Fontamara - Ignazio Silone

Con grande gioia, qualche settimana fa ho trovato in mezzo a libri vecchi di famiglia un paio di testi di Ignazio Silone, fra cui il suo più famoso, Fontamara. Mi proponevo di leggerlo già da qualche tempo e questa piacevole sorpresa ha affrettato il mio approdo alle pagine di questo autore. Confesso che, di fronte a Fontamara, la curiosità di leggerlo era pari al timore di trovarvi una storia poco in linea con le mie corde, di restare delusa da un classico del Novecento... ma devo dire che tale dubbio è svanito già dalle prime pagine.

Renato Guttuso, L'occupazione delle terre incolte
 
Fontamara è un piccolo paesino della Marsica, popolato da povera gente che litiga per un nonnulla, preda com'è della miseria, ma, soprattutto, è vittima dei potenti che sfruttano la loro ignoranza per perpetrare vergognosi soprusi. Accade così che alla richiesta di ripristino della corrente elettrica sottoscritta con una raccolta di firme promossa dal cavalier Pelino, i Fontamaresi si vedono privati dell'unica fonte d'acqua del borgo, necessaria per lo svolgimento delle operazioni agricole che garantiscono la sopravvivenza, pur in un continuo susseguirsi di stenti e sacrifici. La lotta per l'acqua porta i Fontamaresi al comune, laddove vivono gli uomini di potere che impugnano le leggi del Regno d'Italia per giustificare le loro angherie e perpetrare abusi, requisizioni e riduzioni della paga ai lavoratori. Come se non bastasse, il desiderio di giustizia dei cafoni di Fontamara viene perseguito dai funzionari fascisti, che arrivano a compiere incursioni violente per far capire ai poveracci che devono restare al loro posto.
Scritto nel 1933 e pubblicato in tedesco in Svizzera, dove Silone, bersaglio politico in quanto comunista, vive come esule dal 1928 al 1944, Fontamara viene divulgato in Italia solo alla fine del secondo conflitto mondiale. Nonostante ciò, questo romanzo, che di romanzesco ha purtroppo ben poco, anticipa per molti aspetti i contenuti e i toni della narrativa neorealista che, come noto, si impone nel secondo dopoguerra. Silone, infatti, assume il punto di vista di chi vive le tensioni e le violenze di quegli anni (il racconto è messo in bocca a tre personaggi protagonisti degli avvenimenti che si recano dall'autore per testimoniare la loro esperienza) e non mancano, accanto alle accuse contro le violenze squadriste, espressioni di stampo socio-politico ispirate a posizioni filo-proletarie, in particolare nel finale.
Nonostante ciò, Fontamara non è un libro meramente ideologico. Con questo breve e scorrevole romanzo, Silone dà voce al disagio di una grandissima parte dell'Italia, a quelle zone rurali del Mezzogiorno che, nel passaggio dal dominio borbonico al regno sabaudo, hanno subito un inasprimento della loro condizione a causa delle tasse e, soprattutto, delle manipolazioni delle regie disposizioni da parte degli antichi padroni che, non essendo disposti a cedere alcun privilegio, hanno riversato gli oneri fiscali sui poveracci, incolpando il nuovo governo, ma, allo stesso tempo, approfittando della tendenza punitiva dei funzionari del regime fascista per sedare ogni possibile ribellione. 
Leggendo Fontamara, mi è parso più volte di riscontrare delle citazioni manzoniane, sebbene lo stile e l'agilità narrativa di Silone non abbiano nulla a che fare con la scrittura dell'autore milanese. Non è tuttavia possibile negare l'associazione fra il timoroso Don Abbacchio che, oltre ad echeggiare il nome del più noto prete della letteratura italiana, ne replica l'atteggiamento, tenendosi ben lontano dalla pietà cristiana e non esitando a defilarsi di fronte ai signori, lasciando che i lupi divorino le pecore. 
E, ancora, don Circostanza, detto 'L'amico del popolo', con i suoi sotterfugi tesi ad affermare i diritti dei potenti per mangiare alla loro tavola senza ammettere di fronte ai cafoni di non aver intenzione di aiutarli in alcun modo, pare l'Azzeccagarbugli degli Abruzzi. L'anonimo Impresario che si impossessa dei beni dei Fontamaresi e resta asserragliato nel suo palazzotto sembra un novello Don Rodrigo e, se guardiamo ad uno dei personaggi principali, Berardo Viola, vi troviamo una testa calda costretta ad allontanarsi dal paesotto per cercare miglior fortuna in una grande città dove finisce nei guai con la giustizia. Se a ciò aggiungiamo che tale Berardo sembra proprio lo sposo di un matrimonio che non s'ha da fare con la pia Elvira che si strugge in preghiera per lui, l'eco dei Promessi Sposi è ancor più presente. 
