Palesemente inadeguati: i docenti o i giornalisti?

Oggi avrei tanto voluto dedicarmi a Pavese. E invece no, perché, al solito, c'è qualcuno che parla senza informarsi, che dà voce a falsità e non si cura degli effetti che le sue parole hanno sulla professionalità di qualcun altro. Il qualcuno in questione è la stampa personificata, l'insieme di quei giornalisti che sono abituati a generalizzare sugli altri e meriterebbero che lo si facesse anche con loro. Ma non cadrò in questo errore moderno, perché da un lato ci sono i giornalisti veri, che si documentano, indagano, rompono le scatole a chi di dovere pur di scrivere e parlare dei fatti reali. Dall'altra ci sono degli strilloni che prendono per buoni dati e proclami e ne approfittano per diffondere una visione distorta della realtà. Ovviamente sono questi ultimi l'oggetto della mia polemica.
Nello specifico, mi riferisco a coloro che si sono gettati come sciacalli sulla carcassa dei dati diffusi da TuttoScuola in merito alle sorti del concorso docenti 2016, che sta lasciando sul campo un'elevatissima percentuale di bocciati. A proclamare il verbo a mezzo stampa, internet e tv sono i tuttologi che potrebbero parlare del PIL come dell'ultima sfilata di Armani, dell'amore dell'ultima velina come procedura di selezione dei docenti. Sparano comunque dati inattendibili, ma i più ci credono.
Da ieri la verità cui credere è che più della metà dei docenti che attualmente siedono in cattedra come precari (permettendo la regolare apertura delle scuole) e che aspirano al ruolo sono incompetenti e inadeguati.
Sul principio che per salire in cattedra si debbano possedere requisiti stringenti c’è un consenso diffuso. Ma lo spaventoso tasso di selezione che sta emergendo lascia sorpresi, soprattutto se si considera che per partecipare a questo concorso era richiesta l’abilitazione all’insegnamento. Chi sono le persone che hanno scelto negli ultimi 15-20 anni di insegnare e come si sono formate?
Questo l'interrogativo posto da TuttoScuola. Le risposte arrivano da ieri pomeriggio dal mondo dell'informazione, se così lo si può chiamare, considerando il comportamento di cui fa sfoggio da qualche tempo a questa parte, specie se si tratta di prendere posizione contro un nodo della propaganda del Governo. Bastano i titoli per rendersi conto del disprezzo per la classe docente, per noi precari che, dopo numerose selezioni (una delle quali, il TFA, definita concorsuale addirittura dall'attuale ministro Giannini, che, però, al momento del bando, se n'è scordata, poverina), partecipiamo ad un concorso che fin dall'inizio ha mancato dei fondamentali requisiti di trasparenza ed equità.
E sulla questione, che i media e alcune testate in particolare hanno trattato con toni trionfalistici da propaganda degna di un regime, più che di informazione, bisognerebbe parlare di deformazione. Deformazione della verità e deformazione della prospettiva: anziché attaccare un sistema palesemente scorretto e in alcuni aspetti illegale, vengono bersagliati di offese coloro che ne rimangono vittime. Come dire che, se ti rechi al pronto soccorso per applicare dei punti di sutura e ti viene tagliata una mano, la colpa è tua perché sei andato all'ospedale.
La vicenda concorsuale è sotto gli occhi di tutti, la si può conoscere facilmente: ci sono l'oggettività dei bandi e delle procedure di concorso e ci sono i candidati, inascoltati, che stanno vivendo una vera e propria umiliazione, ma che vengono fatti passare per imbecilli inclini al piagnisteo. Non sto dicendo che chiunque dovrebbe salire in cattedra e che un concorso non debba essere selettivo, ma che una selezione deve essere coerente e limpida e, soprattutto, non abbattersi sempre su persone che hanno già dovuto dimostrare con diverse prove di essere all'altezza e che hanno già ricevuto l'approvazione del MIUR con l'abilitazione. Il MIUR ha abilitato i docenti, definendoli idonei all'insegnamento... e ora dice loro e al Paese intero che sono incompetenti? Spieghi, dunque, perché ha istituto corsi di abilitazione inutili e, soprattutto, rilasciato titoli inservibili!
Fatta questa premessa, ecco cosa non funziona del sistema di comunicazione adottato da molti giornalisti, da un Oscar Giannino che, traendo dal dato della bocciatura media del 55% la conclusione che gli insegnanti «non sono palesemente all'altezza», sputa sui titoli e sul merito dei docenti, peraltro dimostrando di non conoscere il meccanismo delle selezioni e dimenticando di essere stato al centro di uno scandalo per aver millantato titoli mai conseguiti, a Gian Antonio Stella, che è disposto a far passare in secondo piano le «magagne nelle selezioni» e a mettere sotto i riflettori la presunta incapacità dei docenti di esprimersi in italiano corretto. Competenza - lo ricordo - valutata in sede concorsuale sulla base di una corsa contro il tempo per digitare al computer una risposta elaborata, strutturata e composta in meno di 15 minuti, spesso su argomenti molto vasti, compresa l'elaborazione di una verifica con griglia di valutazione (cosa che un docente impiega ore ad elaborare e che deve tener conto delle linee di Istituto); ora, in questa gara dattilografica cui noi docenti siamo stati sottoposti, è facile, per citare un esempio emerso dalle commissioni (a quanto pare molto solerti a divulgare i dati alla stampa, meno a porsi il problema della trasparenza verso i candidati), che il peer tutoring diventi peer touring. Errore banalissimo di digitazione, che con la fretta si fa, tanto più che non c'era tempo di controllare le risposte. Insomma, le ragioni alla base dell'insuccesso non importano, come non importano le numerose irregolarità, altroché qualche magagna.

