'altronde la svolta degli anni '60 non sarebbe tale se non potessimo chiaramente porre al di qua un Sue e al di là uno Zola...
      A proposito: se dovessi iniziare a leggere Zola (cosa che mi ripropongo da tempo), da dove mi consigli di iniziare? :)

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    2. Sei una lettrice talmente versatile che ti direi di incominciare subito dai capolavori.Per la corposità e i temi affrontati ti consiglierei " Germinal ", secondo me ti piacerebbe,anzi sono sicura.

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    3. Dici che posso leggerlo anche se il ciclo dei Rougon-Macquart ha diversi capitoli prima di questo? E dell'Ammazzatoio che mi dici? :)

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    4. Non ti preoccupare dei romanzi precedenti perché purtroppo anche io li ho letti sfalsati ( non si trovano facilmente e quindi devo accontentarmi ),non ti darà dei problemi.L' " Ammazzatoio " e " Germinal " hanno tutte e due come protagonisti la classe operaia.Il primo però è molto pessimista perché va verso la distruzione fisica e morale dell'uomo.Nel secondo è descritta la lotta della classe operaia,terribile e violenta,ma che riesce a volgere lo sguardo verso un " risveglio " che proviene dalla terra e quindi alle origini.Comunque la protagonista dell' "Ammazzatoio " è Gervaise,la madre di Nana ( dell'omonimo romanzo ) e di Etienne Lantier ( il protagonista di " Germinal " ).Spero di essere stata esauriente ;-)

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    5. Bene, questi tre sono quelli che "a pelle" mi hanno sempre incurisita, il tuo consiglio mi conferma nel desiderio di leggerli e conoscere finalmente in modo diretto Zola! Grazie mille! :D

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  3. Per quanto mi riguarda è proprio un periodo letterario da "classiconi", quindi ti ringrazio per averlo segnalato! Non lo conoscevo, ma rimedierò leggendolo al più presto :)

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    1. Non è uno dei titoli più noti fra i classici francesi, in effetti... è stato un piacevole incontro, anche un po'casuale: di questo libri parlò un professore all'università entro un corso per il quale dovevamo leggere qualcosa come romanzi e il riferimento a Sue era in un angolo di una lezione dedicata a La signora delle camelie, secondo un filo logico-tematico che sto pensando di sviluppare ulteriormente in un futuro post.
      Se leggerai I misteri di Parigi, sarò contenta di sapere la tua opinione, intanto mi accontento di aver stimolato la curiosità! :)

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  4. Splendido pezzo, inoltre "I misteri di Parigi" è la più antica fonte certa dell'espressione "la vendetta è un piatto che va servito freddo", come racconto qui:
    http://www.tanogabo.it/Inviati_speciali/Vendetta.htm (scusa la marchetta, ma era per dire che sono appassionato dell'argomento ^_^)

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    1. Molto interessante, grazie! Trovo che l'aspetto della vendetta sia quello che maggiormente arriva poi a Dumas, che certo conosceva questa storia, allora di successo maggiore rispetto ad oggi, oltre al fatto che proprio la sua dilazione permette lo sviluppo dell'intreccio! :)

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