Il cinema biografico francese: "La vie en rose" e "Coco avant Chanel"

Due settimane fa, con otto giorni d'anticipo rispetto all'anniversario della morte di Édith Piaf, è andato in onda il film La vie en rose (titolo originale La Môme), che il regista Olivier Dahan ha voluto dedicare nel 2007 alla cantautrice francese, ripercorrendone la carriera, ma soprattutto la tormentata storia personale. Ad interpretare Édith Piaf è stata Marion Cotillard, che, pur non cantando personalmente i brani che riempiono molte delle scene, ma calandosi perfettamente negli atteggiamenti talvolta impacciati e timorosi, talaltra fortemente passionali dell'artista, è stata premiata con l'Oscar come miglior attrice; altre statuette sono andate al trucco e ai costumi, e, in effetti, il film risulta molto accattivante anche per la ricostruzione attuata attraverso queste tecniche. 

La pellicola ci descrive le vicende di Édith Piaf dalla sua difficile infanzia, quando, abbandonata dalla madre e affidata dal padre alla tenutaria di un bordello per garantirle un tetto sicuro, inizia a conoscere la propria voce e si affida alla protezione di Santa Teresa. Dopo una giovinezza sregolata fatta di esibizioni in strada per conto di un importante malavitoso, viene notata e portata ad esibirsi in un locale dall'impresario Louis Leplée (Gérard Depardieux), che la presenta al pubblico come «La Môme Piaf»; l'uccisione di Leplée, però, fa piombare sulla Piaf l'accusa di collaborazione con la criminalità organizzata e la sua carriera viene improvvisamente interrotta dalle malelingue e dall'accanimento della stampa, finchè Raymond Asso (Marc Barbé) non la riporta sul palcoscenico, scrivendo per lei moltissime canzoni di successo e lanciandola sulla ribalta francese e internazionale. Negli Stati Uniti Édith conosce il pugile Marcel Cerdan e vive con lui i giorni più felici, ma, dopo la morte di lui in un incidente aereo, ella piomba in una profonda depressione che la porta a ripiombare nel vizio giovanile dell'alcol e aggrava sempre più le sue condizioni di salute, arrivando ad impedirle di coltivare la sua grande passione per il canto.
Prima di vedere questo bel film, di Édith Piaf conoscevo solamente il nome e le canzoni più famose: La vie en rose, Non, je ne regrette rien e Mon manège à moi; nel corso di un agita scolastica a Parigi sono stata a Père Lachaise e ho potuto notare la devozione del suo pubblico, che riempie costantemente la sua tomba di fiori freschi, mantenendone vivo il mito. Il cinema, quindi, pur tralasciando, per motivi che l'impostazione registica rende evidenti e assolutamente giustificati, alcuni aspetti della vita della Piaf (come i due matrimoni e gli anni di guerra) mi ha fornito in un paio d'ore molte informazioni su un'artista di grande talento e successo, aiutandomi a colmare una lacuna che, di fronte a quel sepolcro così venerato, mi era sembrata enorme.

Di fronte a questo film, ho pensato immediatamente all'importanza dei biografi del grande schermo nel far comprendere i grandi miti del passato, in particolare quello della connazionale di Édith Piaf, la stilista Coco Chanel, cui Anne Fontaine ha dedicato, nel 2009, Coco avant Chanel - L'amore prima del mito. Anche di fronte a quella pellicola e all'interpretazione di Audrey Tautou, ero stata felice e soddisfatta di comprendere la donna celata dietro un grande nome, scoprendo le pieghe del suo carattere forte e comprenendo molto di più la portata straordinaria delle sue innovazioni, non solo nel campo della moda, ma, attraverso esso, anche nell'immagine stessa della donna moderna. Anche dietro a Coco Chanel c'è una grande storia d'amore: dopo quella con il suo primo finanziatore, Coco si innamora di Boy Capel, che, però, come Marcel, lascia prematuramente la sua amata a causa di un incidente; è proprio l'intervento di Capel a portare la stilista ad aprire le sue prime boutique a Parigi e Deauville e a permettere il decollo del mito della grande Coco. E nello sguardo finale di Audrey/Coco che assiste defilata ad una sfilata nel suo negozio si riflette immediatamente la profondità di un vissuto che spiega la donna dietro l'artista.

Due storie forti, cariche di passioni e di difficoltà che permettono di capire perché Édith Piaf e Coco Chanel non siano rimaste Édith Giovanna Gassion e Gabrielle Bonheur Chanel dietro i loro soprannomi: i film di Dahan e della Fontaine intrecciano strettamente l'arte e la vita, spiegando come le loro scelte professionali e ciò che il mondo di loro ha visto su un palco o su una passerella siano il naturale riflesso della loro vicenda personale.

C.M.

Commenti

  1. Mi è piaciuta molto la storia di Coco Chanel, quando un film è fatto bene... Vedrò anche questo mi attira molto, poi ho un debole per Parigi quindi... :)

    RispondiElimina

Posta un commento

La tua opinione è importante: condividila!