Incompetenti, illustrazione di Angelo Monne (2010) - licenza creative commons

Leggendo questi articoli e da spettatori dei servizi raffazzonati dei telegiornali, ci rendiamo conto di essere di fronte a giornalisti senza alcuna conoscenza del mondo della scuola e dei complessi passaggi che gli aspiranti docenti devono affrontare per poter arrivare in classe - anche da precari - e che, tuttavia, si permettono di dire che l'alta percentuale di bocciature al concorso è dovuto all'incompetenza dei docenti i quali, sicuri di poter lavorare anche solo a tempo determinato, non avrebbero investito in perfezionamento. Ricordo, visto che di aggiornamento si tratta, che i precari non sono stati nemmeno considerati degni del bonus assegnato invece ai docenti di ruolo a questo fine (uno dei vanti della propaganda renziana) e, a questo punto, mettiamoci anche un piccolo affondo sul fatto che per mesi i precari non hanno ricevuto nemmeno lo stipendio.Questi signori non sono andati a chiedere il parere dei candidati, a visionare i testi delle prove, a sottoporne l'esecuzione ai docenti attualmente di ruolo o a professori universitari (molti dei quali hanno onestamente dichiarato che non avrebbero saputo affrontarli, come già per le prove di accesso al TFA). Non si sono chiesti come si potesse affrontare uno scritto di 8 domande con un tempo medio di meno di 15 minuti per rispondere a ciascuna di esse, lavorando senza staccare gli occhi dal pc e con 2 quesiti di lingua straniera livello B2, ciascuno articolato in 5 domande. Non sono andati a scoprire come si svolgono i corsi di abilitazione, la loro altissima selettività, i sacrifici che hanno comportato. Non hanno contato le commissioni che hanno esaminato chi è arrivato agli scritti del concorsone: 2 commissioni per 2 lauree, 3 commissioni per ogni scritto di accesso al TFA e relativo orale (preceduti dalla selezione computerizzata per il test preselettivo), 1 commissione per il conferimento dell'abilitazione e, nel mezzo, tantissime figure coinvolte nella verifica di ogni tappa del percorso, compreso un tutor che, in aula, osservava ogni fase del tirocinio. Tutte commissioni che, dunque, avrebbero regalato titoli. Ancora, i giornalisti che in queste ore sputano sentenze, non si sono scandalizzati nell'osservare che nelle attuali commissioni del concorso docenti ci sono persone che non hanno nemmeno i requisiti che i candidati devono possedere: i commissari possono non avere neanche un livello A2 di lingua straniera, non saper accendere un pc e una LIM, possono anche aver abdicato al dovere all'aggiornamento (loro sì, i precari no): un paradosso formalizzato dalle circolari, niente di segreto... la stampa ci poteva arrivare facilmente. E invece i sapientoni delle testate non sono andati a leggere le tracce che i candidati devono sviluppare in meno di 24 ore per l'orale, fra cui spiccano argomenti ridicoli che non vengono nemmeno trattati a scuola, nonché la formulazione di quelle tracce (e delle domande ministeriali delle prove scritte) con terminologie palesemente errate e anti-normative, quando non addirittura in italiano scorretto, mentre nei nostri esami viene valutata - giustamente - anche la padronanza della comunicazione. Non si sono domandati perché in regioni diverse le commissioni abbiano adottato criteri di correzione del tutto differenti. Non hanno tentato di portare alla luce le irregolarità enormi che stiamo denunciando da mesi, come mancanza di trasparenza nei criteri di valutazione, infrazioni dell'anonimato o errori negli abbinamenti fra candidati e codici identificativi.
No, questi giornalisti non indagano: prendono la schiuma che emerge in un brodo disgustoso e la presentano come la verità, con il subdolo fine di alimentare la propaganda di un governo che della scuola ha una considerazione leggermente inferiore a quella che si ha per un rifiuto tossico e che sta facendo di tutto per far sembrare insegnanti formati e preparati degli ignoranti e incapaci indegni di salire in cattedra anche solo per una supplenza. Naturalmente questi stessi giornalisti non si chiedono nemmeno come farebbero ad aprire le scuole senza i docenti precari, né sono disposti a considerare il ruolo di queste figure come essenziale al funzionamento della didattica e alla qualità del sistema di istruzione. No, loro avanzano l'equazione precario = incapace o, peggio, precario con titoli = palesemente inadeguato.
Ciò che più amareggia e che umilia i candidati che lottano dalla primavera scorsa per vedersi riconosciuto un diritto già conquistato con dure selezioni è notare questo accanimento dei media nei confronti dei docenti, che sembrano masse di imbecilli con pretese decisamente fuori dalla loro portata, addirittura incapaci di cogliere la grande occasione del santo Governo che regala migliaia di cattedre. Il concorso è stato pensato per bocciare e ridurre ancor di più la considerazione di cui gode la classe insegnante di fronte all'opinione pubblica. Che i mezzi di informazione coprano questa evidenza è scandaloso. In passato i governi cercavano di manipolare la stampa, di tappare la bocca ai giornalisti che andavano ad indagare, che facevano il loro mestiere. Oggi, invece, i mezzi di informazione si assoggettano al governo con la mansuetudine di un cucciolo pronto a ricevere il biscottino. E vivono del piacere di offendere chi fa il proprio mestiere a costo di enormi sacrifici e con professionalità.
I precari e gli abilitati TFA, già sottoposti a procedura selettiva concorsuale, gradirebbero delle scuse e che si esprimesse anche qualche voce ancora degna di essere ascritta alla dignitosa missione del giornalismo.