Ma tali consonanze, forse volute o forse meccaniche conseguenze di una situazione vecchia come il mondo, si spiegano alla luce del messaggio più ampio che Silone vuole trasmettere, mettendo in evidenza una condizione di miseria estrema e incontrastabile di fronte alla quale i governi non mostrano alcuna pietà né intenzione di intervenire, se non per approfittare di masse ignoranti, indifese e oppresse dalla fame. I cambiamenti politici seguiti all'Unità d'Italia e all'affermazione del Fascismo hanno accentuato la miseria con giochi di potere e alleanze fra vecchi e nuovi governanti che richiamano i versi dell'Adelchi: «Il forte si mesce col vinto nemico, / col novo signore rimane l’antico; / l’un popolo e l’altro sul collo vi sta. / Dividono i servi, dividon gli armenti; / si posano insieme sui campi cruenti / d’un volgo disperso che nome non ha» (coro atto III, vv. 61-66). Tale volgo disperso è, in questo caso, quello dei Fontamaresi, i cafoni che parlano una lingua diversa da quella dei cittadini che decidono della loro sorte, non perché appartengano a paesi diversi, ma perché chi possiede denaro e autorità non può in alcun modo capire cosa significhi non avere acqua per irrigare l'unico pezzo di terra dal quale può venire un poco di cibo.
La denuncia di Silone è forte, indignata, eppure esposta con uno stile piano, estraneo all'ira, come se la sua fosse la semplice registrazione della testimonianza dei tre contadini accolti nella sua casa, come se le voci dei tre narratori fossero ormai distaccate nella rassegnazione. Soltanto nelle ultime pagine, laddove si affacciano le speranze di una rivoluzione, i toni si accendono, ma sappiamo fin dall'inizio che tali auspici sono destinati al fallimento.
Fontamara, dunque, descrive una realtà sociale fatta di opportunismi, soprusi e violenze che spesso trovano una legge compiacente. La certezza che la narrazione si svolga sul finire degli anni '20 del secolo scorso non è del tutto consolatoria, se pensiamo come ancora oggi sia fin troppo facile, per chi ne ha i mezzi economici e il potere, raggirare i deboli e gli ignoranti attraverso i cavilli della legge e come gli amministratori chiudano gli occhi di fronte ai gridi d'allarme della gente per cui governano.
Tale stringente realismo mette in contatto Silone e Fontamara sia con la lezione disillusa dei Vinti di Giovanni Verga, sia con il Neorealismo, sia con la realtà del nostro tempo, lanciando un messaggio che, purtroppo, non cesserà di far sentire la sua urgenza finché gli interessi di pochi prevarranno su quelli dei più.
Per vent'anni il solito cielo, circoscritto dall'anfiteatro delle montagne che serrano il Feudo come una barriera senza uscita; per vent'anni la solita terra, le solite piogge, il solito vento, la solita neve, le solite feste, i soliti cibi, le solite angustie, le solite pene, la solita miseria: la miseria ricevuta dai padri, che l'avevano ereditata dai nonni, e contro la quale il lavoro onesto non è mai servito proprio a niente. Le ingiustizie più crudeli vi erano così antiche da aver acquistato la stessa naturalezza della pioggia, del vento, della neve. La vita degli uomini, delle bestie e della terra sembrava così racchiusa in un cerchio immobile saldato dalla chiusa morsa delle montagne e dalle vicende del tempo. Saldato in un cerchio naturale, immutabile, come in una specie di ergastolo.
C.M.

Commenti

  1. Ignazio Silone secondo me è uno degli scrittori più sottovalutati e dimenticati del Novecento. Non so se si dica ancora, ma un tempo lo si qualificava come autore da leggere per comprendere la "Questione meridionale". Mentre in realtà è stato ben altro. Basterebbe leggere "La scuola dei dittatori" per rendersene conto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La scuola dei dittatori è proprio l'altro testo di Silone che ho scovato fra gli scaffali di casa e che leggerò certamente dopo aver avuto questa folgorazione. Questo autore meriterebbe davvero una maggiore considerazione, dentro le scuole e fuori di esse, e molto al di là della sola Questione meridionale, come hai giustamente detto.

