Sono Dio - Giacomo Sartori

Una buona parte dell'umanità passa il tempo a porsi domande su Dio e ad immaginarselo. Qualcun altro a negarne categoricamente l'esistenza e ad alzare lo stendardo dell'evoluzionismo contro ogni ipotesi biblica. Altri ancora non si sbilanciano, si interrogano sull'origine del mondo, ma non saprebbero dire se all'esistenza di una forza creatrice credano davvero. E non mancano quelli che ci credono, ma lo identificano con la Ragione ordinatrice o con l'Essere supremo, cercando di ricondurlo ad una forma di logica filosofica.
Tutti costoro al Dio di Sartori non vanno a genio. Per tutti l'originale personaggio che è protagonista e narratore del romanzo Sono Dio (NN editore) ha qualche critica. E, a dirla tutta, non è nemmeno certo della buona fede del suo cosiddetto figlio e non risparmia frecciatine a chi di questo presunto erede strumentalizza le parole. A ben guardare, è un Dio messo a disagio dalla sua stessa opera, da quell'essere umano che, lungi dall'adattarsi al ruolo di creatura, pretende di occupare il posto del creatore, di dominare sul mondo naturale e di tracciare per sé una strada completamente diversa da quella immaginata dal demiurgo.
Inutile dire che la giovane genetista che per lavoro si occupa della fecondazione artificiale dei bovini (il mezzo perfetto per incrementare la popolazione animale senza sottostare ai tempi morti dei cicli naturali) e nella vita privata ha relazioni a dir poco libertine è quanto di più aberrante per questa divinità in osservazione. E invece Dio se ne innamora. Non è bella, è nemica della fede, manipola la biologia, offre il proprio corpo a partner occasionali, eppure Dio non riesce a toglierle gli occhi di dosso. Non che trascuri il resto del creato - e ci tiene a farcelo sapere - ma il creatore di Sartori è stupito del suo stesso atteggiamento, dell'incapacità di elevarsi al di sopra delle vicende umane e della facilità in cui cade nel sentimentalismo.
Sono Dio si è imposto alla mia attenzione dal momento in cui è uscito il sunto della sua trama, poi me lo son visto in anteprima al Salone del libro ed è iniziata l'attesa dell'uscita, avvenuta il 26 maggio. Un lettore diffidente potrebbe pensare che, dato il personaggio scelto dall'autore come fulcro della narrazione, il rischio di incorrere in banalità o prese di posizione ideologiche sia altissimo, ma Giacomo Sartori riesce ad evitare cliché e a dosare con perizia il pensiero di questo Dio per il quale il pensiero stesso è qualcosa di difficile da definire. Sceglie di farlo fissando un punto 0, che consiste nella decisione di Dio di fermarsi e iniziare a mettere per iscritto ciò che osserva e le riflessioni che derivano da questa esperienza: sembra un paradosso, perché Dio, per definizione, vede tutto in ogni momento, anticipa il futuro e lo può modificare, sebbene esiti ad intervenire, forse messo in guardia dall'errore commesso con la creazione dell'uomo.

Michelangelo, La creazione degli astri e delle piante, Cappella Sistina (1511-1512)

Nelle pagine di Sono Dio si susseguono, con un registro agile e accattivante, considerazioni ironiche e amare, che fanno dubitare non solo della direzione presa da un'umanità che rifugge ogni forma di buon senso e prosciuga l'universo per appagare i propri bisogni smisurati (denaro, tecnologica, manipolazioni genetiche, perversioni, consumismo), destinati però a non esaurirsi mai, ma anche dell'infallibilità dello stesso Dio e del suo amore per l'uomo. Sartori ci descrive questo creatore pentito come un inguaribile romantico amante delle stelle e degli incontri fra le galassie, ma anche come un sentimentale deluso dagli effetti delle proprie azioni, che si interroga sull'opportunità del libero arbitrio o sull'opzione di un disastro che sopprima l'essere umano.

Il grande punto di forza degli uomini è che dimenticano, un po’alla volta dimenticano tutto. Quanti cuori affranti rispolverano in quattro e quattr’otto un succedaneo, quante inconsolabili vedove si rimettono a civettare e a ballare! E poi comunque muoiono, che è la forma di oblio più radicale che esista. Io invece non dimentico e non muoio. Posso illudermi per qualche istante di riflettere su altro, ma in realtà una sezione del mio mastodontico cervello non molla l’osso.