C.M.

Commenti

  1. Ciao Cristina, ti seguo spesso e ti ammiro molto per la passione e per la competenza che dimostri in tutti gli argomenti di cui parli. Raramente intervengo, perché i tuoi articoli sono così intensi e professionali, che è molto difficile commentarli per chi, come me, non ha competenze all'altezza delle tue.
    Questa volta però tocchi due campi (la scuola e il giornalismo) che ritengo tra i più importanti per la società e nei quali anch’io, come tanti, ho qualche esperienza diretta. Posso confermare, ad esempio, che ogni volta che ho avuto modo di conoscere qualche fatto per fonte diretta e poi leggere come è stato riportato sui giornali, sono stato piuttosto sconcertato dalla superficialità e dalla ricerca del sensazionalismo dimostrato dalla stampa.
    Per quanto riguarda la scuola, le mie esperienze più recenti riguardano le mie figlie di 17 e 14 anni. Pur ritenendomi nel complesso abbastanza fortunato, alla luce della loro esperienza scolastica sono diventato molto più critico verso la classe insegnante rispetto a qualche anno fa (quando non avevo figli in età scolastica ed ero portato ad idealizzare il ruolo dell'insegnante).
    Cerco di sintetizzare: a mio avviso (senza voler generalizzare, ma facendo testimonianza della mia esperienza diretta,)un'esigua minoranza di insegnanti possiede tutte e tre le doti che sarebbero invece fondamentali per questa professione: la competenza, la passione per il proprio lavoro e la capacità di far appassionare i ragazzi. Si tratta di un pugno di eroi (del quale intuisco fai parte anche tu) ai quali va tutta la mia ammirazione, tenendo anche conto di ciò che devono sopportare dagli alunni e dalle famiglie e della considerazione sociale sempre più bassa (oltre che dello stipendio non adeguato ai loro meriti).
    Ho trovato poi una vasta maggioranza di onesti impiegati statali, molto attenta prima di tutto ai propri diritti e alle proprie prerogative, nel complesso ben preparata, ma con un atteggiamento verso il proprio lavoro tra il burocratico e lo sconsolato. Non fanno grossi danni, ma non fanno nemmeno nulla che susciti un'emozione, una curiosità, una scintilla.
    Infine c'è una piccola minoranza che è un vero disastro. Purtroppo, se sei sfortunato, ti può capitare un'intera sequenza di disastri nella stessa materia e a quel punto ti sei precluso irreparabilmente una strada. Ho scoperto sulla mia pelle che non c'è difesa quando capitano questi casi. Sto parlando di scuola pubblica, evidentemente (sulla scuola privata il discorso sarebbe lungo e controverso e comunque non è per tutte le tasche).
    In conclusione, io credo che in alcuni lavori per i quali si tende a generalizzare (i giornalisti sono servi del potere, gli insegnanti pensano solo alle vacanze) scatta per riflesso condizionato la difesa corporativa, molto forte tra i giornalisti ma anche tra gli insegnanti. Con tutto il rispetto per i casi eccellenti, non credo che complessivamente i nostri giornalisti siano peggiori dei nostri insegnanti.
    L’economista Albert Hirschman sosteneva che ci sono due fondamentali criteri di regolazione dell’efficienza: la “exit” e la “voice”. Cioè il mercato (se un prodotto, un servizio, un giornale, un professionista non mi piacciono posso abbandonarli e rivolgermi altrove) oppure la protesta, la pressione sociale, l’attenzione dell’opinione pubblica.
