Virgilio prima di Enea: Bucoliche e Georgiche

Negli ultimi giorni ho ripreso in mano le Bucoliche e le Georgiche, le due opere che Virgilio ha dedicato alla vita dei pastori e alle attività contadine. Si è trattato di una scelta dovuta principalmente all'approfondimento disciplinare, tuttavia leggerle in continuità e in parallelo alle prime due cantiche della Commedia è stata un'esperienza che è andata ben oltre lo studio. Sembrerà scontato, ma ogni volta che si apre un grande classico è come entrare in una di quelle opere di Escher in cui scalinate e porte si rincorrono in labirinti senza uscita: più o meno è questo l'effetto delle risonanze e dell'eco di temi e versi dall'una all'altra opera e fra i due testi latini e il poema dantesco, per il quale Virgilio, assieme alla Bibbia, è il modello principale.

Thomas Cole, Arcadia (1834)
 
Le Bucoliche raccolgono dieci ecloghe pastorali, composte fra il 42 e il 39 a.C., prima che il poeta mantovano entrasse in contatto con Mecenate e il suo circolo politico-letterario; si tratta di un libro di testi in esametri che trae ispirazione per tematica e genere dagli Idilli del poeta Teocrito di Siracusa (IV-III sec. a.C.). L'ambientazione è quella delle campagne abitate dai poeti-pastori che ricordano ora le terre di origine del poeta, ora quelle siceliote cantate da Teocrito, ora la regione greca dell'Arcadia, considerata la patria della poesia bucolica. I protagonisti delle ecloghe sono pastori molto speciali, descritti nei loro momenti di riposo e totalmente dediti al canto poetico, alle gare musicali, alla rievocazione di storie legate al mondo delle divinità boschive e all'amore. Il mondo dipinto da Virgilio, come del resto quello del suo modello greco, è fortemente idealizzato: le fatiche della condizione dei pastori sono solo rievocate a parole e dai personaggi più sfortunati, le descrizioni prevalenti sono di rilassanti oasi circondate da alberi che offrono dolci frutti e in cui l'unico suono che si avverte è quello del ronzio delle api fra le siepi (l'ambiente del locus amoenus) e i pastori possono vagheggiare per ore sulle donne amate e sul sogno di una prossima età dell'oro.
 
Come sanno tutti coloro che al liceo hanno dovuto studiare la biografia del poeta, è da quest'opera che si è ricavata l'informazione che vuole Virgilio erede di una famiglia di proprietari terrieri padani espropriati dei loro beni da Ottaviano (il futuro Augusto) affinché questi terreni fungessero da compenso per i militari reduci delle guerre civili. Le tracce di questo disagio sarebbero nella figura del pastore Melibeo, che nella prima ecloga si rammarica con Titiro perché deve abbandonare le proprie terre, dovendo lasciare dietro di sé i cuccioli delle caprette sgravatesi per via, mentre il compagno, che gode della benevolenza di uno iuvenis deus identificato fin dall'antichità con lo stesso Ottaviano, può continuare a godere della pace della sua dimora, della compagnia delle sue greggi e dell'amore della sua Amarilli. Non ci sono notizie certe a proposito di questa interpretazione della vicenda biografica di Virgilio, tuttavia è evidente che, rispetto al modello teocriteo, il poeta mantovano innova significativamente la tradizione dell'ecloga bucolica, trasformando le radure e i pascoli in intermundia dal quale osservare lo scorrere della storia e riflettere sui suoi drammi con la consapevolezza di essere in una condizione privilegiata di assoluta quiete e immersione artistica, secondo una prospettiva che richiama alcuni aspetti del pensiero epicureo tradotto a Roma dal poeta Lucrezio (I sec. a.C.) e studiata da Virgilio a Napoli presso il filosofo Filodemo. L'universo delle Bucoliche è, insomma, uno spazio di fuga, in cui dedicarsi alla poesia mentre, al di là delle siepi odorose, infuria la guerra.
Fra questa prima opera e le Georgiche non c'è soltanto una decina di anni, ma anche l'incontro più importante che Virgilio fa nella sua vita: quello con Mecenate, il direttore della propaganda e della vita culturale alla corte del primo imperatore; il suo nome compare in apertura ad ognuno dei quattro libri di esametri che compongono il testo, stavolta dedicato alla vita dei contadini. Il criterio adottato nella suddivisione prevede una progressione dal grande al piccolo: il primo libro è dedicato alla coltivazione dei campi, il secondo all'arboricoltura, il terzo all'allevamento e l'ultimo all'apicoltura; ciascuna sezione, inoltre, è chiusa da una digressione su un tema diverso, dalle guerre civili alla lode della vita contadina, dalla peste del Nòrico al mito di Aristeo sulla rigenerazione dello sciame attraverso la bugonia. 
Sebbene Virgilio si presenti qui come un precettore di agricoltura, ancora una volta la vera funzione dell'opera è estetica: sull'aspetto didascalico prevalgono i riferimenti preziosi al mito, le citazioni colte dai poemi omerici, i riferimenti alla produzione esiodea de Le opere e i giorni, i richiami alla poesia erudita di Callimaco e ai Fenomeni di Arato e, ancora una volta, diversi spunti di confronto (per similarità o antitesi) con il De rerum natura di Lucrezio. Scarsamente utili sul piano delle attività agricole, le Georgiche sono invece una grandiosa opera letteraria che fa da ponte fra l'esperienza più moderata delle Bucoliche e la gloria dell'Eneide, spianando la strada al poema grazie all'elevarsi dello stile (che resta comunque molto accessibile in lingua originale) e all'arricchimento colto del verso.