      Elimina
  2. Complimenti per la bella analisi. Fontamara è un romanzo eccellente: Silone mette al centro gli umili, gli sfruttati. I fontamarensi, come dice lo stesso autore nel primo capitolo, sono "parenti" degli indi, dei peones, dei braccianti argentini, tutti accomunati da un'esistenza misera e dall'essere calpestati continuamente da autorità e dai potenti. Per di più, è una testimonianza brutale ma fedele di come sia avvenuta l'ascesa al potere delle milizie fasciste, soprattutto nelle campagne. Complimenti davvero.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie di aver apprezzato il pezzo e di averlo arricchito con questa osservazione: è proprio vero che Silone offre uno spaccato di una situazione storico-sociale ben più complessa di quanto potrebbe sembrare in un primo momento.

      Elimina
  3. Molto bella e accurata la tua recensione. Non avendolo ancora letto, non immaginavo che il romanzo potesse contenere echi dei Promessi Sposi. Nota a parte: bella l’edizione vecchia in tuo possesso; le biblioteche di famiglia possono in effetti riservare qualche bella sorpresa.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Scorrendo le pagine, Manzoni mi sembrava sempre lì, anche se naturalmente Silone non condivide con lui alcun atteggiamento paternalistico, anzi.
      Adoro i vecchi Oscar Mondadori e ancor più le vecchie edizioni tascabili Einaudi (quelle bianche con le fascette rosse), fra l'altro ho notato che il Guttuso che ho scelto come collegamento artistico si è sostituito nei nuovi Oscar rossi della Mondadori al Rocco pescatore della vecchia in mio possesso.

      Elimina
  4. Concordo con Alessandra, non c'è niente di più affascinante delle rifornite biblioteche di famiglia. Riguardo al romanzo finalmente ho una visione chiara ed approfondita della trama e dell'ambientazione grazie alla tua recensione. Non mi sembra più molto ostico.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anch'io credevo che fosse un romanzo duro e di difficile lettura, non mi aspettavo di restarne così colpita.

      Elimina
  5. Gente che scoprì - se non ricordo male - che la guerra era solo contro Trento e Trieste: è la frase che può riassumere il romanzo? :) Bellissimo libro e bellissimo post!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La citazione mi sfugge. ahimé (mi sto preoccupando per la mia memoria). Grazie di aver apprezzato il post, Alessandro! :)

      Elimina
  6. Con vergogna ammetto di non aver mai letto nulla di Silone: ho rapporti molto tesi con gli autori che mi consigliavano a scuola. Avendo vissuto il periodo scolastico come una lunga agonia sanguinante, qualsiasi nome mi venisse lì consigliato guadagnava subito il mio odio. Però con la tua splendida recensione hai rimarginato la ferita Silone ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quale onore! Spero davvero che questo spunto sia l'occasione di sperimentare un testo che ti teneva lontano! :)

      Elimina
  7. Silone, che meraviglia! Il mio preferito è stato Vino e pane.

    RispondiElimina
  8. Complimenti per la recensione. Di Silone ho letto quasi tutto anni fa grazie ai consigli (anzi, ai compiti!) di un Prof. di Italiano vecchio stampo. Di sicuro Fontamara è stato il mio preferito, anche per l'estrema scorrevolezza e liricità dello stile. Interessanti, per altre ragioni e tematiche diverse, anche "La scuola dei dittatori", che tratta in forma romanzata argomenti da saggio politico, e "L'avventura di un povero cristiano", in cui Silone rielabora in forma teatrale la vicenda umana di Celestino V, abruzzese come l'autore, "colui che fece per viltade il gran rifiuto" secondo l'interpretazione dantesca prevalente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono rimasta molto colpita da questo narratore, motivo per cui leggerò in futuro non solo La scuola dei dittatori, che ho trovato assieme a Fontamara sugli scaffali di casa, ma anche L'avventura di un povero cristiano, che non sapevo riguardasse Celestino V (non ho mai approfondito il contenuto del libro), ma che con questa informazione che mi hai fornito si fa ancora più interessante.
      Sono contenta che il post ti sia piaciuto e grazie per aver arricchito la riflessione su questo romanzo (e grazie anche al tuo prof, che ha saputo piantare il seme della curiosità per Silone)!

      Elimina

Posta un commento

La tua opinione è importante: condividila!