    Poiché la “exit” non è esercitabile nel caso dei magistrati, ad esempio, o degli insegnanti (se rimaniamo al caso della scuola pubblica) e poiché si tratta in entrambi i casi di dipendenti statali cui mancano quasi completamente sia gli incentivi ai comportamenti virtuosi, sia i deterrenti ai comportamenti opportunistici, non c’è da stupirsi dell’attenzione di cui sono oggetto, con le inevitabili generalizzazioni e forzature: superficialità e approssimazione riguardano tutti, compresi i giornalisti e gli insegnanti. Però i giornali si possono scegliere e cambiare, gli insegnanti purtroppo no.
    Scusa se mi sono dilungato.
    Con stima,
    Pierpaolo

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    1. Ciao, Pierpaolo. Innanzitutto grazie per il tuo intervento e per la delicatezza nell'esprimerti a proposito di questo spinoso argomento. In realtà il mio articolo si apre proprio con una dichiarazione che riguarda l'ingiustizia delle generalizzazioni: la tentazione di usare la stessa arma di far di tutta l'erba un fascio contro chi ha dimostrato di non esitare a farlo per primo è forte, ma ho specificato che distinguo chi fa informazione con senso etico (quelle voci cui alludo anche in chiusura) e chi lo fa con superficialità e senza rispetto dei presupposti minimi di correttezza. Questi ultimi sono i bersagli del mio articolo, naturalmente.
      In ogni mestiere esiste chi lavora con passione, dedizione e competenza e chi invece non ha alcuna intenzione o alcun talento per la professione scelta. Indubbiamente anche tra i docenti c’è questa separazione, e so benissimo quanto sia dannoso averne di scadenti o svogliati.
      La mia non è una difesa assoluta della categoria, ma un invito a guardare oltre la notizia, a chiedersi, prima di puntare il dito, se la stortura non sia altrove. Non credo che la colpa della crisi dell’istruzione possa essere scaricata sulle nuove leve, che stanno affrontando selezioni senza precedenti, dovendo dimostrare continuamente di avere le competenze per stare in classe: i nuovi insegnanti non possono aver danneggiato un sistema in cui non sono entrati o in cui hanno fatto poche sortite, quindi non c’è motivo di accusarli, come non li si può accusare gratuitamente di essere i più incompetenti. Con ciò non voglio dire che tutti i docenti attualmente di ruolo siano il tarlo della scuola, sempre perché vanno evitate le generalizzazioni e riconosciuti i meriti di chi fa ogni giorno il proprio mestiere con dedizione. E, ancora, il MIUR motiva forse alla correttezza e alla trasparenza – sacrosante – quei docenti che seleziona con un concorso che grida illegalità e ambiguità da ogni lato?
      Ecco, credo che questi siano solo due dei tanti reali paradossi che la stampa avrebbe dovuto far emergere, senza generalizzare. Invece i giornalisti che hanno prestato un’autentica attenzione alla realtà della scuola si contano sulle dita di una mano e, comunque, raramente arrivano al tg delle reti principali o sulla prima pagina della testata dei maggiori quotidiani, perché non fanno notizia.
      La libertà di espressione non è meno importante della libertà di insegnamento, ma entrambe queste libertà richiedono una grande assunzione di responsabilità: non si può dar voce a informazioni infondate o, peggio, false, che arriveranno a chiunque senza filtri, determinando la formazione di giudizi importanti, come non si può salire in cattedra e trasmettere insegnamenti teoricamente o scientificamente infondati, approfittando della propria autorità su un gruppo di studenti. Ogni professione ha un’etica e, in questo caso, l’infrazione dell’etica dell’una ha offeso l’altra.
      Grazie ancora di essere passato e di esserti soffermato con tanta cura. Spero che potremo presto affrontare di nuovo l'argomento osservando dei miglioramenti.