Pieter Bruegel il Vecchio, La mietitura (1565)

Ancora una volta Virgilio propone un disegno utopico, ma, mentre nelle Bucoliche ha suggerito una sorta di otium poetico come mezzo di allontanamento dalla crisi politica, stavolta assume un atteggiamento propositivo, offrendo degli insegnamenti non tanto al contadino, ma al princeps che, come l'agricoltore che deve domare la natura prendendosene cura e imponendosi su di essa anche nelle situazioni più difficoltose per poterne trarre frutti che garantiscano la sopravvivenza, si impegna per far prosperare il proprio impero. La natura, infatti, è descritta con tratti fortemente umanizzati e lo stesso si può dire di alcuni degli strumenti che l'agricoltore fabbrica per controllarla, come l'aratro: sembra che Virgilio, più che parlare della vita dei campi, suggerisca un modello etico-politico per la costruzione di una società perfetta in cui i doveri di ciascuno siano in equilibrio per il bene comune. Non a caso il modello perfetto appare quello delle api e dell'alveare, un microcosmo in cui ciascuno esercita i propri compiti e che ha degli equilibri ben precisi, ma, all'occorrenza, richiede l'intervento dell'apicoltore (ancora una volta maschera del princeps) per sopravvivere in sicurezza.
Gli studiosi hanno volto molte energie nel rintracciare i riferimenti alle vicende storiche e ai personaggi della politica del I secolo a.C., in primis al puer che nella profezia dell'ecloga IV si annuncia come il restauratore della mitica Età dell'oro e che ha consegnato al Medioevo l'immagine di Virgilio come profeta della venuta di Cristo. Tuttavia, se è innegabile che il poeta si ponga anche l'obiettivo di celebrare il nascente Impero, non bisogna dimenticare che egli è prima di tutto un letterato e che, come tutti i poeti del proprio tempo, si dedica a giochi letterari ed eruditi, attingendo alla mitologia, alla poesia greca e latina e ponendosi in competizione con i propri modelli, sfoggiando il tipico vezzo umanistico dell'aemulatio.

Tiziano Vecellio, Concerto campestre (1510 circa)

La ricchezza narrativa insita nel canto dei pastori (come nell'elogio di Dafni intonato da Mopso e Menalca nell'ecloga IV o nell'imboscata di due giovani a Sileno nella VI) e ancor più sviluppata nel poema dedicato ai campi, che si chiude con un verso quasi identico a quello di apertura delle Bucoliche subito dopo l'epillio di Aristeo (connesso al mito più noto di Orfeo ed Euridice), si accresce nel passaggio fra le due opere, anticipando il poema di Enea e suggerendone già tutti gli strumenti: il mito, il metro e, naturalmente, la celebrazione della poesia come il massimo strumento di cui l'uomo dispone per eternare la propria gloria letteraria e storica.

C.M.

NOTA: Per approfondire la conoscenza di Virgilio e la lettura delle sue opere consiglio il saggio di Niklas Holzberg Virgilio (edito da Il Mulino), molto godibile e allo stesso tempo accurato dal punto di vista documentale.

Commenti

  1. Ho approfondito Bucoliche e Georgiche per un corso monografico di Latino all'università e mi sono innamorata di Virgilio. Ritrovarlo qui mi ha fatto molto piacere :)
    Cercherò il libro di Holzberg e rilancio consigliando anche gli studi di Von Albrecht, che ho avuto il piacere di poter ascoltare dal vivo, ormai un paio di anni fa.

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    1. Virgilio merita infatti di essere letto e apprezzato anche al di là dell'Eneide: spesso della produzione rimanente si conosce a malapena la prima bucolica e grandi brani di letteratura rimangono nell'oscurità. Grazie del suggerimento di lettura! :)

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  2. Bellissimo post!
    Pensa che Bucolighe e Georgiche le possiedo raccolte insieme in una edizione della BUR del 1954, venduta in origine a 120 lire, a cui sono legatissimo.

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    1. Allora è l'antenata di quella che ho io (però con le due opere divise), la cui unica pecca, a mio avviso, è nella stringatezza del commento, come spesso per le BUR.

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    1. Se non l'avessi detto tu, non me ne sarei accorta: secondo me è stato un lapsus dovuto alla doppia dicitura "ecloghe" ed "egloghe"... si sarà riflessa su quello. E comunque non siamo mica qui con la penna rossa! ;)

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  4. Strepitoso *__* Non è facile commentare e aggiungere qualcosa a post così esaustivi e interessanti :P Posso soltanto lasciare il mio apprezzamento!
    E annoto le letture consigliate da te e da Camilla ;)

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    1. Sono contenta che questo articolo sia stato di tuo gradimento, grazie! :)

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