C.M.

Commenti

  1. Le tue bellissime recensioni servono anche a questo: a capire che un certo libro - questo nello specifico - non lo leggerò mai nemmeno sotto minaccia! :)
    E anche per questo ti faccio i complimenti Cristina: riesci sempre a far "entrare" lettrici e lettori delle tue recensioni nell'atmosfera dei libri di cui parli! Ho letto, o riletto, alcuni libri basandoti su tue recensioni o articoli e mi ci sono sempre ritrovato, non sono mai rimasto deluso, come dire: non mi hai mai "fatto passare una cosa per un'altra" (scusa l'italiano, oggi proprio non mi viene di meglio).
    E anche in una recensione come questa, ossia di un libro che è lontano mille miglia dai miei interessi e gusti, vedo la tua capacità di raccontare i libri che leggi: le tue recensioni vanno molto oltre dei - tutto sommato banali (anche se talvolta utili) - "consigli per gli acquisti".
    E di questo ti ringrazio! :)
    Un caro saluto.

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    1. Non so se in questo giochi un ruolo importante anche la deformazione professionale (dover presentare un libro per ciò che è e per il suo valore letterario a masse di studenti che, forse, non lo leggeranno mai, è un esercizio che faccio costantemente), ma sono contenta che questi interventi si rivelino utili come orientamento: confrontarsi in merito ad un libro significa capire non solo cosa vorremmo leggere, ma anche quello che non fa per noi; del resto il mio obiettivo non è pubblicizzare, ma raccontare delle impressioni, dire chiaramente cosa ho apprezzato e cosa no basandomi su dati il più possibile oggettivi e rifuggendo da meri giudizi estetici. Sta a ciascun lettore, poi, capire se quei dati da me raccolti possono produrre in lui le stesse reazioni oppure se il suo gusto lo porta altrove.
      Insomma, faccio del mio meglio e ti ringrazio per aver manifestato il tuo gradimento! :)
      Un saluto a te.

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  2. Il libro da una parte mi attira e dall'altra no. Ammetto di avere qualche perplessità, ma certo al mio portafoglio non dispiacexD A parte tutto, un'idea interessante, e bellissimo, anche se amarissimo, estratto. Dopotutto, who wants to live forever?, si chiedevano i Queen, Un saluto:)

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    1. Infatti mi affascinano i romanzi che affrontano questo conflitto fra la condizione finita e mortale e un desiderio di vita eterna che, se avverato, sarebbe probabilmente insostenibile sia per l'essere umano che per il pianeta (e non a caso tempo fa ho letto e apprezzato Le intermittenze della morte)... quindi questo Dio amareggiato dalla propria condizione è particolarmente curioso!
      Grazie di essere passata, un saluto a te! :)

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  3. Non riesco a uscire dal loop del paradosso che avverto XD Un dio, che ha gli attribuiti della divinità, non può ad un tratto azzerare qualcosa, a meno che non sia già prescritto XD Pietà per me e per gli studi di storia della Chiesa e dottrina :D
    Probabilmente l'autore è riuscito a dare un tono amaro e ironico, suppongo che quel dio sia piuttosto una rappresentazione umana dello stesso :D
    Però fai venir voglia di leggerlo XD

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    1. Ti dirò che è proprio questo paradosso che occupa le prime pagine del romanzo: un Dio che si trova a dover spiegare al suo ideale lettore cosa significhi essere perfetto, poter prevedere e decidere ogni cosa, eppure non volerlo fare, essere perfetto e sovra-umano, ma trovarsi irretito nei sentimenti delle sue creature... effettivamente un loop, ma, ad un certo punto, il patto narrativo ci porta a superarlo, o, per meglio dire, a godercelo come il tratto caratteristico del testo. :)

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  4. Un libro orribile. Vuoto, noioso, prevedibile.
    Per leggere davvero qualcosa di utile su "Dio" meglio rivolgersi ad "Ecce Homo" del migliore Nietzsche.

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    1. Non credo che questo libro abbia la pretesa di dire qualcosa di utile su Dio, del resto è ovvio che Sartori non potrebbe reggere un paragone con Nietsche (o con un Saramago che alla riflessione sull'essere di Dio ha dedicato Il vangelo secondo Gesù Cristo)... siamo su piani completamente diversi, anche per valore letterario. Poi, indubbiamente, qualsiasi libro può non piacere.

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