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  2. Grazie a te per il tuo raro e lucido equilibrio

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  3. Sono figlio di insegnanti, sono figlio del Sud, dell'altra Italia quella che ha sempre guardato all'Europa e l'ha fecondata anche culturalmente. Ho letto e riletto ( se scrivi di un argomento complesso e lo fai con tutti dovresti essere più concisa, più puntuale e chiarificatrice in alcuni passaggi. Altrimenti la gran parte di chi legge non ti segue e quindi hai parlato a vuoto. ( adesso non seccarti per questo appunto). Il signor Valfrè è stato più incisivo ( mi sto affossando?). La scuola a parte la primaria non può essere per tutti ma quello deve tendere secondo me; l'insegnamento con la scintilla emozionale è un dono, difficile acquisirlo.
    Tuttavia la figura del docente DEVE assolutamente essere difesa per principio per evitare che passi l'altro principio ...cioè che siano i genitori degli alunni che debbano insegnarti a fare scuola. I genitori dei ragazzi sono viziati nel fondo dalla loro qualità di genitori appunto.
    A volte ho l'impressione che chi governa la scuola siano tutti genitori di bassa lega.
    Il giornalismo italiano non è diverso da quello di altri paesi, è molto simile se non peggiore all'informazione virtuale ma per esso vale l'identico discorso fatto per la scuola: bisogna saper scegliere e, soprattutto, saper leggere dopo aver letto altro per conto proprio (Storia, letteratura per es); la scuola e il racconto della vita come il giornalismo sono strettamente connessi.
    Io sono stato un ragazzo fortunato: genitori insegnanti, grande biblioteca davanti al naso fin dai dieci anni, grande conoscenza di questo paese per averlo attraversato in lungo e in largo...forse qualche dote naturale. La scuola e i suoi personaggi sono stati importantissimi dalle elementari al liceo voglio dirlo, li ricordo tutti con stima e son passati 50 anni. Al signor Valfrè mi permetto di dire che anche il giornalismo omologato e ubiquitariamente diffuso non lo puoi scegliere e che molti insegnanti sono eroi sconosciuti e vessati. Una padella che brucia e una brace che ti consuma pian piano.

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    1. Ci mancherebbe che mi infastidissi per un simile appunto, anzi ringrazio anche te per essere intervenuto. Comprendo la perplessità, ma l'argomento è talmente complesso che essere concisi e, allo stesso tempo, spiegare ogni singolo passaggio, è molto difficile. Del resto i commenti sono fatti anche per chiedere chiarimenti, spero che chi arriva qui per capire meglio la questione non esiti a porre eventuali domande, esprimere dubbi o, come te, a fornire spunti per chiarire alcuni nodi.
      Ma andiamo al punto fondamentale su cui ti soffermi e sul quale avanzi considerazioni che mi trovano completamente d'accordo. Infatti il rovescio della medaglia del diritto di sparare a zero sugli insegnanti rivendicato da alcuni media è proprio la convinzione di intere masse di genitori di poter a loro volta dare degli incompetenti ai docenti al minimo fastidio. Vero è che non si può garantire sulla professionalità di tutti e che parte delle polemiche può anche essere fondata, ma molto spesso le critiche negative e vere e proprie azioni di mobbing vengono intraprese per piccoli screzi o perché i docenti “non riconoscono la genialità del figlio”, data per scontata da genitori che ritengono di essere l'ufficio del personale e di poter dire chi possa o non possa stare in cattedra e cosa debba fare.
      Del resto non possiamo dimenticare che la possibilità di un docente (come di un magistrato, riprendendo un altro esempio sopra citato) di essere sicuro nella propria posizione è la garanzia stessa della sua autonomia, una situazione che, al contrario, nella maggior parte delle scuole paritarie non è garantita; infatti agli insegnanti in questi contesti viene spesso chiesto di attenersi a precise linee ideologiche, fatto inammissibile nell'istruzione pubblica (e, a mio avviso, anche nell'istruzione che voglia definirsi "paritaria”). Auspicare che la scuola pubblica diventi come quella privata o, peggio, come la grande distribuzione, e che gli insegnanti siano subordinati alle direttive di altri, magari per far contenti i genitori (trasformati in clienti) non è un segno di progresso e viola l’articolo 33 della Costituzione.
      Ed è vero anche quanto appunti sulla stampa: non c’è una reale possibilità di scelta nell’informazione, se i maggiori media, quelli più pervasivi, adottano tutti una linea comune.

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    2. Sul concetto di "autonomia" dell'insegnante come del magistrato, penso si debba andare oltre la fascinazione immediata della parola. Il principio è sacrosanto (e non è affatto scontato, come sappiamo). Altrettanto pacifico è che i concorsi devono essere regolari e non viziati dagli aspetti che tu hai denunciato nel tuo articolo. Però un sistema nel quale chi supera un concorso si può considerare ormai "arrivato" e sostanzialmente inamovibile può creare danni molto gravi perchè la separazione tra il comportamento virtuoso e quello opportunistico è data esclusivamente dalla coscienza del singolo e questo non è ammissibile quando sono in gioco valori importanti come la liberrtà personale, la salute e l'istruzione. Non so dare soluzioni, però vorrei che un medico, un magistrato o un insegnante non debbano sentirsi degli eroi per fare bene il proprio mestiere. Vorrei che non si sentissero minacciati o asserviti ad alcun inquietante ed oscuro Potere, ma vorrei anche che non dimenticassero che al centro rispettivamente della sanità, della giustizia, della scuola ci devono essere rispettivamente il malato, il cittadino, l'alunno. Questo elementare concetto viene troppo spesso dimenticato dagli addetti ai lavori (e chi non lo dimentica diventa automaticamente "eroico"), con il risultato che per evitare un sistema oppressivo verso gli operatori del settore, se ne crea un altro sostanzialmente oppressivo verso i fruitori dei servizi. Perché prima, molto prima della libertà della libertà di insegnamento dovrebbe venire il diritto all'apprendimento.
      Infine sull'omologazione della stampa. Oggi non è più così. Non ci sono soltanto i grandi giornali nazionali le le televisioni. Ormai la tecnologia consente di informarsi attraverso mezzi molteplici..Questo però accentua un altro pericolo: quello delle "bufale", delle leggende metropolitane che circolano perchè fanno sensazione, ma nessuno si prende la briga di verificarle. Questo ci riporta al messaggio principale del tuo articolo, che condivido.

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    3. Infatti, Pierpaolo, torno a ribadire che è tutto un discorso di professionalità o non professionalità, l'eroismo non c'entra e non voglio difendere in toto la classe docenti, semmai sto difendendo i precari che in queste ore si sentono dare degli ignoranti gratuitamente da persone che non sanno come funziona la scuola e ignorano deliberatamente le irregolarità del concorso. Però il fatto che i docenti siano "sicuri" del loro posto non significa che sia normale accusarli in maniera generalizzata.
      Quanto alla scelta dell'informazione, forse mi sono spiegata male, intendevo dire che, mentre opinioni eclatanti come quelle espresse da Stella, si diffondono facilmente sul maggiore quotidiano nazionale anche se errate o raffazzonate e creano di conseguenza opinioni omologate, le voci che approfondiscono la questione rimangono relegate al mondo degli specialisti. Quindi, di fatto, a meno che non si vada a cercare e a filtrare attentamente ogni parte delle informazioni in rete, l'idea che passa è di un solo orientamento, perché i più prendono per buono quello che arriva dalla grande informazione o, peggio, come hai giustamente rilevato, le bufale messe in rete proprio per prendere in giro i creduloni.

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  4. Buongiorno Cristina, volevo innanzitutto esprime la mia solidarietà a te e a tanti tuoi colleghi per tutte le prove, umiliazioni e sacrifici che avete dovuto fare e sopportare, sia che l'obbiettivo fosse trovare un lavoro stabile, sia realizzare una passione o un sogno. Non sono ignaro delle situazioni che descrivi, avendo amici che le stanno vivendo, e posso assicurarti che il tuo messaggio è chiaro, forte e facilmente coglibile da chi non pecchi di presunzione. Se posso permettermi di aggiungere qualcosa ai commenti precedenti vorrei dire che al netto di libertà, diritti o professionalità, dietro la figura di un insegnante (ma anche qualsiasi altro lavoro vogliate citare) si trova comunque un essere umano e non un individuo cristallizzato nel tempo, esseri umani che hanno i propri talenti e predisposizioni, il proprio retroterra culturale, le proprie ansie e paure, i propri bisogni e desideri o i propri problemi e i propri sogni. Tutto il resto sono discorsi su una società dove una parte di essa non adempie più al proprio dovere, e questo vale per insegnanti, giornalisti, operai eccecc.
    Probabilmente mi sto dilungando senza farmi capire, quindi mi fermo rinnovandoti ancora la mia solidarietà e farti tanti auguri per la strada che hai intrapreso, quella di uno dei lavori più utili e difficili.
    Buona serata!

    Corrado

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    1. Buonasera, Corrado, e grazie della tua attenzione e della tua solidarietà, sei stato molto chiaro e sicuramente più lucido di me, essendo io anche personalmente coinvolta nella questione, quindi incline ad una certa animosità. Grazie anche per il tuo augurio, posso già dirti che il concorso, indipendentemente dai tempi dell'immissione in ruolo, è superato (motivo per cui tenevo più che altro a difendere alcuni miei colleghi che non meritano gli epiteti loro rivolti), ma in ogni passo della realizzazione di un sogno anche un supporto a distanza risulta importante.
      Buona serata a te!

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  5. A Cristina e a tutti coloro che hanno commentato questo post, segnalo sul Domenicale de " Il sole 24 ore" di oggi un articolo di Claudio Giunta ( docente di letteratura italiana all' università di Trento) del tutto concorde con l' analisi qui esposta. Giunta non nomina mai nè Stella nè Tuttoscuola ma dimostra di saper dimostrare ciò che afferma, poichè, prima di impegnarsi, ha voluto conoscere i temi proposti, i tempi richiesti e quant' altro necessario prima di " sparare". Il titolo del suo intervento è " Bocciato chi ha fatto le domande".
    L' intervento non è in rete, vi è solo una ( brutta) sintesi in Orizzonte scuola.

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    1. Grazie, Renza, hai fatto bene a segnalarlo, io stessa avrei di qui a poco riportato il link. L'articolo, realizzato anche sulla base di interviste ai concorrenti (e con una sana dose buon senso), è online sul sito dello stesso Giunta e si intitola I cento metri di italiano. Riprende alcune considerazioni da me già esposte nel precedente articolo dedicato al concorso e non pecca certo di chiarezza, pur essendo molto conciso. Questo il link.

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  6. Ti leggo solo ora e rimango scandalizzato da quanto scrivi. Il virus della generalizzazione e del sensazionalismo è insito nel mestiere stesso del giornalista, ma è da come lo si combatte che si giudica un bravo professionista. E una volta di più questa categoria si dimostra senza anticorpi.
    Il servilismo più abissale degli ultimi anni ha trasformato i giornalisti in portavoce, quindi la notizia in sé non conta e non merita di essere approfondita: d'altronde perché farlo? Perché affaticarsi ad indagare, capire e far capire i lettori quando la "verità" è già stata fornita dall'alto?
    Sono rattristato sempre più per questo Paese...

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    1. A chi lo dici, Lucius... a onor del vero, devo dire che poi qualcuno ha scritto per controbilanciare certe affermazioni (vedi Claudio Giunta prima citato), ma senza avere la stessa eco. Ormai il danno è fatto, il messaggio è passato e il silenzio del MIUR, interrogato da mesi, non fa che radicare certe opinioni distorte, in questo come in tanti altri casi con lo stesso ed altri ministeri.

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